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Autore: deniefn    06/02/2014    1 recensioni
[Song Fic]
[Song Fic]" - Chi sono io? Nessuno.
Sono solo una povera vittima del suo amore, il narratore della storia, colui che vuole ricordarla e farla ricordare alla gente scrivendo di lei su fogli di carta"
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ne erano 3: due sulla 30ina e una sulla 40ina. Quest'ultima piangeva. La mia dannata curiosità mi portò a nascondermi dietro un muretto e ad origliare. Dopo qualche secondo riconobbi la donna più matura: era la moglie del proprietario del ristorante "L'Aragosta". Piangeva disperatamente ma era arrabbiata e furiosa. Le altre due donne, due sarte mi pare, cercavano di calmarla. << Non fa altro che passare del tempo con lei! Le fà mille regali! No riesco più a sopportare questa situazione! >> urlava la moglie ferita. << Viene a casa e mi sorride, mangia e se ne va a dormire >> disse con un sorriso finto, le guance bagnate dalle lacrime. << Poi appena ha un pò di tempo libero, invece di stare con sua MOGLIE, se ne esce a fare passeggiate nel bosco con quella! >> continuava ad urlare disperata. << "Ma Edna, non capisci? E' una mia cara cliente, la ripago con gentilezza facendole compagnia" >> disse imitando il marito.

Naturalmente io avevo capito di chi stava parlando.. e più che sorpreso, ero felice che finalmente quel verme avrebbe avuto una batosta esagerata dalla moglie che, tra l'altro, non era una brutta donna: capelli corti castano chiaro, occhi abbastanza piccoli colorati do qualche macchietta di verde, un corpo formoso e una grande classe. Al contrario di lui che era sulla 50ina, capelli quasi tutti bianchi, non proprio magro ma con un gran carisma. Per questo era un uomo abbastanza apprezzato ma, per quanto riguardava me, l'odiavo. Era una persona falsa ed ingiusta e, sopratutto, aveva toccato Bocca di Rosa..

<< Non posso lasciarlo Maria! Non capisci?? >> si sedette su una panchina di pietra, il fazzoletto di stoffa color rosa confetto stretto tra le dita. << Lui è tutto il mio appoggio, senza di lui.. dove vado a finire, per la strada?! Ma poi sono anche una donna innamorata, per non parlare di quello che potrebbe pensare la gente di me.. Ah, quella maledetta! >> << Suvvia Tesoro, riprenditi e vai avanti. Pensa ai tuoi figli e a che bella donna sei ancora>> la consolò quella che penso sia Maria. Questa frase fece uscire un piccolo sorriso sul viso di Edna. << Sùsù cammina avanti a testa alta, mostra indifferenza e vivi la vita di tutti i giorni. Non ci pensare, non ne vale la pena >> l'altra donna consigliava la povera moglie. Detto questo, silenziosamente si avviarono verso la mia direzione. Con aria disinvolta, le passai davanti e rimboccai il sentiero per la locanda.

Quante cose le avrei voluto dire, quante spiegazioni avrei voluto avere.. dov'era lei? Dov'era il mio piccolo angelo con la bocca rossa come l'inferno?

Raggiunsi la locanda e trovai la locandiera, alias la mia seconda mamma, intenta a leggere un libro. Appena mi vide sciupato, mi portò nelle cucine e mi riempì di squisitezze, al quale non riuscì a dire no. Le parlai del lavoro, della mia vita ma.. non riuscì a parlare di lei, della mia tortura e della mia tristezza. Era come se ci fosse una timidezza, come a volte si ha tra figlio e genitore. Eppure lei aveva notato qualcosa di insolito in me, infatti ad un certo punto mi chiese se ci fosse qualcosa che non andava ma io, con il cuore a mille, avevo dissentito. Mi regalò un paio di maglioni, una coperta molto calda e m'imbustò un paio di cosce di pollo con patate e un piatto di pasta e fagioli. Alla fine, ne uscì come se avessi appena fatto la spesa. Il dolore nel rivederla, il ricordo di mamma insomma.. faceva ancora male, però in quel momento mi serviva un pò di affetto materno. Non nascondo che durante il mio rientroa casa non ho sperato fino all'ultimo di incontrarla ma non ero molto simpatico alla mia Fortuna.

Tornai a casa sconfitto e deluso e mi stavo per abbandonare alla mia tristezza buttandomi sul letto ma, raggiungendo la stanza, qualcosa di impercettibilmente caldo toccò il dorso della mia mano. Subito la sollevai per capire cosa fosse stato, ma non vi trovai niente. Allora decisi di ripercorrere lo stesso tratto al contrario per vedere se cambiava qualcosa. Ed ecco che qualcosa di giallo si poggiò sulla mia mano destra: un piccolo raggio di sole, fioco ma caldo, era riuscito ad intrufolarsi tra le persiane nere e cupe. Qualcosa.. forse lo stesso raggio mi portò ad aprire la finestra. E quando l'aprì.. fui accolto da una luce nuova. Un tramonto spettacolare, mai visto sulla terra. Il cielo e le nuvole erano dipinti da un color arancio chiaro emanato da ragginascosti dietro una collina. Altre nuvole più in là, avevano il colore rosa confetto.. il rosa che ricorda tanto i neonati. E quella luce, quell'atmosfera, quel tramonto fecero rinascere un qualcosa in me. Una speranza nel domani. Come se quel tramonto segnasse la morte, la fine di tutte le angosce che percorrevano il mio corpo e la mia anima. Rimasi incantato, chiedendomi com'era possobile che nessuno oltre me non si fosse accorto di tale spettacolo, com'era possibile che continuavano a camminare diffidenti senza nemmeno accorgersi di ciò che li circondava. Quando il colore del cielo divenne di nuovo del suo colore, solo a quel punto, con il sorriso sulle labbra, mi diressi a mangiare le pietanze regalate e poi mi addormentai di un sonno tranquillo e dolce.

Il giorno dopo mi svegliai con la voglia di buttare tutto alle spalle. Ormai erano un paio di mesi, o forse più, che laceravo questo dolore dentro me. Era ora di andare avanti. Una volta qualcuno mi disse che bisognava amare le persone che ci facevano del bene. Beh, quel qualcuno aveva ragione! Basta, era il momento di tornare a vivere e a.. mangiare sopratutto. Feci colazione e mi diressi verso il mio lavoro. Carico di energia e positività. Ed eccomi nel mio campo con Fausto il contadino a coltivare tutto quello che la terra ci offriva. << Oggi hai un'aria diversa, ragazzo mio >> mi disse con tono strano ma compassionevole. Io lo guardai stranito. << Sembri più sereno >> Il mio viso fu riempito da un sorriso. << Forse lo sono >> << Bene, bene >> mi pizzicò la guancia dolcemente poi continuò << Vado a cambiarti cesto, torno subito >>

Continuavo a prendere i grappoli d'uva, la testa leggera, il cuore in ferie. Improvvisamente la mia attenzione cadde su un verme che strisciava vicino al tronchetto. Lungo, viscido, di color grigiastro: veramente rivoltante. Mi chiedevo se stesse pensando a qualcosa, se mi aveva notato, se aveva paura. Il rumore del cesto posato a terra, mi fece tornare sulla terra ferma. Mi girai e trovai solo una parete color porpora davanti a me. << Ciao >> alzai lo sguardo di soprassalto. Bocca di Rosa. Impossibile, stavo dormendo. << Sei vera? >> chiesi d'impulso. Lei si chinò davanti a me, sorridendomi, e mi accarezzò la guancia. I nostri visi erano massimo 10 centimetri di distanza. Il mio cuore si era fermato. << Ti sembro ancora finta? >> Ero paralizzato. << N..no >> mi rialzai porgendole la mano. Aveva i capelli legati da una coda di lato, i suoi occhi penetranti erano poco truccati, le labbra sempre rosse. La pelle pura e liscia, l'unica imprecisione era la cicatrice. Portava un cappotto color porpora che le arrivava fino a metà coscia. Le gambe nude e i piedi scalzi. << Come va? >> mi domandò entusiasta ma, come sempre, il mio impulso prevalse su tutto. << Che fine avevi fatto? >> Lei rimase quasi scioccata dalla mia domanda. << Non credo t'interessi.. >> cercava i miei occhi. << E invece m'interessa.. >> la vergogna mi fece abbassare lo sguardo senza mai, però, far sembrare di perdere sicurezza. Lei ancora più sorpresa mi rispose con tono stranito: << Ho avuto delle cose da fare.. e poi sono caduta malata >> << Sei caduta malata e stai a piedi nudi in pieno Novembre? >> Ma cosa stavo facendo? Finalmente l'avevo davanti, vicino a me, e l'unica cosa che riuscivo a farle era una ramanzina? << Beh.. ho perso le scarpe >> sorrise imbarazzata. Al suo sorriso, il mio cuore s'intenerì. Fausto arrivò circa un minuto dopo e, appena vide Bocca di Rosa, fece cadere la cesta a terra dallo shock. Lei salutò educatamente mentre io rimasi immobile. Fausto, essendo oltre che al mio capo un amico, capì dalla mia rigidezza dell'importanza di quella ragazza e, con tono divertito, m'invitò a tornare domani e a godermi il proseguimento della giornata. Lo salutai con uno sguardo allarmato e proseguì, seguito da lei, verso l'uscita del campo. La vedevo tremare. << Non hai un altro paio di scarpe? >> La mia domanda attese qualche secondo prima di avere una risposta. << In realtà.. ho un pò di problemi economici >> mi girai preoccupato e lei, vedendo la mia reazione, cercò di rassicurarmi: << ..no, no ma va bene. Me la caverò, come sempre>> Mi sorrise. Volevo crederci, ma non ci riuscì. Il mio istinto nel proteggerla era troppo forte. Era così fragile. Sambrava tanto forte e sicura di sé, ma si vedeva che aveva bisogno di protezione. << Vieni qua >> feci per prenderla. << Cos..? >> fece per allontanarsi. << Vieni qua >> le presi la mano e la portai dietro la mia schiena. Pesava, ma riuscivo a sopportare. << Cosa fai? >> mi chiese perplessa. << Andiamo a comprare altre scarpe >> Non so da dove fosse uscito questo nuovo me. Sembravamo due cose indirettamente proporzionali: quando lei sembrava forte, io ero debole; quando sembrava debole, il forte ero io. Lei non rispose ma sentì le sue braccia stringermi di più. Mentre camminavo, sentivo il suo calore, il suo respiro, il suo odore. Poi, per non restare in silenzio, le ricordai: << Una volta mi dicesti che mi avresti raccontato della cicatrice.. >> Lei, sentendo nella mia voce un pò di fiatone, mi disse: << Ok, sediamoci su quella panchina e ti racconterò >>. Scese dalla mia schiena e si sedette con le gambe accavallate, mi guardò con sguardo dolce e serio allo stesso tempo. Era così bella. Mai avevo vista ragazza più bella e mai ne vedrò altre. Fece un sospiro e cominciò: << Beh.. io vengo da un paesino del sud. Non abbiamo mai vissuto in gran ricchezza e per questo, quando avevo 6 anni, mamma abbandonò me e mio padre per seguire un ricco signore Tedesco. Fu da quel momento che mio padre si diedeall'alcol >> piccola pausa. Io la contemplavo, incantato da ogni piccolo gesto e attento alla sua triste storia. << Diciamo che.. non ho vissuto proprio un'infanzia felice.. Mio padre non faceva che picchiarmi, urlandomi che ero " troppo simile a mia madre e quindi ero il demonio" e cose così.. Poi un giorno tornò a casa più ubriaco del solito.. e mentre stavo dormendo mi svegliò prendendomi per i capelli e cominciando a sbattermi la testa contro lo spigolo del tavolo >> Prese un'altra pausa, lo sguardo basso nascosto da ciuffi di capelli. Tremando, mi prese la mano. << Se non fosse stato per la vicina.. io ora avrei peggio che una cicatrice.. >> Al sol pensiero di cosa poteva accadere, il pensiero che lei non esistesse più su questo mondo, che qualcuno le facesse del male.. mi gelava il sangue e mi toglieva la capacità di controllo. << CHE MOSTRO >> Affermai, lei sorrise. Io invece ero tutt'altro che sorridente. << Non ti devi preoccupare, è successo tanto tempo fa.. >> continuava a stringermi la mano ma scostò lo sguardo da me verso la campagna. << Perciò faccio quello che faccio! Io di amore non ne ho mai avuto davvero e ti assicuro che non c'è cosa più brutta! Quindi ora riempo la mia vita e quella altrui di amore e di passione.. Sono viva per miracolo, devo ringraziare Dio seguendo una delle sue regole principali " Aiutare il prossimo ". Sono così felice della vita che faccio.. >> Ecco, finalmente avevo avuto la risposta che stavo aspettando da mesi. Il motivo del suo atteggiamento. Beh, tutto sommato era una bella giustificazione, non dico giusta.. ma bella, dolce. << Ah ecco perché.. insomma.. >> Scoppiò a ridere. << Mi comporto da prostituta dici tu? >> chiese continuando a ridere. Rimasi a guardarla incantato, domandandomi cosa ci fosse da ridere. << Beh in realtà sono tipo una prostituta, con la differenza che non chiedo soldi in cambio, ma amore >> Avrei voluto abbracciarla e dirle che fosse stato per me l'avrei seguita fino in capo al mondo, che le avrei donato tutto l'amore che avevo in corpo per vederla felice, che le avrei comprato pure 100 scarpe pur di non vederla soffrire.. ma rimasi in silenzio, continuando a lacerare i miei sentimenti dietro una maschera. << Vieni, andiamo >> mi alzai. Sul suo viso, c'era un'espressione smarrita, come se si aspettasse un'altra mia reazione. << Cosa c'è? >> Alla mia domanda si animò. << No, no nulla andiamo >> risalì sulla mia schiena. Per tutto il traggitto, fino al calzolaio, non facevamo che prenderci in giro a vicenda. Lei iniziava a farmi il solletico, io facevo finta di farla cadere a terra, allora lei mi tirava i capelli, io facevo finta di farla sbattere contro qualcosa ecc. Era così bello stare insieme a lei, ero davvero felice, spensierato e anche lei sembrava lo stesso. Raggiungemmo il calzolaio dopo una decina di minuti. Appena arrivammo la feci scendere e,con un saluto formale, salutai il calzolaio mentre lei urlò "Gigiii" e corse ad abbracciarlo. Rimasi scioccato, io a malapena lo conoscevo, lei dopo un paio di mesi già lo trattava come un vecchio amico. Incredibile. Dopo si provò alcune scarpe e ne scelse un paio nere: degli stivaletti molto graziosi. << Grazieee >> mi disse sorridendo.

Camminavamo per la via, braccio sotto braccio, e tutta la gente del paese ci guardava sconvolta. Guardavano sopratutto me, come se fosse impossibile che un ragazzo come me potesse essere accompagnato da una tale figura. Io, da una parte ero imbarazzato ma dall'altra ero così felice di suscitare invidia aglia altri. Finalmente il ragazzo silenzioso era uscito allo scoperto! Ero io il fortunato adesso! Avevo lei che mi sorrideva e scherzava dolcemente, felice del suo nuovo paio di scarpe. Guardando poi l'orario, però, cioè l'una e mezza, si allarmò: << Oh perdonami, ho un appuntamento.. sono in ritardo.. >> Si allontanò velocemente di qualche passo da me ma improvvisamente si voltò, mi guardò e tornò verso di me. Il cuore mi batteva a mille. Mi abbracciò e mi sussurrò un "grazie", poi scomparve dientro ad un angolo.

  
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