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Autore: Krish    07/02/2014    0 recensioni
Ogni tanto però ci succede qualcosa di eclatante, qualcosa che ci sconvolge la vita, quasi come se qualcuno che ci scrive il destino si fosse ricordato improvvisamente di noi e guardando la nostra strada un po' troppo spoglia disegna un incrocio. A volte però quasi avvezze alla nostra monotonia non ci rendiamo neppure conto che quello sarà un momento che ricorderemo per sempre.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Per la maggior parte della vita passiamo momenti di routine, non importanti e assolutamente dimenticabili.

Per giorni, settimane, mesi interi sembra non succederci niente, o almeno per me è così.

Spegnere la sveglia, buoni venti minuti per cercare di alzarsi, volare giù dal letto, vestirsi, truccarsi, mandare giù qualcosa, fumare la prima sigaretta del giorno, quella che ti apre la mente e ti fa pensare a quanto noiosa e malinconica sia la tua vita, scivolando giù, nella depressione più totale.

Poi riprendere a correre, studiare, mangiare, fumare, dormire e così per giorni che sembrano interminabili.

Ogni tanto però ci succede qualcosa di eclatante, qualcosa che ci sconvolge la vita, quasi come se qualcuno che ci scrive il destino si fosse ricordato improvvisamente di noi e guardando la nostra strada un po' troppo spoglia disegna un incrocio. A volte però quasi avvezze alla nostra monotonia non ci rendiamo neppure conto che quello sarà un momento che ricorderemo per sempre.

Ed è da qui che voglio cominciare, ora allontanata dagli anni, riesco a vedere le cose con più chiarezza e riesco quasi a sorridere davanti alla mia ingenuità, al mio vivere quasi in un mondo parallelo.

 

Capitolo primo

L'adolescenza è un periodo pressoché strano, tutti coloro che hanno superato i trent'anni ti dicono che tornerebbero volentieri alle superiori, anziché fare i loro noiosi e stancanti lavori, questi soggetti però probabilmente si dimenticano di tutto ciò che hanno pensato e provato in quegli anni in cui siamo inevitabilmente portati a scontrarci con la realtà. Per me tutto questo è stato il momento peggiore, non che essere adulti sia meglio, ma l'infanzia, l'ingenuità, l'assenza di apparenti problemi, quello sì che è un periodo che rivivrei all'infinito. Ma tornando all'origine del mio assurdo discorso, la verità è che venire a conoscenza di problemi come il denaro, l'amore, la morte, la nostalgia, beh questo semplicemente ti distrugge dentro se nasci riflessiva quanto me.

A volte mi detesto per quanto rimugino sulle cose. A volte penso a quanto vorrei essere nata stupida. Per tutti è definita una sfortuna ma per me è la miglior dote che si possa avere. Quando nasci con poca intelligenza, ecco, non te ne accorgi, non hai grandi problemi che ti toccano, non provi grandi sofferenze. Sei superficiale, ma non essendo consapevole di esserlo la tua vita scorre in un modo tutto tuo costruito di certezze inattaccabili e sentimenti inconsistenti che a te però sembrano i più sinceri del mondo.

Però devo ora ammettere come sono arrivata a questa riflessione, e qui la cosa si fa abbastanza triste e forse voi da ora in poi mi definirete come una persona spregevole. Non lo sono, non del tutto almeno, ho una parte negativa come ognuno di voi ipocriti che crede di non averla.

Beh la storia è questa, ho conosciuto questa ragazza in prima superiore, era la mia prima compagna di banco e a quel tempo nutrivo larghe speranze nella vita per essere appena entrata nel mondo dei “grandi”.

Questa ragazza era davvero molto carina, parola che odio ma che rende bene il significato, dolce, gentile e in quel momento pensai, davvero infantile. In quel momento mi sentii decisamente superiore a lei, io ero una ragazza matura, lei no. Sarebbe stata l'amica giusta per me e le mie manie di egocentrismo. Solo molto tempo dopo mi accorsi di quanto ero invidiosa. Ma non parliamo di questo e di tutti questi miei pensieri inutili parliamo della Storia.

Ecco era circa luglio, ed ero riuscita a passare la prima superiore con voti scadenti, ma ero ancora felice nella mia innocenza. Le giornate calde passavano l'una uguale all'altra e in quel periodo frequentavo persone poco raccomandabili. A soli quattordici anni avevo iniziato a fumare hashish e marijuana, sapevo sgranare nel giro di pochi secondi due o tre grammi ma per velocizzare ancora di più il procedimento avevo addirittura comprato un grinder. Sapevo rollare bene, mi ero allenata per settimane e settimane sprecando centinaia di filtri e cartine, ma alla fine ce l'avevo fatta ed ero finalmente come gli altri.

Fumare mi faceva inizialmente viaggiare verso un altro mondo. Un mondo dove potevo essere quella che ero, pensare quello che volevo senza limiti, immaginarmi ogni cosa. Spariva il dolore e affioravano le lunghe risate fino alle lacrime; la gola secca e l'enorme buco che si formava nel mio stomaco erano solo delle piccole conseguenze di cui poco mi importava. Quello a cui ero più interessata era far parte finalmente di qualcosa. Un gruppo di amici, quasi tutti ragazzi più grandi e tutti attraenti. In quel periodo avevo il disperato bisogno di affermare quella che credevo di essere, darmi delle conferme, o meglio, darle agli altri. Volevo gridare al mondo: “Ciao, sono Claudia, sono importante e tutti mi rispettano. Io me ne frego di tutti, faccio quello che voglio.”

Ma evidentemente non era così. Ero la persona più insicura del mondo e avevo bisogno delle certezze che nessuno nella mia famiglia mi aveva dato, e queste in conseguenza le andavo a cercare nei miei coetanei. Era così bello sentirsi importante. In quel gruppo tutto erano follemente innamorati di me, per quanto si possa essere innamorati a quattordici, quindici, sedici anni. Fumando riuscivo ad essere il mio ideale di persona perfetta. Mi sentivo finalmente bella, simpatica e intelligente.

Quella ragazza di cui parlavo prima era diventata ovviamente mia amica, più che amica, ero il suo punto di riferimento. Tutto ciò che facevo era per lei oro colato e cercava di imitarlo alla perfezione, questo innaffiava alla grande il mio ego e ancora una volta accresceva la mia autostima apparente. Era capitato qualcosa di strano però, qualcosa che mi aveva irritato. Per quanto mi barcamenassi tra tutti i ragazzi del gruppo non ne avevo mai preso in considerazione seriamente nemmeno uno. Ero fiera di me nel potermi far desiderare da più persone. Le prime esperienze sono anche queste, passare per gli eccessi. Comunque non vedevo Kim, ecco come si chiama, dall'inizio di giugno; l'avevo scaricata per passare tutto il giorno a fumarmi addosso con questo gruppo di baby-delinquenti e non volevo assolutamente includerla nel mio prezioso mondo e orgoglio personale. Mi mandò un messaggio raccontandomi di aver incontrato un ragazzo e mi fece la telecronaca ogni giorno per due mesi finché mi chiese di uscire con lei,questo fantomatico belloccio e gli amici di quest'ultimo. Per i primi venti, trenta minuti non risposi. La mia era vera e propria invidia nel sapere che lei avesse un ragazzo e io no anche se la mia mente cercava di rassicurarmi sul fatto che sarebbe stato un totale idiota esattamente come lei. Ma ero invidiosa di quanto facile fosse stato per una persona stupida come lei trovare qualcuno, al contrario mio che, seppure indossavo la maschera da tossica/persona molto conosciuta a cui non importava di nessuno, ero ancora una persona che esercitava le sue piene facoltà mentali e che si faceva mille domande, si interessava a mille cose e conosceva altrettante persone e che quindi aveva molte più possibilità di lei di stringere relazioni.

Ma avevo sete di vendetta e così accettai, per la sera stessa, dicendomi che avrei fatto la solita facciata da “anima della festa” avrei fatto gli occhi dolci a tutti e avrei fatto sì che tutti mi adorassero più di lei.

Mi ero preparata alla perfezione, avevo solo quindici anni ma ne dimostravo almeno venti, truccata perfettamente, vestita di tutto punto mi recai nel luogo di ritrovo dove erano soliti recarsi tutti gli under 20 della mia piccola città.

Era un parco, con una cancellata antica dipinta di nero alta circa tre metri, gli spuntoni erano ormai arrugginiti, non più taglienti ed era facile scavalcarli dopo l'orario di chiusura. C'erano mille panchine tutte di legni diversi, con milioni di scritte in vari colori. Gli alberi erano imponenti, verdi e con rami grossi e accoglienti ed era davvero bello dimostrare a tutti che potevo arrivare davvero in alto in pochi secondi.

Il mio atteggiamento era il solito, assumere una facciata. Le guance rilassate, la bocca leggermente socchiusa, gli occhi carichi di fierezza quasi volessero obbligarti a pensare che io ero la migliore e tu non avresti potuto fare niente per demolirmi. Il mio corpo e con esso anche il suo linguaggio che avevo allenato per ore e ore, erano ormai capaci di adattarsi bene a questo comportamento. Passi slanciati, veloci e decisi, lo sguardo che non si posava mai per terra ma che guardava inquisitore verso tutti coloro che osavano incrociarlo.

La sera era appena arrivata, dopo una lunghissima giornata di sole, che faticava ad accompagnarci e che infatti si mostrava ancora con qualche raggio. A qualche passo dalla panchina concordata, Kim mi corse incontro abbracciandomi e utilizzando la sua voce acuta per sfoderare quei complimenti e quelle mielosità a cui facevo finta di credere: “Amore ma quanto sei bella!” “Sei ancora più magra di quanto non ti ricordassi” e così via finché non la allontanai un po', con un sorriso falso, ringraziandola. A quel punto essendosi resa conto di aver esagerato colse l'occasione per afferrarmi il polso e farmi procedere verso la panchina che era stata precedentemente oscurata dalla sua massa di boccoli neri mentre mi abbracciava. Quella panchina era decisamente sovrappopolata da un mucchio di ragazzi uno dei quali si alzò di scatto e inizio a venirmi incontro.

Contrariamente a come avessero fatto tutti fino a quel momento, da quando riuscissi a ricordarmi, non mi sorrise ne abbassò lo sguardo in segno di lasciarmela vinta e quindi di sottomettersi.

Era di una bellezza incredibile, forse ne avevo visti così solo nei profili fake su Facebook che in quel momento andavano tanto di moda. Aveva capelli scuri, pelle ambrata, labbra carnose e un fisico perfetto. E gli occhi, cos'erano quegli occhi. Tutta questa mia ammirazione durò circa un millisecondo nella mia testa e quindi non mi sfociò neppure in viso seppure per un secondo ebbi l'impressione di schiudere un po' di più le labbra in segno di sorpresa. Tutto questo fu interrotto dal suo guardarmi dall'alto in basso, cosa che io non avevo mai permesso a nessuno, in più era assolutamente palese che non gli facessi ne caldo ne freddo anche perché non ebbe alcuna reazione a vedermi al massimo della mia bellezza. Disse solo: -Sono Zayn.

 

Note dell'autrice:

Ciao a tutte, sono Claudia e questa è la mia prima fiction dopo tanti anni. Ho sempre coltivato la passione di scrivere, forse perché è la mia vera e unica valvola di sfogo e solo adesso ho deciso di pubblicare qualcosa dopo aver recuperato la mia ispirazione.

Premetto che non sono una fan dei One Direction, ma non mi dispiacciono affatto. Prendere delle persone reali e farle diventare dei personaggi è un esperimento davvero interessante ancora di più se questi sono decisamente attraenti. Spero che questo primo capitolo vi piaccia e magari se vi va aspetto anche qualche recensione! Giusto per sapere che qualcuno mi legge e che non devo andarmi ad impiccare per quanto scrivo male.

So che la protagonista è un personaggio un po' intricato e probabilmente al momento la odierete, ma fa tutto parte del gioco e spero che con il tempo riuscirete a capirla.

Un bacio.

  
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