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Autore: egip    14/06/2008    0 recensioni
La ragazza sbuffò sotto il cuscino: a che scopo alzarsi subito, tanto sapeva già che l’amica sarebbe arrivata in ritardo. La conosceva da una vita e mai, mai era riuscita a rispettare un orario.||Una ragazzina dai ricci castani e la carnagione pallida riuscì all’ultimo secondo ad infilarsi tra le porte semichiuse del pullman. Giulia le rivolse uno sguardo torvo.||-Hai una minima idea di dove siamo?- -Come faccio a saperlo?! Qui è tutto così strano...E TU! Come fai a pensare ai capelli in questo momento??-|| due amiche si ritrovano in un mondo fantastico. tra disastri e guerre, amiche ritrovate e familiari spuntati dal nulla, riusciranno Giulia e Valeria a tornare a casa?
Genere: Commedia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-La scoperta di Letizia-

L’alba.

Il suo momento preferito della giornata.

Durante esso, tutto taceva, come se il mondo intero si fosse fermato solo per guardare il sole che sorge. Un piccolo miracolo che si rinnova tutti i giorni.

Erano anni ormai che si svegliava prestissimo solo per guardare quello spettacolo, solo per godere di quell’ora scarsa di colori stupendi, con la mente sgombra da tutti i pensieri; dopo sarebbe dovuta tornare alla realtà, lo sapeva, ma voleva stare in lì, nell’illusione di pace, finché durava.

La prima volta che l’aveva vista aveva sì e no 5 anni, era stato il padre a mostragliela: l’aveva chiamata della porta della sua camera e l’aveva portata fuori, a guardare l’alba. Erano stati in silenzio per un’ora, poi l’uomo l’aveva presa tra le braccia in una stretta paterna e l’aveva rimessa a letto. Non si era mai più ripetuto quell’episodio.

Ma la bambina si era innamorata della sensazione di serenità provata quella notte, così ogni tanto, quando non era troppo stanca, restava tutta la notte sui gradini di casa, pur di non perdersi neanche un attimo della scena.

Poi era andata via di casa. E le notti erano diventate improvvisamente lunghissime, ore durante le quali non riusciva più a vedere le ragioni per cui aveva compiuto quel gesto, ed era soprafatta dall’insicurezza di stare facendo un errore, spaventata da quello che sarebbe potuta diventare la sua vita. Con l’arrivo della mattina, riprendeva coraggio e i dubbi si nascondevano di nuovo nel profondo della sua mente, distrutti dalla luce. L’alba era diventata la sua salvezza.

Con la luce del sole nascente, aveva anche visto per la prima volta il profilo di una ragazza bionda, sola come lei, che l’era venuta incontro, diventando sua amica, facendo sparire per sempre tutti i suoi dubbi, soffocati dalla loro amicizia.

Da allora, dovunque si trovasse, che fosse in guerra o meno, lei si alzava presto, per guardare l’alba. È così anche quel mattino trovò Letizia sveglia, seduta in uno degli scalini di casa sua, dopo tanto tempo che non tornava lì.

-Sai, non te l’ho mai detto, ma quando da piccola ti sedevi qui per guardare il sole che sorge, mi mettevo alla finestra per guardarti- la voce profonda di suo padre la fece voltare verso la porta, dove l’uomo stava poggiato. Dalla sera, quando la ragazza era arrivata, si erano scambiati forse due parole. Letizia era grata perché non le aveva chiesto spiegazioni, ma sapeva che dovevano comunque parlare.

-Buon giorno- aggiunse sorridendole.

-No, aspetta. Il sole non è ancora sorto del tutto- lo contraddisse lei. Passandosi una mano prima sulla barba e poi sui capelli corvini, si mise anche lui seduto su un gradino, osservando il cielo. Il silenzio fu rotto poco dopo dalla ragazza.

–Perché mi guardavi?-.

L’uomo scrollò le spalle –Mi piaceva vederti così…rilassata. Così te stessa. Non c’era altro momento della giornata in cui ti vedevo essere realmente quello che eri, se non l’alba. So che era colpa mia.- continuò, guardandola con i suoi occhi scuri, uguali a quelli della figlia. –Non ti ho mai dato la possibilità di essere te stessa. Ti opprimevo con i miei sogni, senza badare ai tuoi. Mi dispiace.- abbassò il capo. Era strano vederlo così, un uomo grosso e burbero come lui, che non aveva paura di nulla, intimorito dallo sguardo della figlia.

-Anch’io ti devo delle scuse; non dovevo scappare così, è stato…-

-Si, non avresti dovuto. Ma ho capito perché l’hai fatto, e forse era stata la decisione più saggia che potessi prendere; facendo altrimenti, ora nei tuoi occhi vedrei solo uno specchio di me stesso, e tanto risentimento, come allora. Invece ora posso vedere te.- disse, alzando lo sguardo. –E sono molto orgoglioso di avere te come figlia.-

Era veramente troppo per Letizia, che scoppiò a piangere, abbracciando forte il padre; non era un pianto disperato, né solo di felicità: era piuttosto liberatorio, un pianto trattenuto da troppo tempo, come tante altre emozioni. Un pianto forse un po’ da bambina, quella bambina che aveva trattenuto quelle stesse lacrime tempo prima.

-Ti voglio bene, papà- disse tra i singhiozzi.

-Anch’io tesoro, anch’io.-

Dopo aver chiacchierato per qualche ora con il padre, Letizia aveva deciso di fare un giro per il villaggio, approfittando dell’ora, troppo mattutina perché ci fosse tanta gente in giro. Era da tanto che non lo vedeva e, passeggiando per le sue strade, veniva a volte presa dei ricordi e dalla nostalgia.

La testa canuta di un’anziana donna spuntò in quel momento da un portone; riconoscendola, la ragazza le si avvicinò sorridente. –Buongiorno-

-Letizia! Oh piccola cara, quanto tempo, quanto tempo!-

-Troppo Abigail, veramente troppo- disse Letizia, abbracciando la vecchia signora.

-Fatti vedere: ma come sei cresciuta! Sei una donna ormai!- continuò la vecchietta, stringendole le mani in una presa affettuosa. –Ma sei sempre troppo magra! Lo vuoi una fetta del mio pasticcio di noci e mele? Lo so che è il tuo preferito!-

Letizia sorrise: non era cambiato proprio niente.

-Si, grazie.-

-Vado subito a prendertela!- esclamò rientrando in casa.

-Incredibile dopo 3 anni sei sempre uguale: sempre una fogna!- disse una voce strafottente dietro l’angolo. Dall’ombra fece qualche passo avanti una ragazzina mingherlina, con corti capelli neri che gl’incorniciavano il viso, ora acceso da un ghigno divertito.

-Audrey!- gridò saltando al collo dell’amica d’infanzia che rispose con altrettanto entusiasmo. –Anche tu sei acida come al solito- commentò scherzosamente.

-Grazie mille, lo ritengo un complimento- sorrise.

Passò del tempo, tempo nel quale Letizia cercò di riprendersi gli anni passati lontani dalla sua città, lontano dalla sua famiglia. Girò per i luoghi che durante la sua infanzia le erano così familiari, cercando di riprendervi confidenza.

Stavano camminando con Audrey su di un muretto diroccato, ai limiti della città, parlando di come erano cambiate le loro vite in quei tre anni, riscoprendosi a vicenda.

-Comunque è incredibile, quello là ci prende sempre!- disse l’amica all’improvviso.

-Di che cosa stai parlando?-

-Lo Sciamano, chi altri.-

-Che ha detto?-

La ragazza incrociò gli occhi e fece una voce profonda e stentorea –“Colei che da 3 anni viaggia farà ritorno a casa verso le sue paure” una cosa del genere!-

-Audrey, Audrey, Audrey…ti sembra per caso che io abbia quella stupida voce?- intervenne un uomo alle loro spalle. Letizia si girò di scatto, ritrovandosi a guardare lo Sciamano. Erano 3 anni che non lo vedeva, ma non era cambiato per niente: un uomo anziano, coi capelli e i denti bianchissimi e degli occhi celesti molto chiari e intensi, avanzava verso di loro. Nessuno sapeva la sua vera età, come pure il suo vero nome, ma era lì da almeno 6 generazioni, a dispensare la sua infinita saggezza. Lui aveva dei poteri strani, incomprensibili per i più; si sapeva che riusciva a leggere il futuro, guarire malattie incurabili, ma nient’altro. I suoi poteri erano segreti, come tutto della sua persona. Per questo lo chiamavano lo Sciamano.

Il più delle volte agiva di sua iniziativa, e com’era arrivato se ne andava. Nessuno si azzardava ad andare a cercarlo, troppo spaventati dalla sua magia. Tuttavia per ogni generazione lo strano vecchio prendeva in simpatia alcune persone, che, se erano fortunate, rendeva partecipi di una parte della sua vita.

Letizia era una di queste. Non sapeva neanche lei perché, ma da quando era piccola si era ritrovata a parlare spesso con l’anziano signore, che le aveva insegnato anche qualche rudimento di magia. Parlava con lui di tutto, ogni problema, ogni decisione…come pure quella di scappare di casa. Su questa ultima il vecchio non si era espresso, lasciando decidere a lei. E così aveva fatto.

Rivederlo dopo tanto tempo era una sensazione strana, piacevole, come se qualcosa che era stato perduto stesse tornando al suo posto.

-Letizia, non sapevo ti piacesse tanto farti aspettare- scherzò.

-Scusami…ma a quanto mi ha detto Audrey, hai visto che sarei tornata, giusto?-

-Giusto- disse sorridendo.

Attese per un po’ un seguito che non venne, così riprese a parlare.

-E…hai visto altro, per caso?-

Lo Sciamano ampliò il suo sorriso –Si, in effetti-.

-Cosa?- quanto lo odiava, quando lasciava le frasi così in sospeso!

-La tua amica affronterà parecchie cose di questi tempi e sarà, ahimé, sola-.

-Elizabeth? Che è successo?- Letizia iniziava ad essere nervosa.

-Non ti ha detto dove andava, giusto? Troppa magia in quel luogo, troppa…ma dovrà tornare, presto. Ci sarà bisogno di lei-. Aveva assunto un espressione sognante.

-Dov’è adesso? Dove doveva andare? Cos’è che dovrà affrontare? Ti prego, rispondimi!-

L’uomo riportò i suoi occhi argentati su di lei, diventando improvvisamente serio.

–Magia. Magia oscura. Potente. Incombe. La vendetta non si farà attendere.-

La ragazza restò a fissarlo per alcuni minuti, senza capire. Poi gli occhi si spalancarono, mentre arrivava alla consapevolezza di quello che le stava dicendo.

-Ora?-

-Mancano poche lune ormai-.

Letizia sentì la terra mancarle sotto i piedi.

-Sono loro vero? Sono tornati! Mio dio…ti supplico, dimmi dov’è Elizabeth! Se le succede qualcosa…se non riusciremo ad arrivare in tempo…devo chiamarla!-

-Cercano risposte. Ma chi può sapere tutto?-

Il viso le si contrasse in una smorfia terrorizzata. –La Foresta…non può essere…-

Lo Sciamano riprese a sorridere tranquillo, come se si fosse dimenticato delle rivelazioni sconvolgenti che aveva appena fatto. –Una ragazza intelligente, davvero perspicace.-.

-Letizia, che sta succedendo?- chiese Audrey all’amica, diventata pallidissima. La ragazza si girò verso di lei, come se si fosse ricordata della sua presenza solo in quel momento.

-Io devo andare-

-Come, di già? Sei appena arrivata!-

-Tu non capisci! Il regno è in pericolo! Non posso spiegarti tutto, non c’è tempo. Ma se non vado subito, l’unica che può risolvere la situazione non sarà in grado di aiutare nessuno. E se lei non ci sarà, a essere in pericolo non sarà solo il suo regno, ma tutte le terre del sud!-

La ragazza la guardò ammutolita, mentre già si dirigeva speditamente verso casa.

-Giura che tornerai-

Letizia sollevò lo sguardo dalla bisaccia che stava attaccando al cavallo, guardando Audrey. Il padre era rimasto dentro casa. Era stata dura spiegargli la situazione e la sua gravità, ma alla fine aveva accettato la decisione della figlia: se pur con molta tristezza, aveva capito che doveva andare.

-Prometto che tornerò…se tutto andrà bene.-

-Andrà tutto bene allora.-

-Perché?-

Audrey sorrise, abbracciando l’amica. –Perché tu non dici mai bugie.-.

Letizia Rispose tristemente al sorriso, poi salì sul cavallo e sparì oltre l’orizzonte.






  
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