-La scoperta di Letizia-
L’alba.
Il suo
momento preferito della giornata.
Durante esso,
tutto taceva, come se il mondo
intero si fosse fermato solo per guardare il sole che sorge. Un piccolo
miracolo che si rinnova tutti i giorni.
Erano anni
ormai che si svegliava prestissimo
solo per guardare quello spettacolo, solo per godere di
quell’ora scarsa di
colori stupendi, con la mente sgombra da tutti i pensieri; dopo sarebbe
dovuta
tornare alla realtà, lo sapeva, ma voleva stare in
lì, nell’illusione di pace,
finché durava.
La prima
volta che l’aveva vista aveva sì e no 5
anni, era stato il padre a mostragliela: l’aveva chiamata
della porta della sua
camera e l’aveva portata fuori, a guardare l’alba.
Erano stati in silenzio per
un’ora, poi l’uomo l’aveva presa tra le
braccia in una stretta paterna e
l’aveva rimessa a letto. Non si era mai più
ripetuto quell’episodio.
Ma la bambina
si era innamorata della sensazione
di serenità provata quella notte, così ogni
tanto, quando non era troppo
stanca, restava tutta la notte sui gradini di casa, pur di non perdersi
neanche
un attimo della scena.
Poi era
andata via di casa. E le notti erano
diventate improvvisamente lunghissime, ore durante le quali non
riusciva più a
vedere le ragioni per cui aveva compiuto quel gesto, ed era soprafatta
dall’insicurezza di stare facendo un errore, spaventata da
quello che sarebbe
potuta diventare la sua vita. Con l’arrivo della mattina,
riprendeva coraggio e
i dubbi si nascondevano di nuovo nel profondo della sua mente,
distrutti dalla
luce. L’alba era diventata la sua salvezza.
Con la luce
del sole nascente, aveva anche visto
per la prima volta il profilo di una ragazza bionda, sola come lei, che
l’era
venuta incontro, diventando sua amica, facendo sparire per sempre tutti
i suoi
dubbi, soffocati dalla loro amicizia.
Da allora,
dovunque si trovasse, che fosse in
guerra o meno, lei si alzava presto, per guardare l’alba.
È così anche quel
mattino trovò Letizia sveglia, seduta in uno degli scalini
di casa sua, dopo
tanto tempo che non tornava lì.
-Sai, non te
l’ho mai detto, ma quando da piccola
ti sedevi qui per guardare il sole che sorge, mi mettevo alla finestra
per
guardarti- la voce profonda di suo padre la fece voltare verso la
porta, dove
l’uomo stava poggiato. Dalla sera, quando la ragazza era
arrivata, si erano
scambiati forse due parole. Letizia era grata perché non le
aveva chiesto
spiegazioni, ma sapeva che dovevano comunque parlare.
-Buon giorno-
aggiunse sorridendole.
-No, aspetta.
Il sole non è ancora sorto del
tutto- lo contraddisse lei. Passandosi una mano prima sulla barba e poi
sui
capelli corvini, si mise anche lui seduto su un gradino, osservando il
cielo.
Il silenzio fu rotto poco dopo dalla ragazza.
–Perché
mi guardavi?-.
L’uomo
scrollò le spalle –Mi piaceva vederti
così…rilassata. Così te stessa. Non
c’era altro momento della giornata in cui
ti vedevo essere realmente quello che eri, se non l’alba. So
che era colpa
mia.- continuò, guardandola con i suoi occhi scuri, uguali a
quelli della
figlia. –Non ti ho mai dato la possibilità di
essere te stessa. Ti opprimevo
con i miei sogni, senza badare ai tuoi. Mi dispiace.-
abbassò il capo. Era
strano vederlo così, un uomo grosso e burbero come lui, che
non aveva paura di
nulla, intimorito dallo sguardo della figlia.
-Anch’io
ti devo delle scuse; non dovevo scappare
così, è stato…-
-Si, non
avresti dovuto. Ma ho capito perché
l’hai fatto, e forse era stata la decisione più
saggia che potessi prendere;
facendo altrimenti, ora nei tuoi occhi vedrei solo uno specchio di me
stesso, e
tanto risentimento, come allora. Invece ora posso vedere te.- disse,
alzando lo
sguardo. –E sono molto orgoglioso di avere te come figlia.-
Era veramente
troppo per Letizia, che scoppiò a
piangere, abbracciando forte il padre; non era un pianto disperato,
né solo di
felicità: era piuttosto liberatorio, un pianto trattenuto da
troppo tempo, come
tante altre emozioni. Un pianto forse un po’ da bambina,
quella bambina che
aveva trattenuto quelle stesse lacrime tempo prima.
-Ti voglio
bene, papà- disse tra i singhiozzi.
-Anch’io
tesoro, anch’io.-
Dopo aver
chiacchierato per qualche ora con il
padre, Letizia aveva deciso di fare un giro per il villaggio,
approfittando dell’ora,
troppo mattutina perché ci fosse tanta gente in giro. Era da
tanto che non lo
vedeva e, passeggiando per le sue strade, veniva a volte presa dei
ricordi e
dalla nostalgia.
La testa
canuta di un’anziana donna spuntò in
quel momento da un portone; riconoscendola, la ragazza le si
avvicinò
sorridente. –Buongiorno-
-Letizia! Oh
piccola cara, quanto tempo, quanto
tempo!-
-Troppo
Abigail, veramente troppo- disse Letizia,
abbracciando la vecchia signora.
-Fatti
vedere: ma come sei cresciuta! Sei una
donna ormai!- continuò la vecchietta, stringendole le mani
in una presa
affettuosa. –Ma sei sempre troppo magra! Lo vuoi una fetta
del mio pasticcio di
noci e mele? Lo so che è il tuo preferito!-
Letizia
sorrise: non era cambiato proprio niente.
-Si, grazie.-
-Vado subito
a prendertela!- esclamò rientrando
in casa.
-Incredibile
dopo 3 anni sei sempre uguale:
sempre una fogna!- disse una voce strafottente dietro
l’angolo. Dall’ombra fece
qualche passo avanti una ragazzina mingherlina, con corti capelli neri
che
gl’incorniciavano il viso, ora acceso da un ghigno divertito.
-Audrey!-
gridò saltando al collo dell’amica
d’infanzia che rispose con altrettanto entusiasmo.
–Anche tu sei acida come al
solito- commentò scherzosamente.
-Grazie
mille, lo ritengo un complimento-
sorrise.
Passò
del tempo, tempo nel quale Letizia cercò di
riprendersi gli anni passati lontani dalla sua città,
lontano dalla sua
famiglia. Girò per i luoghi che durante la sua infanzia le
erano così
familiari, cercando di riprendervi confidenza.
Stavano
camminando con Audrey su di un muretto
diroccato, ai limiti della città, parlando di come erano
cambiate le loro vite
in quei tre anni, riscoprendosi a vicenda.
-Comunque
è incredibile, quello là ci prende
sempre!- disse l’amica all’improvviso.
-Di che cosa
stai parlando?-
-Lo Sciamano,
chi altri.-
-Che ha
detto?-
La ragazza
incrociò gli occhi e fece una voce
profonda e stentorea –“Colei che da 3 anni viaggia
farà ritorno a casa verso le
sue paure” una cosa del genere!-
-Audrey,
Audrey, Audrey…ti sembra per caso che io
abbia quella stupida voce?- intervenne un uomo alle loro spalle.
Letizia si
girò di scatto, ritrovandosi a guardare lo Sciamano. Erano 3
anni che non lo
vedeva, ma non era cambiato per niente: un uomo anziano, coi capelli e
i denti
bianchissimi e degli occhi celesti molto chiari e intensi, avanzava
verso di
loro. Nessuno sapeva la sua vera età, come pure il suo vero
nome, ma era lì da
almeno 6 generazioni, a dispensare la sua infinita saggezza. Lui aveva
dei
poteri strani, incomprensibili per i più; si sapeva che
riusciva a leggere il
futuro, guarire malattie incurabili, ma nient’altro. I suoi
poteri erano
segreti, come tutto della sua persona. Per questo lo chiamavano lo
Sciamano.
Il
più delle volte agiva di sua iniziativa, e
com’era arrivato se ne andava. Nessuno si azzardava ad andare
a cercarlo,
troppo spaventati dalla sua magia. Tuttavia per ogni generazione lo
strano
vecchio prendeva in simpatia alcune persone, che, se erano fortunate,
rendeva
partecipi di una parte della sua vita.
Letizia era
una di queste. Non sapeva neanche lei
perché, ma da quando era piccola si era ritrovata a parlare
spesso con
l’anziano signore, che le aveva insegnato anche qualche
rudimento di magia.
Parlava con lui di tutto, ogni problema, ogni decisione…come
pure quella di
scappare di casa. Su questa ultima il vecchio non si era espresso,
lasciando
decidere a lei. E così aveva fatto.
Rivederlo
dopo tanto tempo era una sensazione
strana, piacevole, come se qualcosa che era stato perduto stesse
tornando al suo
posto.
-Letizia, non
sapevo ti piacesse tanto farti
aspettare- scherzò.
-Scusami…ma
a quanto mi ha detto Audrey, hai
visto che sarei tornata, giusto?-
-Giusto-
disse sorridendo.
Attese per un
po’ un seguito che non venne, così
riprese a parlare.
-E…hai
visto altro, per caso?-
Lo Sciamano
ampliò il suo sorriso –Si, in
effetti-.
-Cosa?-
quanto lo odiava, quando lasciava le
frasi così in sospeso!
-La tua amica
affronterà parecchie cose di questi
tempi e sarà, ahimé, sola-.
-Elizabeth?
Che è successo?- Letizia iniziava ad essere
nervosa.
-Non ti ha
detto dove andava, giusto? Troppa
magia in quel luogo, troppa…ma dovrà tornare,
presto. Ci sarà bisogno di lei-. Aveva
assunto un espressione sognante.
-Dov’è
adesso? Dove doveva andare? Cos’è che
dovrà affrontare? Ti prego, rispondimi!-
L’uomo
riportò i suoi occhi argentati su di lei,
diventando improvvisamente serio.
–Magia.
Magia oscura. Potente. Incombe. La
vendetta non si farà attendere.-
La ragazza
restò a fissarlo per alcuni minuti,
senza capire. Poi gli occhi si spalancarono, mentre arrivava alla
consapevolezza di quello che le stava dicendo.
-Ora?-
-Mancano
poche lune ormai-.
Letizia
sentì la terra mancarle sotto i piedi.
-Sono loro
vero? Sono tornati! Mio dio…ti
supplico, dimmi dov’è Elizabeth! Se le succede
qualcosa…se non riusciremo ad
arrivare in tempo…devo chiamarla!-
-Cercano
risposte. Ma chi può sapere tutto?-
Il viso le si
contrasse in una smorfia
terrorizzata. –La Foresta…non può
essere…-
Lo Sciamano
riprese a sorridere tranquillo, come
se si fosse dimenticato delle rivelazioni sconvolgenti che aveva appena
fatto.
–Una ragazza intelligente, davvero perspicace.-.
-Letizia, che
sta succedendo?- chiese Audrey
all’amica, diventata pallidissima. La ragazza si
girò verso di lei, come se si
fosse ricordata della sua presenza solo in quel momento.
-Io devo
andare-
-Come, di
già? Sei appena arrivata!-
-Tu non
capisci! Il regno è in pericolo! Non posso
spiegarti tutto, non c’è tempo. Ma se non vado
subito, l’unica che può
risolvere la situazione non sarà in grado di aiutare
nessuno. E se lei non ci
sarà, a essere in pericolo non sarà solo il suo
regno, ma tutte le terre del
sud!-
La ragazza la
guardò ammutolita, mentre già si
dirigeva speditamente verso casa.
-Giura che
tornerai-
Letizia
sollevò lo sguardo dalla bisaccia che
stava attaccando al cavallo, guardando Audrey. Il padre era rimasto
dentro
casa. Era stata dura spiegargli la situazione e la sua
gravità, ma alla fine aveva
accettato la decisione della figlia: se pur con molta tristezza, aveva
capito
che doveva andare.
-Prometto che
tornerò…se tutto andrà bene.-
-Andrà
tutto bene allora.-
-Perché?-
Audrey
sorrise, abbracciando l’amica. –Perché
tu
non dici mai bugie.-.
Letizia
Rispose tristemente al sorriso, poi salì
sul cavallo e sparì oltre l’orizzonte.