Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Eresia 1318    07/02/2014    2 recensioni
"Un giorno, qualcuno scriverà di noi: delle nostre pazzie, delle nostre serate trasgressive, dei nostri sogni e delle nostre avventure. Noi, la gioventù bruciata. Noi che ci droghiamo, che scopiamo, che ce l'abbia"mo col mondo. Noi che sappiamo amare, che soffriamo, che lottiamo. Non saremo quello che loro si aspettano, ma almeno noi non dobbiamo chiedere il permesso per essere liberi".
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Threesome
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Addicted

 
“Ho seguito il suo suono e mi ha portato fin qui, come il pifferaio magico”, Paul Kalkbrenner
 
Un raggio di sole dorato colpì la piramide di vetro, che frantumò quella luce in mille scintille colorate; esse invasero l’oscurità, scacciarono le ombre della notte e conferirono all’ambiente un’aurea magico - fiabesca. Lo stanzone si illuminò di un arancio rosato, tenue, un alba timida che risvegliava i clubbers dal sogno cosciente che era stata la loro nottata di divertimenti e follie.
Quanto solletico le faceva l’indice ruvido di Simone che le disegnava ghirigori astratti sulla nuca, ma lo lasciò fare.
Era troppo assorta per scansarsi.
Sorrise tra sé e sé, piegando le labbra in un wow bambinesco. Come poteva un semplice raggio solare suscitare meraviglia un tale caleidoscopio di emozioni?
L’autostrada era quasi completamente sgombra, il traffico di veicoli e prostitute che l’aveva affollata si era ridotto a poche corriere e alcuni camion.
Adele inspirò profondamente, come a voler raccogliere tutta la magia contenuta nell’aria e riempirsene i polmoni.
Simone si tirò su, osservando il profilo della ragazza. Sentì un affetto paterno nei suoi confronti, non la totale indifferenza che solitamente provava per le altre “scopate”.
Ma doveva ricordarsi che Adele era questo. Era solo un’altra scopata, una delle tante. E neppure così epica, visto che aveva dovuto farsi mille riguardi per non farle del male.
Era una verginella, e non aveva potuto divertirsi più di tanto.
Eppure non era così. Lui aveva provato piacere, ma l’atto sessuale in sé non centrava granché: la pelle morbida da bambina, gli ansiti trattenuti goffamente, il modo in cui affondava le unghie nella sua schiena, il fatto che lo stringesse come se temesse di avvertire il suo corpo dissolversi. Tutto questo lo aveva fatto sentire…bene! Non l’appagamento post orgasmo, ma bensì qualcos’altro…qualcosa che non riusciva a identificare. Gli sembrava di essere tornato un bambino… anzi di più! Un embrione nel grembo caldo della madre, ignaro di tutto il male che conoscerà appena il cordone ombelicale che lo lega a quel paradiso sarà reciso.
Aveva riscoperto la serenità e la spensieratezza, fra le braccia di quella ragazzina, ancora così candida, una sensazione che aveva dimenticato.
Simone si indurì all’improvviso: tutto il senso paterno, l’affetto, l’essersi sentito improvvisamente nudo e vulnerabile lo irritò profondamente.
Si alzò di scatto, tirandosi su i pantaloni e rimettendosi il giubbotto.
“ Dai, alza il culo.”, ordinò imperioso.
Adele uscì dal suo coma contemplativo, strattonata per il braccio.
Si risistemò i vestiti, si voltò verso il ragazzo e fece per prendergli la mano, ma lui la scansò di scatto.
Quando i due ragazzi si riunirono al gruppo, fra Adele e Kaila nessuna parola, nessuno cenno, solo una rapida occhiata complice; un sorriso sornione sul viso della bionda, uno più timido su quello della mora.
 
4 giorni dopo
 
Adele e Kaila uscirono da scuola, ridendo sguaiatamente e guadagnandosi gli sguardi di disprezzo delle altre ragazze antistanti la scuola; loro le notarono, e questo non fece altro che aumentare il loro esibizionismo: adoravano essere guardate, criticate, essere al centro dei pettegolezzi di quelle male lingue.
“Purché se ne parli”, disse intenzionalmente a voce alta Kaila.
Adele inizialmente odiava vedere come le altre la squadravano, ma poi si ricredette.
Per anni era stata evitata come una lebbrosa, ignorata. Perciò ora non le dispiaceva essere nei pensieri di qualcuno, dal momento che le loro critiche erano frutto della gelosia.
Adele chi? era diventata ecco Adele! Ma lo sai che Adele..? 300 amici in più su Facebook in appena due mesi, “mi piace” quadruplicati; apparteneva alla compagnia più figa di tutta Mera, aveva molti ragazzi che cominciavano a ronzarle in torno.
Quindi no, essere odiata perche lei era quello che loro non potevano essere non le dispiaceva affatto.
Subito fuori dal cancello arrugginito della scuola, si imbatterono in due ragazzi
“Uuh uhh ecco qui le fighe!”
“ Sempre il solito morto di figa Sebastian”, ridacchiò civettuola Kaila.
Il cuore di Adele perse un battito
 “ Hey..”, le fece il biondo, strizzando l’occhio. Nella sua voce, però, non c’era né la sbruffoneria né il tipico atteggiamento di sufficienza; traspariva il suo lato gentile, velato dal solito spirito provocatorio.
“ Hey”, rispose lei sommessamente, non riuscendo a trattenersi dall’abbassare il capo.
“ vieni a casa mia?”, le chiese Simone, prendendole il mento fra due dita.
Adele non riusciva a capire se fosse un invito o un’imposizione.
La voce del ragazzo le appariva ancora più profonda e suadente, gli occhi più intensi…non aveva bisogno di parlare, gli bastavano proprio quegli occhi color nocciola con qualche sfumatura gialla, per convincerla.
Tutto in lui, i movimenti del suo corpo, il linguaggio muto della sua espressione, sussurravano: “vieni… vieni con me..”
Era come se l’anima di Simone emettesse dei piccoli suoni, una melodia che la incantava sempre, che l’avrebbe potuta indurre a gettarsi fra le fiamme di un incendio.
Per questo si ritrovò nella stanza del biondo: si era lasciata incantare da quel suono, lo aveva seguito, come il topino aveva seguito il pifferaio magico.
Simone abbassò le tapparelle, lasciando appena qualche spiraglio per permettere alla luce di passare.
Adele era semi-immersa nell’oscurità, in piedi davanti a lui, tremante come l’ultima delle foglie rimaste attaccata a un albero in autunno.
Simone. Simone Blas. La guardò per un tempo che le parve un’infinità.
 Lui adorava torturarla così, vedere come lei pendeva dalle sue labbra.
Lui si tolse la maglia con calcolata lentezza, e il viso di Adele sentì l’ondata di calore bruciarle le gote.
Non riusciva a muovere un muscolo, sì e no era in grado di respirare regolarmente, e Blas piegò la bocca in un sorriso sinceramente divertito, nel notare il suo imbarazzo.
Era perversamente eccitante, un gioco che con le altre non poteva fare: loro avevano già esperienza, sapevano come soddisfarlo senza che lui aprisse bocca.
Non che questo fosse male, anzi.
Però l’innocenza di Adele era alquanto stimolante. Lei aveva bisogno di essere istruita, educata, domata, e stava a lui accompagnarla in questo “percorso pedagogico”.
Poi la ragazza imparava in fretta: in 2 mesi da puritana si era trasformata in provocatrice, a suo agio con il suo corpo, incredibilmente sexy e ammiccante. Un bel traguardo.
Simone si avvicinò lentamente, le fece un paio di giri attorno al corpo; un lupo che studia la sua preda, consapevole che ormai è nella trappola.
Le sfiorò appena il collo con l’indice, provocandole una scossa elettrica su tutta l’epidermide, e a Blas sfuggì un’altra risatina divertita.
“ ti faccio paura?”
“ no..”
“ non mi sembri convinta”
“ perché dovresti?”
“ non lo so.. dimmelo tu..”
“ non ho paura”
“ mmh, stavolta eri un po’ più decisa..ma non ti credo”
“ bè..dovrei averne?”
“ dipende…”
Simone si fermò davanti a lei, e la mora si sentì ancora più piccola e indifesa, notando i 20 centimetri buoni di altezza in più del ragazzo.
Ora Blas le sfiorava impercettibilmente le labbra, facendola rabbrividire ancora e ancora. Ormai Adele non riusciva a non tremare, e si arrese.
“ si…”
Simone le sfilò la maglia, l’attirò ancora più a sé, prendendola per la cintura e, poco prima di morderle il collo le sussurrò: “ fai bene…”
Ad Adele sfuggì un gridolino acuto, un misto di sorpresa, piacere e nervosismo.
Si, lui la terrorizzava; le controllava la mente, le leggeva nel pensiero, capiva ogni suo stato d’animo; mentirgli? Impossibile. Lui sapeva tutto di lei, ed era questo che faceva sì che l’avesse in pugno.
Simone le strinse forte le natiche sode, le premette il cavallo dei pantaloni sul corpo, le mordicchiava il lobo dell’orecchio (cosa che la mandava in estasi più assoluta).
Adele gli sbottonò i jeans e glieli abbassò, in un impeto di desiderio che le spazzò via tutta la timidezza.
Si sentiva una leonessa che ruggiva di rabbia, che cercava di aprire con le unghie e con i denti la gabbia nella quale era rinchiusa.
Simone si abbassò sempre di più, baciandole lo sterno, l’ombelico, fino a ritrovarsi inginocchiato davanti a lei.
Dopo averle abbassato i jeans, le leccò l’inguine, stringendo fino a farle male le natiche.
Le abbassò le mutandine, e cominciò a baciarla nella sua intimità.
Adele gli accarezzava i capelli, cercava di trattenersi dallo spingergli la testa ancora più dentro, anche se l’istinto le ordinava questo.
Adele era scossa da tremiti, gettava indietro la testa ogni volta che sentiva quelle fitte di piacere.
Si slacciò il reggiseno, rimanendo completamente nuda.
Simone si tirò su, la prese in bracciò e la scaraventò, senza troppi complimenti, sul letto: l’ammirò per qualche secondo, sentendosi invaso dall’eccitazione. Si abbassò i boxer e, con pazienza e delicatezza, le guidò la mano sul suo sesso, insegnandole come dargli piacere.
Dopo essersi tolto completamente i boxer, si sdraiò sopra di lei e la penetrò con decisione
Adele era ancora un po’ troppo stretta, ma dopo qualche spinta decisa Simone riuscì a entrare.
La ragazza trattenne le lacrime, nascose il viso nel cuscino.
I corpi dei due ragazzi presto iniziarono a sudare, e questo li eccitò entrambi.
Dopo circa mezz’ora, Simone le crollò letteralmente addosso, posandole la testa fra i piccoli seni sodi.
Rimasero così, muti, per quasi un’ora. Nessuna parola, nessun rumore se non i loro respiri affaticati.
Nessuno dei due guardava l’altro negli occhi, e nel loro subconscio sapevano entrambi il perché: non volevano far vedere all’altro quanto, nel profondo, erano fragili e insicuri. Forse riuscivano a nasconderlo al mondo, quando ogni giorno indossavano quelle maschere socialmente accettate dalla massa, così da non lasciar trasparire la loro vera personalità.
Ma lì, in quel frangente, nudi e sudati e così intimi…come avrebbero potuto nasconderlo?
Si rivestirono in fretta, dopo essere rimasti abbracciati per un po’, sempre senza guardarsi negli occhi, sempre senza parlare.
Simone, fresco di patente, la riportò a casa.
Nemmeno un bacio, nemmeno un sorriso, solo un “alla prossima”.
Era impressionante come, dopo un momento così emotivamente coinvolgente, tra i due calasse il gelo. Il gelo. Quello che regnava in entrambi da troppo tempo, quello che riuscivano a scacciare solo nei modi peggiori: Simone bevendo, drogandosi, scopando con sconosciute, Adele tagliandosi, sballandosi con i fumi nocivi del depuratore.
Quella non fu l’ultima volta che si trovarono al pomeriggio, alla “residenza” Blas.
Dopo un sabato passato in bar, dove Simone ignorò Adele per tutta la serata (con grande delusione di quest’ultima), lui la venne a prendere a scuola.
Così, senza preavviso.
Andarono a casa del biondo, le tapparelle abbassate, i corpi nudi e caldi avvinghiati l’uno all’altro, i gemiti coperti dal cd dei Radio Head, la totale assenza di parole o di sguardi.
E poi Simone che, come un bambino, si rannicchiava sul grembo di lei, lasciandosi accarezzare la testa.
Un pomeriggio, due pomeriggi, quattro, dieci pomeriggi.
Il weekend amici, talvolta anche solo conoscenti. Durante la settimana…scopamici?
Lui non la badava minimamente, al massimo facevano qualche battuta con gli altri ragazzi, andavano a ballare insieme, si rollavano qualche canna, stavano al bar.
Ma tra loro, un muro.
Lei lo cercava sempre, con lo sguardo. E quei sabati che non lo vedeva, le si formava un gruppo in gola così opprimente che solo l’alcol riusciva a sciogliere.
Si sentiva persa, quasi abbandonata.
Ma quando lo vedeva, quando tra la folla spuntava il ciuffo biondo, le lacrime le salivano agli occhi.
Che le importava se lui non l’avrebbe badata? Si certo, faceva male essere ignorata da lui. Faceva male sapere che, probabilmente, lei era una delle tante, uno dei suoi giocattoli. Magari il preferito, ma sempre un giocattolo.
Ma le faceva più male quando la guardava, quando i loro occhi si incontravano. Perché era in quel momento che, di colpo, erano di nuovo nudi, di nuovo vulnerabili, troppo chiusi per rivelarsi ciò che provavano ma troppo soli per resistere alla tentazione di abbandonarsi l’uno all’altro.
Lei non voleva soffrire, ne aveva già passate tante. Ogni volta che scendeva dalla macchina, si riprometteva che sarebbe stata l’ultima.
Ogni volta, per un mese, lei lo promise.
Ogni volta che lui l’aspettava fuori dalla scuola lei, per un mese, passò i pomeriggi fra le sue braccia.
 

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Eresia 1318