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Autore: Marichiaaa    08/02/2014    2 recensioni
《Tesoro sali in macchina, ci divertiremo nella nuova casa. A Londra ti farai dei nuovi amici.》
《Io...io non voglio venire.》
Ariel, 16 anni, bulimica. Ecco come uso definirmi. Mia madre mi chiamò Ariel per via dei miei capelli uguali a quelli della sirenetta...era sempre stato il suo cartone preferito.
Ogni mattina mi alzo e invece di ringraziare Dio per un nuovo giorno, ringrazio lei...per rovinarmi la vita ogni giorno di più. 
Lei non ha il diritto di rovinarmi la vita.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: PWP, Tematiche delicate
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#Ariel's POV.

Dove cazzo erano andati? Cos’era successo? Piangevo, ero disperata e buttata sul pavimento. Avevo un bruttissimo presentimento e speravo seriamente non fosse vero. Zayn mi prese in braccio e mi caricò subito in macchina. «Dove andiamo?» Zayn esitò per un momento, forse non era sicuro della risposta.«Dalla polizia.»

Per la seconda volta, non pensavo a niente solo il bianco davanti ai miei occhi, ero persa nei miei bianchi pensieri, come durante quelle lunghe giornate in clinica dove stavo sul mio letto a fissare il muro bianco in attesa che si tingesse di qualche colore. Io, Jasmine e un muro bianco. Talvolta vicine, altre volte ognuna sul suo letto, ma sempre a fissare il muro, scambiandoci poche parole ogni tanto. Non era una tipa molto loquace.

Zayn mi trascinò giù dall’auto e una volta trovata una sedia davanti ad una scrivania mi poggiò li. «Devo fare una denuncia.» Si rivolse ad un agente di polizia che subito lo fece accomodare. «I nostri genitori sono scomparsi.» Scomparsi, che parola di merda. Avevo appena ritrovato mio padre e qualcuno me lo aveva portato via. «Siamo tornati da scuola e loro non c’erano più. Il telefono è spento e non hanno lasciato neanche un biglietto. In casa non ci sono segni di inflazione, ma ho paura che li abbiano potuti trarre fuori con l’inganno.» Il poliziotto annotava tutto sul suo computer aperto sulla pagina: Modulo denuncia. «Quand’è stata l’ultima volta che li avete visti?» Zayn guardò prima me, poi l’agente. «Ieri sera.»
 

Eravamo stati cacciati via come niente. Un misero: non sono ancora passate 48 ore non bastava a calmare i nostri animi. Con questa frase non li avremmo riavuti indietro. Adesso anche Zayn piangeva, aveva gli occhi appannati dalle lacrime, non so come facesse a vedere la strada davanti a sé. Una volta a casa si buttò sul letto di sua madre ed io mi misi accovacciata accanto a lui. Piangemmo per non so quanto tempo. Non ci muovemmo per ore. Non c’erano ne fame, ne sete, ne bisogno di andare in bagno. C’eravamo noi abbracciati stretti stretti in compagnia dei nostri pensieri. Non una parola, un sussurro. Solo due cuori distrutti. Il nostro presentimento si faceva sempre più forte. Avevamo entrambi paura che le uniche persone a cui volevamo bene ci fossero state portate via da qualcuno.
Ci svegliammo solo quando sentimmo una chiave girare nella toppa, forse erano loro. Erano passate quanto 72 ore, ma non avevamo avuto la forza di andare di nuovo al comando di polizia. Avevamo deciso di riprenderci dal trauma e solo allora di andare a fare la denuncia. Scendemmo di sotto con i vestiti sudati e le facce piene di lacrime. Erano li davanti a noi i nostri genitori. Appena ci videro si gettarono su di noi piangendo anch’essi. «Scusa bambina mia.» Fu l’unica cosa che mio padre mi sussurrò. Restammo in quel modo per un’inifinità di tempo. Quando mio padre ci propose di sederci tutti in salone.

«E’ successa una cosa. - Disse così piano che fu difficile sentirlo. Ecco lo sapevo io che i miei presentimenti erano fondati. -­ Riguarda tua madre.» Quella strega? Cosa voleva ancora da me? Non risposi, mi limitai ad annuire. «Che cosa vuole ancora quella stronza?» Fu Zayn a prendere parola. «Vuole che gli venga affidata sua figlia!» Minuto di silenzio e quando mi resi conto di ciò che aveva detto mi alzai in piedi di scatto battendo le mani sul tavolino davanti a me. «Che cosa?» I miei occhi erano pieni d’odio. «Cercherò di impedirlo. Ho solo bisogno di un buon avvocato. Ci metterò tutto me stesso te lo giuro Ariel.» Mio padre aprii le braccia come ad accogliermi, ed io mi ci fiondai dentro. Lui mi accarezzò i capelli sussurrandomi solamente un “non ti abbandonerò mai.”
Zayn si schiarì la voce e interruppe quel momento padre figlia. «Il padre di Harry è un avvocato molto stimato, è sempre dalla parte dei più deboli e non chiede mai molti soldi.» Zayn alludeva alla nostra situazione economica e faceva bene, ma c’era da non dimenticarsi che anche mia madre era un avvocato. «Allora voglio parlare con lui oggi stesso.»
 

Passavano i giorni ed io ero sempre più triste, mio padre mi diceva sempre che sarebbe stato difficile. Insomma, il processo era esattamente tra tre mesi e avevano pochi fogli in mano. Mio padre mi aveva spiegato perché ci avevano lasciato in quel modo. Non gli avrei mai permesso di incontrare la strega è vero e gli sarei corsa incontro dovunque fosse. Si scusò un miliardo di volte, ma io non ce l’avevo mica con lui.
Erano passati tre mesi. Io non potevo andare in tribunale in quanto minorenne, ma sarebbe stato meglio, almeno non avrei visto quella strega. Credevo in mio padre e nel signor Styles. Lui era la mia salvezza.
 Aspettai tutto il tempo facendo su e giù per il corridoio che culminava col portone di casa mentre il mio pigiama di pile mi riscaldava. Mille pensieri mi passavano per la testa. Vivere con mia mamma sarebbe stato peggio della permanenza in clinica. Lo era stato prima di finire lì e lo sarebbe stato anche dopo.  Appena mio padre entrò dalla porta non dissi una parola, ma gli rivolsi uno sguardo speranzoso, mentre mia zia Mary e mio cugino ci raggiungevano davanti la porta. «Ho una cattiva notizia ed una buona.» Ma mi pigliava per il culo? «Comincia dalla cattiva.» Dissi andandomi a sedere sul divano in modo da evitare uno svenimento. «La cattiva è che tua madre ha ottenuto l’affidamento e. – senza darmi tempo di replicare continuò con la buona. – Abbiamo già fatto ricorso. Sostengono che io sia malato e non possa prendermi cura di te, ma abbiamo trovato un modo per smentire tutto questo. Vedi tesoro, chiameremo il dottore che mi ha seguito durante tutta la mia malattia e lo faremo testimoniare. Non ho più il cancro, devo solo sottopormi ad un controllo che via via si farà sempre più rado nel tempo.» Sospirai, ero contenta che ci fosse un’altra via d’uscita. «Questo vuol dire che?» Non rispondere quello che penso, non lo fare. Pensavo tra me e me. «Finchè non ci sarà una nuova udienza, dovrai stare con tua madre. Nella tua vecchia casa.» Ecco, ero pronta a morire. Non volevo andare a vivere con quella troia. Sarei caduta in depressione questa volta, altro che bulimia.
Ma purtroppo non potè impedirlo. Nonostante questo con Zayn attuammo un piano. La mattina sarei stata lontana da lei andando a scuola. Fino alle tre avrei avuto gli allenamenti ed il pomeriggio l’avrei passato con lui o con Alison. La sera avrei cenato fuori molte volte a settimana e il week-end l’avrei passato con mio padre, secondo la sentenza del giudice. Era un piano infallibile, dovevo starle il più lontana possibile e ci sarei riuscita. Ero positiva, lei non mi avrebbe scalfita, non questa volta. Non con i miei cari a difendermi. Anche gli amici di Zayn erano pronti a difendermi ed anche Alison.
 


Primo giorno di convivenza.
Arrivai la sera prima in quella casa decisa a non rivolgerle la parola, ma quella volta fu lei a farlo. «Sicuramente ti chiederai dove sono stata per tutti questi mesi. – Si lo avevo fatto. – Sono andata a schiarirmi le idee lontana da qui. Non sapevo se tornare o no, non sapevo se volevo una figlia. – Oh così si che mi consolava. – Alla fine ho capito che la mia vita senza di te non aveva senso.» Cazzata più grande non poteva esistere, ma non avevo intenzione di ascoltarla ancora. Così me ne salii in camera senza neanche dirle buonanotte. Non se lo meritava. Lei non voleva me, voleva l’infelicità di mio padre. Lei lo aveva buttato via ed era intenzionata a farlo soffrire ancora, ancora e ancora. Tanto presto sarei stata libera, anche se mio padre non avrebbe ottenuto l’affidamento, avrebbe prolungato i tempi il più possibile, fino a quando non sarei diventata maggiorenne. Lui non voleva vedermi solo tre giorni su sette, lui voleva vivermi.
 
Non avevo dormito completamente quella notte pensando alla cattiveria di mia madre. Misi la mia uniforme da cheerleader, stirai i capelli, mi truccai e con la mia borsa scesi al piano inferiore. «Buon giorno.» Era proprio uguale alla strega cattiva in Biancaneve e i Sette Nani. «Buongiorno.» Mugugnai prendendo una mela. Fuori c’era Zayn ad aspettarmi. Appena salii in macchina gli stampai un bacio sulla guancia. «Portami lontano da qui.» Lui fece un risolino e in men che non si dica arrivammo a scuola.
Scuola, che bella parola. Aveva un suono tutto suo stamattina. Forse perché qualsiasi cosa era meglio di mia madre. Salutai gli amici di Zayn e poi fui trascinata via da Alison. «Stasera casa Styles, sembra perfetto per il piano vero?» Oh si lo era. L’abbracciai forte forte. «Sei la migliore.» Le sussurrai all’orecchio. Eh già Alison era la cosa migliore che potessi desiderare, sia in quel momento che sempre. Quella giornata la passammo assieme ed io ignorai tutto il tempo le telefonate di mia madre, poteva aver ottenuto il mio affidamento, ma non il mio affetto. Io e Alison arrivammo a casa mia. Mi dovevo pur cambiare per la festa no?
Indossai un abito corto a balze, niente di troppo aderente, volevo essere libera di muovermi, con un paio di decolletè. Stirai i lunghi capelli rossi e inserii un fiocco rosso tra i capelli. Scendemmo sotto e mia madre non potè fare a meno di notarmi. «Dove credi di andare?» La guardai in cagnesco. «Ad una festa. – Il suo sguardo era infuocato. – Eh già, vai a dirlo pure al tuo amico giudice se non ti piace che lo faccia.» Uscii di casa sbattendo la porta e io e Alison scoppiammo a ridere. Avevamo le lacrime agli occhi per le risate.

Lei indossava un abitino nero con scollatura sulla schiena e un paio di stivali tacco 12.
Appena entrammo salutammo Harry con un bacio e ci accomodammo al tavolo dei drink. Amavo bere e anche Alison lo faceva. Eravamo identiche. Era la sorella che non avevo mai avuto. Zayn non si era fatto vedere tutto il tempo, chissà dov’era!
Io Alison e le altre cheerleader passammo una bellissima serata, piena di bevute e balli scatenati sopra i tavolini. Ma quando io e la mia amica stavamo per avviarci verso il tavolo dei drink vidi una figura avvicinarsi. Oh no pensai.

Louis. In quel momento mille e pure più cattivi pensieri mi attraversavano la mente, che cosa ci faceva qui? Alison notò la mia inquietudine e appena si girò lo vide. Non avevamo mai parlato di questa storia, ma c’erano state tantissime voci sull’accaduto. La maggior parte delle quali veritiere. «Allora è tutto vero?» Alison mi fissava. Io mi limitai ad annuire e mi trascinò via. Fuori da quella casa, che per me si era trasformata nell’inferno. Che cazzo voleva? Non bastava mia madre, ora si doveva mettere in mezzo pure lui?! 


SPAZIO AUTRICE.
Personalmente mi piace questo capitolo anche se forse non sono riuscita a renderlo al meglio. Beh, spero che piaccia anche a voi.
Ringrazio coloro che seguono la mia storia. Siete voi a darmi energia e voglia di scrivere. 
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Perchè Louis è tornato? Robert riuscirà a rintracciare il medico e ad ottenere l'affidamento totale di Ariel? Lo scoprirete nella prossima puntata!
Non mi abbandonate :D
A presto!
  
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