Anonymous
Per il bene di Kise
Il sogno di ogni ragazza della
scuola media Teiko era lo stesso per tutte (tranne Momoi): trovare Kise Ryota fuori dalla propria aula, in trepidante attesa di
lei.
Nakamori
Haruka, studentessa del terzo anno rinchiusa nel
corpo di una bambina delle elementari, unico membro femminile del club di
giornalismo, appassionata di yaoi estremo, non faceva
eccezione. Lo vide non appena svoltò l’angolo del corridoio che portava alla
sua aula. Bello come un dio greco, poggiato al davanzale della finestra di
fronte la porta come se stesse posando per una copertina e, soprattutto, con lo
sguardo puntato su di lei. Era il sogno nel cassetto di qualunque ragazza (tranne
Momoi), se non fosse stato per un dettaglio, neanche
tanto piccolo, che stonava come una bara in bella vista ad una cerimonia
nuziale. Accanto a Kise, vi era uno spazientito Aomine Daiki che, non appena notò
la sua preda mancata per un soffio il giorno prima, sembrò pronto a saltarle
addosso come una tigre inferocita.
Nakamori
si bloccò di colpo, ma i due ragazzi rimasero lì fermi dov’erano. Sapevano che
ben presto sarebbe dovuta entrare in classe e lei, di contro, sapeva cosa
volevano. Deglutì, si fece forza, e avanzò come un condannato verso il
patibolo. Quanto meno, la presenza di Kise avrebbe
reso più dolce quell’agonia.
“Buongiorno Nakamori-san!”
la salutò Kise, col suo sorriso smagliante.
Aomine
emise un mugolio indecifrabile. Si erano accordarti per lasciar parlare Ryota, perché Daiki, a detta
dello stesso compagno, con le ragazze era indelicato come un orso di foresta.
“Buongiorno a te, Kise-kun”
rispose lei, ignorando deliberatamente l’orso.
“Nakamori-san, ieri ti
abbiamo spaventata, ma non era nostra intenzione farti nulla di male. Ecco,
volevamo semplicemente chiederti una cosa.”
“So cosa volete, ma la risposta è no: non le avrete
mai!” Di fronte alla prospettiva di essere derubata di uno dei suoi beni più
preziosi si risvegliò all’istante tutta la sua baldanza.
“Di cosa stai parlando?”
Aomine
non riuscì più a trattenersi. Sapeva che lasciare le cose in mano a
quell’incapace di Kise avrebbe portato la storia per
le lunghe e di fatti non si era sbagliato. “Avanti, confessa! Sei tu l’autrice
della storia sul giornale, vero?”
“Aominecchi!” lo richiamò
l’amico con tono di rimprovero mescolato a rassegnazione.
“Cosa? Io! Magari lo fossi! No, mi spiace, ma avete
preso un granchio.”
“Non fare la difficile: non potrebbe esserlo nessun
altro!” Aomine avanzò sovrastando la ragazza con la
sua ombra imponente, ma lei non si scansò di un centimetro. La sera prima era
sola, ma di giorno, all’interno della scuola, era pieno di testimoni: Aomine non avrebbe potuto alzare un dito su di lei.
“E io ti dico di no!”
“E allora perché ci stavi spiando? Stavi
raccogliendo materiale per la storia, no?”
“Sbagliato. Scattavo solo qualche foto di voi due.
La coppia AominexKise attira molta attenzione,
ormai.”
“Coppia AominexKise?” le
fece eco Kise. “Perché il mio nome viene messo per
secondo?”
“Be’, l’ordine dei nomi indica il ruolo che ognuno
ha nella relazione. Chi sta dopo significa che è il passivo” spiegò Nakamori con la stessa serietà con cui avrebbe insegnato a
risolvere un’equazione di secondo grado.
“Passivo… quindi, vuol dire che io… sarei…”
“Non abbiamo tempo per questo!” li interruppe Aomine, sul volto un leggero rossore per la piega che la
conversazione aveva preso. “Dacci le foto, subito!”
“Mai!” Nakamori si strinse
al petto la cartellina marrone, rivelando ad Aomine
dove nascondeva i preziosi scatti che aveva rubato agli ignari giocatori.
“Non costringermi a…”
“Aominecchi, per favore.” Kise, ripresosi dall’imbarazzo, mise una mano sulla spalla
del compagno, invitandolo a farsi da parte e lasciare tutto in mano sua.
“Nakamori-san…” soffiò
gentile e prese tra le sue la piccola mano destra della ragazza, “… in questi
ultimi tempi la nostra dignità è stata brutalmente calpestata più volte.
Consegnami quelle fotografie, te ne prego. Te ne sarei davvero, davvero
riconoscente.”
La presa di Nakamori sulla
cartellina si allentò, facendola cadere rovinosamente a terra. Sentì le guance
andare in fiamme e poi tutto il corpo, come se si stesse sciogliendo a fuoco
lento, rischiando di diventare più bassa di cinque centimetri abbondanti. “Kise-kun… se me lo chiedi così…” Prese la cartellina,
l’aprì e tirò fuori le foto. Le consegnò nelle mani di Kise
come una devota che porge dei doni alla propria divinità.
“Grazie, Nakamori-san, sei
stata tanto gentile.”
Allontanandosi lungo il corridoio, Kise sventolava le foto come un trofeo davanti al naso di Aomine, soddisfatto di essere riuscito lì dove il suo idolo
aveva fallito.
“Sì, sì, bravo… diamo un’occhiata a queste foto,
piuttosto.”
Le sfogliarono velocemente per assicurarsi che non ci
fosse nulla di compromettente: loro due durante gli allenamenti, Kise che usciva dallo spogliatoio, Aomine
che lo seguiva, loro che parlavano all’angolo del marciapiede. Kise ripensò subito alle ultime parole dette dal compagno ‘Invece io conosco bene i tuoi sentimenti’;
temeva e al contempo smaniava di sapere cosa significassero.
“Mi era sembrata sincera” disse Aomine.
“Dunque non è lei l’autrice che stiamo cercando.”
Aomine
sospirò di frustrazione. Erano di nuovo punto e a capo. A breve sarebbe uscito
il nuovo capitolo e, stando a come si concludeva il terzo, la cosa si
prospettava molto, molto, molto imbarazzante. Mancavano pochissimi giorni e
della vera autrice ancora nessuna traccia.
Nel frattempo, seduta al proprio banco, Nakamori non riusciva a fare a meno di accarezzarsi la mano
che Kise le aveva tenuto stretta per qualche secondo.
Se la portò alle labbra e pensò che ora poteva anche morire felice.
Terminata la siesta post-pranzo, Aomine scese dal tetto della scuola per ritornare in
classe. A metà strada, si trovò la via sbarrata da una ragazza rigida come uno stoccafisso.
Lo guardava con disprezzo, quasi disgusto. Il ragazzo non aveva la minima idea
di chi fosse, né di cosa volesse.
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese lui, ancora
assonnato.
“Sì, ho bisogno di parlare con te. Hai un minuto?”
“Basta che non riguarda la storia del giornaletto
scolastico” ne ho le scatole piene,
avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne.
“Si tratta di Kise-sama.”
“Sama?”
“Sì, mi chiamo Usaki Akane e sono la presidentessa del primo fan club ufficiale
di Kise Ryota.”
Aomine
la guardò come se davanti avesse una pazza con tanto di camicia di forza, ma
aveva imparato che le ragazze a volte perdevano davvero la testa (un esempio
era Sastuki quando parlava di Tetsu)
e facevano le cose più assurde (sempre Sastuki). “Oh,
e cosa c’entra questo con me?”
“Io e tutte le ragazze del club siamo molto
preoccupate per il nostro Kise-sama. Non solo il suo
atteggiamento nei nostri confronti si raffredda di giorno in giorno, ma in
generale lo vediamo molto provato e spento.”
“Ripeto: cosa c’entra questo con me?”
“Sei tu la causa del suo malessere” lo accusò Usaki, aspramente.
“Io? Non è che magari siete voi che lo asfissiate
continuamente ogni giorno?”
“Impossibile! È successo da quando Kise-sama è entrato nella squadra di basket e precisamente
da quando frequenta te.” Usaki puntò il dito indice
contro di lui come se stesse impugnando una pistola. “La tua compagnia è
deleteria per l’animo gentile e solare di Kise-sama.
Lui si logora nel corpo e nella mente per raggiungere il tuo livello di
bravura, si dispera per elemosinare un briciolo della tua compagnia e
approvazione, mentre tu lo ripaghi con insulti e angherie.”
“Sai che ti dico? Sei solo una pazza e non intendo
stare qui a farmi insultare da te. Me ne vado” disse Aomine,
avviandosi verso le scale per scendere al primo piano.
“Se sei suo amico, se ci tiene a lui anche solo un
minimo, faresti meglio a stargli lontano e a non farlo soffrire più” lo ammonì Usaki, dalla cima delle scale.
Aomine
posò piede sul pianerottolo nell’istante in cui la voce della ragazza si zittì.
Parlava come se sapesse come stavano davvero le cose, ma ciò era impossibile.
Nessuno, eccetto il diretto interessato, poteva essere a conoscenza del fatto
che Kise avesse un’infatuazione per lui. Però, ciò
che Usaki gli aveva detto non era del tutto falso.
Kise
lo amava e lui non poteva ricambiarlo…
Kise
sapeva essere davvero terribile a volte, ma Aomine
non voleva essere la causa della sua sofferenza, per nulla al mondo. Che fare?
Stargli vicino lo avrebbe fatto penare, alimentando
in lui l’illusione che forse dalla loro amicizia sarebbe potuto scaturire
qualcosa di più. Di contro, allontanarlo gli avrebbe arrecato comunque dolore.
Le prospettive erano due: una lenta agonia nel primo caso o una sofferenza
intensa ma breve nel secondo.
Forse era meglio la seconda opzione. Kise ne avrebbe sofferto, ovvio, ma se ne sarebbe fatto una
ragione, lo avrebbe dimenticato e, quando le loro strade si fossero divise ai
superiori, avrebbe trovato qualcun altro su cui riversare i suoi sentimenti.
Sì, avrebbe fatto così: avrebbe costruito un muro
tra lui e Kise, così da preservarlo da un’orribile
delusione futura. Semplice, no?
Quella stessa sera, conclusi gli allenamenti, dopo
aver riposto le attrezzature nello stanzino, i ragazzi della squadra si
avviarono verso lo spogliatoio, tranne uno.
“Aominecchi, che ne dici
di qualche uno-contro-uno?” propose Kise.
“No, non mi va” rispose freddamente l’interpellato,
senza neanche voltarsi per guardarlo.
Kise
sbarrò gli occhi a quel rifiuto. Ma come? Il giorno prima lo aveva persino
rincorso fuori dalla scuola, offeso per il suo comportamento schivo, e adesso
quello che lo ignorava era proprio lui? Era assurdo quel cambio di
atteggiamento nell’arco di ventiquattr’ore. “Ma ieri tu stesso mi dicesti…”
“Ieri era ieri” lo interruppe Aomine,
anche questa volta senza fermarsi o degnarlo di uno sguardo. Uscì dalla
palestra, lasciando un confuso quanto rattristato Kise
solo, in mezzo al campo. Anche se all’esterno poteva sembrare che non gliene
importasse nulla, in realtà era stato più difficile di quanto pensasse. Non era
facile troncare di punto in bianco un’amicizia, senza motivo apparente, per
giunta, ma era la soluzione migliore. Lo faceva per Kise
e per il suo bene. Doveva focalizzarsi su questo pensiero e basta. Aomine non era tipo da pensare troppo agli altri, ma con Kise non gli riusciva così facile. Perché poi? Era un
rompiscatole in tutti i sensi, strillava in continuazione e dove c’era lui
c’era sempre un gran casino tutto intorno… ma per qualche ragione ci teneva a
lui.
Tutta
colpa di questa maledetta storia e di quel dannato diario,
pensò. Mi sto facendo suggestionare
troppo!
Kise,
immobile come una statua, veniva lentamente sepolto dalle sue stesse domande: cos’altro
era successo adesso? Possibile che Aominecchi fosse
rimasto offeso dalle sue parole? ‘…anche
tu non capisci bene i sentimenti delle persone che ti sono vicine…’
No, era assurdo. Lui non era un tipo da prendersela
per così poco. E allora cosa? Non ci capiva più niente. Aomine
era il ragazzo più semplice da comprendere, sotto alcuni aspetti, ma negli
ultimi tempi era diventato più complicato di un sudoku.
Kise
lanciò la palla che ancora teneva in mano contro la parete di fronte,
imprecando e tremando. Aveva solo voglia di sfogare la propria rabbia in
qualche modo. Aominecchi scivolava via come acqua tra
le dita e lui, per quanto tentasse di serrarle, non riusciva a trattenerlo in
nessun modo. Si stava solo torturando, lo sapeva. Desiderava stargli accanto
ogni momento della giornata, ma sapeva che il compagno non avrebbe mai al mondo
ricambiato i suoi sentimenti. Era come perdere continuamente contro di lui. La
sconfitta era amara, ma gli piaceva, perché aveva trovato qualcuno che sapesse
stimolarlo. Era proprio un masochista, doveva riconoscerlo.
Immerso in questi pensieri, non si accorse di una
persona che, cautamente, gli si era avvicinato alle spalle. “Kise-kun.” Kise sobbalzò. In un
primo momento pensò si trattasse di Kuroko, ma quando
si voltò vide i grandi occhi marroni di Nakamori Haruka, ingigantiti dalle spesse lenti degli occhiali,
guardarlo con compassione, come se stesse osservando un cucciolo che tremava
dal freddo.
“Nakamori-san. Che ci fai
qui? Non dirmi che ci stavi spiando?”
“No… cioè… non proprio… non ho fatto fotografie,
comunque” rispose lei.
“Mi devi scusare, ma non è proprio un buon momento
questo” le disse Kise, sperando che la ragazza
cogliesse l’antifona e lo lasciasse solo per un po’.
“Lo so, ho visto tutto. Proprio per questo ti sono
venuta a parlare.” Ora Kise le rivolse la sua più
totale attenzione. “Dopo l’ora di pranzo, stavo… ehm… casualmente… seguendo Aomine-kun, quando ho visto Usaki
Akane, la presidentessa del tuo fan club, a cui tra l’altro
sono iscritta con la tessera numero quarantotto, tra l’altro, fermarlo per
parlargli.”
“Usaki-san? E cosa si sono
detti?” Lentamente i pezzi iniziarono a combaciare e rivelare il disegno
completo.
“Non lo so, ero troppo lontana per sentire. Ma da
quel momento in poi Aomine-kun è stato molto pensiero
e adombrato. Penso che sia per questo che prima si è rifiutato di giocare con
te.”
“Aominecchi è proprio un
idiota. Grazie, Nakamori-san. Ora ho capito tutto. Ma
perché ci tieni così tanto ad aiutarmi?”
“Oh, voi due siete una coppia così bella! Io faccio
il tifo per voi, sai? E poi preferisco vederti con Aomine-kun
piuttosto che insieme a qualche altra ragazza!” Gli occhi di Nakamori iniziarono a brillare come pepite: era entrata in
quella che i suoi compagni giornalisti definivano ‘Yaoi
mode on’.
Kise
si allontanò da lei finché era ancora in tempo. Doveva raggiungere Aominecchi e parlargli al più presto. Arrivò a pochi metri
dallo spogliatoio quando lo vide uscire in compagnia di Kuroko.
“Aominecchi, dobbiamo parlare” gli disse, prima
ancora di raggiungerli.
“Ho
da fare, non posso fermarmi. Andiamo, Tetsu” ma Tetsu era già sparito. “Piccolo…” imprecò a mezza voce. Lo
detestava quando spariva così, lasciandolo sadicamente solo tra le grinfie di Kise.
Note dell’autrice
Non c’è pace per i nostri eroi!
Purtroppo c’è sempre qualcuno pronto a mettersi in mezzo, ma se così non fosse
non ci sarebbe nemmeno gusto :P Sono un po’ sadica, lo ammetto XD
Ho aggiornato un po’ prima del
previsto, per farmi ulteriormente perdonare del ritardo con cui è uscito il
capitolo precedente ^^ Non manca moltissimo alla conclusione della storia in realtà,
ma qualche altro piccolo intoppo ci sarà. Sono felicissima di aver ritrovato
alcune vecchie lettrici e anche di nuove! Al prossimo capitolo ;)