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Autore: alexisvampira    08/02/2014    3 recensioni
Che ne è stato davvero di Haymitch, mentre Panem cadeva nella rivoluzione? Che ne è stato di Effie?
Una storia parallela agli eventi narrati nell’ultimo capitolo della saga, che ne riprende le fila e le narra dal punto di vista amaro di un vincitore dimenticato. Perché mentre il mondo va in fiamme, ognuno è lasciato a combattere la sua battaglia. E a fare i conti con se stesso.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap 7 - Scossa

(POV EFFIE)
L’ennesima scossa di elettricità che mi attraversa il corpo mi strappa dalla gola un grido soffocato e rauco, destinato a spegnersi nel silenzio assordante che mi circonda. Le lampade al neon appese al soffitto emanano un’aura accecante e allo stesso tempo spettrale. C’è troppa luce in questa stanza. Fino a qualche tempo fa mi lamentavo del buio della mia cella. “Oh sei proprio incontentabile dolcezza”, una voce familiare mi risuona nella testa e mi strappa una smorfia che vorrei tanto far passare per un sorriso.
Cosa ci faccio qui? ..Che cosa vogliono da me?..Perchè mi hai abbandonata? Tutte domande che non trovano risposta. Solo un’altra scossa. Penso che se continuano di questo passo arriveranno ad uccidermi: e mi ritrovo a sperarlo con tutto il cuore.   

Giorni fa mi hanno portata qui e hanno semplicemente fatto in modo che guardassi il bianco della parete. All’improvviso il muro si è scolorito e ha lasciato posto all’immagine della mia parure di senza-voce dai capelli rossi. Mentre li fissavo senza capire, terrorizzati e legati a quei lettini immacolati, ciò che proprio non riuscivo a togliermi dalla testa è che non sapevo i loro nomi. Non li ho mai chiesti, ad essere sincera. Ho guardato impotente i loro corpi contorcersi fra gli spasmi. Ancora, ancora e ancora. Quando entrambi hanno smesso di muoversi ho capito che non li avrei mai più potuti sapere.
Non so bene cosa si aspettassero da tutto questo. Due pacificatori mi hanno semplicemente riportata via mentre la parete a schermo tornava bianca, come il viso della ragazza dai capelli rossi ormai privo di vita.
Quella notte non ho dormito: per tutto il tempo ho avuto davanti agli occhi la scena in cui Katniss rovesciava quel piatto da portata e scambiava uno sguardo muto con il ragazzo senza-voce. Ricordo di averle detto che era una cosa che non spettava a lei.
Se ci penso ora credo di non sapere più cosa spetti a ognuno di noi.

Il giorno dopo mi hanno riportato davanti allo schermo e ho visto la ragazza vincitrice del distretto 2: i denti d’oro appuntiti sono rimasti semiaperti per tutto il tempo, come se mi stesse ringhiando contro.
Poi è stato il turno di Johanna Mason, il viso contratto in una smorfia di odio e i suoi soffici capelli tagliati sul pavimento: un albero secco che guarda le foglie cadute per l’inverno.
Ancora adesso mi complimento con me stessa per quella metafora e penso che sarei stata una buona escort per il distretto 7.
Neanche quella notte ho dormito, a scapito delle miei occhiaie. Continuavo a chiedermi perché.
Perché fare questo ai campioni dei distretti, agli eroi fra i tributi, ai preferiti della gente di Capitol City? Perché?
“Affinchè i ribelli si ricordino che anche il più forte tra loro non può prevalere”. Le parole del presidente Snow mi sono rimbombate nelle orecchie dandomi prontamente la risposta. E’ perché sono ribelli, ecco perché.
Ma allora io cosa sono?

Ricordo di aver pensato alle parole che mi disse una volta Haymitch, in un eccesso di confidenze dovute ai fumi dell’alcool. “La differenza tra noi due è che tu sei nata dalla parte giusta, dolcezza”. Nella mia veglia inquieta ho continuato a domandarmi quale fosse questa parte giusta.
La risposta alla mia domanda è arrivata il giorno dopo, quando in quella stanza mi ci hanno portata legata ad un lettino. Il muro è sfumato e la prima cosa che ho visto sono state le due perle azzurre sul viso di Peeta.
“Lo sai che se eserciti una pressione sufficiente il carbone si trasforma in una perla?”
Le mie stesse sciocche parole hanno riempito lo spazio dei miei pensieri: mi avevano detto che non era vero, che dal carbone non possono venire fuori le perle; mi avevano detto che era una cosa stupida.
Ma io ci credevo davvero. In effetti ho sempre creduto davvero a un sacco di cose.

La prima scossa elettrica è arrivata lì: nel preciso momento in cui gli occhi di Peeta hanno incontrato i miei e ho capito che stavamo guardando l’uno nello specchio dell’altro.
Stupore. Nello scoprirsi vicini quando ci credevamo distanti.
Smarrimento. Nel trovarsi entrambi dalla stessa parte.
Consapevolezza. E così, hanno lasciato qui anche te.
Quella notte ho pianto lacrime che non pensavo di avere. Amare, pungenti, ininterrotte, vere. Da quella notte non ho più smesso.
Non ho più rivisto Peeta. E il muro non ha più smesso di essere bianco.

Ora ci siamo solo io, il dolore e il silenzio vuoto. E solo adesso capisco cosa si aspettavano da me. Solo adesso capisco perché mi hanno mostrato tutto questo.
Perché capissi che non sono più dalla parte giusta. E che quella in cui sono finita non può prevalere. È perché ormai sono una ribelle. E perché tra me e te, caro Haymitch, non c’è più nessuna differenza.

E mentre realizzo tutto questo, arriva un’altra scossa.
  
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