«Castle, non ci credo».
«Già. La teoria dei viaggi nel tempo non mi convince.»
Ryan ed Esposito scossero la testa all’unisono.
«Ragazzi, rifletteteci, è la sola spiegazione.»
«In un tuo romanzo, forse.»
«Javier, tu hai servito nell’esercito…»
«Sì, Castle, ma non ho mai viaggiato nel tempo.»
«Non è quello che volevo sapere. Piuttosto, ho cercato di contattare il generale Jefferson. Lo conosci?»
«Era il mio comandante in capo.»
«È membro del mio stesso circolo del golf, ma non è molto amichevole, ha rifiutato di parlarmi.»
«È un pezzo grosso ed è molto scorbutico, non aspettarti niente.»
Kate Beckett entrò sorridente nella saletta.
«Ehi ragazzi, state ancora discutendo le teorie di Castle?»
«Voglio parlare con qualcuno nell’esercito, Beckett. Qualcuno che si occupi di progetti speciali.»
«Forse non c’è bisogno.»
«Lo sapevo. Hai dei contatti con l’FBI?»
La detective scosse la testa.
«CIA? NSA?»
«No, Castle. Molto più semplice. Ecco qui.»
Beckett fissò una fotografia alla lavagna delle indagini.
Ritraeva una ragazza bionda inquadrata dalle telecamere di sicurezza di un
luogo pubblico. Poteva essere Mary Ellen o la sconosciuta, impossibile stabilirlo.
«Vi presento Larissa Rostova.»
«È la nostra ragazza senza nome?»
«Proprio lei. Questa foto è di dieci giorni fa, scattata all’aeroporto. Miracoli del riconoscimento facciale avanzato.»
«Beh, io l’avevo detto subito che la ragazza era straniera.»
Era vero. Castle l’aveva ipotizzato fin dal primo giorno, ma nessuno gli fece i complimenti.
«A quanto pare è arrivata in aereo, non con una macchina del tempo», precisò Beckett.
Ryan prese la parola.
«Adesso abbiamo un nome, ma ancora nessun indizio sulla sua morte.»
Anche Esposito era d’accordo.
Kate si concesse un sorriso soddisfatto.
«Non è l’unica immagine che abbiamo a disposizione.»
Aprì a ventaglio una serie di foto che teneva in mano.
I programmi di riconoscimento facciale, che
comparano le immagini catturate da tutte le telecamere di sicurezza dei
luoghi
pubblici della città, avevano trovato tre immagini di Larissa Rostova
in giro per New York. La prima era all’aeroporto, la seconda in
metropolitana e la
terza all’imbarco del traghetto per la Statua della Libertà.
Grazie all’immagine dell’aeroporto e ai dati della dogana, erano risaliti al volo con cui era atterrata e da lì al suo nome.
Nella prima immagine era da sola, in metropolitana era accompagnata da una persona che non era stato possibile identificare e
sul traghetto turistico era in compagnia…
«Di chi? Beckett, non tenerci sulle spine!»
«Di Thomas O’Neill.»
Castle si illuminò. «Il figlio!»
Thomas era il figlio ventitreenne di John e Mary Ellen
O’Neill. Non poteva essere un caso che proprio lui fosse in compagnia di quella
ragazza che aveva lo stesso DNA della madre defunta.
«Dobbiamo parlargli, assolutamente.»
«Lo stanno già portando qui. Il caso non è formalmente chiuso, abbiamo ancora un giorno, forse due prima di dover rinunciare
per sempre.»
«Beckett, il capitano Montgomery…»
«Sì, lo so. Sto rischiando il tutto per tutto.»