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Autore: Emera96    09/02/2014    4 recensioni
Sono passati dieci anni dalla guerra che rivoluzionò Panem.
Katniss e Peeta vivono insieme, ma a Peeta questo non basta.
Per questo, chiederà a Katniss di sposarlo in un modo tutto suo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12.

 

 

Note dell’autrice:

Lo so, è passato un mese e sono l’autrice più lenta che sia mai esistita.

Ma piuttosto che scrivere una schifezza preferisco aspettare. Anche se, molto probabilmente, farà tutto schifo lo stesso. In ogni caso, per voi che in questi giorni freddi vorreste qualcuno che vi faccia sorridere un po’, ecco un po’ di concentrato di Peeta tutto per voi. Hope you like it!

 

Pov Peeta.

 

Manca soltanto un mese al matrimonio.

Sono passate le stagioni senza che nemmeno ce ne accorgessimo.

Siamo passati con una velocità assurda dal mettere le palline dorate sull’albero di Natale, nascondendo anche quest’anno le decorazione che Effie cerca costantemente di rifilarci, all’andare in giro per il Distretto 12 senza avere brividi di freddo, sentendo il calore fiacco del sole sbattere sulla nostra pelle, portando quel po’ di rilassatezza che può sempre servire.

E mentre l’orlo delle maniche delle nostre maglie si accorciava, la pancia di Katniss è cresciuta a dismisura, passando da un leggero gonfiore, sufficiente perché io la potessi prendere un po’ in giro, negandole i dolci del forno, ad un vero e proprio pancione, teso.

Un piccolo mondo assestante che ogni tanto sussulta, a causa del piccolo terremoto che ospita.

Ed ogni calcio che la bambina tira, Katniss si annulla un po’ di più. Per quel secondo, il sorriso svanisce, la preoccupazione le scurisce il viso, la pressione scende per un attimo, tanto da doversi sedere per non crollare a terra. Gli incubi sono peggiorati e le occhiaie lo dimostrano.

«È solo stress, manca poco al matrimonio e anche alla nascita della bambina…Sono solo un po’ sotto pressione, ecco tutto.» È così che tenta di giustificarsi, quando le reggo la fronte per le nausee mattutine, quando sviene all’improvviso e il mondo sembra crollarle sotto i piedi.

Ogni volta, reprimo un «Non è solo stress» per non agitarla ulteriormente. Ma amare qualcuno, averlo sempre amato incondizionatamente, significa accorgersi di ogni piccolezza, dare peso a tutto, anche quando non è opportuno farlo. Quando può portare a qualcosa.

Ho deciso di invitare Gale a cena con uno scopo preciso: scoprire se i miei sospetti, se gli incubi che nascondo da troppe settimane a Katniss, sono fondati o meno.

E mai quanto oggi vorrei sbagliare, vorrei dimostrare di non conoscerla affatto.

Il problema potrebbe essere che a Katniss di questa nostra cena non ho accennato nulla, con la scusa che Effie la porta fuori città per «una grande grande sessione di shopping!» di cui sono felice di non conoscere nei dettagli.

«Sei bellissima, tesoro.» le dico al volo, passandole la borsa nera ed aiutandola ad entrare nel trench regalatole da Effie giusto qualche anno fa che, ora come ora, inizia a starle stretto.

«E tu sei sempre troppo gentile. Sicuro di non voler venire?»

«Adoro Effie, ma credo che passerò, per stavolta. Ti aspetto.» le mormoro gentile, mentre sento il cuore stringersi per il senso di colpa. Katniss, ignara dei miei pensieri e della mia preoccupazione ormai perenne, si stringe a me con trasporto, leggera nonostante il peso acquistato in queste settimane, lasciando un piccolo bacio all’angolo della bocca.

Le sue labbra patinate di rossetto mi lasciano il segno e cerco di togliere le traccia sfregandoci sopra il dorso della mano, quando chiudo la porta alle mie spalle e, con gli occhi, inizio a seguire con ansia lo spostarsi delle lancette sul grande orologio della cucina.

Nemmeno un minuto dopo, qualcuno bussa alla porta, con una tale energia da poter attribuire istintivamente a Gale. Di malavoglia, mi trascino verso il portone, che apro senza troppo entusiasmo. E come potrei essere euforico? Le gambe tremano, la mente si fa fitta di pensieri.

«A cosa devo il piacere di questa cena?» chiede ironico Gale, calcando con enfasi il termine piacere, come se fare quattro passi, dalla casa di Haymitch ed Effie alla nostra, fosse stato uno sforzo immane anche per un ex minatore come lui. Come se importasse.

«Sarà tutto fuorché un piacere, stanne certo. Entra, forza.» dico, a denti stretti. Il solo vederlo entrare nella nostra casa, poggiare con passo pesante le scarpe coperte di fango sul pavimento che io Katniss calpestiamo. È un intruso in quello che io e lei abbiamo costruito insieme.

Gale si siede senza troppi complimenti sul divano, sprimacciando un cuscino e poggiandolo sotto il collo. Come se fosse a casa propria, col suo amico di sempre.

«Non voglio fare giri di parole: c’è stato qualcosa tra te e Katniss, di recente?»

Il solo tirar fuori quel che da troppo mi tormenta, il dirlo ad alta voce e non più solo nella mia mente, mi fa desiderare di poter sprofondare nel pavimento e non fare più ritorno. Qualunque sia la risposta di Gale, la soddisfazione per lui sarà immane: anche se solo per un istante, capirà che la sua presenza qui è riuscita a farmi mancare la terra sotto i piedi.

«E perché non chiederlo alla diretta interessata?»

La voce che sento non è di Gale, che se ne sta sul divano con una faccia a metà tra il compiaciuto e il sorpreso, ma Katniss che, con gli occhi lucidi neri del mascara colato, sta sulla soglia del portone, semiaperto.

«Katniss, io…»

«No, basta. Tolgo il disturbo. Non posso vivere con qualcuno che non si fida di me.»

Prima di andarsene, si avvicina a me, il mio cuore fa un sussulto nella speranza che cambi idea. Con delicatezza ed un movimento lento che proprio non le si addice, sento qualcosa scivolare piano nella mia mano fin quando Katniss la chiude, andandosene senza voltarsi.

Sento le tempie pulsare quando vedo cosa c’è all’interno della mia mano: l’anello di fidanzamento, luccicante e ancora bagnato dalle lacrime della persona che amo di più.

 

 

 

   
 
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