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Autore: kiara_star    09/02/2014    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap13
L' ultima lacrima



XIII.





Quando Styrkárr entrò nella stanza, Loki percepì con intensità le vibrazioni emanate dal suo seiðr. Erano così forti che quasi l'aria stessa ne fu intrisa.
Tornò con la memoria alla prima volta che aveva visto l'uomo passeggiare fra i giardini di Asgard, la prima volta che aveva avvertito un potere così grande, un potere così simile al suo.
Era poco più di un bambino, seduto sull'erba leggeva un vecchio libro sulla storia di Svartalfheim quando si era trovato a sollevare gli occhi e incrociare quelli neri di Styrkárr.
Tu devi essere il principe Loki. Dico bene?
In un altro momento avrebbe reagito con sdegno per quella mancanza di rispetto, per la sfacciataggine di quell'uomo che lo osservava dall'alto in basso con un sorriso bianco sulle labbra.
Ma non aveva osato dire una sola parola. Aveva chiuso il libro e si era sollevato da dove era stato seduto nelle ultime ore.
Un cenno del capo per rispondere in modo affermativo.
Il mio nome è Styrkárr.” Gli aveva teso una mano e Loki aveva visto le lunghe dita abbracciate da oro e gemme.
Non era un gesto di riverenza ma un gesto da uomini.
Aveva temuto di stringerla eppure l'aveva fatto.
È un piacere fare la tua conoscenza, giovane principe.” La sua mano era fredda e Loki l'aveva lasciata andare presto. “Torna pure ai tuoi studi. La cultura è una fedele alleata, ricordalo.
Ed era andato via, passeggiando fra i fiori che tanto amava curare sua madre.
Loki, rimasto di nuovo solo, si era seduto a terra tornando ad aprire il suo libro.
Styrkárr...” aveva sospirato debolmente quando sollevando lo guardo non era più riuscito a scorgerlo.
Lo aveva cercato poi ogni giorno.
Un ospite di Odino, era così che era stato poi presentato ufficialmente. La verità era un'altra, ma Loki l'aveva scoperta solo anni dopo.
Non mi piace.” Diceva Thor da sotto i suoi riccioli biondi, con il viso di bambino e la sicurezza di un adulto. “Non voglio che tu stia con lui, fratello.
Ma Loki non gli aveva mai dato ascolto. Aveva continuato a cercare la compagnia di Styrkárr e i suoi insegnamenti, soprattutto.
Styrkárr governava il seiðr con eccelsa maestria senza che questo fosse per lui motivo di vergogna.
Quando aveva iniziato a sentirlo scorrere nelle vene prima e a capirne l'arte dopo, nessuno, a parte sua madre, aveva trovato nella sua scelta motivo di onore né vanto. Il seiðr era un'arte riservata alle donne, gli uomini dovevano imparare a padroneggiare le armi e la forza, ad agire d'astuzia sul campo come d'istinto fra le lenzuola.
Un figlio di re non poteva, non doveva fare eccezione.
Loki era sempre stato un'eccezione in tutto.
Odino non aveva mai espresso apertamente il suo dissenso, eppure Loki lo aveva avvertito in ogni singolo sguardo che gli aveva rivolto da allora.
Styrkárr era diventato la sua guida, il suo mentore.
Allontana le emozioni, Loki, ciò accrescerà in maniera esponenziale la tua energia.
Aveva seguito quell'insegnamento per tutta la vita e poi ne era stato travolto, perché le emozioni non si allontanavano, non sparivano, si potevano solo comprimere.
E alla fine arrivavano sul punto di esplodere.
Questo Styrkárr non glielo aveva insegnato, lo aveva dovuto imparare sulla sua pelle e lo aveva imparato a causa sua.
Sigyn...
Era lontano il tempo della sua fanciullezza, il tempo dell'innocenza e delle menzogne dorate.
Sarebbe sempre stato in qualche modo grato a quel Vanr superbo e vanesio ma non gli avrebbe di certo permesso di portare a compimento il suo piano.
Mai.
«La sfera è al suo posto.» Amora osservava con determinazione il corpo di Thor senza apparentemente lasciar trapelare nulla, ma Loki conosceva bene ciò che stava viaggiando sotto la sua pelle, in fondo condivideva la stessa brama di veder realizzato il proprio intento quanto prima.
Nessuno dei due, né Amora né Styrkárr avrebbero però potuto vantare il medesimo risultato.
Stavolta Loki non avrebbe fallito, stavolta avrebbe avuto soddisfazione. Avrebbe avuto tutto.
«Possiamo cominciare.»
Alle parole del Vanr prese posto sul lato opposto del talamo, con Amora di fronte e Styrkárr alla sua destra.
Loki guardò un'ultima volta il volto assopito di Thor.
Se solo avessi continuato ad amarmi... Se solo non me l'avessi portata via...
Ma non vi era tempo per sciocchi pensieri.
Uno sguardo con l'Incantatrice e il rito ebbe inizio.











Natasha affidò al silenzio i suoi pensieri mentre le parole di Thor suonavano ancora improbabili nella sua testa.
Non sembravano avere senso, non sembravano potessero essere vere, ma cosa era vero a quel punto?
Ne aveva viste e vissute anche troppe per permettersi il lusso di credere a qualcosa di così fittizio come la normalità.
Nulla era normale, nulla aveva un solo significato.
Seguì con gli occhi i movimenti nervosi con cui Thor stringeva e univa le dita delle mani, con cui batteva un piede a terra e con cui si spostava le ciocche confuse che erano ormai sfuggite alla sua treccia.
Lo sguardo al pavimento, il tremore delle spalle.
Non era rabbia, lo aveva compreso dopo, era paura.
«Loki vuole rubare la tua anima?»
Aveva usato quel possessivo di proposito per rendere tutta quella situazione meno disturbante alle sue orecchie, ma Thor... Sigyn non aveva accettato quel compromesso.
«L'anima di Thor.» La corresse non senza difficoltà.
Quando il silenzio era cessato, era sorta la verità, debole e sofferta, quella che Sigyn aveva voluto raccontarle.
Loki che entrava nella sua stanza, che le offriva uno scambio. Lei accettava e si dirigeva allo S.H.I.E.L.D.
Al piano 12B avevano trovato quella sfera e poi Loki l'aveva portata in un altro luogo e lì Sigyn aveva visto e aveva udito.
Natasha non l'aveva interrotta, non aveva fatto domande, aveva lasciato che fosse lei a darle le risposte che era in grado di dire. Sapeva ce n'erano ancora altre centinaia che però, in quel momento, non aveva la forza, il coraggio di pronunziare.
«Non avrei mai creduto che potesse esistere un incantesimo in grado di fare tanto... in grado di infrangere l'equilibrio vitale di qualcuno...»
«Siamo proprio sicuri che non sia stata solo una delle sue illusioni?»
Scosse il capo. «Era reale... era dannatamente reale.»
Aveva davvero sperato fosse solo un altro dei suoi giochetti illusori, ma Sigyn e la sua reazione erano la dimostrazione che non era così, che Loki era riuscito in qualche modo a fare una cosa così straordinaria quanto spaventosa.
La ragione era invece di una semplicità imbarazzante e non serviva neanche chiederla, ma arrivati a quel punto non poteva farsi problemi di morale. In fondo non se li era mai fatti e forse Sigyn poteva ricomporsi solo se si fosse frantumata davvero. Quando si tocca il fondo, e solo allora, si può risalire.
«Se ciò che serviva a Loki era qualcuno senza un'anima, poteva usare chiunque. Non aveva senso chiedere a te.» Non aveva senso creare te. Fu il pensiero corretto, ma riuscì a piegarlo nelle parole.
Se Loki era riuscito a distruggere quell'equilibrio di cui aveva sentito parlare, poteva riuscirci con chiunque e invece no. Aveva scelto Thor perché voleva Thor. Voleva Sigyn.
«Perché l'ha fatto?» A quella domanda la vide chiudere gli occhi e respirare a fondo. «Non uscirà da questa stanza. Hai la mia parola.» Quando li riaprì li portò nei suoi. «Ci sono azioni che ti perseguitano per tutta la vita, anche se provi a dimenticare, anche quando credi di esserci riuscita. Sono lì, sotto ogni strato di convinzione... sono lì e dovrebbero restarci.» Sapeva che poteva capire cosa volesse dire. «Ma a volte la loro eco ritorna e non è facile ignorarla.»
«No, non lo è...»
«Qualsiasi cosa Loki abbia intenzione di fare con quella sfera e tutto ciò che ha fatto finora... l'ha fatto per Sigyn.»
Ancora un respiro, ancora un tremore, ancora mille lacrime rimaste ferme orgogliosamente sulle ciglia.
«C'era un sigillo...» Fu una debole frase. «Una ninfa dei boschi mi lanciò una maledizione che si sarebbe spezzata solo infrangendo quel sigillo: per riavere il mio corpo avrei dovuto amare con un cuore di donna...» Lasciò che si prendesse altri attimi, che lasciasse arrossire appena le guance con un sorriso triste sulle labbra. «Credevo che avrebbe funzionato, che sarebbe bastato... Adesso non saprei neanche dire come sia accaduto ma fatto sta che accadde, e fui io a volerlo.»
Anche se non l'aveva detto direttamente era chiaro di cosa stesse parlando, era altresì chiaro che lo stomaco di Natasha ebbe un leggero sussulto.
«Tu e Loki?»
Un lungo sospiro, una mano a coprire gli occhi.
«Sì... È una follia, lo so, eppure allora... allora sembrava... non riesco a spiegarlo, sembrava naturale.»
Natasha avrebbe voluto sospirare a sua volta, avrebbe voluto nascondere anche lei il viso sotto una mano e scuotere il capo bisbigliando qualche imprecazione in russo.
Non lo fece perché era un agente addestrato, perché era una donna con nervi preparati ad ogni evenienza, soprattutto perché era un'amica.
Ciò che era successo in quel passato era qualcosa che faceva fatica ad accettare, e se su Loki non aveva mai avuto pensieri di natura positiva, su Thor era diverso. L'aveva conosciuto come una persona leale e determinata, come un combattente che, seppur nella sua esuberanza, aveva uno spiccato senso del dovere e dell'onore.
I sentimenti forti e alle volte incomprensibili che lo avevano legato a Loki erano sempre stati palesi, ma che sotto quei sentimenti ci fosse anche un trascorso del genere era un qualcosa che non aveva mai realmente sospettato, non prima dell'arrivo di Sigyn.
«Immagino cosa penserai di me, adesso.»
«Non sono qui per giudicare...» Un debole sorriso per dare più forza a quelle parole. Sembrò riuscire nel suo intento quando gli occhi di Sigyn parvero brillare di una tenue gratitudine. «Non fu un episodio isolato, vero?»
Il suo viso arrossì ancora e la gola sussultò.
«No.» Quell'unica parola sembrò uscire strozzata dalle sue labbra.
«Ok.» Si alzò dalla sedia deglutendo l‘ennesimo sospiro.
Quindi Loki e Thor avevano avuto una specie di relazione con tutti gli annessi e i connessi del caso, quando quest'ultimo aveva le sembianze di Sigyn.
Sia Clint che Stark di certo avevano avuto i suoi stessi dubbi sebbene nessuno ne avesse fatto parola a voce alta, ma a questo punto non aveva davvero molta importanza quella storia, ciò che contava era che Loki al momento era in possesso di un'arma in grado di derubare qualcuno della sua anima e della sua stessa coscienza, da quello che aveva detto Sigyn. Un'arma che aveva intenzione di usare su Thor.
Ricordava ancora bene gli occhi glaciali di Clint a seguito della sua soggiogazione con il tesseract. Non poteva accadere una seconda volta.
Ma gli altri non avevano bisogno di sapere tutta la storia, non in quel momento.
Il pensiero non poté non andare al capitano Rogers. Se Steve avesse saputo non aveva idea di come avrebbe potuto reagire, e mantenere l'equilibrio della squadra sembrava un'impresa già ora.
La verità avrebbe di certo spianato i dubbi e le domande, ma avrebbe anche messo Thor sotto il giudizio di tutti, e l'unica donna – russa - nel gruppo era lei.
«Dobbiamo trovare Loki il prima possibile» sentenziò.
Sigyn si sollevò a sua volta dalla sedia.
«Non saprei come essere d'aiuto. Non ho riconosciuto quel luogo e non so neanche se appartenesse a Midgard.»
Bel guaio.
Forse l'unica che poteva trovare qualche risposta era la dottoressa Foster.
Non invidiava proprio la sua posizione.
«Dobbiamo aggiornare gli altri sulla storia della sfera» affermò e Sigyn la guardò seria. «E solo su quella...»
«Non voglio mentire ancora.» C'era coraggio nelle sue parole, oppure solo altro timore.
«È una scelta che spetta a te, ma non sarà facile alle loro orecchie. Questo lo sai.»
Sigyn abbassò ancora gli occhi.
«Ai fini delle nostre ricerche non è importante che alcuno conosca tutta la storia. Non è mentire, è solo proteggerli dalla verità.»
«Proteggerli dalla verità...» Un piccolo sorriso malinconico. «Sembra di udire parole di mio padre.»
Natasha non seppe cosa rispondere, sapeva solo che vivere una lunga vita era un modo per collezionare tante ferite diverse, mille segreti d'amianto, delusioni e rimpianti che non si potevano lasciare ai ricordi.
Un tempo aveva creduto davvero che Thor e Loki potessero essere vicini alle definizione di déi, eppure adesso si trovava a scoprire quanta umanità ci fosse, l'umanità che fa compiere sbagli senza neanche riuscire a comprenderli, che fa nascere e vivere follie.
Non era il riuscire a resistere a una scarica di colpi senza riportare un graffio a renderti un dio, né la freddezza con cui strappavi una vita, o centinaia.
Essere un dio significava essere al di sopra di ogni emozione, di ogni sentimento, al di sopra di ogni sbaglio.
Al di sopra di ogni debolezza.
Thor ne aveva sempre avute tante di debolezze e non le aveva mia tenute celate, adesso però era chiaro quale fosse quella di Loki; Natasha la stava guardando dritta negli occhi.
«Dov'è Steve?»
«È con Linn al momento.»
Sigyn sembrò riflettere sulle sue parole.
«Falli entrare.»
«Qualunque cosa dica Stark, cerca di non staccargli la testa. Ci serve ancora tutto intero.»
Udì una debole risata.
«Tenterò...»
Il badge strisciò nella fessura e la porta si aprì.



*



Bruce ascoltò il discorso con attenzione, battendo ritmicamente le dita sul gomito.
Ciò che aveva fatto Loki era scientificamente impossibile. No, non si poteva prendere il cuore di qualcuno con tutti i suoi ricordi, la sua stessa personalità e creare dal nulla un corpo che lo contenesse.
Non esisteva una sola possibilità che questo accadesse.
Ma non si poteva neanche rendere un uomo una donna a livello genetico, e non si poteva neanche credere che una bestia rabbiosa venisse fuori dalle sue membra ogni volta che si arrabbiava.
Era illogico. Tutto.
Era pura e semplice follia.
Era la sua stranissima e maledetta vita.
«Non sei Thor, quindi?»
Clint aveva un'espressione di una tranquillità disarmante, ma Bruce sapeva erano solo gli anni di addestramento e forse il pensiero di un whisky da buttare in gola una volta usciti da quella stanza.
«Certo che è Thor» ribatté Tony che invece non nascondeva il suo nervosismo dato che continuava a gesticolare come un forsennato a ogni sillaba che pronunziava.
«Come può essere Thor se Thor è steso su un cavolo di letto in una specie di coma indotto?» Clint era ancora calmo ma il suo collo si era teso per alcuni attimi.
«Teoricamente è una parte di Thor.» Natasha aveva sempre lo straordinario autocontrollo che lui aveva visto perderle poche volte, la prima delle quali fu a causa sua, o meglio a causa dell'altro.
Sollevò gli occhiali e premette due dita sugli occhi.
È un'assurdità...
Quando riportò lo sguardo alla stanza non poté che soffermarsi sul viso di Thor. No, non era Thor, era Sigyn.
«Si comporta come Thor, dice le sue stesse scemenze circa l'onore e bla bla bla. Ed è altrettanto ingenua da fidarsi delle parole di quel manipolatore di Loki. È Thor!»
Tony continuava a parlare come se Sigyn non fosse presente, forse non lo era davvero. I suoi occhi osservavano tutti senza realmente vederli, erano altrove.
Scoprire di essere qualcosa di diverso da ciò che pensavi di essere.
Era scioccante, destabilizzante. Era devastante.
Bruce poteva saperlo, Bruce sapeva cosa si provava a guardarsi in uno specchio e sapere di essere solo un involucro. Il terrore di chiedersi se si era reali, di chiedersi chi dei due fosse l'ospite dell'altro.
«Se fosse Thor riuscirebbe a sollevare il suo martello, no? Questa mi sembra una risposta abbastanza chiara per tutti.»
«Andiamo, Clint! Loki sta solo cercando un modo per confonderci tutti e per tenerci occupati in modo da non poter avere il tempo di scoprire e boicottare i suoi nuovi piani. Tutto qui.»
Clint e Tony continuarono il loro scambio mentre anche Natasha intervenne a favore di Clint, condividendo la sua teoria sulla netta distinzione fra Thor e Sigyn.
Fu in quel momento che Bruce vide lo sguardo di Sigyn posarsi sulle sue mani e quelle mani iniziare lievemente a tremare.
«Come stai?» La sua domanda le fece rialzare gli occhi e zittire ogni altra voce.
«Sto bene» rispose mentendo.
No, non stava bene, non poteva stare bene e solo in quel momento sembrò che anche Tony e Clint lo comprendessero.
Scese il silenzio.











Si sentiva svuotato, debole.
Era il prezzo di quel rito.
Le gocce di sudore scivolarono dalla sua fronte e le asciugò con il dorso della mano.
Amora poggiò i palmi sulle ginocchia e lo guardò .
Un sorriso gelido a piegarle le labbra, lo stesso sorriso governava il volto di Styrkárr.
Loki respirò a fondo cercando di ritrovare la forza. Le dita delle sue mani dolevano, così doleva ogni muscolo delle sue carni.
«È ora» enunciò Styrkárr con sguardo affamato. Ogni vena sul suo corpo era ora ben visibile e pulsava eccitata.
I suoi occhi erano nella totalità coperti di nero e il seiðr intossicava l'aria.
Sul grande letto, Thor ancora dormiva.
Loki lo guardò con respiro affannoso sulle labbra, sentendo una voce sibilare nella sua testa.
So cosa sto facendo. Andrà tutto secondo il mio piano.
...
No, non fallirò.
Non fallirò.
Poi il portale si aprì.











Steve affondò le mani nelle tasche dei suoi jeans quando avvertì per l'ennesima volta il desiderio di sfiorarle il viso.
Non sarebbe stato opportuno.
Linn continuò a narrare altri piccoli aneddoti della sua vita su Asgard, a porgergli domande curiose e a tratti ingenue su quella che scorreva sulla Terra.
Avevano passeggiato e sorriso. Le aveva fatto assaggiare ogni street food che conoscesse perché, come aveva spesse volte udito, il modo migliore per conoscere un posto era conoscerne la cucina.
Di certo un hot dog all'angolo non era il massimo della genialità culinaria terrestre, ma per sua fortuna Linn sembrava una persona che apprezzava volentieri anche il più piccolo gesto, il più piccolo dono.
Così li aveva chiamati: doni.
Qualcosa che si dava per scontato come un panino, un caffè, o un stupido racconto del suo passato, lei li aveva considerati dei doni.
E Steve aveva combattuto ancora una volta la voglia di abbracciarla, e non solo.
«Sta per piovere.» La guardò sollevare il viso in alto e scrutare con attenzione il cielo.
La imitò ma non scorse neanche una nuvola.
«Come fai a dirlo?» chiese curioso.
«È la pressione dell'aria... Il suo odore.»
I suoi occhi erano chiusi e le labbra sorridevano dolcemente.
Steve restò immobile a osservare quel viso finché le palpebre non si riaprirono.
«È qualcosa che impari quando condividi tutta la tua vita con chi governa i fulmini.»
Sorrise a sua volta.
Thor gli aveva detto che poteva capitare che il suo umore influisse sui cambiamenti climatici ad Asgard e che non era raro che la pioggia governasse il suo regno anche per intere settimane a causa della sua indole poco incline alla diplomazia.
Poi in lontananza un fulmine tagliò il cielo sereno e subito ne seguì un rombo assordante.
Poi un altro e un altro ancora.
Il sorriso morì presto dalle sue labbra.
C'era qualcosa che non andava.
«Steve?»
Linn percepì la sua inquietudine.
All'ennesimo tuono che parve battere dritto nelle sue orecchie la vide sussultare.
«Non è normale» sospirò guardandosi attorno.
Nessuno sembrava trovare stranezze in quel che stava accadendo, cercavano solo un riparo dalle prime gocce che stavano abbandonando il cielo.
Le nuvole iniziarono ad ammassarsi velocemente come fossero nate dal niente. Ed erano grigie e tetre come cenere che saliva dalla bocca di un vulcano.
La pioggia divenne sempre più fitta.
«Vieni.»
Afferrò d'istinto la mano di Linn e prese a camminare velocemente per raggiungere il muro di un edificio così da farsi scudo dall'acqua sotto i cornicioni.
Il suo scudo, ecco qualcosa che al momento sentiva di volere.
«Cosa sta succedendo?»
«Non lo so ma qualcosa mi dice che non è niente di positivo.»
Quando si voltò a guardare il suo viso, solo a quel punto si accorse di avere ancora le dita intrecciate in quelle della ragazza.
«Ohm.. scusa.» Immediatamente la lasciò andare non riuscendo a impedire a un inopportuno rossore di spandersi sul suo viso.
Linn scosse il capo. «Non devi, Steve.»
Si grattò il collo ancora in imbarazzo quando un nuovo rombo del cielo lo obbligò a prestare attenzione a ciò che stava accadendo.
Era solo pioggia, era solo un temporale esploso nel bel mezzo di un pomeriggio assolato, eppure c'era qualcosa che non andava.
Una sensazione per nulla nuova stava pompando velocemente il suo sangue.
I muscoli si tesero mentre cercava di leggere una risposta da ciò che lo circondava.
La pioggia si infittì ancora, e ancora saette divisero il cielo finché non iniziarono a cadere una dopo l'altra, in lontananza, ma in un punto ben preciso che fu facile da scoprire quando il fumo degli alberi prese a salire.
Central Park.
«Thor...» sospirò. «È Thor.»
«Non può essere, il principe è...» La frase di Linn rimase tronca quando la sentì quasi farsi più piccola al suo fianco.
«Vado a vedere cosa sta succedendo, resta qui.»
Non riuscì a fare un passo che sentì una mano fermare il suo polso.
Una tacita richiesta nei suoi occhi che non poteva accogliere.
«Potrebbe essere solo un falso allarme o potrebbe essere qualcosa di peggio, e di pericoloso, Linn.»
La presa si fortificò e Steve quasi non poteva credere fosse quella piccola mano a trattenerlo con tanta fermezza.
«Resta qui.»

«No.» Una semplice e breve parola, ma tutta la determinazione a sorreggerla.
Il passo dei newyorkesi si era fatto più lesto, i clacson più rumorosi mentre il traffico si intensificava a causa dell'acqua che cadeva copiosa.
«Linn...» Tentò un'ultima volta di farla desistere ma fu tutto inutile.
«Se Lady Sigyn è lì, ed è in pericolo, non posso restare qui, Steve. Non posso.»
Trattenne un sospiro perché sapeva cosa fosse giusto fare, ma non lo fece.
Annuì e lasciò che la mano di Linn scivolasse fino ad afferrare la sua.
La strinse forte stavolta senza tempo per imbarazzarsi di quel gesto.
«Andiamo.»
Iniziò a correre sotto la pioggia sapendo che Linn riusciva a stargli dietro senza troppa difficoltà.
La pioggia bagnò in breve i suoi capelli che gli coprirono parte della vista.
Attraversò le strade ignorando i clacson e voltandosi di tanto in tanto per scorgere il viso di Linn, come se la sensazione delle sue dita strette nella sua mano non fosse una prova sufficiente.
Seguì il fumo ancor prima dei fulmini, ancor prima dell'odore di bruciato che andava a invadere sempre più prepotentemente le narici.
Giunse nei pressi di Central Park e sapeva fin troppo bene dove dovesse andare.
«Linn...» affannò guardandola, era completamente zuppa d'acqua almeno quanto lui eppure non sembrò vacillare un solo istante.
Un solo cenno del capo e la corsa riprese.
Una folla sempre più numerosa di persone correva nella loro direzione opposta e dai loro visi era palese che non fosse quell'acquazzone improvviso la causa.
Adocchiò immediatamente la cupola d'acciaio che lo S.H.I.E.L.D. aveva eretto per proteggere il martello di Thor dall'occhio dei curiosi, non vide però nessun agente nei paraggi, Avrebbe dovuto esserci un'intera squadra con agenti scelti eppure non scorse un solo volto.
Arrestò il passo.
«Linn, adesso ascoltami.» Dovette tenere un tono di voce più alto del solito per farsi udire fra il fragore della pioggia.
«Dov'è Lady Sigyn?»
Non riuscì neanche a rispondere alla sua domanda che un nuovo boato lo investì. Immediatamente fece scudo con il proprio corpo alla ragazza quando oltre al rumore arrivarono anche dei frammenti di metallo.
Linn nascose il viso fra le mani e non riuscì a trattenere in gola lo spavento.
Era stata un'esplosione.
«Stai bene?»
Lei annuì poco convinta e Steve gli scostò qualche ciocca umida dal viso per avere conferma che dicesse il vero.
Aveva commesso un errore, non avrebbe dovuto permetterle di seguirlo.
I suoi timori si erano rivelati fondati: stava accadendo qualcosa.
Quando si voltò verso il luogo da dove era arrivato il boato per poco non imprecò.
La cupola era completamente sventrata con le lamiere che si erano piegate all'esterno.
Avrebbe dovuto avvicinarsi ancora per vedere realmente cosa stava succedendo. Avrebbe dovuto avvisare gli altri, anche se era più che certo che una situazione tanto critica fosse stata già registrata all'agenzia.
E allora dov'erano i soccorsi?
Doveva avvisare Stark alla Tower e chiedere a Clint e Natasha di raggiungerlo a Central Park portando con loro il suo scudo.
Prima però avrebbe dovuto porre Linn al sicuro e non riusciva ancora a trovare un solo luogo nei paraggi che potesse soddisfare le sue esigenze.
Stava ancora effettuando un veloce studio del perimetro quando qualcosa rubò tutta la sua attenzione.
No, non qualcosa, qualcuno.
Il viso di Linn tradì la stessa sorpresa.
«Il principe...»
Non ebbe neanche il tempo per interrogarsi ancora su quell'incomprensibile rispetto ché noto Loki quasi barcollare sulle sue stesse ginocchia fino a crollare a terra.
Di fronte a lui avanzava un uomo; Steve non l'aveva mai visto, ma ciò che gli fece sgranare lo sguardo e far mandare in confusione i pensieri fu vedere cosa stringeva nel suo palmo.
«Non può essere...»
Mjolnir, l'arma fedele solo a Thor, stava ora rispondendo ai comandi di qualcun altro e chiunque fosse non sembrava avere di certo buone intenzioni.
Non ci volle molto per scoprire al fianco dell'uomo la sagoma di Amora.
Sentì lo stomaco attorcigliarsi su se stesso quando i pensieri del loro primo incontro tornarono a tormentare il suo orgoglio.
Ancora faceva fatica a credere di essersi sentito tanto inerme contro una donna del genere.
Le braccia incrociate e l'immancabile sorriso sul bel viso.
Anche l'altro uomo stava sorridendo mentre l'acqua scivolava sulla sua testa calva.
Amora sembrava invece non subire alcun effetto dalla pioggia, come se le infinite gocce la ignorassero e le cadessero a pochi centimetri dal corpo.
Nessuno dei due dovette notare la loro presenza, forse per la distanza, forse perché troppo preoccupati a far sì che Loki non si sollevasse dalla sua attuale posizione.
Qualsiasi cosa stesse accadendo era chiaro che fosse lui a trovarsi in svantaggio.
L'uomo che brandiva Mjolnir sollevò il braccio con l'arma e dal cielo un fulmine colpì il metallo del martello.
Ciò che stava per seguire sembrava essere ridicolmente prevedibile.
«Steve...» Al suo fianco Linn si portò una mano a coprire la bocca mentre non sapeva dire se fosse pioggia o lacrime a bagnarle il volto. «Devi aiutarlo.»
«Cosa?»
Scosse il capo incredulo.
«Ti prego, Steve, aiutalo...»
E in quel momento era più che certo fossero lacrime quelle che stavano abbandonando le sue ciglia.
Aiutare Loki?
Perché avrebbe dovuto?
Doveva chiamare i suoi compagni e cercare di porre fine a quella storia. Doveva avvertire Thor che il suo martello era nelle mani di qualcun altro e che Amora era con lui.
Soccorrere un nemico, un essere vile e privo di qualsiasi sentimento come Loki non era nei suoi compiti, né nei suoi voleri.
Aveva causato troppo dolore, troppe madri avevano pianto figli e mariti, troppi figli aveva dovuto soffrire la perdita di un genitore, un amico, di un fratello che non sarebbe mai più tornato a casa.
Loki meritava una punizione eguale ai suoi crimini e lui non avrebbe fatto nulla per impedirla.
«Ti prego...»
Saettò con gli occhi dal viso di Linn a quello dell'uomo che teneva ancora in alto Mjolnir.
Loki era di spalle, inginocchiato a terra senza mostrare la forza o l'intenzione di muoversi da lì.
Stava per essere colpito, e pur volendo non avrebbe potuto impedirlo.
Ma il colpo non arrivò. Amora fronteggiò l'uomo e in quel breve momento di stallo, Steve udì ancora la preghiera di Linn.
«Aiutalo, Steve....»
Ingoiò un respiro e si scostò i capelli dalla fronte umida con un gesto quasi di stizza.
«E va bene» mormorò poggiando gli occhi su un cassonetto a pochi metri.
Come ai vecchi tempi, pensò mentre recuperava velocemente il coperchio di metallo.
«Stai qui, Linn, e se fosse necessario scappa via senza voltarti. Qualsiasi cosa dovesse accadere, a chiunque dovesse accadere. Capito?... Tu corri via.»
Linn annuì.
La guardo un'ultima volta stringendo le dita attorno a quello scudo improvvisato.
Tornò poi a osservare i tre a qualche centinaia di metri.
Era più che sicuro che se ne sarebbe pentito.
Smise di pensare e indossò la sua armatura.



*



«Spettava a me. Lo sai.» Amora assottigliò lo sguardo incurante del potere smisurato che emanava il Vanr che le era di fronte. «Hai promesso.»
«Non morirà, Incantatrice. Voglio solo che assaggi la vera potenza di quest'arma leggendaria.»
Styrkárr rise chiamando altri fulmini che quasi resero incandescente la testa ferrata del martello. «E poi sarai tu a prendere la sua vita, così come d'accordo.»
Alle sue spalle udì quella che doveva essere una risata, ma che era suonata nell'aria come un rantolo.
«Morire...» Loki tossì tenendosi un braccio attorno alla vita che sanguinava copiosa. Il suo viso nascosto dai capelli era una maschera di pura follia. «Sono già morto numerose volte, Vanr... e sono ancora qui.»
«È un'abitudine che perderai presto, Loki» rispose con sfregio Styrkárr facendo roteare l'elsa nella sua mano. «Tuo fratello ti ha sempre trattato con gentilezza. Ora sentirai sulla pelle cosa vuol dire governare realmente il capolavoro dei nani.»
Loki rise ancora, ancora un rantolo, ancora un colpo di tosse, ancora sangue a imbrattare le sue vesti.
«Non è mia intenzione ucciderlo ora» confessò Amora avvicinandosi al Vanr. «Non è così che voglio farlo.»
Aveva accarezzato quel momento per troppo tempo per non volerne godere ogni attimo.
Styrkárr ascoltò le sue parole e smise di sorridere.
«Bene» sospirò abbassando il braccio. «È un tuo diritto dopotutto.»
Gli diede le spalle per portare lo sguardo sul capo chino di quel verme Jotun che aveva osato portare via tutto ciò che per lei aveva sempre avuto un valore, le aveva portato via il suo futuro da regina e il posto nel suo cuore.
E avrebbe pagato caro.
Afferrò una manciata di capelli fra le dita e lo obbligò a sollevare il viso.
Non si stupì di trovarvi un sorriso, un ghigno velenoso, come si addiceva a quello di una serpe.
«Voglio farti un dono, principe.»
«Se è ciò che hai donato a metà degli Aesir, ne faccio volentieri a meno... A differenza di mio fratello non mangio nei piatti degli altri.»
Strinse con più forza la presa quasi potesse strapparli impietosamente dalla sua stessa pelle.
Loki non smise di mostrarle quel sorriso fastidioso.
«Ascoltami bene, bastardo Jotun.» Flesse un ginocchio per poterlo guardare dritto su quel viso, che nonostante la caparbietà, tradiva la sofferenza che stava attraversando il suo corpo. «Potrei cavarti questi begli occhi verdi e consegnarli direttamente nelle mani della tua Sigyn.» Solo al pronunciare quel nome il sorriso vacillò appena. «Potrei portarla qui e strapparle quel prezioso cuore dal petto e tu saresti solo in grado di sentire le sue urla giungere fino ad Asgard.» Strattonò ancora i suoi capelli con rabbia. «Potrei farlo e lo farò, sebbene lo ritenga solo uno spreco di tempo, perché prendere la vita della tua puttana non mi arrecherebbe alcuna soddisfazione.»
Sulle labbra di Loki c'era ora solo il veleno di una risposta pronta a colpire, ma Amora non glielo permise. «Ma vederti soffrire per la sua morte... questa sì che sarà la mia gioia più grande.»
Fu a quel punto che un nuovo sorriso si disegnò sul viso sofferente.
«Fallo. Uccidila... e lui morirà con lei.»
Lasciò andare i suoi capelli con sdegno e si sollevò da terra.
Non poteva averlo fatto!
«Tu...»
Aveva tenuto gli occhi su di lui sempre, in ogni momento, solo quando era stato su Midgard le era stato celato-
No.
Realizzò infine. Lo aveva trovato nelle sue stanze e non l'aveva veduto entrare.
Stupida!
«L'hai legata?»
Aspettò che Loki sollevasse lo sguardo ed era così carico di soddisfazione da farla tremare dalla rabbia.
«Come una bolla di sapone... ricordi? Scoppiane una e scoppierà anche l'altra.»
Lo scherno delle sue parole quasi la spinse a finirlo lì, subito, senza pensarci due volte. Lasciare che Styrkárr facesse cadere ogni setta su quel corpo ma alla fine no, non aveva cercato la sua vendetta tanto a lungo per gettarla via con un moto di rabbia.
Poteva ancora fargli male, poteva ancora togliergli qualcosa.
«Avevo intenzione di donarti il tormento eterno, ma ti darò qualcosa che saprai apprezzare ugualmente.»
Iniziò a sibilare poche parole che sapeva lui avrebbe compreso.
Il sorriso si deformò sul viso e si tramutò in una smorfia furente.
«Lurida cagna...» Fu un fiato sempre più debole mentre continuava la sua nenia e mentre Loki continuava a contorcersi su se stesso.
Era un dolce compiacimento vedere le espressioni di dolore sul suo viso, così come il tremore che attraversava il suo corpo.
Era così dolce sapere la sofferenza che gli stava procurando e che gli avrebbe procurato dopo.
Riuscì in tempo a finire il rituale quando qualcosa la colpì con irruenza e quasi perse l'equilibrio.
A terra un oggetto metallico tondeggiante.
Saettò con indignazione nella direzione di chi aveva osato alzare un'arma contro di lei e incrociò presto uno sguardo che aveva già avuto modo di scorgere e che le fu facile riconoscere nonostante il viso scoperto e i capelli completamente scompigliati dalla pioggia.
«Oh, il bel soldato...» sospirò con un sorriso. Alle sue spalle Styrkárr sembrò totalmente disinteressato alla situazione. «Sono felice di rivederti.»
«Vorrei poter dire lo stesso.»
Aveva apprezzato da subito l'audacia delle sue parole, anche se erano solo sinonimo di stupidità e ignoranza, perché chiunque avesse saputo chi fosse Amora non avrebbe di certo osato una tale sfrontatezza nel rivolgersi a lei.
«Sei venuto a reclamare la tua morte, soldato?» chiese divertita facendo scintillare la punta delle sue dita prima di formare una piccola sfera di energia. «Sei fortunato: oggi sono in vena di clemenza. Sarà veloce e indolore.»
«Grazie per l'offerta, ma morire non rientra nei miei piani.»
Quando gli lanciò contrò la sfera, il soldato la evitò con un salto laterale per poi rotolare agilmente sul terreno umido eludendo le successive che lasciarono la sua mano.
Serrò la mascella irritata. Quel moscerino le stava solo creando ulteriori fastidi.
Nel frattempo Loki era quasi crollato completamente al suolo.
Non riuscì a non lasciarsi andare a una debole risata.
Aveva tempo, abbastanza tempo per disfare i suoi fastidiosi inganni e liberarsi di lui una volta per tutte.
«Possiamo andare» sentenziò ignorando il terrestre che era pronto a evitare un altro possibile attacco evidentemente impossibilitato a portarne a segno uno. Non aveva armi con sé e quantunque ne avesse avute, nessuna delle cianfrusaglie di Midgard avrebbe potuto anche solo farle un graffio.
«Sicura che non vuoi liquidare adesso la faccenda?» domandò il Vanr con finto interesse.
Lei lo guardò da sopra una spalla e scosse il capo.
«Tempo al tempo...»
Styrkárr rise e le porse una mano che accettò senza timore. Nell'altra Mjolnir vibrava.
Gettò un ultimo sguardo al corpo malconcio che giaceva sul terreno fangoso di Midgard trovando che nulla avrebbe potuto essere più appropriato per un verme della sua specie.
Striscia. Striscia come si conviene alla tua natura.



*



La luce fu accecante ma durò solo pochi secondi.
Steve si passò una mano sugli occhi quando una moltitudine di flash neri coprirono la sua vista.
Amora non era più lì e neanche l'altro uomo.
A terra solo qualcuno che ancora si chiedeva perche avesse deciso di aiutare.
Non lo aveva fatto di certo per lui.
Per Linn, per Thor. Perché se la dipartita di Loki sarebbe di certo stata una buona notizia per la maggior parte della popolazione dell'universo, Thor non sarebbe mai stato del medesimo parere e benché avesse più volte ribadito di essere pronto a fare l'indispensabile per proteggere la Terra e Asgard dalla minaccia di suo fratello, Steve sapeva che era una parola che non avrebbe mai potuto mantenere.
La pioggia diminuì in fretta per poi cessare del tutto, così come le nubi si sciolsero con la stessa velocità con cui si erano unite.
Inspirò a fondo facendo pochi lenti passi verso quel corpo che respirava con fatica.
«Ehi?» lo chiamò privo di colore nella voce.
Ma Loki non rispose.
Si chiese ancora una volta cosa stava facendo quando si inginocchiò accanto per scuoterlo per una spalla.
«Non toccarmi!» Fu un ringhio senza troppi complimenti, ma mentre gli scacciava con poca gratitudine la mano, Loki gli permise di vedere la profonda ferita che stava sanguinando dal suo ventre.
Ma quello era un mezzo dio, non sarebbe di certo morto per così poco, eppure sembrava soffrire, sembrava soffrire davvero. Non era una finzione, non era un inganno.
Poteva davvero fidarsi?
Non gli fu concessa risposta che sentì prima i passi veloci calpestare il terreno umido e poi vide il viso di Linn a pochi centimetri dal suo, mentre si chinava sul corpo di Loki con evidente apprensione.
«Mio principe!»
Loki alzò il viso e la guardò, Steve era pronto a spezzargli anche il collo se solo avesse osato-
«Linn...» E invece quello sorrise e lasciò che lei lo aiutasse a stendersi con le spalle al suolo.
«Siete ferito.»
«A quanto pare...» Una smorfia a sottolinearne la gravità.
Linn mise una mano sulla sua ferita e Loki strinse forte la mascella.
«Dobbiamo medicarlo immediatamente, Steve.»
«Noi?»
Sapeva quanto suonasse stupido, ma non era riuscito a impedire a quella domanda di nascere.
Linn lo guardò con un'altra preghiera sulle labbra e neanche stavolta poté restare sordo.
«Ok, chiamo qualcuno.» Attivò immediatamente l'auricolare sollevandosi da terra e continuando a guardare dubbioso il modo con cui Linn si stava prendendo cura di Loki, soprattutto il modo con cui lui glielo stava permettendo. «Barton?... Ho bisogno di una squadra a Central Park...» Gli occhi di Loki incrociarono i suoi e Steve sospirò. «E di un'ambulanza... niente domande,  ma raduna tutti allo S.H.I.E.L.D... chiamate anche Thor.»
Quando chiuse la chiamata non poté ignorare l'ennesima smorfia sofferta che aveva piegato il viso del loro nemico.
«Grazie.» Fu Linn a dirlo, e Steve era più che certo che se avesse aspettato il grazie di Loki avrebbe anche potuto invecchiare, invecchiare per davvero.



*



«Il capitano vuole una squadra a Central Park» affermò Clint portando immediatamente lo sguardo in quello di Natasha.
«Central park?» ripeté Bruce. «E perché?»
«Sarà stato di nuovo aggredito da qualche fan squilibrata che voleva farsi autografare il seno.» Come al solito Tony non prese la cosa sul serio sospirando annoiato.
«Ha chiesto anche un'ambulanza...» Quando ci fu quell'ulteriore informazione nessuno si permise più di scherzare.
Natasha osservò ancora il viso di Clint finché non arrivò l'immancabile accordo silenzioso.
«Ok, andiamo noi» affermò controllando immediatamente che il suo caricatore fosse pieno. Il suono metallico ne diede la conferma.
«Linn è con Steve.» Sigyn sembrò naturalmente allarmata da quel dettaglio, ma se fosse accaduto davvero qualcosa a Linn, Steve lo avrebbe di certo riferito. No, non si trattava di lei, si trattava di altro, e quando il capitano Rogers spendeva così poche parole era qualcosa che non gli piaceva per niente.
Clint aveva già allertato la prima squadra disponibile e un'ambulanza a seguito.
«Stark, vai a prendere la tua armatura, e tu Bruce resta con lei» comandò ancora la Vedova riflettendo sulla possibilità di un prossimo attacco da chiunque fosse guidato, anche se vista la situazione, tutte le opzioni di scelta convogliavano in un solo unico nome.
«Vengo con voi.» Sigyn dovette pensare lo stesso.
«No.» La fermò prima che facesse anche un solo passo. «Non saresti di aiuto, qualsiasi fosse la situazione.» Fu glaciale ma sapeva bene fosse l'unico modo per impedirle di insistere.
Saresti in pericolo. Era questo che avrebbe voluto dire, ma Thor era sempre stato un testardo spesse volte privo di buon senso, Sigyn non poteva di certo differire.
I suoi occhi azzurri si strinsero in sottili linee ma non una parola lasciò le sue labbra. Le mani in due pugni stretti restarono ferme lungo i fianchi.
«Tenetevi pronti.» Un cenno di assenso per ognuno - Stark preferì un'alzata di mano.
«Salutatemi Cap.»
Clint sorrise aprendo la porta. «Sarà fatto.»
Il viaggio fino a Central Park non durò che una manciata di minuti.



*



Quando l'auto raggiunse il luogo Clint non ebbe neanche il tempo di scegliere l'esclamazione migliore per rappresentare il suo attuale stato d'animo.
Inserì il freno a mano e si sfilò gli occhiali da sole guardando il capitano fermo in piedi di fronte alla vettura. A terra, a pochi metri, avrebbe preferito ci fosse un esercito di kamikaze di Al Qaida e non quel...«Brutto figlio di puttana.»
Al suo fianco Natasha mormorò in russo più o meno lo stesso.



*



«Devo parlare con Jane.»
Bruce sapeva che quel momento sarebbe arrivato.
«Non credo sia il momento migliore.» Tony era tornato alla Tower e lui era rimasto in quella stanza con Sigyn, Thor, non sapeva neanche che nome darle.
Il cuore di Thor in un corpo modellato dalle parole di un incantesimo.” Era così che si era definita, con un'innaturale calma delle parole e una ovvia agitazione nello sguardo.
Era umana a tutti gli effetti, di questo non poteva che esserne sicuro. Era stato lui a esaminare il suo sangue e i suoi valori, era stato lui a visionare le lastre del suo corpo, e che quella donna fosse una comunissima donna come ogni altra che viveva sulla Terra era un fatto innegabile.
Era reale come l'aria che stava respirando, reale come la paura che stava provando.
Controllò il conta battiti al suo polso: erano tutti regolari, eppure sentiva caldo. Dal collo in su era come se avesse la testa chiusa in una bolla di vetro.
«Jane ha il diritto di sapere.»
«Non sto dicendo che non devi dirle niente, anzi. Voglio solo dire che in questo momento i suoi studi sono l'unica cosa che le consente di tenere l'equilibrio.»
Sigyn seguì il suo discorso e si sedette su una sedia prendendosi la testa fra le mani.
«Lasciala lavorare e starà bene. Non ha bisogno di altre verità al momento... e non ne hai bisogno neanche tu.»
«Cosa vuoi dire?» I suoi occhi lo pregarono di tacere così come le labbra lo invitarono a parlare.
Bruce si chiese a quale dare ascolto.
Prese un profondo respiro e si sedette sulla sedia accanto a lei.
«Pensa a come si è comportato Loki e a come hai reagito tu.» E sebbene Bruce non fosse stato presente, conosceva fin troppo bene l'indole di Thor e tanto bastava per immaginare la sua possibile reazione. «Anche la reazione di Jane potrebbe essere naturalmente forte... E poi scaricare una verità tanto pesante su qualcuno solo per alleggerirsi la coscienza è un comportamento egoista. E tu non sei una persona egoista.»
«In questo momento non so più che persona sono, Bruce. Ho perso la certezza di cose che ho dato per scontate per lungo tempo, e temo che l'essere un egoista sia solo la più dolce delle scoperte della mia vera natura.» Sigyn si accarezzò gli occhi con le dita. «Se è un cuore ciò che ha portato alla luce mio fratello, so per certo che questo cuore non appartiene a chi ho guardato allo specchio per secoli.»
«Sei sempre tu, Thor. Non lasciare che Loki giochi con le tue convinzioni.»
Tornò ad avere l'attenzione del suo sguardo eppure sentiva i suoi pensieri nuovamente altrove.
«Nessuno conosce realmente ogni dettaglio della propria natura. Ci sono lati di noi che non vogliamo vedere, che ci spaventano, eppure ci sono. Ogni uomo possiede luci e ombre, ma sta a noi decidere con quali vogliamo affrontare la vita.»
«Il tuo parlare è saggio, amico mio, eppure mi è così difficile far mie le tue parole.»
E parole erano, perché Bruce sentiva la lingua vacillare nel pronunciarle e se era vero che ogni essere poteva scegliere da quale parte stare, con quale parte di sé vivere o convivere, era altresì vero che alle volte era semplicemente una delle due a prevalere, per quanti sforzi potessero essere fatti per impedirlo.
Essere egoisti o generosi, essere astuti o ingenui, essere sinceri o bugiardi.
Buoni o cattivi.
Finché riuscivi ancora a sentire quella distinzione c'era possibilità di scegliere.
«Se non dovessi trovare un modo per riunirmi con il mio corpo...»
«Lo troverai. Troveremo un modo.»
C'era ancora paura nei suoi occhi, ancora dubbi nell'esitazione sulla sua bocca.
«E fino a quel momento?... Chi sarò, Bruce?»
«Tu sai chi sei.»
Un pallido sorriso si aprì sul suo viso. «Un uomo saggio e un amico sincero. Hai tante nobili doti, Bruce Banner.»
L'imbarazzo si tramutò in una risata e scrollò le spalle poco convinto.
«Tante nobili doti e anche una buona dose di stranezza, direi.»
Sigyn rise a sua volta e Bruce lasciò andare un po' di inquietudine con una nuova risata.
«Di' un po', è vero che stavi per gettare Tony dal tetto?» Cercò di sdrammatizzare ulteriormente la situazione e Sigyn scosse il capo sempre sorridente.
«Non sarebbe stato originale.»
«Già... è Loki ad avere l'esclusiva di far volare Tony senza armatura.»
Ecco, la frase assolutamente inopportuna da dire.
Sei il solito idiota, Bruce.
Si rimproverò, ma il sorriso non abbandonò le labbra di Sigyn, anzi si allargò fino a tramutarsi in una nuova calda risata.
Che fosse sincera o meno, non sapeva dirlo, fu solo sollevato di udirla.
Il cellulare squillò proprio in quel mentre.
Era Natasha.
«Allora, che succede a Central Park?»
«Qualcuno ci ha lasciato un bel pacchetto regalo.»
Corrucciò la fronte e lasciò trapelare a Sigyn la sua confusione.
«Perdonami, Natasha, ma se inizi a parlare anche tu per metafore non credo che i miei nervi possano reggere molto.»
Bastava Tony e il suo sarcasmo a metterli alla prova in ogni dannato momento.
Dall'altra parte udì un brusio confuso e gli parve di riconoscere sia la voce di Clint che quella di Steve.
«È Loki, Bruce.» Non riuscì a far scendere la saliva. «È ferito. Lo stiamo portando allo S.H.I.E.L.D.»
«Siete impazziti?»
Dovevano esserlo sul serio se si lasciavano fregare di nuovo dal solito cavallo di Troia.
«Non abbiamo avuto altra scelta. Cerca di fare qualche esercizio di respirazione, perché ho bisogno che tu resti concentrato e soprattutto che resti in te, Bruce.» Non sapeva cosa dire, sentiva solo il battito aumentare e gli occhi di Sigyn scrutarlo in cerca di risposte. «Informala. Stiamo tornando
Fu l'ultima cosa che udì da Natasha.
«Cosa è successo?»
Non seppe darle una risposta per i successivi ventitre secondi.
Quando ritrovò l'uso della lingua nel ventiquattresimo riuscì soltanto a dire un nome.
«Loki.»











***












NdA.
Come promesso: aggiornamento superpuntuale!
Il prossimo non posso assicurarvelo però *^*
Sorry! é_è
Un abbraccio a tutte ❤
Kiss kiss Chiara
  
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