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Autore: Artemisia_Amore    09/02/2014    2 recensioni
Inclinò la testa e si lasciò accarezzare le guance, cullandosi nella dolcezza di un sentimento che non avrebbero mai definito e delineato con le parole...
Genere: Romantico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Reim Lunettes, Xerxes Break
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Clumsy Pierrot

 

Quando aprì gli occhi, si accorse che il letto era vuoto. Allungò una mano sul materasso, sul cuscino, constatando con la punta delle dita ciò che i suoi occhi ancora annebbiati dal sonno avevano sussurrato alla sua mente. Premette le unghie sul materasso, strinse un lembo del lenzuolo con forza, e nascose il viso sul cuscino morbido. Odiava che sparisse così, d’improvviso, senza un motivo, nel corso della notte. Si sentiva usato, quando accadeva. Usato e sporco, perché Break sembrava voler sfuggire dal suo abbraccio prima che il sole lo cogliesse con le dita tra i suoi capelli sottili. Si sentiva un clandestino, amante e profondo peccatore. Sospirò, costringendosi a mettersi seduto e a cercare gli occhiali sul comodino. Era sveglio, ormai. Tanto valeva impiegare il resto della notte in maniera produttiva: l’ultimo fascicolo che quell’idiota aveva compilato con ritratti della sua stupida bambola l’avrebbe sicuramente tenuto impegnato fino alle prime luci dell’alba. Si alzò, e cercò la propria camicia tra le pieghe delle coperte, sperando intensamente che non fosse scivolata sul pavimento. Speranza, naturalmente, disattesa. Fece per abbassarsi e recuperarla, ma una voce lo colse alla sprovvista, facendolo sobbalzare.
 
“Scappi come i ladri, Reim-kun?”.
 
Si voltò di scatto verso la finestra, punto di origine di quella voce, e incontrò la figura esile di Break seduta sul davanzale, la gamba destra ritratta verso il petto, l’altra lasciata libera di scivolare verso il pavimento, i piedi nudi a contatto con la pietra fredda. Il suo viso era rivolto al panorama silenzioso della notte. D’altro canto, non avrebbe avuto senso guardare lui. Non poteva più vederlo da tempo.
 
“Non sono io quello che scappa, in genere”, commentò Reim sistemandosi gli occhiali sul naso, mentre un lieve senso di fastidio costringeva le sue labbra sottili a una smorfia amara. Indossò la camicia con fare svogliato, e percorse lentamente il breve tragitto che lo condusse al suo fianco. Strinse i denti, a quel punto, notando il ghignetto sciocco sul volto di Break.
 
“Oh, non fraintendere…”, rispose l’uomo, spostando lo sguardo da quelle stelle che per i suoi occhi erano state spente con un soffio notti e notti prima, per posarlo poco dopo sul viso di Reim, appena pochi millimetri troppo in basso perché potesse creare realmente l’illusione di intercettare l’occhiata di disapprovazione del ragazzo. Sorrise, umettandosi le labbra un istante prima di scrollare le spalle con una lieve risata, che aveva del canzonatorio nelle sue note basse, e falsamente felici. “Non scambiare la mia fame mattutina per una fuga. Semplicemente, non potrei mai preferiti a una fetta di dacquoise alle mandorle…”.
 
Reim lo fissò senza troppa voglia di rispondere. Era solo uno di quei momenti in cui si divertiva a fare il buffone per metterlo in difficoltà. Infastidito e ancora troppo addormentato per potersi davvero preoccupare di trovare una replica arguta, si immerse nel vuoto di quell’iride cremisi che cercava di guardarlo con un’allegria spensierata che non le apparteneva più da tempo. Qualcosa, nel suo petto, si spezzò con un rumore sordo, e un profondo, acuto dolore. Un brivido lo percorse, e notò d’improvviso l’orrore silenzioso rimasto intrappolato in quello sguardo privo di luce.
 
 
It’s okay, it’s alright.
To play the fool has always been my plight.
In this tiny circus show, I’m the nameless Pierrot.
 
 
“Comunque sia...”. Inaspettatamente, si sentì a disagio, e in dovere di distogliere lo sguardo da quell’intimo sussurro di dolore che – ne era certo- Break non si sarebbe mai lasciato sfuggire se fosse stato consapevole di quanto il suo occhio cieco e stanco esprimesse adesso che era costretto al silenzio dalla mancanza di ogni bagliore. I propri occhi, dello stesso dolce e confortante colore del brandy in una tranquilla sera d’estate, si posarono sul marchio del Contratto sul petto di Break. Lo percorsero in ogni dettaglio, mentre lentamente l’irritazione cedeva il passo allo sciocco, insensato, disperato affetto per il pagliaccio che aveva di fronte, e che continuava a sorridere come se una musica deliziosa – una musica che solo lui riusciva a percepire – riempisse l’aria con le sue note di divertente poesia. Reim sbatté le palpebre, e il suo sguardo cambiò.
 
“E’ ancora notte, Xerx. Perché ti sei alzato?”, sussurrò piano, studiandolo quietamente. Break chiuse gli occhi, e inclinò la testa, posando la fronte contro il vetro fresco della finestra. Sorrise lentamente.
 
“Stavo sognando. Non mi piace, sognare”, rispose semplicemente, in un mormorio sommesso, come a voler classificare la cosa come questione di poca o nulla importanza. “E tu? Sentivi la mia mancanza?”, ghignò nuovamente, gli occhi ancora chiusi mentre le ombre della finestra e le sue ciglia lunghe dipingevano chiaroscuri di profonda stanchezza su un viso che sarebbe stato, altrimenti, estremamente piacevole. “Sei sentimentale, Reim-kun…”, sussurrò infine, con uno scherno frivolo e tuttavia percepibile nella voce.
 
Reim sospirò. Non aveva senso ribattere. Lo conosceva abbastanza da sapere che, se gli avesse dato corda, si sarebbe ritrovato ad avere le vertigini per tutti i ghirigori di parole che avrebbe creato di fronte ai suoi occhi, appendendoli intorno alle sue risposte stizzite per dar vita a un vortice di celie dal quale non sarebbe più riuscito a trovare una via d’uscita. Si rassegnò, quindi, scrollando le spalle.
 
“Sì. Sì, proprio così. Mi mancavi”, bisbigliò, allungando il braccio destro di fronte a sé, per posare la punta delle dita sul marchio sul suo petto. Ne tracciò delicatamente i contorni, chiedendosi se facesse male, se… Avesse mai smesso di bruciare, una volta raggiunto l’ultimo ticchettio inciso sul suo cuore. A quel pensiero, i suoi occhi scattarono sul viso di Break, sgomenti. E se… Quella lancetta ferma al capolinea avesse arso sulla sua pelle per ogni singolo istante degli ultimi sedici anni? D’improvviso, le dita sottili e leggere di Break avvolsero le sue, e Reim avvertì il tentativo di uno sguardo sul proprio viso.
 
 
It’s okay, it’s alright.
It doesn’t hurt, I do it all the time.
You should laugh, I want you to.
This is what I do.
 
 
“Come mai così accigliato? Non ti dona, quest’espressione…”. Break gli rivolse un sorriso obliquo, guardandolo di sottecchi mentre la mano guidava le dita di Reim lontane da quel marchio tanto detestato, che per anni aveva tentato invano di lavare via, ma che continuava a imbrattare la sua pelle, contaminando la sua anima col ricordo di un peccato troppo grande perché potesse sperare che venisse dimenticato. Reim arrossì, e scosse la testa.
 
“Che sciocchezza… Non mi vedi nemmeno…”, mormorò con un tono che alle proprie orecchie sembrò vergognosamente infantile e imbronciato. Sospirò, preparandosi psicologicamente a essere preso in giro. Ma le parole di scherno non arrivarono. Al contrario, Break fissò il vetro della finestra per alcuni lunghi, indecifrabili istanti muti. Poi, tanto lentamente quanto silenziosamente, posò entrambi i piedi sul pavimento fresco, e si alzò.
 
“Non c’è bisogno che sia tu a ricordarmelo…”, soffiò piano, sollevando le mani per incontrare il viso di Reim. Premette delicatamente i polpastrelli sulla sua pelle, e accarezzò piano i suoi zigomi, lasciando scorrere i pollici sulle sue labbra, leggeri. “Potrò anche vagare nel buio, ma so esattamente che forma assume la luna quando si riflette sui tuoi occhiali. So come sorridi, quando pensi di detestarmi, e ti ritrovi a cercarmi tuo malgrado. So come si fanno grandi e spaventati i tuoi occhi, quando temi di aver perso il controllo. So perfettamente come mi stai guardando adesso…”
 
Reim avvertì le proprie orecchie scaldarsi, e il rossore propagarsi fino alle guance. Socchiuse gli occhi e mosse impercettibilmente le labbra sotto le dita di Break, mimando il movimento timido e disperato di un bacio che non avrebbe mai avuto il coraggio di donargli per primo. Inclinò la testa, poi, e si lasciò accarezzare le guance, cullandosi nella dolcezza di un sentimento che non avrebbero mai definito e delineato con le parole. Era semplicemente un sussurro, di cui entrambi erano consapevoli e di cui entrambi amavano l’evanescenza. Non c’era mai stato bisogno di descriverlo, né di dargli una forma concreta, un nome che lo avrebbe inevitabilmente intrappolato nel mondo reale, imponendogli limiti e confini. Sorrise sotto il suo tocco gentile. Sapeva di non essere l’amore. Sapeva che quel ruolo era già stato assegnato, nel cuore di Break. Ma quella consapevolezza non lo feriva. Piuttosto, contribuiva a far sbocciare un turbinio d’oro, bronzo e rame nel suo petto ogni volta che scorgeva il casuale sfiorarsi delle mani di Break e Sharon. La sua gioia sottile proveniva dal piacere semplice di essere vivo e al suo fianco, partecipe in qualche modo di ciò che lo rendeva felice. Partecipe, forse, anche del suo dolore.
 
Riaprì gli occhi lentamente, e guardò quel viso stanco che aveva passato notti a osservare e imprimere nella memoria, trattenendo il respiro. No, non era vero. Non era mai stato messo a parte di quel dolore che si portava dietro. Non aveva mai dipinto nella propria mente i volti di coloro che Break si era lasciato alle spalle, e che aveva a volte chiamato nei suoi sonni più agitati. Non era mai riuscito a sollevare la maschera di porcellana che si era calato sul volto, e che proponeva un perenne, beffardo sorriso, come se la vita intera fosse un gioco, uno scherzo di cui lui e lui soltanto conosceva i segreti. Deglutì, e trovò il coraggio di allungare la mano sul suo viso, e scostare appena i capelli da quell’occhio che teneva chiuso, e che non amava mostrare.
 
 
"Show me what you're hiding there, beneath the painted mask.

The face that you never show the audience, that's all I ask.

The pain that you feel when you are beaten,

And tears that you cry when no one's looking.

Don't be ashamed, because we all feel the same”
 
 
“Perché non torniamo a letto?”.
 
Il sussurro lo raggiunse come un soffio d’aria pungente attraverso una nebbia pesante. Reim sbatté le palpebre un paio di volte, e annuì. Poi si ricordò dolorosamente che quel gesto non aveva più un senso, per Break, e mormorò piano il proprio assenso, dandogli le spalle, raggiungendo il letto prima di lui. Fece per sedersi, ma si ritrovò con la schiena contro la seta delle lenzuola prima di poter razionalizzare il proprio gesto. Avvertì il proprio cuore emozionarsi, timido, quando percepì le mani delicate di Break sulle sue spalle, e le sue labbra, d’un tratto feroci, brucianti, bisognose di annegare nel profumo del suo corpo un’improvvisa, sferzante, disperata angoscia. Chiuse gli occhi, e inarcò la schiena, concedendo a Break la pelle morbida e chiara del suo petto puro e non contaminato dal volgare marchio del peccato. Fece scorrere le dita tra i suoi capelli, e sorrise di nuovo.
 
“Se potrò aiutarti a guarire questo tuo cuore tanto testardo…”, pensò, guardando in silenzio quel viso tormentato mentre le proprie labbra incontravano le sue una, due, cento dolcissime, urgenti, desiderose volte, “Se potrò aiutarti a trovare un angolo nel mondo in cui potrai essere te stesso, fosse anche solo per pochi, brevi istanti… Io ti donerò tutte le mie notti. E ogni mio risveglio”. Chiuse gli occhi, e premette forte le dita sulla sua schiena, offrendogli il timido fulgore della propria anima.
 
 
“It's okay. It's alright.

Don't worry, you don't have to fake a smile.

I just want you to be true,

just be true to you
It's alright. It's okay.
It doesn't matter what they have to say.

You won't face it all alone,
 I will cry with you"
 
(ピエロ - Pierrot - English Version)
 

Dedicata a Ibizase80, grazie alla quale abbiamo scoperto questa meravigliosa canzone (che potete ascoltare qui, in una versione estremamente commovente).
Dedicata a thyandra, il cui sorriso confortante ha sostenuto la mia piuma d'oca.
Dedicata a Button-chan, per ringraziarla delle emozioni impresse nei tratti della sua matita.

Dedicata a mia sorella, per essere la sola a saper curare le ferite sul volto di questo sciocco, sorridente, impacciato Pierrot.


"Storia partecipante al contest di scrittura della pagina Welcome to Vessalius Life and Pandora Hearts World a nome di Amore".
   
 
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