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Autore: ilikeit    09/02/2014    0 recensioni
«Perchè proprio la fotografia?»
«Perchè è l'unico modo che ho per rendere i ricordi reali, tangibili»
Il ragazzo la guardò per l'ennesima volta negli occhi.
«Ma non credi sia troppo? Insomma, tra un po' dormi assieme alla macchina fotografica!»
La ragazza passò involontariamente le dita sopra l'obbiettivo.
«Mamma diceva che ero una cacciatrice di ricordi»
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO: Ricordo


Ricordo
[ri'kɔrdo] : ciò che serve a conservare o a rinnovare la memoria di qualcuno o di qualcosa.
Era un sabato mattina degli inizi Dicembre. Milano era grigia ed uggiosa e forse di li a poco sarebbe venuto a nevicare, quelle nuvole grigie e quel freddo pungente circondavano qualsiasi cosa, alberi, automobili, negozi, case. Sembrava tutto così triste, così invernale.
Era la prima volta dopo molto tempo che tornava in Italia, per un’intervista, per le solite domande. E lei era li, per la prima volta dopo molto tempo, lei era li, su quelle strade che le portavano alla mente così tanti ricordi.

 
“-Ade corri, corri, torna a casa. Mamma sta male.- Un suono metallico e quasi innaturale continuava ad uscire dal telefono a scatti, spezzato dai singhiozzi. Non ci fu risposta, solo una folata di vento ad ogni rapida falcata della ragazza. Arrivò in un tempo record, e se non fosse stato per quella frase forse avrebbe speso del tempo per congratularsi con se stessa per la sua velocità. La porta di casa era aperta, spalancata, delle persone intorno al corpo di sua madre. Non disse niente, non ascoltò nessuno, si accasciò solamente a terra affianco al fratello per stringerlo a se e per unire le sue lacrime alle proprie.„

Ed eccolo, un ricordo riaffiorare alla mente. Il più brutto, il più doloroso. Si asciugò una lacrima prima che scivolasse sulla sua guancia e riprese a camminare. Entrò nel locale e si fece guidare all’interno da una donna sui trent’anni verso il suo camerino. Si fermò accanto alla porta e poi entrò lasciandosi cadere pesantemente sulla poltrona davanti allo specchio. La donna si schiarì la voce per attirare la sua attenzione. La ragazza la guardò e le fece un sorriso di circostanza, poi allungò la mano e si presentarono.
«È un piacere incontrarti! Io sono Anna»
«Il piacere è mio» Si sedette meglio e si tolse la giacca mentre Anna tirava fuori dalla borsa posata sopra il tavolo un’infinità di trucchi.

 
“-Mamma che dici di questo colore?- La donna la guardò e sorrise. –Sai Ade penso tu sia una delle poche donne al mondo a non sembrare una poco di buono con un rossetto così rosso- Si misero a ridere entrambe fin quando la voce di suo padre non le interruppe. –Siete così dannatamente uguali e bellissime che non so che farei senza una di voi due-„

Un’altra lacrima le sfuggì.

La ragazza era già pronta per entrare in studio, era li già pronta con il suo sorriso di circostanza, che si era ormai imposta ad avere stampato sul volto ogni giorno. Era tutto così difficile per lei-
«Ed oggi qui con noi abbiamo Adele Higgins»
Le porte le si aprirono davanti e lei fece qualche passo per avvicinarsi alla conduttrice, si sedettero una di fronte all’altra su delle poltroncine bianche vicino ad uno schermo in cui campeggiava la sua faccia, trattenne una smorfia di disappunto e poi ampliò il sorriso guardando la donna che aveva di fronte-
«Sai, c’ho pensato molto su che domande farti, essendo anche la tua prima intervista non avevo idea su cosa avresti voluto parlare oppure no» Ade fece un cenno con la testa per far iniziare quello strazio e le sorrise nuovamente
«Allora Adele, da quanto tempo era che non tornavi in Italia?» Ade iniziò a torturarsi le mani come era solita fare ogni volta in cui si trovava in difficoltà.
«Mmh penso all’incirca tre, forse quattro anni»
Non doveva pensarci, lo sapeva benissimo da quanto tempo era che non metteva più piede in Italia. Quattro anni, sei mesi e dieci giorni. Era passato così tanto.

 
“-Ade allora che dici?- Suo padre era seduto di fronte a lei, in sala da pranzo. Ade sapeva già ancor prima che suo padre le facesse quella proposta che era li per quello. Lui aveva un lavoro, stabile, ma non in Italia, andava avanti da troppo tempo la storia del ‘appena posso torno da voi’ era troppo per tutti, per lei, per suo fratello e per sua madre in primis. E sapeva anche il motivo di quella sua proposta. Si sentiva in colpa per non aver fatto abbastanza per sua madre, come se fosse stata colpa sua se lei è morta. Ma quella colpa non ce l’ha nessuno. –Quando partiamo?- Sul viso di suo padre, a quelle parole, comparì un sorriso smagliante ma da contrasto c’erano quegli occhi marroni così tristi.„

«E la cosa che ti manca di più dell’Italia?»
Ade sospirò «Tutto» ma in quel tutto c’era ben altro. Tutto riguardava anche la sua casa, la sua famiglia, sua madre. Anna alzò gli occhi dal suo foglio e li puntò su Ade.
«Come mai non hai mai voluto fare un’intervista? In fin dei conti sei sempre stata all’interno di questo mondo» Ade prese tempo, sorrise, si spostò i capelli da una parte all’altra della testa e poi prese coraggio.
«Sai, penso sia la prima intervista questa. È che non sono capace di parlare con persone che non conosco di qualcos’altro oltre al mio lavoro. È difficile tutto ciò che riguarda la mia sfera privata. Essere io quella dall’altra parte dell’obbiettivo è difficile, molto, forse troppo, anche per me. Essere qui, è già tanto, aver trovato la forza di essere qui, di fronte a te, Lisa, per me è qualcosa di difficile, forse una delle cose più difficili che io abbia mai fatto fin’ora. Ma so anche che ovviamente, di solo lavoro non può parlare quest’intervista, quindi perdonami in anticipo delle poche parole che dirò su quello che voi tutti volete sapere, quindi, sai cosa? Vai dritta al punto chiedi quello che vuoi, su di me, su mia madre»
Lisa appoggiò il cartoncino in cui aveva scritto le domande sulle sue gambe accavallate e incrociò le braccia al petto guardando Ade.
«Te ne sei andata da qui, quando avevi cominciato a farti un nome nel mondo della fotografia, qual è stato il vero motivo?»
Ade abbassò gli occhi.
«Il vero motivo? Lucas. Volevamo essere di nuovo una famiglia, riattaccare i pezzi anche senza la nostra colla, senza mamma. È stato difficile, molto, ma ci siamo riusciti. Più o meno. Non potevo rimanere qui sola, senza mio fratello. Con il passare degli anni, con il lavoro di mio padre, dovevo stargli accanto, aiutarlo a crescere, come mamma ha aiutato me»
«Oggi sei un’affermata fotografa non solo a Londra ma anche in tutto il mondo. Sei sempre in giro e sembra quasi che non ti fermi mai. Ma quando ti fermi a cosa pensi?»
Ade sorrise e poi prese a parlare «Sai, ogni volta che mi fermo, sempre in un posto diverso dal precedente mi prometto sempre di fermarmi un po’ di più. Di ritagliarmi dello spazio per me, per trovare magari l’amore, per crearmi una famiglia, in fin dei conti io non mi fermo mai, ma anche il tempo non lo fa. Il tempo passa e io sono sempre più single che mai! E forse, ma dico forse e tenendo le dita incrociate, per un po’ mi fermo»
«Quindi in questo periodo che farai? Metti da parte la tua macchina fotografica e..»
Ade sgranò gli occhi ed iniziò a gesticolare animatamente con le mani.
«Oddio no! Io senza macchina fotografica non so vivere! Solo che il mio lavoro sarà molto, ma molto sotto tono rispetto al solito. Non so nemmeno come si possa definire quello che andrò a fare, forse ‘fotografa ufficiale degli One Direction’ per tutto il periodo del tour ci potrebbe stare»

 
“-Daii! Ade, stiamo con papà per tutto il tempo, tu ti riposi, fai qualche foto a quelli squilibrati e poi stiamo assieme. Da quanto è che non lo facciamo?- Ade ricomincia a guardare svogliatamente lo schermo del computer, poi lo rivolge al fratello che la guarda in modo supplichevole. L’ha fregata per l’ennesima volta. Sanno già entrambi che lei ha già ceduto dalle sue parole. –Ok, di a papà che ci sto- Lucas iniziò a saltare per tutto il salotto per poi togliere dalle mani della sorella il portatile per coinvolgerla in quella sottospecie di danza della vittoria.„

«Adele un’ultima domanda»
Ade annuì svogliatamente ma al tempo stesso felice che fosse tutto terminato.
«Alla fine del tour ritorni qui e ci racconti com’è andata?»
«Lisa, non ti assicuro nulla»


Spero che possa piacere a qualcuno.
Spero che qualcuno la recensisca per farmi capire cosa ne pensa.
Spero che non ci siano errori di grammatica.

Spero che siate arrivati fin qui senza dire "Dio che palle".
Alla prossima, se ci sarete.

-Ness.
  
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