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Autore: Luine    09/02/2014    2 recensioni
[…] qualcosa diceva a Bloom che non era così e che la minaccia che stava incombendo su di loro non era terrestre, ma magica e non erano gli Stregoni. Qualcosa di più antico e più familiare. Non sapeva come poteva avere questa sensazione, ma preferiva scoprirlo nelle sembianze di una fata,[...]
Un nuovo nemico minaccia Alfea e la Terra, Roxy è stata attaccata e solo lo Scettro di Domino può salvarla. Cosa accadrà? E chi è il nuovo nemico delle Winx? Scopritelo leggendo!
(Ambientata tra le puntate 13 e 14 della quarta serie)
Fanfiction vincitrice dei premi Best Long Fic e Best Work-In-Progress nel Ventinovesimo Turno di Never Ending Story Awards
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oritel, Roxy, Specialisti, Winx
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19

Nella biblioteca proibita



Tesa come una corda di violino, Roxy stava acquattata dietro la libreria e guardava l'ombra mostruosa che le si stagliava davanti; vedeva solo che era enorme e che, sulla testa, aveva delle grosse corna piegate all'ingiù. Ormai era sicuro che non era Barbatea, la bibliotecaria.

Anche se aveva già fatto l'esca così tante volte che aveva perso il conto, era nervosa. Certo, c'era da dire che le altre volte non era stata proprio costretta da qualcuno, che le Winx erano sempre state dietro l'angolo e che i pericoli erano stati relativi. Ora, però, le Winx non c'erano.

Non riusciva a far smettere al proprio cuore di battere all'impazzata. Era inutile ripetersi che c'era lui a proteggerla. Aveva paura della spia di Alfea, di quell'ombra mostruosa che stava entrando. Anche se aveva in mano quell'enorme tomo, credeva che non sarebbe bastato contro di lui.

Si aspettava di tutto – anche un uomo grande e grosso, o uno stregone capace di tramutarsi in animale come Duman – ma mai un mostro con le corna.

Deglutì ancora. Ce la poteva fare, pensò, le corna potevano non essere molto spaventose, se erano all'ingiù. Ma doveva stare ancora più attenta, se, come sospettava, era capace di farle ruotare in modo che diventassero pericolose.

L'idea la atterriva, ma doveva attenersi al piano di Zephiro che stava per lanciarle il segnale. Doveva anche ricordarsi che aveva un forte vantaggio sull'avversario con le corna: lui non sapeva che lei era lì dietro. Le sarebbe bastato prenderlo alle spalle e tramortirlo col solo aiuto del librone. Aspettò ancora, l'ombra si avvicinava sempre di più e, mano a mano, si riduceva, prendeva sembianze più umane.

Uno schiocco metallico le diede il segnale che aspettava e mai come allora si sentì carica.

Roxy saltò fuori dal suo nascondiglio brandendo il libro come se fosse una grossa pietra. Gridò per caricarsi e sollevò le braccia sopra la testa... si fermò appena in tempo e il libro cadde tra lei e l'intrusa che, voltatasi verso di lei, gridò a sua volta, ma di spavento. Qualcosa cadde a terra, qualcosa che conteneva un liquido, il quale si sparse a terra e le bagnò tutte le scarpe. Aveva l'odore tipico dei solventi.

Roxy guardò allibita la ragazza che aveva davanti, senza riuscire a credere a quello che vedeva: quelle che aveva creduto essere grosse corna erano in realtà due lunghe code legate ai lati della testa. E le sue mani, piccole, erano strette a pugno ed erano salite a proteggere la faccia rigata da lacrime, la bocca aperta per lanciare prolungati lamenti.

«Theril!» sbottò Roxy, ancora tremante per lo spavento. «Che diamine ci fai qui?»

Sentendo la sua voce, Theril sbirciò da dietro le braccia e smise di lagnarsi. «Che cosa ci fai tu, qui?» replicò allora, con voce stridula. «Sei venuta a farmi prendere un'altra punizione? Io... io ero andata a...» abbassò lo sguardo sulla boccetta di solvente rovesciato che era andato a bagnare il libro, oltre che le sue scarpe e l'orlo dei suoi pantaloni, con sommo orrore di Roxy. La ragazza bionda si accigliò. «Stupida che non sei altro! Ero andata a prendere un solvente per la signorina Barbatea e quando torno tu mi aggredisci! Ti vuoi vendicare per oggi, vero? Ti vuoi vendicare per... per...» e tirò su col naso.

Roxy si infuriò. «Cosa ne potevo sapere che eri tu? Mi hai fatto prendere uno spavento! Credevo che fosse la spia di Alfea!»

«Io ti ho spaventata? Guarda cosa hai combinato tu, hai pure rovinato un libro della biblioteca!»

«Eh, no, carina! È stata colpa del tuo solvente! Io ho preso il libro per difendermi!»

«E da cosa?»

«Ma dalla spia!»

«Ah, la spia!» strillò Theril e si guardò intorno, spaventata, mentre le code le mulinavano attorno. «Dove? È qui?»

Roxy fece un sospiro di irritazione. «Non c'è nessuna spia, stupida!» esclamò, accigliata. «Eri solo tu che venivi qui col tuo solvente! Adesso Zephiro mi ammazzerà!»

«Zephiro?» replicò la fata bionda, piccata. «Zephiro è il mio ragazzo, e ti ho già detto che non puoi ronzargli intorno!»

«Ancora con questa storia! Lo vuoi capire che non ci credo più?»

«Guarda che è vero! Sono le altre che sono invidiose e che lo vogliono per loro!»

Roxy non riuscì a dirle che era patetica solo perché l'onda d'urto di una forte esplosione nell'interno della biblioteca costrinse entrambe a terra, tra grida di spavento e detriti, sul libro e sul solvente. Intrecciate l'una nell'altra, le due fate cominciarono a lottare tra loro per guadagnare l'uscita; il fumo cominciò ad invadere la stanza, una fitta nebbia ricoprì l'intera biblioteca fino a terra e le avvolse, insieme ai detriti e pezzi di carta bruciata dall'odore acre.

Roxy era spaventata soprattutto dal suo corpo a corpo con Theril che le tirava i capelli e cercava di scalciarla via, strillando e scuotendo la testa. Non sarebbero riuscite più a respirare se non faceva qualcosa per fermarla. Provò a chiederle di stare ferma, ma la fata bionda non la ascoltava. Alla fine fece l'unica cosa che le riuscì: afferrò le sue stupide code e gliele tirò come se fossero le redini di un cavallo. Theril strillò ancora, ma si calmò.

Roxy riuscì così a liberarsi di lei e delle gambe così strettamente intrecciate alle sue e a sedersi sul pavimento accanto a lei. Ragionò: c'era qualcosa che non andava. Se Theril era lì con lei e c'era la spia di Alfea da qualche parte...

Sollevò la testa di scatto.

«No, no!» la voce di Zephiro ruppe il silenzio che era seguito all'esplosione e alle urla di Theril.

Era così diversa dalla solita, fredda che Roxy aveva imparato ad associare a lui: era disperato, sembrava anche che stesse piangendo, da qualche parte, in quella nebbia, lontano da lei eppure abbastanza vicino perché potesse udire i suoi singhiozzi. Non vedeva niente, sapeva solo dove si trovava Theril che si era avvinghiata a lei così stretta da non lasciarla quasi respirare, e oltretutto piagnucolava e tremava; questo non dava propriamente modo a Roxy di capire che cosa stesse succedendo, ma non tentò di spingerla via, perché anche lei aveva bisogno di un conforto qualunque, anche di quello ossessivo della fata bionda.

Fu allora che sentì di nuovo la voce del principe che, lontana dal punto indistinto in cui si trovava, stava lottando contro qualcuno. «No, smettila, basta. Basta! Basta

«Smettila di resistermi, ragazzino.» la voce che gli rispose era aspra, di ghiaccio, una voce che le faceva accapponare la pelle, una voce carica del più profondo odio.

Il suo primo impulso fu di trasformarsi, ma si chiedeva se fosse una buona idea. E poi cosa avrebbe fatto? Guardò Theril.

«Smettila.» quell'unica parola fu una supplica. E fu anche l'ultima che Zephiro pronunciò, poi il silenzio fu totale, neanche Theril riusciva più a singhiozzare.

Roxy sentì il proprio cuore fermarsi, persino il respiro della fata al suo fianco si era del tutto interrotto. Non si sentì rumore di passi, né in un verso né nell'altro, era come se chiunque avesse fatto del male a Zephiro – di questo Roxy ne era sicura – si fosse fermato per vederlo morire. E se fosse veramente questo quello che aveva fatto? L'aveva colpito a morte?

Roxy perse un battito, di nuovo.

Ma, dentro di lei, quella forza che aveva sentito poche volte, ma che era sempre stata presente, quel potere che Bloom le aveva insegnato a riconoscere, le chiese di agire; lei voleva farlo, voleva salvare Zephiro. Non le stava, poi, così antipatico, anche se parlava a sproposito. Loro due erano simili, stavano affrontando cose troppo grandi per loro e lei capiva benissimo come ci si sentiva. Non l'avrebbe lasciato da solo neanche se ne fosse andato della propria vita. In qualche modo, sapeva che anche lui, con tutto che aveva cercato di contrastarla, l'avrebbe fatto.

Afferrò la mano di Theril che, silenziosamente, sussultò.

«Dobbiamo vedere cosa è successo.» le disse Roxy, a bassa voce.

«No!» pigolò lei, afferrandole la spalla con maggior vigore e trattenendola a terra. «Non possiamo! Ci ucciderà!» le uscì solo un singulto dalla bocca e lacrime copiose scivolarono sulle sue guance. Roxy era indignata: lei lo considerava il suo ragazzo! Avrebbe dovuto essere quantomai determinata a salvarlo, se c'era una minima possibilità, invece se ne stava lì a frignare come se non ci fosse più niente da fare. La disprezzava, la disprezzava davvero.

«E queste sarebbero le fate di Alfea?» Roxy, arrabbiata con lei, tentò di alzarsi di nuovo, ma strattonata da Theril che piangeva disperata, fu costretta a rimanere dov'era.

«Non lasciarmi sola, ti prego!»

Adesso che aveva gli occhi gonfi e rossi, che il suo viso era paonazzo e che tutto il suo corpo tremava con così tanta veemenza, Theril somigliava di più a quella goffa ragazzina che seguiva lei e il suo codazzo di amiche bellissime e sicurissime di loro stesse che avevano abbassato lo sguardo quando le altre alunne l'avevano denunciata per la magia che aveva scagliato contro Roxy.

Adesso, la stessa Roxy non riusciva a fare a meno di sentire un po' di pena per quella ragazza.

«Torna indietro.» le disse, più risoluta di quello che si sentisse. «Vai ad avvertire la preside Faragonda, Grizelda... insomma, qualcuno.»

Theril tirò su col naso, ma non la lasciò andare. «E... e tu? Andiamo insieme. Non voglio stare sola!»

Ma Roxy ormai aveva deciso. «Tu fai quello che vuoi, io devo salvare Zephiro!»

Theril si pulì il naso con la manica sporca di solvente. A Roxy venne quasi da ridere per quanto sembrava smarrita, ma si trattenne. Sentiva nel cuore l'urgenza di andare a salvare Zephiro. Basta! Rabbrividì nel ricordare quelle parole disperate; si chiese se era possibile che Zephiro conoscesse il suo aggressore, che conoscesse l'identità della spia di Alfea, che l'avesse sempre conosciuta e che anche lui fosse coinvolto.

«N-no, non mi lasciare!»

Roxy le lasciò andare le mani, con sommo dispiacere della fata bionda che piagnucolò ancora più forte. «Cercherò di vedere che cosa è successo e...» deglutì. «Di fare da esca. La porteremo direttamente tra le braccia di Faragonda. Ma tu devi...»

Theril parve pensosa per qualche momento, poi dovette vedere qualcosa di buono in quel piano, perché annuì. «N-no!» disse, in tono piagnucoloso. «Io non me ne vado! Ho paura!»

A Roxy era parsa una bella idea, anche se non sapeva quanto lo sarebbe stata per lei, sempre che la spia non la facesse a pezzi o che, anche Roxy stessa, chiedesse una morte pietosa come aveva fatto Zephiro. Basta! Sentendo rintoccare quella parola nella sua testa, non riuscì più a trattenere il potere dentro di sé e, quando esplose, lei si era trasformata in una fata.

Guardò Theril e la esortò a muoversi a fare lo stesso, e lei lo fece. A Roxy era parso, prima che la luce la avvolgesse, che la fata bionda avesse provato anche un certo timore, nel guardarla e questo le fece piacere.

Solo che non sapeva come incutere lo stesso sentimento contro la spia di Alfea.

«Vai.» sibilò a Theril. «Vai a chiamare Faragonda!»

Ma ancora una volta, Theril disse: «N-no!»

Roxy strinse i pugni, per evitare di colpire quella scema, poi raccolse il libro che gocciolava di solvente e si costrinse a camminare: avrebbe tramortito la spia di Alfea come aveva già detto che avrebbe fatto, oppure avrebbe corso più veloce di lei e avrebbe svegliato mezzo castello.

Fece qualche passo avanti, aggirò la scrivania della bibliotecaria, sempre con Theril alle calcagna. Insieme, si addentrarono ancora di più nella biblioteca. Avevano entrambe quasi paura di respirare e Roxy esitava a chiamare Zephiro e attirare su di sé l'attenzione: in quel caso, quel libro che teneva davanti al corpo come se fosse stato uno scudo non sarebbe stato più utile di un paio di pinzette per le unghie.

La nebbia che era derivata dall'esplosione le impediva di vedere più di un palmo dal proprio naso, ma da che aveva riconosciuto al tatto una delle librerie, era riuscita a sentirsi vagamente più sicura: camminava con le spalle contro di essa per evitare che qualcuno le arrivasse alle spalle, ma era molto difficile muoversi come un granchio e poter stare attenta a ben tre angolazioni dalle quali sarebbe potuta spuntare la minaccia. Theril, poi, era completamente inutile: tremava e gemeva ad ogni nuovo passo e ogni volta che Roxy muoveva la testa da una parte all'altra, incassava la testa nelle spalle e chiudeva gli occhi. Era pure inutile ripeterle di andarsene.

Il fatto che la preoccupava più di tutto era che non avesse incontrato da nessuna parte Zephiro. Ricordava fin troppo bene il suo tormento, il modo in cui aveva pregato per essere lasciato andare. Le sue parole ancora rimbombavano nella sua mente con così tanta vividezza che ancora la turbavano; la sua voce si era spenta e da allora non aveva più sentito un rumore provenire dalla biblioteca.

Arrivò in fondo al corridoio tra due scaffali. Fu allora che intuì chiaramente chi era stato a gridare prima che lei e il principe di Flabrum entrassero nella biblioteca: una donna con i capelli vaporosi e un abito nello stile di quelli di Faragonda. Se ne stava riversa sulla schiena, gli occhi vitrei puntati verso l'alto, la bocca semi aperta in un'espressione di terrore mista a stupore, gli occhiali storti sul naso stretto.

Roxy si sentì rimescolare il sangue nelle vene, mentre Theril cercava di soffocare un grido. «Barbatea!» disse, in un tono di voce acuto e pigolante. «Che cosa le è successo? La spia l'ha uccisa!»

Roxy, infastidita da tutto quel piangere inutile che non le avrebbe aiutate a trovare la spia o a passare inosservate, si avvicinò circospetta alla donna, guardandosi intorno, alla ricerca di quel nemico che aveva provocato tutto quello. Invece non trovò niente, se non la nebbia. Si inginocchiò e allungò una mano sulla bocca della donna. Sentì il palmo venire investito da un sibilo d'aria che pareva un rantolo. «E' viva.» fece sapere alla sua compagna. «Forse è stata colpa delle Furie.»

Di nuovo, Theril ricorse a quel suo spaventato strillo soffocato. «E... e Zephiro?» domandò, poi.

Roxy cercò di sondare la nebbia.

Si chiedeva se, per caso, non avesse sbagliato strada e il ragazzo fosse da tutt'altra parte rispetto a lei. In fondo, era facile perdersi, in tutta quella nebbia. Se solo avesse avuto Artù, con lei, non ci sarebbero stati problemi: l'avrebbe condotta da Zephiro senza colpo ferire, senza perdersi neanche una volta. Ogni tanto pensava che le sarebbe piaciuto avere l'olfatto di un cane e, adesso, ne sentiva distintamente la necessità. Solo che, se avesse avuto Artù al proprio fianco, si sarebbe sentita molto più sicura. Ma in fondo era meglio così: non voleva che il suo migliore amico si facesse del male, non voleva che corresse più rischi di quelli che aveva corso.

Si rialzò, portando con sé il libro che le aveva procurato Zephiro. «Vieni, andiamo avanti.»

Ben presto si accorse che la strada era quella giusta: c'era un mantello bianco strappato per terra e alcune macchie di sangue... Zephiro doveva essere passato di lì, proprio sulla soglia di un passaggio protetto da una cancellata d'oro, spalancata. Sembrava risplendere di luce propria, anche in mezzo alla nebbia, come se quello fosse un cancello che conducesse addirittura in un altro mondo. Roxy rabbrividì.

Si mosse a disagio sul posto, trattenendo stretto il libro tra le braccia.

«No, ferma!» la voce di Theril era ridotta al solito pigolio.

Roxy si voltò a guardarla con aria omicida. «Che c'è, adesso?» sbottò.

«Quella... non si può entrare da quel cancello.»

«Ti pare? È aperto.»

«Ma è la biblioteca proibita!»

Roxy non la ascoltò più. Liquidò la faccenda con un: «Tanto non sono una studentessa.» e varcò la soglia.

Si era quasi aspettata che succedesse qualcosa, che si attivasse un muro magico, una botola o qualcosa del genere. Invece il pavimento rimase intatto, i suoi piedi ancorati al terreno. Non accadde nulla più che far sgranare gli occhi di Theril. «Dai, muoviti.» la esortò.

Allungò una mano per prendere quella dell'altra fata, quando quest'ultima sgranò gli occhi e lanciò un grido: «Roxy, attenta!»

L'interpellata si girò, vide l'ombra nera che stava sfrecciando verso di lei. Spiccò il volo, colpì di testa il soffitto e quando crollò a terra, mille puntini di luce le invasero il campo visivo. Confusa, si mosse a tentoni, priva di senso di orientamento. «Theril.» chiamò. «Ehi, Theril, dove sei?»

Ma nessuno le rispose.

Proseguì con il solo tatto per un po'. Trovò Theril, riconobbe le sue code e le posò le dita sul viso, sotto il naso. Respirava ancora, un respiro molto lento, di chi si sia assopito. Mentre riprendeva l'uso della vista la vide e gemette: la fata bionda aveva gli occhi vitrei piantati sul soffitto. Roxy non ebbe dubbi su quello che le era successo e una valanga d'orrore le cadde addosso. Adesso era sola. Adesso avrebbe dovuto fronteggiare da sola una minaccia ignota e crudele che ghermiva le persone, le fate, in quel modo. Avrebbe voluto che Bloom fosse lì con lei, che le facesse coraggio, ma era sola e questo le fu così chiaro da spaventarla tanto, abbastanza perché le si mozzasse il respiro in gola. Si accorse in quel momento che la presenza di Theril, per quanto ingombrante e inutile, era stata confortante. «Zephiro ha bisogno di aiuto.» mormorò a se stessa. E fu solo per questo che riuscì ad andare avanti. Era colpa sua se si erano trovati in quella situazione.

Entrò in quella che Theril aveva chiamato biblioteca proibita con passo malfermo e insicuro. I libri sembravano guardarla dagli scaffali, sembravano contorti e le loro copertine sembravano sussurrare qualcosa di oscuro e misterioso. Era come se volessero invitarla a prenderli o sconsigliare di farlo e lei ascoltò questo secondo impulso, mentre, con le mani strette intorno al librone, avanzava sempre più all'interno, verso il buio, verso un punto in cui credeva che una spia, chiunque fosse, si sarebbe di certo addentrata. Ma non c'erano rumori, a parte quelli dei suoi passi e del suo cuore che le rimbombava nelle orecchie. «E dopo che gli avrò lanciato il libro?» sussurrò a se stessa, come se ci fosse un'altra se stessa. «Scappo? Chiamo aiuto?» gemette, ma continuò ad avanzare. Il pensiero di Theril e Zephiro era l'unica cosa che non la faceva correre via a gambe levate, non avrebbe reso vano il sacrificio di lei e non avrebbe lasciato lui nei guai per niente al mondo.

Arrivò in fondo al corridoio, la biblioteca proibita scivolava con una rampa in un luogo ancora più oscuro. Roxy si sporse. «Z-Zephiro?» chiamò nel buio.

Nessuna risposta.

Continuò a scendere. Arrivò in fondo alla rampa e trovò una biblioteca dalle pareti rosse, gli scaffali contorti e alcuni ritratti. In uno vide un uomo affascinante con lunghi capelli biondi, un lungo giaccone di uno strano color prugna e un sorriso crudele, poi un altro su cui erano ritratte tre donne vecchie e contorte e in un'altra altre tre, più giovani, con strane tutine di colori diversi e una lettera sulla cintura I, D, S. Si chiese che significassero, ma lasciò stare. Andò avanti. E quando li vide, gridò e, nella foga di indietreggiare incespicò nei propri piedi e cadde. Erano proprio gli Stregoni del Cerchio Nero! Tutti e quattro, brutti e ripugnanti e vestiti di nero, pallidi e malvagi come sempre. Come erano riusciti a trovarla?

Era pronta a vender cara la pelle, quando, nello sforzo di rialzarsi, si rese conto che tutto era fin troppo tranquillo. Nessuno ringhiava, nessuno sembrava essere intenzionato a sferrarle un attacco e soprattutto, quei quattro stregoni continuavano a sogghignare senza muovere neanche un muscolo. Guardando meglio, si rese conto di essere una vera imbecille e arrossì da sola al pensiero di quanta paura avesse avuto per nulla: anche gli Stregoni erano stati immortalati su tela, come gli altri. «Chi mai terrebbe un quadro di così cattivo gusto?» si domandò.

Il suo sguardo vagò in giro per la grande stanza contorta, aspettandosi di vedere qualche altro mostro, magari un'altra delle forme degli Stregoni, o magari il vero aspetto di Nebula, invece notò un corpo riverso a terra in una nicchia vuota.

Roxy ebbe un sussulto. «Zephiro!»

Corse verso di lui e gli si inginocchiò accanto. Lo tirò un po' su, tenendolo per le spalle, quel tanto che riuscì a fare col corpo pesante del ragazzo. Sembrava stordito, ma di sicuro non era morto. Lo chiamò di nuovo, lo scosse e lui, gemendo, si riebbe. «Che... che succede?» domandò, confuso. Mosse gli occhi, quello dorato che sembrava vorticare come un cumulo di foglie in balia del vento, mentre l'altro era quieto e vacuo. «Dove... Roxy... Roxy, dove siamo?»

«Nella biblioteca proibita... o qualcosa del genere... come sei arrivato qui?»

Lui si rimise a sedere, allontanandosi da lei. Si piegò su se stesso e riprese a stropicciarsi gli occhi. «Non lo so.» mormorò, quando ebbe smesso. «Non ricordo niente. Non riesco a ricordare un sacco di cose... ci sono dei vuoti. Io... lei... è stata lei e io non ho potuto fermarla. Credevo di esserci riuscito, ma... come ho fatto a non capire?»

«Chi? Di che parli?» Roxy cominciava a sentire una certa inquietudine, mentre lei parlava. «Lei chi? A fare cosa? Parli della spia?»

Zephiro si guardò le mani, così vicine al viso. Sembrava affaticato, come se stesse reggendo un peso troppo grande per lui. «Ha fatto tutto lei. Ha cominciato ogni cosa. Ha alimentato la gelosia e l'invidia di Theril nei tuoi confronti... voleva lei, l'ha presa con sé e poi... e poi ha preso anche...» si voltò lentamente, guardò oltre ad una stralunata Roxy per un lungo istante con gli occhi così vuoti che sembrò entrare in una specie di trance. La ragazza non capiva, quello strano ragazzo aveva cominciato a dire cose senza senso, in un certo tono lugubre che le fece accapponare la pelle. «Forse è meglio se...» ma si interruppe, perché lui guardava dietro di lei e non poté fare a meno di guardare a sua volta, per cercare di capire che cosa mai avesse potuto provocare quella reazione. Si aspettava di vedere qualcun altro di raccapricciante, la spia. Era pronta a vender cara la pelle.

Ma, quando vide lui, il sollievo la sciolse e la fece ridere. Balzò in piedi. «Papà!» gridò e fece per abbracciarlo. Ma si accorse che c'era qualcosa di strano. «Papà, che ci fai qui?»

Successe tutto in un lampo, ma a lei parve che succedesse al rallentatore. Vide la sbarra di ferro che Klaus teneva in una mano e che, lentamente, portò al di sopra della testa, come se fosse una spada. Roxy lo guardava, suo padre guardava lei con uno strano sguardo vuoto e un ghigno maligno.

«Roxy, scappa!» gridò Zephiro, ma Roxy non si mosse. Era imprigionata negli occhi di suo padre, lo guardava e non capiva quasi che cosa stesse succedendo, mentre la sbarra di ferro calava verso di lei. «Roxy!» una mano potente la afferrò e lei vide il suo mondo rovesciarsi. La mano la scaraventò a terra, la sbarra di ferro calò con un tonfo sul punto in cui un attimo prima c'era stata lei. Per un lungo attimo la fata degli animali non capì che cosa stesse succedendo e cosa avesse significato tutto quello. Poi il suo cervello registrò la verità tutto insieme: suo padre aveva provato a falciare la sua unica figlia come se fosse stata un inutile ostacolo sul suo cammino.

«Papà!» gridò Roxy, liberandosi delle mani di Zephiro, che l'aveva salvata. «Papà, che fai? Non vedi che...»

«Non discutere con lui!» gridò Zephiro, tirandola in piedi con urgenza. «Scappiamo!»

E, prima che lei potesse pensare di fare qualunque cosa, la allontanò di nuovo dalla traiettoria del secondo colpo. «Papà!» la ragazza allungò il braccio verso di lui, ma il principe di Flabrum opponeva una fiera resistenza e la trascinò letteralmente verso l'interno della biblioteca.

«Dobbiamo scappare! Sbrigati o ci farà a pezzi!» la incitò.

«No!» lei cercò di svincolarsi più che poteva, ma non servì a niente: Zephiro la tratteneva in modo ferreo e deciso. Klaus non fece niente per fermarli, anzi li seguiva con indolenza e un certo compiacimento come se sapesse che non potessero scappare e allora poteva prendersela più comoda che mai. Rideva un ghigno maligno come le sei donne nei loro ritratti e gli Stregoni del Cerchio Nero e l'altro uomo con il giaccone color prugna. «Mio padre!» gridava lei, angosciata, mentre correva, spinta da Zephiro, ogni tanto occhieggiando dietro di sé. «Papà! Papà, svegliati!»

«Sbrigati!» gridò Zephiro e la fata degli animali sentì subito dopo una folata di vento che le si levava da sotto i piedi che la rendeva leggera come una piuma. Solo così Zephiro riuscì a trasportarla senza difficoltà fino alla fine del corridoio, dove una scalinata lunga e ripida si dipanava verso l'alto e che terminava in una porta chiusa. Erano senza via d'uscita e Klaus continuava a ridurre la distanza.

Roxy non capiva come potessero essere arrivati a tutto questo. Zephiro era troppo preso dal desiderio di correre e di sfuggire per prestarle attenzione, per fare qualcosa di così banale come rispondere ad una domanda. Lei era in sua balia e questo le bastò per rimanere incredula del modo assurdo in cui si era ripreso subito e correva come se non fosse stato aggredito.

«Papà...» gemette, guardando dietro di sé il padre che le rivolgeva il ghigno malvagio delle donne dei ritratti. Le venne da piangere. Suo padre non l'avrebbe mai guardata così, mai. È Alfea, pensava. Alfea aveva rovinato tutto. Alfea non era la scuola meravigliosa che le Winx le volevano far credere che fosse, non era quel meraviglioso castello rosa e dorato che aveva visto la mattina. Era un luogo buio, oscuro e crudele, dove le fate erano cattive e suo padre era un mostro e un ragazzo strano la stava portando lungo una scala senza via d'uscita.

Stava per mettersi a piangere, quando si fermarono davanti ad una porta sbarrata.

Zephiro si fermò lì di fronte, ma si guardò indietro. Klaus saliva ogni gradino con lentezza esasperante. Roxy sapeva di dover fare qualcosa per salvare suo padre da Alfea. «Papà!» gridò, allora. «Papà, torna in te.» provò ad attingere al proprio potere, ma le sembrava di non averne e, anche se avesse potuto attingervi, non sapeva come usarlo.

«Non ti sentirà.» la voce di Zephiro era fredda come ghiaccio.

«Che dici? Certo che mi sentirà. È mio...»

«Lui non ti sentirà! Non è più l'uomo che hai conosciuto!» Zephiro allungò una mano sulla porta chiusa e la appoggiò, il palmo guantato aperto. «Da qui si va verso l'ufficio di Faragonda... «Dobbiamo trovare un modo per aprire la porta!»

««Non me ne frega niente di dove andiamo!» gridò lei, furibonda. «Vuoi lasciare mio padre in queste condizioni? Di lui non ti importa niente! Tu... tu... sei solo un egoista!»

«Ora stai zitta!» tuonò lui.

Roxy non riuscì a non ubbidirgli. Le sembrava quasi di sentire la voce di quella stessa donna che l'aveva catturata nel bosco di Gardenia, da qualche parte, nei recessi della sua mente, come se non se ne fosse mai andata. Ma la scacciò, perché suo padre era più importante, aveva bisogno di lei e Bloom le aveva insegnato che, a dispetto di tutto, doveva essere coraggiosa, doveva fare qualunque cosa. E lei aveva promesso. Lei era l'ultima fata della Terra, lei doveva proteggere i terrestri e la loro fede nella magia. «Papà! Papà, ascoltami! Sono io, mi senti? Lo so che puoi sentirmi! Ascoltami! Lotta contro quella Furia che ti ha preso! Lo so che puoi farlo! Io lo so! Tu sei mio padre e io lo so che provi dell'affetto per me! È sempre stato così! Siamo sempre stati io e te! Possibile che tu l'abbia dimenticato solo perché una stupida Furia ha preso la tua mente?!»

Chiuse gli occhi, cercò dentro di sé il proprio potere. «Smettila.» la voce di Zephiro, dietro di lei, era debole, mentre dalle sue mani scaturivano folate di vento che volevano forzare la porta. «Non funzionerà mai.»

Non lo ascoltò, lei doveva salvare suo padre. Lui, che era andato ad Alfea per lei, che l'aveva cresciuta e sostenuta in ogni modo, sempre, anche adesso che sapeva che era strana e diversa da tutte le ragazzine terrestri della sua età. Trovò la fonte del proprio potere e lo trattenne. Spiccò il volo, pronta a lanciarsi verso di lui e toccarlo con il potere di fata. L'avrebbe liberato? Non lo sapeva, ma doveva fare un tentativo. L'avrebbe toccato come aveva toccato Artù per liberare la sua coscienza e aiutarlo a parlare. Ma una forza irresistibile la prese per una caviglia e le fece sfuggire l'incantesimo.

Si girò, cercando di capire cosa fosse stato, provando ad attingere alla propria aggressività per liberarsi e fu davvero sorpresa di vedere che era stato Zephiro. «Lasciami andare!» si divincolò. «Che fai? Lasciami!» gridò, affondando nella propria disperazione. Perse il potere, la volontà, rivide il buio in cui era stata intrappolata prima del risveglio.

E subito ne fu strappata. Percepì un grido, un fascio di luce che entrava dentro di lei e ne usciva e correva veloce verso il padre che aveva interrotto la sua salita indolente e adesso guardava quella luce con curiosità. La sua espressione crudele divenne terrorizzata. Il fascio lo colpì dritto nel petto e lo trapassò. Barcollò. Roxy gridò di orrore, mentre cadeva, ruzzolava giù per le scale. «Papà!»

«Ci penso io!» e qualcuno di familiare le sfrecciò davanti, volando, in un turbinio di rosa e verde, prima che si fermasse e lanciasse qualcosa di rosato intorno a Klaus.

Roxy sgranò gli occhi, quando capì che si trattava di Morphix e che la persona che aveva parlato era Aisha. La fata dei fluidi si era voltata verso di lei e le sorrideva. In mano aveva uno strano oggetto con un pomo sulla parte alta, grosso come un'arancia e particolarmente pacchiano. «Siamo arrivate in tempo, vero?»

«Ma cosa... dove...» Roxy balbettava.

«Ti piace?» volle sapere Aisha, intercettando la direzione del suo sguardo. «Lo Scettro di Domino ti ha salvato dalla Furia che aveva posseduto tuo padre!»

«Io...» Roxy, incapace di dire alcunché, si girò e vide che, alle sue spalle, la porta era spalancata e che c'era un altro uomo, insieme con Zephiro, un uomo col pizzetto e i capelli castani, vestito in modo strano, con una spada dalla lama enorme davanti e poi altre persone dietro di lui. Erano Riven, Helia, Flora e Musa. «Ragazzi!»

«Ehilà!» la salutò Musa, allegra, agitando la mano.

Zephiro guardava tutto questo, mentre teneva lei per il piede, ancora. Tanta era stata la sua sorpresa che neanche se n'era accorta.

«Principe Zephiro.» lo salutò l'uomo strambo, in tono così cordiale che sembrava che fossero ad un party.

«Re Oritel.» rispose il ragazzo, più compassato.

L'uomo, quello che Zephiro aveva chiamato re, sorrise a lei. «Piacere di conoscerti, Roxy. Vorrei che ci fosse più tempo per i convenevoli, ma devo cercare la spia di Alfea. Auguratemi buona fortuna!» disse così, e con la spada in pugno si lanciò sulle scale, scomparendo rapidamente alla vista. Lo seguirono tutti gli Specialisti e Musa.

«E' re Oritel, il padre di Bloom, quello biologico.» rispose Aisha, alla domanda rimasta inespressa della fata degli animali.

«Ma...» continuò a balbettare Roxy. «Mio padre...» e guardò verso il Morphix che lo teneva imprigionato, la sua testa reclinata su di un lato, mentre faceva qualcosa che somigliava a dormire, una cosa così semplice che adesso la terrorizzava.

«Stai tranquilla.» Aisha le volò vicino e le toccò gentilmente una spalla. «Starà bene, vedrai. La Furia non lo possiede più. È qui dentro!» e agitò appena lo Scettro pacchiano.

«Principe, lasciala andare, ti pare il modo di tenere una ragazza?» disse, invece, Flora a Zephiro.

Zephiro, esortato da quelle parole, arrossendo anche un po', la lasciò andare. Roxy si sarebbe subito fiondata dal padre, ma Aisha le sbarrava la strada. «Lo so che ti è difficile stargli lontano, ma non possiamo lasciarti lì, con la spia che imperversa in biblioteca. Non ti preoccupare. Ti prometto che sarà un po' intontito, ma andrà tutto bene. Finché starà lì sarà impossibile contagiarlo nuovamente e, per quello che sta succedendo, è meglio così.»

Roxy non capì. Un'ondata di panico e di confusione, insieme con tutta la disperazione del mondo le si erano rigettate addosso. «Oh, Aisha!» si buttò tra le sue braccia, in cerca di consolazione e di una via di fuga. Le veniva da piangere e non si fece scrupolo a farlo, allora, mentre la fata le accarezzava i capelli con fare materno.

«Su, su, andiamo. Adesso va tutto bene, siamo qui, siamo insieme, c'è lo Scettro di Domino... adesso andrà tutto a meraviglia, vedrai!»

«Non ne voglio più sapere niente!» protestò Roxy, tra le lacrime. «Basta con la magia, basta con tutto! Hanno preso di mira anche mio padre! Come possono fare questo? Come?»

«È terribile ed è ingiusto, lo so, piccola Roxy, ti capisco. Non sai quante volte è capitato anche a me, a Bloom, a tutte le altre, di sentirci così, come se volessimo liberarci di tutte le responsabilità. So come ci si sente, ma è adesso che si deve vedere il tuo coraggio. Io lo so che ce l'hai! Le Furie ti hanno attaccato e ti hanno liberato perché la tua forza d'animo è fuori dal comune, so che ce la puoi fare. Ce la faremo insieme, non sarai sola! È quasi tutto finito!»

Roxy non ce la fece a replicare. Non se la sentiva di dire niente, non aveva modo di confutare quelle parole a cui non credeva minimamente, la fine le sembrava lontana come non mai. Si lasciò condurre, però, docile, fin dentro l'ufficio, dove Flora e Zephiro erano rientrati prima di loro e adesso guardavano dalla grande vetrata dietro la scrivania vuota di Faragonda. Era da poco passata l'alba, il sole era chiaro e faceva sfumare le nuvole nei colori del rosa e dell'arancio.

«Ma come avete fatto a trovarmi?» domandò la fata degli animali, rendendosi conto di come fosse stato provvidenziale il loro arrivo.

Aisha ammiccò, allegra. «E' presto detto: abbiamo debellato le Furie dalla Terra e poi siamo venuti qui perché re Oritel ci ha detto che avevate bisogno di noi. A quanto sembra, siamo proprio arrivate al momento giusto! Stavamo atterrando, quando abbiamo sentito l'esplosione e così siamo corse immediatamente nella Biblioteca.»

«Ho visto i cancelli aperti e Faragonda ha capito che cosa stava succedendo.» si intromise Flora, dopo averla stretta in un rapido abbraccio. «Diceva che la spia di Alfea sarebbe entrata nella biblioteca degli insegnanti e così ci siamo diretti immediatamente qui... sapevamo che la spia cercava di entrare nella biblioteca proibita per carpire alcuni segreti... la biblioteca degli insegnanti era la sua meta più vicina.»

Aisha ammiccò. «Ed ecco che abbiamo salvato te e Zephiro. Comunque, Roxy,» e si avvicinò a lei con fare cospiratore. «a parte tutto, il principe di Flabrum non è niente male e lui sembra molto protettivo nei tuoi confronti... avanti, racconta, cosa c'è tra voi?»

Roxy divenne paonazza, di fronte a quelle insinuazioni. «Ma... ma niente!» sbraitò. Guardò lui, per avere man forte, ma quando lo guardò vide che era di nuovo pallido e smunto e più che dare retta alle fate, si tormentava l'occhio azzurro, adesso.

In basso, al centro del parco, un piccolo gruppo di persone tra cui c'era la preside e anche l'ispettrice Grizelda e altri che Roxy non conosceva sembrava intento ad usare la magia contro il cielo. La fata degli animali si accorse ben presto che non era il cielo il loro bersaglio, ma una cupola invisibile che appariva ogni qualvolta un lampo azzurro la colpiva. Rimaneva visibile per il tempo di un battito di ciglia poi scompariva lasciando il posto al niente, come se questa cupola non esistesse.

«E' la barriera protettiva di Alfea.» spiegò Zephiro, in tono tetro, spossato. «La preside l'ha eretta quando sono arrivato io... per proteggere le studentesse dalle Furie.»

«Non ha funzionato granché.» ribatté Aisha, sconsolata.

«No, infatti.» confermò il principe. «Non servirà a niente, tutto questo... le Furie sono qui dentro... sono state liberate, attirate dai sentimenti delle fate... loro sono sempre state qui.»

«E tu come lo sai?» domandò Aisha, dubbiosa.

Zephiro scosse la testa e abbassò lo sguardo.

Nessun altro ebbe il coraggio di dire niente. Continuarono ad aspettare, guardando verso il basso gli insegnanti che cercavano di rafforzare la barriera. Poi successe qualcosa: l'ispettrice Grizelda interruppe la sua magia per avvicinarsi a Faragonda, parlarono per un po', poi la preside indicò verso l'interno della scuola. Grizelda guardò, annuì e si allontanò dal resto del gruppo, presto seguita dal professor Avalon e da Wizgit.

«Che cosa sarà successo?» volle sapere Flora, apprensiva.

«Non lo so.» mormorò Aisha. «Lo scopriremo presto, immagino.»

«Dovremmo dare una mano.» propose la fata dei fiori. «Possiamo rendere più compatta la barriera o qualcosa di simile. Con lo Scettro...»

«E'... pieno.» sospirò Aisha, che ancora lo stringeva tra le mani. «Guarda la pietra di contenimento.»

«E allora non c'è niente che possiamo fare!» di nuovo Zephiro, il solito uccellaccio del malaugurio che riprese a strizzarsi ferocemente l'occhio sinistro.

Roxy si accigliò. «Qualcosa dovremmo pure tentare! Non possiamo lasciare che le fate di Alfea vengano tutte inghiottite dai loro sentimenti negativi!»

«E cosa tenteresti, sentiamo? Le Furie sono qui... sarete bersagli facili... lo saremo tutti.»

Aisha annuì. «Ha ragione, ma non possiamo stare qui con le mani in...» si interruppe, quando il suono delle voci che proveniva dall'interno della biblioteca degli insegnanti si fecero più forti.

Re Oritel si affacciò per primo dalla soglia. Helia uscì subito dopo di lui, mentre Timmy, Riven e Musa ancora non erano tornati. Sia lo Specialista che il re di Domino erano particolarmente pallidi e tesi.

«Dov'è mio padre?» esclamò subito Roxy, correndo loro incontro. «Come sta?»

«E' ancora nel Morphix, tranquilla.» la blandì Helia, posandole una mano sulla spalla con fare rassicurante. «Non gli accadrà nulla, finché sarà lì dentro.»

«Sì, ma... la spia...»

«La spia è riuscita a scappare.» le fece sapere re Oritel, ma aveva la mascella contratta. Sembrava che stesse sforzandosi di non dire qualcos'altro. «Beh, comunque ho lasciato che Musa e i ragazzi continuassero a perlustrare la zona, ma non mi sento molto tranquillo... prima partiremo per Flabrum meglio sarà. Dobbiamo muoverci immediatamente, ragazzi.»

Zephiro trasalì. «Per Flabrum? Che vi salta in mente, re Oritel?»

Il re lo guardò con solennità. «E' tempo che tu torni sul tuo pianeta d'origine, figliolo.»

Il ragazzo fece per dire qualcosa, quando una fitta particolarmente dolorosa all'occhio lo costrinse a portarvi di nuovo la mano. Barcollò gemendo e si fermò solo quando la parete gli impedì di andare più oltre.

«Che ti succede?» gli chiese Roxy, facendo qualche passo verso di lui. «Zephiro?»

«Niente...» rispose lui, pieno di rincrescimento e disperazione. «E' troppo forte. Non resisto... è troppo più forte.»

«Cosa?» domandò Aisha che lanciò un'occhiata confusa a Flora. «Che ti prende, principe? Sei ferito?»

Zephiro scosse la testa.

«La spia di Alfea deve avergli fatto qualcosa. Lo ha aggredito... l'ho trovato a terra privo di sensi e... e gridava...» mormorò Roxy che si sentiva in colpa per lui. Si torse le mani. «Se non fossimo entrati in biblioteca...»

Re Oritel mugugnò una lunga nota bassa di preoccupazione.

In quel momento, mentre Roxy tentava una spiegazione più esauriente, mentre si ricordava che anche Theril e Barbatea erano nella biblioteca delle studentesse, tutte e due svenute, arrivò la preside Faragonda, seguita da Wizgit e un alto professore con una massa di fluenti capelli biondi e le orecchie a punta. Chiudeva la fila il professor Codatorta di Fonterossa.

La preside era pallida. «Le Furie...» disse. «Alcune delle mie fate sono state prese e alcuni dei professori sono... sono stati posseduti. Avalon sta cercando di usare una magia di contenimento, ma non sappiamo quanto passerà ancora prima che lui stesso venga posseduto. Oritel, ragazze. Specialisti, è meglio che partiate subito.»

«Sì, non c'è tempo da perdere.» confermò il re di Domino. «Vita o morte, non c'è altro da fare.»

«Non possiamo andarcene via così!» esclamò Flora, in tono stridulo. «Preside, se dobbiamo aiutare...»

«Non c'è niente che possiate fare qui.» replicò brusca Faragonda. «Che cosa pensate di poter fare, se una Furia vi prendesse? Lo Scettro non può aiutarci, finché non raggiungerete Flabrum e vi ricongiungerete alle altre e... Oritel vi dirà tutto strada facendo. Avevamo in mente di farvi partire comunque, ma adesso è più importante che mai.»

Zephiro sollevò appena la testa, la sua espressione di puro dolore nascondeva anche una buona traccia di qualcos'altro, un misto di rassegnazione e trionfo. Roxy si ritrovò a guardarlo, a vedere tutto questo e a provare inquietudine.

«Sky e Brandon stanno mettendo in moto l'Owl in questo momento, con loro c'è Grizelda che li terrà al sicuro dal potere delle Furie, per quanto possibile...» stava dicendo Faragonda. «ma non possiamo continuare così. Sta per abbattersi la più grossa crisi mai vista sulla Dimensione Magica. Tutte le fate verranno distrutte, se le Furie verranno lasciate libere di vagare, l'equilibrio su cui si regge il mondo verrà spezzato, se i sentimenti positivi verranno distrutti e sarà permesso al male di vincere. Oritel, tu lo sai che cosa deve essere fatto. Torna non appena avrai ciò che serve, lascia agli Specialisti e le Winx il compito di mettere Zephiro sul trono.»

Il re di Domino annuì, risoluto. Si incamminarono velocemente per i corridoi di Alfea che mai erano stati così spettrali come in quel momento. Piccole urla, esplosioni, rumori di passi affrettati che volevano sfuggire ad un pericolo invisibile. Mentre anche loro camminavano veloci verso l'esterno, sentivano che stavano voltando le spalle alle fate.

«Volete spiegare anche a noi?» domandò Aisha, impaziente, mentre seguiva Faragonda da presso. «Vi sembra il momento di occuparvi di lotte di successione, quando c'è in atto questa grossa crisi? Preside, da lei non mi sarei mai aspettata che... cosa facciamo su Flabrum quando il nostro compito è stare qui ad aiutare le altre fate?»

«No, un momento. C'è qualcosa che non ci stanno dicendo:» disse Flora. «che cosa c'è su Flabrum che può risolvere tutto? C'è un'arma? Di cosa non ci avete parlato, preside?»

Il re di Domino guardò la fata dei fiori. «Non lo sapevamo neanche noi, fino a poco tempo fa, fino a che Dafne non è andata sul pianeta non avremmo mai potuto immaginare quello che abbiamo scoperto. Vi spiegherò tutto sulla strada per Flabrum... quel pianeta è sempre stato la chiave di tutto. Andiamo, però. È tardi.»


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Udite udite! La storia è ufficialmente completa! Un'ora fa circa ho finito di scrivere il ventitreesimo e ultimo capitolo, quindi gli aggiornamenti si faranno più serrati. Vi ho stupito, eh? XD Chi non se l'aspettava alzi la mano *tutti*. Bene. XD Ci vediamo con il prossimo aggiornamento la prossima settimana. Grazie a tutti coloro che leggono e continuano a seguire/preferire/ricordare la storia. Vi adoro. <3<3<3

Luine.


  
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