Castle e Beckett entrarono nella sala interrogatori dove li
attendeva Thomas O’Neill. La rassomiglianza con la madre era molto marcata. Era
la versione maschile del viso che avevano visto tante volte in foto, anche se appartenenti a due persone diverse.
«Perché mi avete portato qui? Sono in arresto?»
Beckett sedette tranquilla.
«No, Thomas, no di certo.»
«Siamo qui solo per fare una chiacchierata» aggiunse Castle.
«Cosa volete sapere?»
«Vogliamo che ci parli di tua madre.»
«È morta da più di vent’anni. Io ero piccolo. In pratica, non l’ho mai conosciuta.»
«Mi dispiace molto.»
Il ragazzo strinse gli occhi, sospettoso.
«È tutto quello che sai dirci?» continuò lo scrittore.
«Sì. Altrimenti voglio un avvocato.»
«E perché mai, Thomas?» domandò Beckett. «Non ti stiamo accusando di niente.»
«Mio padre mi ha detto che gli avete parlato di quella
ragazza che è morta. Quella che ha il DNA uguale a mia madre.»
«È vero, siamo stati a trovarlo.»
«Noi non c’entriamo niente.»
«Vuoi dire che non siete stati voi ad ucciderla?»
«Certamente! Non siamo stati noi!»
«Tu però la conoscevi, questa ragazza, vero? Forse potresti dirci come si chiamava.»
Thomas non rispose. Respirò a fondo.
«Voglio parlare con mio padre» disse.
«È giusto. Non sei in arresto, puoi chiamare chi desideri. Castle, vai a prendere un telefono.»
Lo scrittore si alzò ed uscì.
Beckett aprì il fascicolo e tolse le fotografie. Voleva sfruttare il momento per restare da sola con il figlio
dell’imprenditore.
«Vedi, Thomas, ho alcune immagini da farti vedere.
Sono molto interessanti. Domenica una cittadina russa assolutamente
sconosciuta arriva all’aeroporto con un visto turistico. Lunedì eccola
in giro per la città
e martedì è con te a visitare la Statua della Libertà. La sera stessa
viene
ritrovato il suo cadavere in un vicolo. Vedi, è molto strano. Non
voglio dire
che sei stato tu ad ucciderla, ma forse puoi aiutarci a scoprire
qualcosa in più. Una cittadina russa quasi tua coetanea che ha lo
stesso DNA di tua
madre. Capisci, è strano.»
«Non sono stato io.»
«Ti credo. Ma nel vicolo abbiamo trovato tracce di pneumatici. Sono compatibili con le auto della flotta aziendale di tuo
padre. Dobbiamo chiedere un mandato per controllare chi ha usato quelle auto nella giornata di martedì?»
Il ragazzo appoggiò i gomiti al tavolo e strinse le mani intorno alla testa.
«Voglio parlare con mio padre.»
Beckett era raggiante. L’azzardo era riuscito. Si alzò ed uscì. Thomas non avrebbe detto altro, ma lei non voleva forzarlo a
parlare.
Non aveva davanti un colpevole cui strappare una confessione, ma un testimone reticente. Gli avrebbe lasciato chiamare
il padre, dopodiché avrebbe inchiodato John e Thomas O’Neill alle loro responsabilità.
Era sicura che entrambi sapevano la verità e che prima o poi avrebbero parlato.
Nel frattempo voleva dare un’occhiata al vecchio caso di Mary Ellen.
«Ryan, hai trovato il fascicolo in archivio?»
«No, Beckett, è strano, non si trova.»
«Chi è stato l’ultimo a consultarlo?» domandò.
Prima che Ryan potesse dire niente, le venne in mente la risposta. «Castle!» urlò.