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Autore: _Elexy_    10/02/2014    0 recensioni
Strani incidenti, un ragazzo misterioso e un diario di un antenato... Samantha racconta ciò che le successe in quel periodo dove il mistero alloggiò nella sua piccola cittadina. Tutto le pareva non avere un senso, ma i tasselli sono tanti e anche se pare non esserci soluzione, l'unica cosa da fare è unirli... O ignorare tutto? Ma com'è possibile farlo con ciò che stava succedendo? Le sue scoperte le cambieranno la vita, e sarà costretta a compiere enormi decisioni. Le scelte che prenderà cambieranno molte cose e mai potrà tornare tutto come prima!
Copertina: https://fbcdn-sphotos-c-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash3/t1/1654445_499229790186829_903291533_n.jpg
Genere: Azione, Dark, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Il mio cuore batteva, forte, incontrollabile. Quel ragazzo così bello e così tetro suscitava in me emozioni in contrasto tra loro. Una parte di me aveva paura di lui, ma era anche attratta da quel fisico perfetto. Infine ero curiosa, mi chiedevo cosa volesse. A un nulla da me, con i suoi occhi verdi e bellissimi puntati sui miei non perse tempo, chiedendomi subito: «Cosa ci fai qui?». «Io…» Feci presa alla sprovvista «Io ci abito! Tu, piuttosto, cosa vuoi?» «Inutile fingere, puoi anche colorarti i capelli, ma so bene chi sei!» «Come scusa?» feci incredula. Come si permetteva? Nemmeno lo conoscevo! «Non mentirmi!» urlò e i suoi occhi per un attimo ebbero un riflesso rosso. Sussultai facendo un passo indietro. Sicuramente in lui qualcosa non andava! I traslocatori si fermarono un attimo e ci fissarono, ma il giovane ordinò loro di tornare al loro lavoro con tutta calma, e questi, come nulla fosse, obbedirono. «Devo… devo andare» feci. Sentivo lo sguardo penetrante di quel ragazzo su di me. Mi voltai, lo vidi tornare velocemente a casa sua. Una volta dentro la mia chiusi a chiave la porta. «Che cosa voleva?» chiese mia sorella. «Non lo so, credo mi abbia scambiato con qualcun altro. Comunque non devi avvicinarti a lui, va bene?». Anna annuì, aveva già capito. I giorni seguenti furono tranquilli. Di traslocatori non se ne videro più e neppure il giovane. O meglio, di giorno non lo vedevo. Usciva di notte verso le undici e ritornava alle tre o quattro di mattina. Non che lo stessi spiando, ma volevo capire di più su quel giovane. Ipotizzai che lavorava di notte. Intanto io continuavo con la mia routine. Sebbene fosse freddo facevo i compiti fuori, sotto la veranda, sulla tavola. Quando nevicava era stupendo, amo il freddo. Il cinque gennaio sul giornale c’era un articolo che parlava di un altro morto. “Dissanguata da un lupo mentre portava a spasso il cane.” Poi lessi l’articolo. “La povera Arianna Nable, diciassette anni, di origini Turche, stava sulla Scure Road, portando a spasso il cane. Camminava al margine della foresta Blackfor, e un lupo la aggredì. Fu trovata dissanguata da un passante. Il cane non fu trovato, si presume che sia scappato”. «Un lupo…» mormorai. Sapevo che vivessero in quella foresta, ma non si erano mai spinti così all’esterno. Forse si era perso. Arianna Nable… Andava al liceo con me. Non le avevo mai rivolto la parola, ma essendo una scuola con pochi studenti conoscevo po’ tutti i nomi degli alunni. Anna finalmente si svegliò e dopo aver fatto colazione si mise al computer. Io invece uscii a finire i compiti. Arrivai all’ultimo problema di matematica e non lo capivo. Avrei dovuto calcolare quante persone, in media, si dirigevano al campo da calcio del paese in una settimana. Questo compito fu contestato parecchio dai miei compagni, ma io lo trovai divertente. Come avevo fatto a pensarlo, non lo capivo. Di scatto alzai la testa, come se sentii all’improvviso una presenza. Infatti c’era il mio nuovo vicino di casa, appoggiato con la spalla e le braccia incrociate alla colonna di legno che reggeva la veranda. In un secondo scattai in piedi e mi appoggiai al muro. Che cosa voleva ancora? Si sarebbe messo ad accusarmi? Rimasi a fissarlo, aspettando una sua mossa. Mi chiesi con cosa potevo difendermi se aveva cattive intenzioni. C’era la penna sulla tavola! No, una penna non poteva fare nulla, ma nell’astuccio avevo un taglierino! Sperai solo di avere il tempo necessario per poterlo prendere. «Devi cercare quante partite fanno alla settimana in quel campo, e poi quanti allenamenti ci sono. Infine sommare il numero dei giocatori. Compresi gli allenatori, gli arbitri e altri possibili visitatori. La risposta dovrebbe essere centotré». Rimasi allibita, mi risolse il problema! Prima che potessi dire qualcosa mi precedette. «Devo farti le mie scuse» cominciò rispettosamente «ti scambiai con un’altra ragazza. La mia ex». Allora c’era stato un malinteso, ma volevo saperne di più. «Spiegati!» «Non ha importanza. Perdonami e basta» disse voltandosi tornando a casa, ma io volevo delle spiegazioni e lo seguii. «Voglio che mi spieghi!» «Dimentica ciò che ti ho detto» «Non ci penso nemmeno!» alzai la voce, cominciavo a stancarmi. Ormai eravamo davanti a casa sua e lui si fermò un attimo. Mi guardò e la sua bellezza mi fece confondere per un attimo. «Lascia stare, o te ne pentirai» fece serio, quasi cupo. Poi entrò senza chiudere la porta. Il messaggio che lanciò era forte e chiaro: se vuoi sapere, entra, ma non ti piacerà. Ed io come potevo rifiutare una sfida simile? Con un respiro profondo entrai. «Permesso…» mormorai. Era come se il coraggio di poco fa si fosse dileguato. A terra c’era un tappeto bellissimo, rosso e morbido. Aveva per lo più mobili antichi. Chissà quanto costavano. A rompere il filo dei miei pensieri fu il giovane che disse: «Allora vuoi sapere, eh?». Io annuii. «Seguimi» fece semplicemente. Mi portò in cucina. C’era un bellissimo tavolo rotondo e nero di marmo, liscio e lucido. I mobili, lì, erano moderni e puliti, come se nessuno li avesse mai toccati. Mi fece segno di sedermi ed io lo feci. «Hai sete?» chiese «O… fame? Non so, vuoi qualcosa?» «No, grazie» «Beh, io si» disse estraendo una caraffa di cristallo dal frigo e l’appoggiò sul tavolo. Conteneva un liquido rosso. Succo? Vino? Poi prese un calice, sempre di cristallo. Sicuramente aveva molti soldi, perché tutte quelle cose parevano costare. Infine si sedette davanti a me. «Con chi mi hai confuso l’altro giorno?» chiesi titubante. «Con la mia ex. Ti assomiglia davvero tanto, se non fosse per i capelli. Mi segue sempre, in ogni parte che mi muovo, e la cosa comincia a stancarmi» fece una breve pausa, terminando poi tetramente «vuole una cosa che io ho». I soldi, pensai. «Allora, tu viaggi spesso?» in quel momento non mi parve più così pericoloso. «Si» «Per lavoro?» sperai che nelle prossime risposte fosse più loquace. «No». Ecco, come temevo. «Allora per cosa?» «Sto cercando una persona». Mi passò la voglia di chiedere in continuazione le cose. Se voleva parlare, l’avrebbe fatto da se. In silenzio versò la bevanda sul calice, e in un attimo potevo sentire il suo odore. Ferroso. Mi dissi che sbagliavo, ma quel liquido si arrampicava pigro sulle pareti ed era denso. No. Non mi stavo sbagliando. Era sangue! Sebbene cercassi di non mostrarmi sorpresa, inorridita e terrorizzata lui aveva capito che in me qualcosa non andava. «Ti vedo strana» fece. Lo sapeva! Sapeva cosa stavo pensando! «No, affatto» lottavo in tutti i modi per non mostrare la mia inquietudine, ma evidentemente non ce la stavo facendo. Perché proprio in quel momento mi riusciva male? Lentamente portò alle labbra il bicchiere e potevo vedere i suoi occhi cambiare lentamente colore. Da verde, a rosso. Cominciai non più a chiedermi chi era, ma che cosa era! Avevo paura, e tanta! Non sapevo cosa avrei dovuto fare, cosa avrei dovuto dire. Anzi, non volevo dire o fare nulla, sicuramente non avrei tenuto a freno le mie emozioni. «Sai, è raro che qualcuno entri in casa mia, e tanto meno chi lo fa esce nello stesso stato di com’è entrato» giocherellava con il contenuto del bicchiere, assaporando il puzzo del sangue. Ma chi avevo davanti? E cosa voleva farne di me? «Che cosa intendi dire?» ero sicura che nulla, nel mio atteggiamento, suggerisse altro che calma e indifferenza. «Come avrai già capito, io non sono come te» «E allora… cosa sei?» temevo la risposta, volevo correre fuori da quella casa ma le mie gambe erano immobilizzate. «Prova a pensarci» fece con voce armoniosa. Si divertiva nel vedermi impaurita, non ne avevo dubbi! «Bevo sangue… i miei occhi cambiano colore e… esco sempre di notte». Come faceva a saperlo che l’avevo visto?? Era impossibile! «Avanti, rispondi» mi guardava come un cane fissa un prosciutto. Mi guardava come fossi del cibo! Cominciai a ordinare le idee. Uscire di notte, bere sangue… Una parola fece capolino tra le altre. No! Non era possibile! Erano solo miti, leggende, creature dei libri e dei film! Rifiutavo la cosa perché quel ragazzo mi stava mentendo, non poteva essere altrimenti! «Esatto, l’hai capito» disse facendomi sussultare. «No… non… è possibile!» balbettai. «Ah no?» sorrise quasi crudelmente «non è possibile?» mi mostrò i denti ancora un po’ sporchi di sangue, con la prova che affermava i miei timori. Aveva due canini allungati e affilati. Sgranai gli occhi, non lo potevo più negare. Era vero, era un vampiro! Scattai in piedi facendo cadere la sedia. Lui beveva sangue, e da dove se lo procurava? Dalle persone, da noi umani. E fino a prova contraria io lo ero! Corsi nell’altra stanza, sperando di poter uscire, di potermi salvare. Ma all’entrata c’era lui, in piedi, che mi fissava serio. Come aveva fatto? Mi voltai verso la cucina e la sua sedia era vuota. «Come hai…» dissi con un filo di voce. «Diciamo che sono molto veloce» fece piano. Non avevo scampo, ero la sua preda, aveva puntato me! Cominciai a tremare, ormai era inutile scappare. «Fa in fretta, non farmi sentire dolore» mormorai serrando gli occhi, immaginando l’avvenire.
  
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