Dunque, dove eravamo
rimasti? A New York Blaine e Kurt continuano ad innamorarsi l'uno
dell'altro mentre la famiglia Anderson si ritrova. Amy compra il primo
regalo a suo figlio: due biglietti per una serata speciale che
comprende, tra le altre cose, la cena su un tetto che dovrà
essere preparato per l'occasione. Desmond invita la sua famiglia ad una
serata elegante nella quale presenterà il suo progetto ad
una folta platea di soci, finanziatori, amici: si terrà a
Wall Street, in un'atmosfera da sogno e Kurt già trema, ma
non ha tempo di disperarsi perché Amy ha bisogno di un abito
e di qualcuno che la accompagni nel gotha della moda per trovarlo.
Anche Kurt e Blaine hanno bisogno di un abito, ma il primo non vuole
accettarne uno in regalo dagli Anderson, e il secondo non è
tanto preoccupato di cosa indosseranno per l'occasione, ma di quando
potrà finalmente sfilarne via ogni strato ad entrambi. Prima
di lasciare Lima, Burt aveva rassicurato Kurt sul fatto che fosse
inevitabile legarsi alla famiglia di Blaine, compresa sua madre,
perché ne faceva già parte benché non
lo sapesse ancora, ma quella paura è ancora lì,
senza nome, ad agitarlo dentro. Una sera Amy mostra alla sua
famiglia il video del secondo compleanno del piccolo Blainey e gli
restituisce qualcosa che aspettava dolorosamente da sempre: il suo
papà.
And that's what you missed on Obviously.
ù.ù
Ciao a
chiunque abbia ancora la pazienza di seguire le vicende di questa
storia, c'è voluto
un tempo infinito per dare a questo capitolo tutte le sfumature dei
sentimenti e dell'umanità che c'è dentro, gli ho
dedicato mesi e cure che non saprei neppure quantificare
perché ogni parola si incastrasse perfettamente e riuscissi
così a mettervi in mano il cuore dei personaggi senza
ferirli per la mia mediocrità. Poi ho finalmente realizzato
che semplicemente non ne sono capace e per quanto mi possa
sfinire per revisionarlo, non sarò mai soddisfatta del
risultato, perciò non ho potuto fare altro che accettarlo e
rassegnarmi, ed eccomi qui.
Visto che ciò
che state per leggere è l'equivalente
di 10 capitoli di una fanfiction normale scritta da persone dotate di
un minimo di senso della misura e buon senso, cosa che evidentemente io
non ho, ma questo voi lo sapete già, prendetevi tutto il
tempo che vi serve per leggerlo: niente abbuffate perché
l'ultima cosa che vorrei è farvi venire la nausea.
Ho già pensato io a dividerlo in parti e vi prego di
leggerle singolarmente - vi scongiuro, datemi retta - così
io mi sentirò meno in colpa e, se ci volesse un mesetto per
arrivare fino in fondo all'ultima nota, anche tutto questo tempo di
attesa avrebbe senso.
Parte I --> sottotitolo:
"Sleeping
Beauty"
-
Trama & Personaggi: pretotentemente Klaine;
risvegli; fiabe; paura; Desmihan; rosso & grigio? Un
abbinamento perfetto.
Parte II -->
sottotitolo:
"Punto
G"
- Trama &
Personaggi: W le dannate borchie; regali graditi parte1; shopping time;
Blaine night; porcellane da fiaba
Parte
III --> sottotitolo:
"Del
perché sarò sempre una Klainer" - Trama &
Personaggi:
Klaine; regali graditi parte2; Klaine; pranzo tra amici; Klaine; Klaine
e l'omino del sapone; Klaine e l'ottavo nano; Klaine.
Parte IV --> sottotitolo:
"La
città di Smeraldo"
-
Trama & Personaggi: un bouquet bianchissimo; l'uomo
per-fet-to; alpha female & alpha male = danger; May I have this
dance?; "Mamma".
Consigli per la lettura e indicazioni varie, li troverete nel Lima Bean virtuale, insieme a bevande e dolcetti di conforto per lenire gli effetti traumatici della lettura: pentesileask.tumblr.com
Un'ultima
riga - o forse più conoscendomi - solo per dire GRAZIE a chi mi
è stato vicino in questi mesi, alla mia Michela, a chi non
stesse passando un buon momento. Un GRAZIE
speciale a chi ha
recensito questa storia perché forse non ve lo
dico abbastanza e, visto il ritardo nelle mie risposte, forse potrebbe
non essere chiaro quanto vi sia grata e quanto siate fondamentali per
me e per questa storia, dunque ve lo ribadisco: grazie, senza di voi io
non sarei qui ora e non avrei il coraggio di pubblicare capitoli come
questo. Le risposte non ve le scampate comunque, figuriamoci se
rinuncio a molestarvi di parole al nostro Lima Bean?
ù.ù Stay
tuned! (♥♥♥)
Un bacione e Grazie
anche a chi ha letto e gradito il mio regalino di Natale facendone uno
a me con commenti e apprezzamenti dolcissimi. Tanto, tanto amore per
voi.
Annalisa,
questo capitolo è per te.
Buona lettura e courage!
Nota
per R.
Murphy, la Fox o chi per loro: io
non possiedo Glee,
né le sue storylines, né
Kurt
né Blaine ma io ho la Desmihan ♥, la Rambosky, la Murphyan
ù.ù, la Finpaya
(?), la Huddinn
(*-*), la mai dimenticata O'Colfer
(ç___ç), Skytana
(...), la Klainence
(*-*),
e, se permetti, anche una piccolissima quota della Klaine,
quella che tu ti sei perso per strada: me ne approprio per usucapione.
ù.ù
*** Cap. 28. I wish... our City dreams ***
A volte un
abbraccio, quando il respiro e il battito del
cuore diventano tutt’uno,
fissa quell’istante magico nell’eterno.
Altre volte ancora un abbraccio, se silenzioso, fa vibrare
l’anima
e rivela ciò che ancora non si sa o si ha paura di
sapere.
Ma il più delle volte un abbraccio è
staccare un pezzettino di sé per donarlo all’altro
affinché possa continuare il proprio
cammino meno solo.
(Pablo Neruda)
Blaine si svegliò alle prime luci dell’alba
assediato dal
profumo inebriante di Kurt che dormiva sereno tra le sue braccia.
Sapeva che suo padre si sarebbe alzato presto in vista della partenza
per Boston, perciò avrebbe dovuto raggiungere prima
possibile il
divano per ricreare l’illusione pudica di aver dormito
lì
da solo per tutta la notte, ma volle prendersi qualche istante per
saziarsi di quel profumo e della bellezza pura e vulnerabile del suo
amore addormentato.
Si sollevò su un gomito per garantire una migliore
prospettiva
ai suoi occhi che scivolarono lenti sul corpo caldo di Kurt, sulla sua
pelle inumidita dalla calura notturna, sull’espressione
tenera
del suo viso, sul percorso invitante dei muscoli della sua schiena,
sulle lunghe gambe flessuose aggrovigliate alle lenzuola. Lo sguardo di
Blaine si aggrappò ad ogni curva lottando contro il bisogno
incalzante di sentirne la morbidezza con le dita, misurarne il calore
con le labbra, e poi baciarlo, segnarlo, assaggiarlo.
Prima però di cedere al desiderio che gli riscaldava il
sangue e molestare
in modo moralmente discutibile il suo ignaro ragazzo, Blaine si
convinse a lasciare il tepore morbido del loro
letto e alzarsi.
Con tutta la delicatezza di cui era capace, si
chinò dunque
su
Kurt per lasciargli un bacio impercettibile tra i capelli, poi
scostò con attenzione le lenzuola e, senza mai distogliere
lo
sguardo dall’oggetto dei suoi desideri, tentò di
sgusciare
fuori dal letto.
«No, non andare» piagnucolò rauco Kurt
bloccandolo
«Scusami, ti ho svegliato» sussurrò
Blaine
sorridendo nel vederlo lanciare una mano alla cieca dietro di
sé
per tentare di afferrarlo e riportarlo al posto che gli spettava di
diritto: accanto a lui, disteso sulla sua schiena.
«No, non mi hai svegliato» gli assicurò
senza aprire gli occhi soffocando uno sbadiglio sul cuscino
«A me pare di sì» mormorò
Blaine stendendosi di nuovo dietro di lui
«No, dormo ancora - ribatté Kurt mugolando
soddisfatto
quando Blaine lo avvolse nuovamente tra le sue braccia - Ma se proprio
ci tieni a svegliarmi, dovrai ricorrere ai metodi
tradizionali»
sorrise malizioso girandosi leggermente e accoccolandosi sul suo petto
«Cioè?» domandò Blaine
perplesso.
Kurt riuscì a roteare gli occhi pur tenendoli ostinatamente
chiusi e sbuffò contrariato «Certo che se fosse
dipeso
dalla tua perspicacia, Biancaneve e la Bella Addormentata sarebbero
ancora lì nel bosco a russare» lo prese in giro
«Oh - capì finalmente Blaine - il metodo
tradizionale…» sussurrò divertito sulla
sua bocca
godendosi per qualche istante il desiderio inquieto di Kurt nascergli
sulle labbra non appena sentì il respiro caldo di Blaine
fondersi nel suo
«Sì» soffiò affannato
schiudendo le labbra in attesa di essere riempite.
Blaine respirò quel sospiro prima di sollevargli
delicatamente
il mento e restituirglielo baciandolo d’amore vero e impeto
come
s’addice a chi avesse atteso cent’anni il suo
principe che
iniziò a svegliarsi nella sua bocca.
Kurt non era sicuro di aver mai letto che la Bella addormentata a
questo punto si fosse stretta alla schiena del principe per tenerlo
dentro la sua bocca finché fosse stata certa di essere
sveglia,
né che avesse risposto al bacio con inusuale furore per una
che
avesse dormito per un secolo intero, e neppure che il risveglio si
fosse diffuso ovunque accompagnato da mugolii affannati di piacere, ma
decise che in certi casi e con certi principi particolarmente caldi,
una licenza sulla trama ufficiale fosse assolutamente necessaria.
Blaine d’altra parte sembrava apprezzare lo slancio del suo
Sleeping Beauty e sorrise sulle sue labbra prima di assaltare
nuovamente la sua bocca, gustandola e vezzeggiandola finché
non
fu abbastanza certo che si fosse svegliato.
Orfano delle labbra di Blaine, Kurt attese qualche istante prima di
aprire gli occhi su di lui e illuminare il suo buongiorno con il
più appagato dei suoi sorrisi.
«Quindi il nostro è vero amore» dedusse
Blaine accarezzando quel sorriso con le sue labbra
«Non lo so, forse» tentò di fare il
sostenuto Kurt
«Beh, ti sei svegliato - gli fece notare soddisfatto - e solo
il
bacio del vero amore può svegliare il principe»
«Ma io non sono sveglio» contestò
petulante
«A me sembri molto sveglio» considerò
Blaine dando
una rapida occhiata a certe parti del corpo di Kurt che tradivano in
modo inequivocabile e imbarazzante gli effetti di quel bacio e dello
stretto contatto tra loro
«Ti sbagli - replicò arrossendo miseramente - in
realtà sono ancora mezzo addormentato»
mugugnò
«E esattamente quale metà dorme ancora?»
ribatté seducente Blaine accorciando ulteriormente le
distanze
finché non fu su di lui sostenendosi sui gomiti
«Non saprei…» annaspò con un
sorrisetto diabolico mentre lo accoglieva tra le sue gambe
«Allora immagino che dovrei baciarti ovunque per essere
sicuro di
risvegliare ogni angolo» suppose Blaine accettando quella
tacita
sfida e lasciando correre i suoi occhi affamati sul corpo sotto di lui
che rabbrividì prima di scuotersi in una risata adorabile.
«Che c’è?» domandò
Blaine disorientato scrutando nell’azzurro scintillante dei
suoi occhi
«Niente - continuò a ridacchiare Kurt -
È che sono
abbastanza sicuro che non ci sia niente del genere nelle pagine dei
fratelli Grimm».
Blaine sorrise ma non si perse d’animo «Questo
perché non hanno mai raccontato cosa facevano da soli nel
bosco
il principe e il guardiacaccia mentre Biancaneve dormiva».
Kurt rise divertito ma lo sguardo di Blaine che sfrecciava intenso e
appassionato dalle sue labbra ai suoi occhi, sfumò presto
quella
risata in un respiro mozzato e in una tensione infuocata che si
riversò nel suo sangue.
«E… cosa facevano?» domandò
senza fiato mordendosi un labbro
Blaine gli sorrise per più di qualche istante prima di
sfiorargli la fronte con le labbra e iniziare a raccontare la sua fiaba.
«Erano nel bosco da diverso tempo in cerca di fanciulle da
salvare, o almeno questa era la versione ufficiale per la corte che non
avrebbe capito il loro amore segreto, negato, sbagliato: eppure quando
calava la notte sulla loro piccola tenda e il silenzio avvolgeva i loro
corpi stremati e ansimanti, ancora fusi uno nell’altro, erano
sicuri che non ci fosse niente di sbagliato in ciò che
provavano
e l’universo intero sembrava d’accordo»
mormorò tra i baci.
«Adoro le tue fiabe» sospirò sedotto
Kurt
socchiudendo gli occhi per godere della sensazione delle labbra umide
di Blaine sul suo viso.
«Al mattino però quella dolce e pura
verità
svaniva, ferita dalle luci delle convenzioni e dagli occhi feroci del
mondo - continuò Blaine - Ma prima di lasciare la loro
piccola
tenda il fedele guardiacaccia si assicurava che il suo principe fosse
sveglio. Ovunque» specificò soffermandosi appena
sulla sua
bocca e baciandone il contorno prima di proseguire oltre lungo il
profilo della sua mascella.
«Mi piace questo guardiacaccia» sussurrò
affannato Kurt
«Non quanto al guardiacaccia piaceva il suo principe - lo
corresse Blaine mentre disegnava con la punta delle dita la curva del
suo collo - Soprattutto quando smetteva di raccontare fiabe e posava la
bocca su di lui per sentirlo svegliarsi sotto le sue
labbra...»
mormorò prima di affondare il viso nella sua pelle candida e
sorridere nel sentirla incresparsi di piacere al suo passaggio.
«B..Blaine» ansimò Kurt mentre la bocca
di Blaine si
muoveva su di lui approdando su ogni angolo della sua pelle,
accogliendola tra le sue labbra e assaporandone il gusto pieno e
naturale e trovandola, senza sorpresa, ancora più deliziosa
di
quanto ricordasse
«Mmhh?» mugolò in risposta senza
staccarsi dalla sua
pelle mentre scendeva avido lungo la cavità arsa del suo
ventre
costringendo Kurt ad inarcarsi e così sfiorarlo con la sua
intimità che Blaine sentì crescere sotto di
sé e
l’attrito divampò nelle vene di entrambi.
«B…Blaine!» sussultò senza
voce quando Blaine
si fece spazio tra le sue gambe e insinuò le dita sotto il
bordo
della cintura del pigiama
«Ovunque, mio principe» gli
ricordò
Blaine in poco più che un soffio caldo sollevandosi appena
dalla
sua pelle e curvando le labbra in un sorriso implorante mentre
osservava affamato il desiderio di Kurt diventare più
urgente
tra le sue cosce.
Kurt tremò sotto di lui e lo fissò con gli occhi
spalancati, scossi da una luce di timida insicurezza e insieme di
pulsante bisogno che solcarono il cuore di Blaine facendolo sbattere
con forza contro il suo torace, incapace di contenere quel sentimento
che era nato proprio lì, in quegli occhi tersi colore del
cielo
che ora lo accarezzavano fiduciosi e vulnerabili.
«Ti amo» traboccò tremolante
dalle
labbra di Blaine e
quando la mano di Kurt raggiunse il suo viso intrecciandosi ai suoi
capelli per guidarlo su di sé, gli sorrise grato sfilando
via
l’ultima barriera di tessuto senza mai lasciare i suoi occhi.
Kurt avrebbe voluto dire qualcosa per significargli quanto anche lui lo
amasse, nel caso ancora avesse dubbi, ma ogni suono e parola gli
morì in gola nell’attimo in cui le labbra di
Blaine
cinsero la sua eccitazione, esitanti e delicate, per poi prendere
coraggio e percorrerne la lunghezza in una lenta e agonizzante carezza
prima di accoglierla nella profondità umida della sua bocca.
Non era la prima volta che la bocca di Blaine si prendeva cura di lui
in quel modo, ma Kurt non riusciva ancora pienamente a capacitarsi che
stesse accadendo proprio a lui e soprattutto che fosse così
diverso da come erroneamente aveva classificato quel genere di
pratiche. Ma allora non sapeva niente del sesso e ancor meno
dell’amore, quello vero, quello che si erano detti
l’un
l’altro in ogni gesto, in ogni sguardo, in ogni respiro
condiviso, e che ora sentiva nitido nelle dita di Blaine che si
intrecciavano alle sue e lo accarezzavano rassicuranti mentre affondava
lento sulla sua intimità.
Blaine si muoveva deciso intorno a lui dosando dolcezza e fervore,
assicurandosi che ogni gesto gli fosse gradito e, a giudicare dal modo
in cui Kurt si contorceva sotto di lui, non vi erano dubbi che
appressasse ciò che faceva per lui e che fosse stata una
buona
idea mettere a buon frutto le recenti letture di certi opuscoli.
Kurt iniziò a dubitare di riuscire a rimandare oltre
l’inevitabile conclusione di quel paradiso infernale: sentiva
lo
stomaco in fiamme, le gambe tremare e il senno abbandonarlo ad ogni
tocco delle labbra di Blaine su di sé. Artigliò
le
lenzuola sotto di lui e soffocò disperato
l’incalzare
più sonoro dei gemiti mentre il piacere bruciava il suo
corpo e
il culmine lo travolgeva come forse non aveva mai fatto prima.
Blaine accompagnò ogni sussulto del piacere di Kurt che
implose
tra le sue labbra prima di lasciarsi cadere sul suo grembo e
riprendervi fiato mentre baciava pigramente la pelle tesa e umida sotto
di lui.
Kurt era certo che il suo corpo si fosse sciolto in una gelatina
informe, il cuore gli pulsava ancora martellante nelle tempie e il
sorriso stupendamente soddisfatto sul suo volto cresceva ancora insieme
al rossore che strisciava sulla sua pelle.
Rabbrividì nel sentire il dolce peso della testa di Blaine
affondare sul suo ventre, le sue labbra schiudersi di nuovo su di lui e
l’affanno del suo respiro caldo svelare la condivisione dello
stesso desiderio.
«Ora sei sveglio?» spezzò il silenzio
Blaine con un sussurro mentre risaliva sul suo corpo.
Kurt ridacchiò ignorando l’imbarazzo svelato dal
colore
della sua pelle e quello di Blaine che risplendeva goffo nei suoi occhi
d’ambra e lo rendeva ancora più bello ai suoi
occhi, da
tempo perdutamente invaghiti. Intenerito si sporse su di lui
e lo
baciò sulla fronte dopo aver scostato premuroso i ricci
umidi.
«Sì - rispose poi - Ovunque,
Lord guardiacaccia» gli sospirò sulle labbra
cingendolo tra le sue braccia
«Lord?»
«Il tuo principe ti ha appena promosso sul campo -
bisbigliò Kurt - Ma eviterei di raccontare a suo padre, il
re,
come ti sei guadagnato il titolo» rabbrividì e
scacciò subito l’immagine dalla sua mente.
Blaine sorrise e si rifugiò in quell’abbraccio
caldo e
confortevole, patendo tuttavia il tocco delle labbra di Kurt sulla
pelle esposta del suo collo e la dolcezza vellutata delle sue mani
agili lungo la schiena. Si sforzò tuttavia di ignorare il
desiderio incalzante che urlava di essere soddisfatto, preferendo
lasciarsi coccolare ancora un po’ prima di alzarsi, ma quando
Kurt invertì delicatamente le posizioni e fece scivolare la
mano
tra i suoi fianchi, iniziò a dubitare di riuscire nel suo
intento.
«Che fai?» balbettò benché
fosse ovvio
Kurt arrossì e sollevò la mano incerto prima di
riprendere coraggio e raccontargli con un sorrisetto eloquente le sue
intenzioni «Tutto quello che vuoi»
«C..come?» soffocò Blaine
«Dimmi cosa vuoi, Blaine, e io lo farò»
si
spiegò meglio Kurt e la crepa nella sua voce nascondeva quel
sottinteso «ammesso che sappia farlo»
racchiuso in una maldestra apnea che fece sfarfallare lo stomaco del
ragazzo che amava.
«No - sorrise Blaine strofinando il naso sul suo - non
c’è bisogno»
«A me pare di sì» gli fece notare Kurt
lanciando una
rapida occhiata verso il basso mentre la sua mano indugiava possessiva
sulla curva dei suoi fianchi.
Blaine sorrise goffamente e intrecciò le dita a quelle di
Kurt
portandosi la mano sul petto «È già
tardi, devo
alzarmi - sussurrò - E poi le coccole della mattina sono
tutte
solo per il principe»
«Non mi sembra giust..» brontolò Kurt,
ma
Blaine lo
interruppe baciandogli via dalla bocca ogni residua protesta.
«Aspetta di sapere cosa vuole in cambio il guardiacaccia per
decidere cosa sia “giusto”» lo
avvisò nel
bacio con un sorrisetto malvagio
«Cosa vuole?» gli soffiò sulle labbra
«Tutte le tue notti» rispose deciso
«Le nostre notti» lo corresse
rabbrividendo
«Le nostre» ripeté Blaine
accarezzandogli le labbra prima di riprendere a baciarlo.
Blaine era pienamente consapevole che baciare Kurt condividendo il suo
gusto salato nell’intimità della sua bocca, non
fosse
certo il modo migliore per tenere a bada la voglia di lui costretta nel
tessuto ormai umido dei suoi pantaloni, ma in quel momento la
ragionevolezza non era un’opzione possibile: non quando il
suo
sangue tutto confluiva impetuoso tra le sue gambe, non quando le sue
anche si sollevavano bisognose senza controllo per trovare conforto nel
tocco del suo amante, non quando Kurt assecondava i suoi movimenti
scivolando lento su di lui.
«V..vuoi che mi fermi?» esitò Kurt
«No» ansimò Blaine ed era la risposta
giusta a
giudicare dal sorriso sul volto di Kurt che si fece più
audace
offrendogli la sua mano perché gli desse piacere e ancora la
sua
bocca perché vi impazzisse dentro.
Non ci volle molto perché il piacere di Blaine deflagrasse
tra
le dita di Kurt mentre gli soffiava dentro il suo nome con
l’intensità di una preghiera potente e disperata.
Kurt si
sentiva parte dello stesso vortice di passione scomposta: gli tremava
sulle labbra bruciandolo dentro e fluì tra le sue ciglia
mentre
gli sussurrava di amarlo finché ebbe fiato, poi
crollò al
suo fianco e si lasciò abbracciare.
Non ci fu bisogno di sottolinearlo a parole, ma era piuttosto chiaro ad
entrambi che quel principe azzurro e quel guardiacaccia zelante
avrebbero avuto sì le loro notti, ma di certo anche le loro
mattine, e presto avrebbero concordato l’uno tra le braccia
dell’altro che sarebbe stato folle negare loro anche dei
caldi
pomeriggi e delle serate d’incantevole febbre.
«Ora sarà meglio che vada a fare la
doccia»
considerò rauco Blaine guardando il pasticcio tra loro con
aria
colpevole
«Vengo con te» si propose subito Kurt.
«Non credo sia una buona idea - gli sorrise Blaine - Ci sono
prove evidenti ovunque qui che non so resisterti quando sei
così
vicino e così nudo» ammise mentre lo ripuliva
delicatamente
«Posso indossare qualcosa» provò ad
insistere Kurt
come se coprirsi servisse davvero a renderlo meno irresistibile ai suoi
occhi
«E cosa ti fa pensare che faccia differenza?» lo
contraddisse infatti prontamente Blaine assaporando tra le labbra il
suo sorriso imbarazzato.
«È ancora presto, perché non ti
riaddormenti?» suggerì premuroso dopo un ultimo
bacio leggero
«Perché invece tu non vai a fare la doccia e io mi
occupo
della colazione? - rilanciò Kurt - In realtà mi
sento
piuttosto sveglio» ridacchiò
«Pensavo di prepararla io prima che papà
parta»
rispose Blaine e lo sguardo di Kurt si addolcì tutto ad un
tratto.
«Che c’è?»
«Niente, è che è la prima volta che ti
sento
chiamare tuo padre “papà”»
chiarì Kurt
con una nota spiccata d’orgoglio spolverata
d’affetto in
purezza.
«Ancora non mi sembra vero» sussurrò
Blaine
ripensando alla sera precedente e Kurt gli sorrise cercando la sua mano
e stringendola nella sua
«Tu non sembri molto sorpreso invece»
seguitò posando la testa sulla sua spalla
«Di scoprire che tuo padre ti ha sempre voluto un gran
bene?» gli sussurrò tra i capelli e
sebbene non
fosse una vera domanda, Blaine annuì sollevando lo sguardo
su di
lui
«No, in effetti era abbastanza evidente»
confermò
Kurt innamorandosi ancora una volta della tenera incredulità
che
gli splendeva negli occhi al pensiero di essere amato
«Ma io non sono molto obiettivo -
precisò poi con un
sorriso impacciato - mi sembra impossibile che esista qualcuno che non
te ne voglia» confessò accarezzandogli il viso e
un attimo
dopo le labbra di Blaine erano nuovamente sulle sue per esprimergli il
suo “grazie” nel modo più appropriato.
«Vai a fare quella doccia, ragazzone, perché
neppure io ho
molta resistenza quando sei così vicino»
biascicò
Kurt staccandosi con fatica dalla sua bocca.
Blaine ridacchiò e seguì il suo consiglio
«A dopo» mormorò con un ultimo tocco di
labbra
«A dopo - ripeté Kurt accompagnandolo con lo
sguardo
finché non sparì oltre la porta del bagno - E
buongiorno» sussurrò più a se stesso
lasciandosi
cadere sul letto e chiudendo gli occhi per custodire dentro di
sé ogni screziatura della straordinaria certezza di essere felice.
Desmond
fu il primo a risvegliarsi, anche se non era neppure sicuro
d’aver dormito se non per brevi attimi in quella notte
d’inferno.
Amy era ancora rannicchiata sul lato opposto del letto e quella
distanza serrò la gola di Desmond nella morsa
d’angoscia e
paura che l’aveva tormentato per tutta la notte.
Si sporse sul comodino per disattivare l’allarme della
sveglia,
poi si voltò di nuovo verso di lei e ripensò a
quanto
accaduto la sera prima.
Era sotto la doccia quando Amy aveva raggiunto la loro camera e quando
lui era uscito dal bagno, lei era già raggomitolata sul
bordo
del letto, immobile, in silenzio. Non aveva sollevato lo sguardo dal
pavimento sotto di lei neppure per un istante.
Desmond era scivolato sotto le lenzuola, si era steso al suo fianco e
avvicinandosi le aveva sussurrato il più dolce dei
«Grazie».
Amy non aveva risposto.
Aveva continuato invece a stringersi alle lenzuola fresche,
avviluppandosi in un bozzolo sempre più stretto.
«Grazie» aveva ripetuto
Desmond tra i suoi capelli
sporgendosi su di lei per sfiorarle il viso con le labbra, ma Amy
sussultò sfuggendo al suo tocco con il respiro stroncato da
quella paura familiare che fece gelare il sangue di suo marito.
Quando finalmente aveva sollevato lo sguardo su di lui, tremava,
trincerata nel suo lenzuolo, e anche Desmond smise di respirare.
Consapevole del baratro che quel rifiuto aveva aperto nel cuore
dell’uomo che amava, Amy si era però affrettata a
scusarsi
con lui con quel suono lieve che era stata la sua voce per troppi anni
e che Desmond aveva sperato davvero di non sentire mai più.
«Che c’è?»
le aveva chiesto
sforzandosi di sembrare calmo benché fosse difficile
ignorare
l’urlo di frustrazione e rabbia che gli intossicava le vene
«Non l’avevo capito»
gli aveva risposto
«Cosa?»
«Che tu sapessi come mi sentivo vedendoti con
Blaine».
Neppure Desmond aveva capito quanto fosse stato orribile per sua moglie
ricordare di aver provato quel genere di sentimento innaturale, averne
conferma rileggendolo nei suoi quaderni e infine scoprire con ancora
più dolore che l’uomo che amava l’avesse
sempre
saputo. Non l’aveva capito finché lei non glielo
raccontò, esponendogli il suo inferno di madre sbagliata,
distorta, arida, come fino ad allora non era riuscita a fare.
Desmond la ascoltò senza osare toccarla: era già
fin
troppo vulnerabile perché potesse rischiare di ferirla oltre.
«Come hai potuto perdonarmi?»
le era infine annegato nel cuore con un singhiozzo strozzato
«E tu?» era stata
l’unica risposta possibile
per Desmond prima di iniziare a sua volta a svuotarsi delle colpe che
lo corrodevano dentro: gli erano risalite su per la gola con una
facilità che lo sorprese, esattamente come gli tolse il
fiato la
tenerezza con cui la sua Amihan si curò di dissiparle una
per
una.
Per anni era stato convinto di aver rovinato la vita della
diciasettenne di cui si era innamorato a Capodanno, incantevole e
determinata, che aveva già disegnato il suo destino con
tratti
piuttosto nitidi: recitare a Broadway, nessun matrimonio a mettere
sotto contratto il suo cuore, o figli che rischiassero di far affiorare
le sue fragilità. Desmond era stato così
impegnato a
tormentarsi per questo, da non accorgersi che quella diciasettenne
aveva iniziato a capire cosa desiderasse davvero dalla vita solo dopo
averlo incontrato e che lei avesse scelto
liberamente di salutare Broadway, lei avesse
deciso di sposarlo, lei avesse stabilito che era
giunto il momento di mettere al mondo il loro Blaine.
«Ho sempre scelto io della mia vita, Desmond»
gli aveva ripetuto ancora una volta perché gli si imprimesse
per bene nella testa
«“Chi ti ama davvero, ti lascia sempre
libero di scegliere”, ricordi?- aveva aggiunto
poi citando un pezzo della loro storia insieme - Ed
è anche per questo che l’unica cosa di cui non ho
mai
dubitato nella mia vita, è che tu mi amassi
davvero».
Non c’era stata alcuna esitazione nella sua voce
né nel
suo sguardo che era rimasto ancorato agli occhi verdissimi di Desmond
finché lui non le aveva sorriso, sopraffatto da
un’insperata
sensazione di sollievo profondo.
«È meglio se ora dormi - gli
aveva sussurrato Amy qualche istante dopo - devi alzarti
presto domani» aveva aggiunto sorridendogli
amorevole prima di allungare la mano e spegnere la luce.
«Sei sicura di stare bene?»
«Starò bene - aveva promesso
soprattutto a se stessa - Buonanotte»
aveva sospirato rannicchiandosi nuovamente nel suo bozzolo.
«Buonanotte» era stata
l’ultima cosa che
le aveva sussurrato prima di lasciare che buio e silenzio
accompagnassero i loro primi respiri liberi dopo anni di apnea.
Il fruscio delle lenzuola lo riscosse dai suoi pensieri.
«Sei sveglia?» bisbigliò esitante
Amy si girò verso di lui e gli sorrise: era
un’ottima risposta.
«Come stai?» chiese sorridendole a sua volta
«Meglio» sospirò, ed era vero
«Hai dormito?» si preoccupò ancora
Desmond
«Non molto, tu?»
«Quasi per niente» ammise abbassando lo sguardo
«Mi dispiace» si rammaricò Amy
«Non devi dispiac..»
«Sì invece - lo interruppe - Mi dispiace tanto di
averti
fatto preoccupare, ma voglio che ora mi ascolti bene,
Desmond».
Sembrava determinata e la voce sosteneva nel tono la sua ritrovata
fermezza.
«Tu mi conosci meglio di chiunque altro e sai che non faccio
mai
lo stesso errore due volte, soprattutto se quell’errore mi ha
strappato via me stessa e le persone che più amo. Voglio che
tu
sappia che ci sono e ci saranno sempre, inevitabilmente, dei momenti e
dei ricordi che mi rendono maledettamente difficile non sentirmi
responsabile per il dolore che ho causato a te e a Blaine, ma per
quanto io possa vacillare, non ho alcuna intenzione di lasciarmi
trascinare all’inferno di nuovo - promise ad entrambi con la
voce
incrinata - E soprattutto non permetterò più a
niente e
nessuno di allontanarmi dalle tue braccia»
sussurrò
accorciando le distanze tra loro finché il contatto
diventò più che un’esigenza di conferme
alle sue
parole: era tutto il suo corpo ad averne bisogno e gli occhi di suo
marito ad implorarlo.
Amy posò allora la sua mano su quella di Desmond e tutte le
esitazioni dell’uomo si infransero in quel tocco: la
trascinò tra le sue braccia e la strinse a sé
più
forte che poté.
«Ho avuto così paura di averti persa di
nuovo»
sussurrò tra i suoi capelli mentre lei si aggrappava alle
sue
spalle assecondando quell’abbraccio forse con ancor
più
forza
«Oh basta con questa paura! - sbuffò esasperata
sul suo
collo - Bandiamola per sempre dalla nostra vita e dal nostro
matrimonio, ne ho davvero abbastanza di lei!»
borbottò
stizzita
«D’accordo» ridacchiò Desmond
scostandosi leggermente per cercare i suoi occhi
«Sono così fiero di te - le sussurrò
accarezzandole
il viso e tremò nel sentirla appoggiarsi decisa alle sue
dita
per intensificare il contatto - Ti amo da morire» le
soffiò sulle labbra ed Amy gli rispose nella sua lingua.
Tutta la tensione delle ultime ore si riversò nella calda
dolcezza di quel bacio, e di quello successivo, e di tutti quelli che
vennero dopo.
Ben presto un nuovo genere di tensione
iniziò a crescere tra loro.
«Mi dispiace» si scusò Desmond
staccandosi dalle sue
labbra mentre cercava inutilmente di stemperare il suo desiderio
«La vuoi smettere di scusarti per questo?» lo
rimproverò Amy sotto di lui
«Non c’è molto di cui vantarsi se ogni
volta che mi
baci mi trasformo in un adolescente in calore» si
schernì
Desmond scrollando la testa
«E questo dovrebbe essere un problema?» gli fece
notare con una punta di malizia
«È che non voglio farti pressioni»
mormorò in tono di scuse liberandola dal suo peso
«Lo so - gli assicurò bloccandolo ancora su di
sé -
Non mi fai pressioni» ribadì scostandogli
dolcemente i
capelli dalla fronte accaldata, poi abbassò lo sguardo
sull’eccitazione di suo marito che premeva
effettivamente sul suo fianco e si corresse «Anzi
sì - lo prese in giro - ma sono molto
lusingata».
Risero insieme e poi si scambiarono sulle labbra la promessa muta di
restituire presto anche ai loro corpi la fusione a cui erano destinati.
«Devo alzarmi - mormorò a malincuore Desmond - Il
mio volo parte tra meno di tre ore».
«Sei sicuro che non vuoi che venga con te?» gli
propose
seguendolo con lo sguardo mentre pigramente raccoglieva
dall’armadio qualcosa da indossare per il viaggio
«No, ho i tempi serratissimi, perciò finiresti per
passare la
giornata da
sola in albergo. Preferisco saperti qui con i ragazzi»
«Già - convenne Amy - Ho anche un vestito da
comprare» ricordò con un sorrisetto
«Non vedo l’ora di vedertelo addosso»
sorrise
avvicinandosi al letto per salutarla prima di dedicarsi ad una doccia,
molto fredda.
«Dovrai aspettare mercoledì sera, sarà
una sorpresa»
«Sarò l’uomo più invidiato
della sala»
la lusingò chinandosi su di lei per baciarle la fronte
«Io mi accontenterei di essere invidiata da Nancy.
L’hai invitata vero?» suppose acida
Desmond roteò gli occhi «Vuoi che le dica di non
venire?» propose rassegnato
«No!» incalzò e il guizzo diabolico nei
suoi occhi
non lasciava presagire nulla di buono per la
“povera” Nancy
«Vuoi che le dica di venire col giubbotto
antiproiettile?» intuì divertito
«No - lo rassicurò ma non era molto convincente -
non le
succederà nulla se sarà abbastanza intelligente
da
starsene a debita distanza da mio
marito» rimarcò e un attimo dopo
l’adolescente in calore era di nuovo su di lei.
«Ti ho già detto che mi fai impazzire quando sei
gelosa?» annaspò nella sua bocca
«Un milione di volte, ma tu dammi anche solo un motivo valido
per
essere davvero gelosa e giuro che farti impazzire sarà la
mia
ragione di vita!» lo avvisò minacciosa ma la
tempesta di
fuoco negli occhi di Desmond mentre la guardava senza fiato, rendevano
abbastanza evidente che non avrebbe mai avuto occasione di prestar fede
a quel giuramento.
«È meglio che vada a fare la doccia -
sospirò
cercando di convincere soprattutto se stesso - Tu riposa ancora un
po’»
«Solo se mi prometti di svegliarmi prima di uscire»
«Non potrei partire senza salutarti - le garantì
sorridendole - Dormi ora» sussurrò sulla sua
fronte prima
di accarezzarla con le labbra e lasciare la camera.
Amy si addormentò subito.
Sognò sua madre, un abito bianco con un tocco di rosso e una
bambina con un tutù rosa che correva verso di lei con un
sorrisetto familiare. Tese le mani e la piccola le saltò in
braccio ridacchiando felice: aveva il sole d’Oriente sulla
pelle,
due fossette adorabili e gli occhi verdissimi.
Desmond raggiunse il living per preparare la colazione ma a quanto pare
Blaine l’aveva anticipato e ora stava apparecchiando la
tavola
con poca attenzione ai piatti e molta alle labbra di Kurt che teneva
saldamente incollate alle sue.
«Ehm…» tossicchiò e poi
distolse lo sguardo
per non gravare ancora di più sull’imbarazzo che
lampeggiava furiosamente sulle guance di entrambi i ragazzi.
«Buongiorno papà» sorrise Blaine
«Signor Anderson» farfugliò Kurt
infilando le mani in tasca e guardando con vivo interesse il pavimento
«Buongiorno - rispose trattenendo un risatina - Vedo che la
colazione è già pronta»
«Sì - confermò orgoglioso Blaine - Hai
fame?» domandò trepidante
«Molta» gli sorrise accettando il suo sotteso
invito.
«Aspettiamo la mamma?»
«No, si è appena riaddormentata» rispose
mentre si sedevano a tavola
«Sta bene?» si allarmò Blaine
«Sì - lo rassicurò subito - E non vede
l’ora
di fare shopping con te» aggiunse rivolgendosi a Kurt che
arrossì di nuovo confessandogli di essere altrettanto
eccitato
«L’unico problema sarà scegliere -
rifletté
preoccupato - perché dubito che esista qualcosa che non le
stia
bene»
«Sono d’accordo» sorrise complice Desmond
mentre assaggiava ogni portata per compiacere il suo bambino.
«Posso chiederti un favore, Kurt?» riprese il
signor
Anderson dopo essersi complimentato con il giovane cuoco Blainey che
non aveva mai sorriso così tanto in sua presenza.
«Certo» annuì Kurt
«Riguardo all’abito per te, sarei felice se
accettassi il
regalo di mia moglie - tentò di convincerlo - E poi la
conosco e
non si arrenderà finché non
l’avrà
vinta» lo avvisò con dolcezza
«Sono molto testardo anch’io»
«Confermo!» dichiarò con un
po’ troppa enfasi Blaine guadagnandosi un’occhiata
torva
«Non è che voglio rifiutare il suo regalo - si
giustificò meglio Kurt - è il valore di questo
genere di
regalo che mi sembra eccessivo, ecco» soggiunse con tenero
disagio.
In effetti regalare un abito al fidanzato del proprio figlio aveva un
grande valore per Amy, ma non quello che pensava Kurt: era una
tradizione di famiglia.
Desmond non aggiunse altro, si limitò a sorridergli e, a
proposito di tradizioni di famiglia, ce n’era
un’altra che
era tempo di onorare, così mentre Blaine e Kurt
sparecchiavano,
ne approfittò per finire di preparare il necessario da
portare
con sé, salutare sua moglie e poi consegnare a suo figlio il
necessario per perpetuare le consuetudini della casa.
«Io lavo e tu asciughi?» propose Kurt
«No io lavo e io asciugo -
obiettò Blaine - Tu
risparmia le tue mani delicate per qualcosa di meglio»
sussurrò maliziosamente provocandolo
«Tipo?» finse di non capire Kurt
«Ne riparliamo dopo» bisbigliò
controllando che suo padre non apparisse all’orizzonte
«Io penso invece che le mie mani dopo saranno molto stanche e
resteranno a riposo a lungo - lo informò compiacendosi
dell’espressione delusa sul volto del warbler - E visto che
sono
così tanto testardo, dubito che
cambierò idea» concluse con un sorriso perfido.
«Andiamo, non volevo offenderti! - sbuffò
esasperato
Blaine che molto ingenuamente si era illuso di non pagare le
conseguenze delle sue parole - E poi lo sai che ti amo così
tanto anche perché sei sempre determinato e non ti dai mai
per
vinto» continuò arrossendo leggermente e Kurt
iniziò seriamente ad odiarlo: possibile che non riuscisse a
tenergli il broncio per più di due secondi?
«Lo so - si arrese facendosi più vicino - E in
questo
momento sono molto determinato a baciarti»
sussurrò prima
di farsi strada tra le sue labbra curvate in quell’adorabile
sorriso un po’ infantile che amava.
Blaine si lasciò baciare confermando a se stesso di essere
totalmente schiavo di quel testardo, così quando Kurt
riprese
fiato fuori dalla sua bocca e si armò di un canovaccio
pulito
per asciugare i piatti, cedette a sua volta senza alcuna obiezione.
Desmond avrebbe dovuto essere sulla strada per l’aeroporto
ormai,
ma da quasi venti minuti continuava a guardare Amy dormire: sembrava
serena e aveva sul volto un sorriso così beato che si
convinse a
non far nulla per minare quella pace. Si chinò dunque su di
lei
per lasciarle un bacio leggerissimo sulla fronte, poi le avrebbe
scritto due righe di scuse per non aver avuto il coraggio di svegliarla.
«È già ora di partire?»
sussurrò
assonnata non appena le labbra di suo marito lasciarono la sua pelle
«Mi dispiace averti svegliata» si scusò
sfiorandole il viso
«Ringrazia il cielo che l’hai fatto o non ti avrei
perdonato» gli assicurò appoggiandosi alle sue
dita.
Desmond le sorrise e avvertì con chiarezza che la sua
giornata
lontano da lei sarebbe stata un’interminabile tortura.
«Devo andare» sospirò
«Fai buon viaggio e chiamami prima del decollo e quando
arrivi
e…» esitò per qualche istante prima di
sorridergli
e pregarlo di chiamarla ogni volta che avesse potuto «Per
favore» aggiunse indifesa e Desmond sigillò la sua
promessa baciandogliela su tutto il viso.
«A stanotte - le soffiò tra i capelli - Non so a
che ora rientrerò, non aspettarmi sveglia»
Amy gli sorrise già certa di non poterlo accontentare.
«Ti amo - gli sussurrò - Senti come suona
bene?» cinguettò soddisfatta
«Suona meglio così» obiettò
Desmond prima di
volare sulla sua bocca per un ultimo lungo saluto prima di imporsi di
andarsene.
Richiusa la porta dietro di sé, Desmond raggiunse Blaine e
Kurt che finivano di riordinare il living.
«Bene, sono pronto - li avvisò - ma prima di
andare vorrei
essere sicuro che le tradizioni di famiglia siano rispettate,
perciò ecco…» disse porgendo a suo
figlio un
sacchetto che Blaine accolse con entusiasmo sbirciandovi subito dentro.
«Sono colori» osservò un po’
spaesato mostrando il contenuto a Kurt
«Sì, e sono certo che ne farete buon
uso»
spiegò Desmond rivolgendo lo sguardo alla parete decorata
con le
impronte delle mani di tutte le persone legate a quel posto e a chi lo
abitava.
I due ragazzi si soffermarono con lo sguardo su quel mosaico
d’affetti prima che Blaine ringraziasse suo padre seguito da
un
timido sussurro di Kurt.
«Non ho trovato altri colori» si
giustificò Desmond
mentre Kurt teneva tra le mani le tempere come se fossero uno dei
regali più preziosi che avesse mai ricevuto
«Questo è perfetto»
sorrise accarezzando un vasetto di pittura color ardesia chiaro
«E tu?» domandò Desmond a suo figlio che
osservava
ipnotizzato le dita di Kurt scorrere leggere lungo il bordo del tappo,
pronte a svitarlo, ripetendo a se stesso che non avrebbe dovuto trovare
tutto ciò tremendamente eccitante, ma evidentemente alcune
parti
di lui non la pensavano allo stesso modo.
«Io, cosa?» arrancò sforzandosi di non
arrossire mentre sedava i suoi intimi turbamenti come meglio poteva
«C’è un colore che va bene per
te?» chiarì Desmond
«Ma le mie impronte ci sono già» gli
ricordò
guardando con affetto l’angolo di parete che custodiva i
segni
grafici della sua famiglia
«Ma eri piccolissimo quando ho impresso le tue manine sulle
nostre - precisò l’uomo con amore palpabile -
forse
è arrivato il momento di avere un posto solo tuo»
lo
incoraggiò con tenerezza
«Credo che le mie mani stiano bene dove sono» lo
soprese
invece suo figlio stillandogli dentro un sorriso dolcissimo.
Desmond non era più abituato ad essere sommerso
dall’amore
del suo bambino, perciò ne patì la più
tenera
conseguenza nel profondo dello stomaco e ai bordi dei suoi occhi.
«Devo andare ora» si riscosse negandosi il
privilegio di
liberare il suo sguardo dal velo umido che lo annebbiava davanti a suo
figlio
«Buon viaggio, ci prenderemo cura noi della mamma»
gli
promise Blaine ignaro del terremoto che scuoteva l’animo
ferito
del suo papà
«Non la lascerei in mano a nessun altro» sorrise
Desmond raggiungendo velocemente la porta d’ingresso.
«Ciao Kurt» salutò sulla soglia
«Arrivederci signore» rispose il ragazzo
«Desmond - lo corresse - Devi lavorarci sul serio su questa
cosa di darmi del tu» lo rimproverò con affetto
«Mi impegnerò, Desmond»
arrossì Kurt.
«Ciao papà» lo salutò
impacciato Blaine non
sapendo bene come accompagnare le parole: un abbraccio? Un bacio? Una
stretta di mano? Si risolse a non far nulla, a parte stringersi
goffamente le spalle finché il suo papà lo
sollevò
dall’impaccio sporgendosi su di lui e sfiorandogli la fronte
con
le labbra.
«A stasera, piccolo» gli soffiò
pianissimo tra i capelli, quindi uscì.
Blaine chiuse gli occhi e assaporò senza respirare quella
sensazione di pienezza inconsueta.
Quando li riaprì le dita di Kurt erano lì, pronte
ad
intrecciarsi alle sue per accarezzargli le parole giuste sul dorso
della mano mentre lo guardava attraverso una patina di commozione che
scivolò lungo il suo viso pallido prima di essere catturata
dalle labbra di Blaine.
Kurt gli rivolse uno sguardo di scuse schernendo se stesso e la sua
vocazione piagnucolona, ma gli occhi di Blaine non rivelavano alcun
segno di disapprovazione: ardevano di quel crepitio che Kurt aveva
imparato a conoscere e che indovinò sarebbe stato seguito
dal
tocco delle sue labbra, dal sapore pieno e morbido della sua bocca e
dalla fremente vertigine che ghermì il ventre di entrambi
mentre
si respiravano dentro l’ovvietà del loro amore.
Qualche respiro affannato più tardi, erano davanti alla
parete e
la mano dipinta d’ardesia di Kurt indugiava quasi in
soggezione.
«Non so dove metterla - svelò timidamente - tu
cosa dici?»
«Mettila qui» rispose Blaine senza esitazione
indicando un’area ancora spoglia
«C’è tutto questo spazio vuoto intorno -
notò
Kurt - Credo spiccherebbe troppo» soggiunse un po’
stupito
che Blaine volesse le sue mani così lontano dalle proprie,
anche
se su un muro
«Ma lo spazio ci servirà»
ribatté con un’espressione un po’ persa
«Per cosa?»
«Per i nostri figli» sussurrò immerso
nello sfavillio incantevole dei suoi sogni.
Kurt rabbrividì.
«Tu non hai mai dubbi sul nostro futuro insieme?»
sussurrò intimidito non appena ritrovò il fiato
«No» rispose con semplicità Blaine
«A meno che tu non smetta di amarmi, solo allora potrei
lasciarti
andare» aggiunse qualche istante dopo piantandogli addosso
uno
sguardo di tale indifesa fragilità che Kurt giurò
a se
stesso di fare in modo che quella fosse la prima e unica volta che
Blaine avrebbe preso in considerazione l’ipotesi insensata
che
potesse smettere di amarlo.
Kurt non aveva infatti alcun dubbio che Blaine fosse la sua anima
gemella, quel qualcuno che non si perde neppure quando non lo si ha
più, quando se n’è andato via, quando
si è
andati via, quando si ha accanto qualcun altro, quel qualcuno a cui
sarebbe appartenuto per sempre.
Forte delle promesse che si scambiarono senza voce, Kurt rivolse lo
sguardo verso la parete e si posizionò davanti al
più
ampio varco intonso
«Allora ci servirà molto spazio intorno»
mormorò, quindi accostò la mano al muro
«Mi aiuti?» domandò
all’adorabile warbler che trepidava al suo fianco.
La mano di Blaine volò sulla sua, sussultando nel sentirla
tremare, e insieme scrissero un’altra pagina della storia di
quella casa.
Blaine osservò le lunghe dita di Kurt imprimersi nella
parete
degli affetti della sua famiglia con un tratto esile ma deciso e
capì che mancava qualcosa. Ed evidentemente non era
l’unico a pensarlo perché lo sguardo di Kurt si
accese di
una luce più intensa nel vederlo correre a dipingersi la
mano
sinistra di rosso per marcare quel nuovo spazio tutto loro con
l’impronta delle sue dita esattamente dove avrebbe desiderato
che
restassero per sempre: accanto a quelle del suo Kurt.
Grigio ardesia chiarissimo e rosso carminio erano un abbinamento
perfetto, l’animo modaiolo di Kurt ne era sempre stato
convinto,
ma non aveva mai considerato quanto potesse togliergli il fiato la
fusione dei due colori che gli apparve davanti quando Blaine
sollevò la mano dal muro rivelando la sua impronta: pur con
l’intensità del colore prescelto, il suo tocco era
stato
il più delicato possibile onde non sovrastare
l’eleganza
sfumata della mano chiara di Kurt a cui si era sovrapposto leggermente
perché le loro dita si toccassero ricreando
l’illusione
perfetta di quell’intreccio che ricostituirono in carne e
sangue
mentre contemplavano sul muro il loro futuro.
«Ora è perfetto» sospirò Kurt
sulle labbra di Blaine prima di ospitarlo nella sua bocca.
Non si accorsero nemmeno che Amy era ferma sulla porta a guardarli
amarsi con le dita intrecciate finché non sgattaiolarono in
bagno a lavarsi le mani, ancora uno sulle labbra dell’altro.
Amy si avvicinò alla parete e un po’ di quella
fusione di colori ricadde anche nel suo cuore.
Sfiorò il muro screpolato con le manine del piccolo Blainey,
ripercorse il contorno deciso delle dita di Desmond,
accarezzò
le sagome perlacee della sua mamma e del suo papà, i glitter
sul
palmo di Kevin, e poi tornò alle due mani intrecciate e allo
spazio vuoto intorno a loro in attesa di nuove impronte:
c’era il
suo cuore lì davanti a lei, e non aveva più paura
di
essere toccato.
*** Parte II ***
«Credo che mia madre si sia svegliata»
annaspò
Blaine nella bocca di Kurt mentre finiva di asciugare le mani pulite
sulle cuciture delle tasche posteriori dei pantaloni che il candido
pinguino si era cucito addosso
«È un modo gentile per dirmi di smettere di
baciarti?» brontolò Kurt riprendendo fiato prima
di essere
assaltato dalle labbra di Blaine con affamata veemenza.
Kurt ridacchiò nel bacio e ringraziò il muro
piastrellato
dietro di lui che lo reggeva o probabilmente le gambe gli avrebbero
ceduto da un pezzo
«Immagino sia un “no”»
sospirò affannato mentre la bocca Blaine scivolava sul suo
collo
«Esatto - si compiacque il giovane padrone di casa -
Stavo
solo pensando che visto che mia madre è sveglia, volessi
iniziare a prepararti per lo shopping»
«Oh, è vero - sorrise Kurt ancora deliziosamente
intorpidito dalle attenzioni del suo ragazzo - Tu sei già
pronto?»
«Io non vengo» soggiunse un po’ a disagio
Blaine
«Cosa?»
«È una cosa solo tra voi, io sarei di
troppo» tentò di giustificarsi
«Mi stai prendendo in giro? - sbottò Kurt - Stiamo
parlando di uscire con tua madre, chi credi sia di troppo tra te e
me?»
«Lei ha bisogno di te, io non le sarei di alcun
aiuto»
arrancò Blaine guardando ovunque tranne che nei suoi occhi
«Ripeto - gracchiò infastidito - Mi stai prendendo
in giro?»
«No - replicò deciso - Sono felice se uscite voi
due da soli» sorrise dolcemente
«Blaine - incalzò Kurt sollevandogli il viso per
costringerlo a guardarlo - io non vado da nessuna parte senza di
te» gli chiarì con un sospiro tenero ma non meno
perentorio
«Certo che tu non mi vuoi rendere le cose facili,
eh?» sbuffò esasperato.
Kurt lo guardò confuso e Blaine si arrese «Va bene
- ammise - Ho qualcosa da fare»
«Qualcosa di più importante che uscire con me e
tua
madre?» si stizzì incrociando le braccia
«Beh, sì - arrossì Blaine - Vedi,
c’è
questo ragazzo che… è davvero speciale e sono
totalmente
pazzo di lui, quindi l’ho invitato a trascorrere una giornata
con
me, solo che non è facile organizzare tutte le sorprese che
vorrei fargli visto che quando è intorno a me non riesco a
togliergli le labbra di dosso, perciò volevo approfittare
della
sua assenza per curare ogni dettaglio» confessò
«Sei… - iniziò Kurt ma ogni aggettivo
si dissolse
da qualche parte tra il cuore e la gola - Spero che questo ragazzo
sappia quanto è fortunato» sussurrò
invece senza
fiato
«Non lo so - sorrise adorabilmente impacciato - penso di
essere io il più fortunato»
«Posso darti un consiglio? - mormorò Kurt
allacciandosi
alle sue dita - Non preoccuparti troppo per i dettagli o le sorprese,
sono certo che sarà tutto perfetto per lui anche solo
perché ti avrà tutto per sé per un
giorno
intero»
«E una notte» lo corresse Blaine con un velo caldo
di malizia
«Già» annuì Kurt ingoiando il
brivido che
serpeggiò sulla sua pelle, colorandola d’imbarazzo
e
promesse che Blaine suggellò tra le sue labbra.
«Ora è meglio se vai così inizio a
prepararmi» riuscì a dire sfilandosi via dalle
mani di
Blaine prima che le cose curvassero verso un punto di non ritorno, e il
ragazzo a malincuore lo lasciò andare.
«Blaine?» lo richiamò Kurt mentre
varcava la soglia
«Sì?» si voltò indietro Blaine
«Anch’io sono totalmente pazzo di te, lo sai
vero?»
«Ovviamente» si
pavoneggiò Blaine
godendosi il suono della risata di Kurt prima che uscisse richiudendo
la porta dietro di sé.
Sua madre faceva colazione quando Blaine la raggiunse salutandola
raggiante e prendendo posto davanti a lei.
Il sorriso contagioso del ragazzo permeò l’aria e
accarezzò il cuore di Amy come solo i figli sanno fare: era
una
sensazione a cui la donna non era abituata, ma anziché
scrollarsela di dosso patendo il disagio di non sentirsene degna,
lasciò che fluisse in lei, libera.
«Vuoi che ti prepari qualcos’altro?» si
offrì
premuroso mentre sua madre finiva di sorseggiare il suo tè
«No, grazie. Era tutto buonissimo, te la cavi davvero bene ai
fornelli» lo lusingò
«Mi ha aiutato Kurt, è solo merito suo - si
sminuì
sospirando sognante come faceva sempre ormai quando nominava il suo
fidanzato - Ora si sta preparando per lo shopping» la
avvisò
«Io sono quasi pronta, perciò possiamo uscire
quando
volete» mormorò evidentemente entusiasta del
programma
della giornata.
Blaine si oscurò d’un tratto perché
solo allora si
rese conto di aver forse sottovalutato quanto sua madre ci tenesse che
anche lui fosse presente.
«C’è qualcosa che non va?»
presentì Amy
«No, niente» mentì Blaine
«Fammi indovinare: tu preferisci stare a casa a programmare
la
tua giornata speciale con Kurt approfittando della sua
assenza?»
«Già - ammise a disagio - Ma non voglio che tu
pensi che non mi faccia piacere uscire con te»
«Blaine - lo interruppe - Va tutto bene» lo
rassicurò amorevole, quindi lo informò di avergli
messo
da parte luci e decorazioni nel ripostiglio, e gli consigliò
di
chiedere al portiere di accompagnarlo sul tetto per iniziare a pensare
a come organizzare lo spazio per la cena «E puoi contare sul
mio
aiuto, se vuoi» si offrì con una patina di
tangibile
emozione
«Grazie - sospirò sollevato Blaine - Io non saprei
da che
parte iniziare, anche perché tendo ad esagerare e Kurt ha un
gusto impeccabile in fatto di addobbi»
«E di fidanzati» aggiunse orgogliosa sua madre.
Blaine le sorrise imbarazzato ed Amy pensò che quel momento
intimo e sorprendentemente facile tra loro fosse l’occasione
adatta per consegnargli il suo regalo.
«Mi avevi accennato all’idea di portare Kurt a
vedere uno spettacolo» iniziò tenera e agitata
«Oh, sì - ricordò Blaine - E devo
andare a prendere
i biglietti» si ripromise sempre più nervoso al
pensiero
di quanto fosse indietro con i preparativi
«Spero non ti dispiaccia, ma ci ho già pensato
io» sussurrò in un sol fiato Amy
«Come?»
«Ho comprato i biglietti per te e Kurt»
«Mamma, non dovevi» mormorò
meravigliosamente confuso Blaine
«Fare finalmente un regalo a mio figlio? -
contestò Amy -
Io credo di sì invece» le traboccò
nella gola e tra
le ciglia.
Si corrisposero lo stesso splendido sorriso per qualche confortante
istante prima che Amy andasse a prendere i biglietti per ufficializzare
il primo regalo al suo bambino.
«Non sapevo quale spettacolo avessi in mente» si
preoccupò quando lo raggiunse nuovamente con una bustina
bianca
in mano su cui aveva scarabocchiato due simboli sopra
«Wicked
- rispose Blaine osservando la busta - Ma va bene
qualunque altro tu abbia scelto» chiarì
immediatamente
temendo di essere stato scortese.
Amy sorrise ampiamente e si limitò a porgere il suo regalo a
Blaine che lo scartò quasi con devozione perdendo
letteralmente
il fiato quando si trovò tra le mani due biglietti per
Wicked,
al Gershwin Theatre, venerdì alle 20:00.
Blaine esplose in un sorriso adorabilmente incredulo e a sua madre
tremarono le gambe.
«Spero che i posti vadano bene, ero indecisa tra platea e
balconata perché volevo essere sicura che poteste godere
della
bellezza della scenografia in ogni suo dettaglio dall’alto,
ma
poi ho pensato che avreste preferito partecipare con tutti i sensi a
quella magia e ho scelto la platea - farfugliò - ma se non
va
bene posso cambiarli…»
«È perfetto - sospirò estasiato Blaine
interrompendola - Grazie»
«Non devi ringraziarmi, spero che la tua serata sia come
l’hai sognata» gli augurò e Blaine
annuì
ormai certo che lo sarebbe stata anche grazie a lei, perché
non
avrebbe mai potuto permettersi quei posti né una cenetta
romantica sul tetto allestita con il gusto e il cuore che sua madre ci
avrebbe messo dentro.
Kurt avrebbe avuto dunque la sua perfetta prima volta a teatro insieme
a Blaine a New York e una cena indimenticabile in
un’atmosfera da
musical.
Blaine avrebbe riavuto indietro la sua mamma.
Amy aveva raggiunto la sua stanza per finire di prepararsi
così
Blaine corse a riporre i biglietti fuori dalla vista di Sherlock Hummel
che nel frattempo sistemava gli ultimi dettagli del suo outfit
chiedendosi nervosamente se avesse optato per un look troppo casual per
la sua prima visita ufficiale nel sancta sanctorum della moda, tuttavia
non voleva fare la figura del provincialotto presentandosi con addosso
qualcosa di eccessivamente elegante.
Dopo il milionesimo check-in allo specchio, decise di smettere di
essere ridicolo e raggiunse il living in tutta la sua gloriosa cromia e
audace aderenza.
«Io sono pronto» annunciò catturando
l’attenzione di Blaine e anche il suo respiro.
«V..vuoi davvero uscire così?»
soffocò il
ragazzo scrutandolo dall’alto in basso e aggiungendo alla
lista
delle sue fantasie erotiche anche quella maglia di un caldo blu
inchiostro che lo abbracciava sfacciatamente e quel dannato denim
coloniale che si aggrappava ai suoi fianchi e ne sottolineava ogni
prominenza con bottoni e borchiette progettate evidentemente per farlo
impazzire da un qualche designer italiano sadico.
«Non sto bene? - si agitò Kurt - Sono troppo
casual, lo sapevo! Vado a cambiarmi» delirò
«No - lo fermò Blaine - Stai benissimo,
è questo il
problema» sospirò sorridendogli stregato
«Non ti
toglieranno gli occhi di dosso, forse dovrei venire con te»
suggerì e l’idea aveva sempre più senso
man mano
che Kurt gli si faceva più vicino e al barlume lusingato nei
suoi occhi univa un’ombra scarlatta che incorniciava
irresistibilmente quel suo sorrisetto appagato.
«Non hai motivo di preoccuparti, gli unici occhi che voglio
su di
me, sono i tuoi - gli assicurò baciandolo sulla guancia - E
non
solo gli occhi» gli soffiò impercettibilmente
sull’orecchio e Blaine non provò neppure a
impedire alla
sua bocca e alle sue mani di averne la conferma scoprendo, tra le altre
cose, che il denim coloniale era un tessuto piuttosto morbido al tatto,
soprattutto intorno a bottoni e borchiette…
«Va bene se facciamo una passeggiata? Madison Avenue e la
Quinta
Strada non sono molto distanti da qui» propose Amy una volta
fuori dall’edificio dopo aver assistito al saluto
più
melenso della sua vita tra due ragazzi che palesemente non erano in
grado di star lontani fisicamente troppo a lungo.
«Sì, se mi reggono le gambe»
ridacchiò
nervosamente Kurt che stava gestendo al meglio delle sue
possibilità l’euforia che gli saltellava nello
stomaco
stordendolo.
«Sei nervoso?» domandò Amy premurosa
«Già - ammise imbarazzato - Mi dispiace, sono
ridicolo» si schernì tingendosi di rosa ovunque
«No, io penso che tu sia adorabile - si oppose dolcemente Amy
- E
credo che tu non abbia motivo di essere nervoso perché gran
parte delle persone che incontrerai oggi non hanno neppure la
metà della tua classe» lo adulò con
quel fare
materno a cui Kurt sperava di non abituarsi o non avrebbe
più
saputo rinunciarci anche a costo di chiedere asilo in casa Anderson,
magari in camera di Blaine: in fondo il rosso degli arredi si sarebbe
sposato bene con il suo incarnato e il letto sembrava grande abbastanza
per due persone, non che lo spazio ridotto sotto le lenzuola fosse
realmente un problema, anzi… Ma non era il momento di
pensare a
questo, perciò si divincolò immediatamente dalle
trame
seducenti della sua immaginazione aggrappandosi all’ego
saldamente vanesio di The Diva.
«Beh, questo è vero» si
pavoneggiò.
Amy ridacchiò ma sentiva che non era questo il motivo di
tanta
agitazione perciò istintivamente si accostò al
ragazzo e
cinse delicatamente il suo braccio con un carezza calda e confortante
che districò un nodo dentro Kurt e la sua più
autentica
vulnerabilità si sciolse in un sospiro tenue.
«O forse no. Non sono agitato solo perché sto per
mettere
piede nel tempio della moda e rischio un infarto, è questa
città a rendermi nervoso» si aprì
sorretto dallo
sguardo tenero e incoraggiante di Amy mentre camminavano sottobraccio
per le strade chiassose di New York
«Qui ci sono così tanti miei sogni e desideri,
anche
quelli più grandi, anche quelli che non dovrei neppure
accarezzare col pensiero, anche quelli che non riesco neppure a
confessare a me stesso - sibilò arrossendo - Ma da quando
sono
qui, li sento invece tutti così vicini, tutti
così
possibili, tutti così “giusti” anche per
uno come
me, e questo mi fa sentire strano» sussurrò
esilmente con
candida fragilità
«Dovrai abituarti a sentirti strano allora, perché
“uno come te” ha il diritto di fare grandi sogni e
ha tutto
ciò che serve per realizzarli» gli
assicurò Amy
facendosi più vicina e regalandogli un’occhiata
complice e
ammirata che rivelava con tale limpidezza la somiglianza con suo figlio
che Kurt sentì il fiato venirgli meno
«È quello che mi dice sempre Blaine»
soggiunse con un drappo tremulo d’emozione nella voce
«Blaine è un ragazzo molto saggio -
constatò Amy
sorridendogli - E anche molto innamorato» aggiunse rimarcando
l’ovvio e comprendendo sempre meglio perché suo
figlio
avesse perso la testa per quel ragazzo che rabbrividì nel
sentirglielo dire.
Non fu necessario che Kurt rendesse esplicito in parole che quel
sentimento fosse totalmente ricambiato o che Blaine fosse gran parte
dei suoi sogni, quelli che occupavano la cima della sua lista,
perché Amy poteva vederlo filtrare nello splendore acquoso
dei
suoi occhi, nel suo sorriso pulito, nel pudore rosato del suo viso
mentre continuavano a camminare in silenzio, stretti in quella presa
intima e rassicurante.
«Da che parte cominciamo?» domandò Amy
quando raggiunsero la Quinta strada
«Dipende da cosa stiamo cercando»
«Non ne ho idea» rise Amy
«Dunque… - ricapitolò Kurt - Sappiamo
che dobbiamo
trovare qualcosa che dia un messaggio bello chiaro a certe sciacquette
illuse che non sanno stare al loro posto, e immagino che
sarà
bianco, giusto?»
«Esatto»
«Allora credo che l’Europa sia il posto giusto dove
iniziare la ricerca» concluse con un improvviso luccichio
nello
sguardo
«Hai qualcosa di preciso in mente, vero?»
paventò Amy
«Sì» ridacchiò eccitato Kurt
e con fare molto
cavalleresco si inchinò e porse nuovamente il braccio ad Amy
che
si affrettò a cingerlo contagiata dall’entusiasmo
incantevole del ragazzo.
«Sai che la prima volta che sono stata da Chanel ho avuto una
sorta di attacco di panico? - raccontò per stemperare il
tremore
reverenziale che paralizzò Kurt davanti alla prima tappa del
loro tour europeo, ovviamente in Italia - Mi sembrava folle spendere
così tanti soldi per un abito»
«Ma la moda è arte - contestò il
ragazzo riavendosi
dalla défaillance pur senza riuscire a staccare gli occhi
dalla
vetrina - Il suo valore non è nel tessuto di cui
è fatto,
esattamente come non è nella tela tesa di un pittore, o in
un
pezzo di marmo o bronzo scolpito: è la magia che un artista
racchiude dentro ogni sua creazione a renderla preziosa»
sussurrò con convinzione, difendendo quella forma artistica
che
avrebbe sempre avuto un posto speciale nel suo cuore,
nell’espressione di sé e nella difesa coraggiosa
di
ciò che era.
«Il bello della moda è che puoi metterti addosso
quella
magia, farla tua e portarla con te per condividerla con il resto del
mondo più facilmente di quanto si possa fare con un quadro
appeso al muro o una statua equestre» concluse indossando un
sorrisetto irresistibile.
«Hai ragione, è quello che disse anche Desmond
quando mi
raggiunse fuori dall’atelier con lo Chanel che avevo provato
dentro un sacchetto» sorrise di rimando Amy illuminandosi
come
faceva solo quando il nome dell’uomo che amava le sfiorava le
labbra.
«È un uomo molto saggio - la citò Kurt
accarezzandole la mano stretta al suo braccio - E anche molto, molto
innamorato» aggiunse sognante.
Amy sorrise e si dispiacque un po’ per suo figlio: avere a
che
fare con i corteggiatori che avrebbero inevitabilmente insidiato
quell’adorabile ragazzo che ora le apriva la porta cedendole
il
passo, sarebbe stato un vero inferno.
Così quel mondo di stile e bellezza che aveva sognato da
sempre,
aprì le sue braccia a Kurt Hummel che adempì con
il cuore
in gola al suo rito di iniziazione. Fu un’esperienza quasi
mistica che più tardi avrebbe riversato fluida su Blaine,
rifugiandosi tra le sue braccia e stordendolo con la passione
trascinante del suo racconto, dei suoi occhi ancora intrisi di quella
magia e delle sue labbra che lo avrebbero accarezzato tra un delirio e
l’altro.
Quel giorno Kurt Hummel viaggiò per l’Europa sotto
l’ala candida di una donna straordinariamente familiare,
esaudì un altro dei suoi desideri e si convinse di aver
trovato
anche lui il suo punto “G”: Galliano,
Gaultier e
Gucci.
Amy provò a convincerlo della necessità che
accettasse
una di quelle creazioni in regalo, ma il ragazzo non si
lasciò
tentare e rimase concentrato unicamente nella sua missione:
trovarle l’outfit perfetto.
Come aveva previsto, la signora Anderson vestiva magnificamente
qualunque modello e stile, anzi ogni abito su di lei sembrava
intensificare la sua magia, ma quando il raso candido di Vercace
con una pennellata di rosso lacca avvolse la sua figura, fu
una folgorazione per entrambi: la ricerca era
terminata.
Kurt chiamò subito Blaine per informarlo
dell’ottimo
epilogo travolgendolo con il suo entusiasmo sotto lo sguardo divertito
di Amy.
Quando ritenne di aver riempito abbastanza le sue orecchie del suono
partecipe del respiro di Blaine, Kurt si rammaricò di non
potergli significare con parole adeguate quanto avrebbe preferito
averlo lì con lui in quel momento «Avrei voluto
che fossi
qui anche tu - si limitò a dirgli - per vederlo»
mentì parzialmente perché non era questo il
motivo reale
per cui desiderava Blaine stretto alle sue dita, sempre.
E Blaine lo sapeva.
O almeno questo intuì Amy quando sentì Kurt
ridacchiare
nervosamente implorando il compiaciuto warbler di non prenderlo in giro.
«Devo salutarti» sospirò Kurt
«Chiedigli cosa vuole mangiare così prendiamo
qualcosa anche per lui lungo la strada» suggerì Amy
«Dice che ha già mangiato»
riferì Kurt
«Allora chiedigli se posso portare il suo incantevole ragazzo
a pranzo fuori» propose sorridendogli.
Blaine acconsentì con fin troppo slancio e Kurt finse di non
aver colto il sollievo di saperlo occupato ancora un po’ in
modo
da avere più tempo per preparare la sua sorpresa.
«Non faremo tardi» gli assicurò
dolcemente
arrossendo un po’ alla risposta di Blaine ed Amy si
allontanò per concedere loro un po’ di privacy.
«A dopo» soffiò sorridendo stupidamente
«Blaine?» soggiunse trattenendolo ancora un
po’ sul suo orecchio
«Niente - ammise ridacchiando della sua ridicolaggine -
volevo
dirti che hai ragione: mi manchi» sospirò
colorandosi poi
di un più intenso imbarazzo mentre ascoltava un ragazzo
altrettanto ridicolo confessargli la stessa virale nostalgia.
«Non rendermi le cose più difficili» lo
pregò
mentre recuperava la distanza che lo separava dalla madre del ragazzo
che lo coccolava dall’altro capo del telefono ricordandogli
ad
ogni sussurro perché lo amasse così tanto.
«Anch’io…» rispose quando
Blaine concluse
quella che Amy intuì fosse l’ennesima
dichiarazione di
evidente schiavitù amorosa
«A più tardi, ti lascio ai tuoi preparativi per
sorprendere quel ragazzo» sorrise torturando con le dita il
bordo
della sua maglietta per stemperare la strisciante agitazione per la
sorpresa di Blaine e soprattutto per il ritorno a Lima, da solo, il
giorno dopo.
«Allora, posso invitarti a pranzo?» chiese Amy
spezzando
sul nascere l’imbarazzo incipiente sul volto di Kurt quando
ripose il telefono in tasca e tornò sul pianeta Terra
realizzando d’aver flirtato spudoratamente con Blaine davanti
a
sua madre.
«Sì» mormorò sorridendole
«Bene, c’è un ristorante libanese molto
carino qui vicino e il cibo è squisito, che ne
dici?»
«Non ho mai mangiato libanese» confessò
Kurt
«Preferisci un cinese o italiano?» gli propose per
metterlo a suo agio
«No, il libanese va benissimo!» le
assicurò con un sorriso raggiante pregustando
l’esperienza.
Amy si lasciò contagiare dal suo entusiasmo esplodendo in
una
risatina di cui non aveva sentito il suono per così tanto
tempo
da ritrovarsi senza fiato. Sorpresa e dolorosamente felice. Se stessa.
«Tutto bene?» si preoccupò Kurt
osservandola
socchiudere gli occhi e respirare profondamente mentre riprendevano a
camminare.
Il sorriso che gli regalò schiudendo gli occhi su di lui fu
la migliore delle risposte.
La bellezza della madre del suo Blaine aveva colpito Kurt fin dal loro
primo incontro, si era impressa nei suoi ricordi eterea,
irraggiungibile, sublime nella sua cattività di ghiaccio.
Nella
donna a cui ora offriva il suo braccio perché vi si
aggrappasse,
c’era tuttavia qualcosa che trascendeva la bellezza e gli
riversava dentro un tepore palpabile ad ogni sguardo, ad ogni parola,
ad ogni gesto inequivocabilmente affettuoso che aveva per lui,
riscaldandogli il petto in un modo che Kurt credeva di aver dimenticato
e che non aveva il coraggio di classificare.
«I miei genitori adoravano quel posto - raccontò
Amy
mentre procedevano splendidi sulla Quattordicesima strada - andavamo
sempre a mangiare lì quando venivano a trovarmi dalla
Florida»
«È cresciuta laggiù?»
«Kurt, devi davvero sforzarti di darmi del tu - lo
rimproverò - Per favore» aggiunse con un fin
troppo
familiare sorrisetto implorante che levò ogni dubbio a Kurt
sul
fatto che la genetica fosse una scienza esatta: ora sapeva con chi
avrebbe dovuto prendersela per tutte le volte che
quell’identica
espressione sul volto di Blaine l’aveva costretto ad
arrendersi
miseramente a qualunque sua richiesta.
Il ragazzo sorrise rassegnato al potere ammaliante degli Anderson su di
lui e si corresse «Sei cresciuta in
Florida?»
Amy annuì e iniziò a raccontargli
dell’arrivo dei
suoi genitori negli Stati Uniti senza nulla in tasca se non il loro
amore appena consacrato e la speranza di vederlo crescere nella terra
delle opportunità.
«All’inizio è stata dura, hanno fatto
qualunque
lavoro possibile, poi sono stati assunti come domestici da un famiglia
che ci ha praticamente adottati» ricordò con
tenerezza e
il nome del signor Steward, il suo pianoforte bianco e il debito che
avrebbe sempre avuto con quell’uomo di straordinaria dolcezza
e
sensibilità artistica, le scivolarono dalla bocca senza
forzature.
Parlare di sé stessa con Kurt fu sorprendentemente naturale:
c’era qualcosa di rassicurante e incoraggiante
nell’azzurro
limpidissimo dei suoi occhi, nel suo sorriso partecipe, nel modo in cui
la guardava lasciando filtrare la comprensione e la cura autentica di
lei e della sua storia. Amy non era mai stata generosa nel concedere
agli altri la sua fiducia, ma Kurt era riuscito a scavarsi una via
privilegiata per raggiungerla oltre le sue barricate e stabilirsi tra i
suoi affetti. Inizialmente aveva creduto che a renderglielo
immediatamente così caro
fosse stata la gratitudine per l’amore e
l’attenzione che
il ragazzo assicurava a suo figlio, ma ora che imparava a conoscerlo
meglio, le era sempre più chiaro che ci fosse
dell’altro:
era stato sufficiente aprirsi un po’ perché
affiorasse una
inconsueta somiglianza tra loro e talvolta perfino
un’identità.
Sì, Amy e Kurt si corrispondevano.
E Blaine l’aveva sempre saputo.
«Certo - rispose Amy quando Kurt manifestò il
desiderio di
sentire suonare il signor Steward - Ho qualche registrazione a casa, ma
se non ricordo male Desmond mi ha detto che i suoi concerti sono
disponibili anche online».
Kurt si ripromise di setacciare il web sperando ci fossero anche dei
video, incuriosito dal racconto di quell’uomo straordinario
che
nella sua testa aveva un volto e un sorriso simili a quelli
incancellabili del signor Colfer, ma aveva bisogno di più
dati
per la ricerca «Steward…?» chiese quindi
«Blaine» rispose Amy
«Blaine? - si stupì Kurt - Blaine
Steward?»
«Sì» confermò Amy mentre un
sorriso
teneramente colpevole le illuminava il viso e Kurt indovinò
che
la ragazzina di cui aveva appena sentito la storia, avrebbe potuto
destinare quel nome solo a qualcuno che avesse davvero significato
tanto per lei.
«È un bel nome» le sussurrò
con un’evidente punta di emozione nella voce
«L’ho sempre pensato anch’io»
ammise racchiudendo nel timido riserbo di un sospiro la conferma che Blaine
non appartenesse solo ai sogni di suo padre.
Kurt le sorrise intensamente cingendole delicatamente la mano stretta
al suo braccio ed Amy si lasciò confortare dal suo tocco.
«Siamo
quasi arrivati» lo avvisò qualche
passo dopo
e Kurt sollevò lo sguardo davanti a sé
guardandosi
distrattamente intorno finché vide in lontananza qualcosa
che lo
folgorò.
Esposto in un quadro armonico di creazioni di uno dei suoi stilisti
preferiti, c’era un abito che aveva grattato via un pezzo del
suo
cuore ogni volta che l’aveva sfiorato sulle pagine patinate
delle
riviste, fino a ritagliarsi un posticino tra i suoi desideri, quelli
futili a cui non dava voce neppure con se stesso. Era proprio lui,
arricchito con qualche accessorio che lo rendeva ancora più
interessante e, se possibile, ancora più suo. Passargli
accanto
per caso e poterlo osservare attraverso un vetro, era più di
quanto avesse mai sperato possibile, perciò sorrise tra
sé e sospirò emozionato.
Amy seguì la direzione del suo sguardo per capire cosa lo
avesse
colpito e non si stupì che si trattasse di
un’esposizione
di abiti maschili di gusto ineccepibile pur nella loro ispirata
eccentricità. La donna osservò i capi uno per uno
finché scorse un modello che aveva qualcosa di familiare,
nel
senso più dolce del termine, e le fu subito chiaro a cosa
fosse
dovuto il sospiro del ragazzo: quella creazione non era solo un
prodotto raffinato del team artistico di Alexander McQueen o
un’infusione della magia del suo estro, in
quell’abito
c’era innegabilmente un po’ di Kurt Hummel.
Ed Amy era determinata a restituirglielo.
«Ti dispiace se prima di andare a mangiare, approfitto ancora
del
tuo aiuto?» gli chiese sfoggiando le sue qualità
d’attrice «Stavo pensando di prendere qualcosa
anche per
Blaine, magari una camicia, ma non so bene cosa gli piaccia, non
conosco neppure la sua taglia, mi puoi dare una mano?»
«Certo!» annuì immediatamente Kurt
«Grazie, allora andiamo» sorrise soddisfatta
godendosi i
tentativi malriusciti di Kurt di deviare il suo sguardo su qualcosa che
non fosse il suo abito.
«Qui?» domandò il ragazzo incredulo
della sua
fortuna quando Amy si fermò davanti all’ingresso
della
boutique che custodiva il suo sogno in grigio antracite
«Sì, penso sia il posto perfetto»
sorrise Amy
«Lo penso anch’io» si illuminò
il ragazzo
esultando interiormente al pensiero di riuscire forse anche a sfiorare
l’oggetto dei suoi desideri.
Una volta dentro, Amy invitò Kurt a dare
un’occhiata in
giro per scovare qualcosa che potrebbe interessare a Blaine,
scommettendo tuttavia che se suo figlio fosse stato lì con
loro,
avrebbe di certo concordato con lei nel ritenere che
quell’abito
indosso al suo ragazzo fosse effettivamente quanto di più interessante
avrebbe potuto regalargli.
Un giovane e biondissimo assistente alle vendite si avvicinò
ad
Amy che gli spiegò le sue intenzioni chiedendo la sua
collaborazione.
«Deve essere una sorpresa - sottolineò
più volte - E deve vestire perfettamente» si
raccomandò
«Non si preoccupi, signora - la rassicurò il
ragazzo -
Credo di sapere come fare per prendere le sue
misure…»
sospirò soffermandosi con lo sguardo un po’ troppo
a lungo
e intensamente sul corpo flessuoso di Kurt di cui pareva apprezzare
parecchio ogni dettaglio
«Immagino… - lo fulminò Amy - Spero
soltanto che
né io né mio figlio siamo costretti a prendere
anche
delle altre misure… restrittive, per
esempio» gli intimò con un ghigno
indiscutibilmente intimidatorio
«Certo, può stare tranquilla - arrossì
imbarazzatissimo il ragazzo distogliendo immediatamente lo sguardo - e
anche suo figlio» assicurò rivolgendosi brevemente
verso
Kurt per poi riabbassare lo sguardo a scanso di equivoci
«No, non è lui mio figlio, è il suo
fidanzato» chiarì appagata
dall’espressione sempre
più mortificata del giovane commesso
«Mi scusi di nuovo» balbettò affranto ed
Amy
rifoderò gli artigli, in fondo non poteva biasimarlo per
essere
attratto da Kurt, quindi lo soccorse con un sorriso comprensivo che
stemperò la tensione e i due misero in atto il piano.
Per loro fortuna l’attenzione di Kurt era
totalmente
rivolta in parte al suo meraviglioso abito e per il resto alla ricerca
di una camicia perfetta per il suo ragazzo sforzandosi di ignorare
quella vocina diabolica nascosta da qualche parte sotto la sua cintura
che lo spingeva a più riprese verso un modello rosso
provocatoriamente sagomato, ma facile da sfilare via, che sarebbe stato
benissimo sulla pelle di Blaine e sotto le sue dita. Era talmente
concentrato che non si chiese come mai un attimo prima tentasse di
scacciare strani pensieri natalizi sull’aderenza di quel
tessuto
rosso su un affascinante Santa Blaine e l’attimo successivo
si
fosse trovato ad indossare un completo nero, particolarmente aderente,
per aiutare Amy nella scelta del colore della camicia, né si
accorse che, per tutto il tempo della prova abiti,
l’assistente alle vendite lo aveva scrutato attentamente
scribacchiando qualcosa su un taccuino.
«Ho bisogno di visualizzare gli abbinamenti» aveva
spiegato
la donna e a Kurt non dispiaceva affatto farle da modello, anzi si
chiese se avesse potuto approfittarne per indossare il suo McQueen, ma
non era certo che poi avrebbe potuto separarsene, perciò si
accontentò di sfiorarlo con deferenza dopo essersi
assicurato di
non essere visto.
Sherlock Hummel era evidentemente troppo distratto.
Quando lasciarono il negozio, l’armadio di Blaine si era
arricchito di tre camicie nuove dal taglio europeo, di cui una rosso
carminio molto aderente che qualcuno
gli avrebbe scartato di dosso a Natale, e la lista di Kurt era stata
appena sfoltita di un desiderio inespresso in grigio opaco che sarebbe
stato recapitato la mattina successiva ad una raggiante Amy.
Da: Kurt
A: B♥
Sono seduto al tavolo di un ristorantino libanese adorabile: il cibo
è fantastico e credo di essermi innamorato di tua madre.
Da: Blaine
A: K♥∞
Sapevo che sarebbe successo… Ma sai che per averla dovrai
passare sul corpo di mio padre?
Da: Kurt
A: B♥
Preferisco passare sul corpo di suo figlio. Tutte le volte che posso.
Su ogni centimetro disponibile. Da ogni angolo possibile.
Da: Blaine
A: K♥∞
KURT?
Da: Kurt
A: B♥
È colpa delle spezie. Brucio. Letteralmente. Scusami (?)
Da: Blaine
A: K♥∞
Fammi controllare... Ora brucio anch’io. Ovunque.
Letteralmente.
Da: Kurt
A: B♥
Tu e la cucina speziata sarete la mia morte.
Da: Blaine
A: K♥∞
Farti morire è la mia ragione di vita, baby penguin
Da: Kurt
A: B♥
Ti odio
Da: Blaine
A: K♥∞
Ti amo anch’io. A dopo. ♥
«Tutto bene?» domandò Amy mentre
riprendeva posto al tavolo
«Sì» sospirò Kurt
distogliendo
l’attenzione dal led con quel sorriso persistente sul volto
ancora rosso brillante che Amy interpretò come la prova
dell’impertinenza di Blaine piuttosto che gli effetti
collaterali
delle spezie.
«Desmond ti saluta - sospirò accarezzandolo con lo
sguardo
- di nuovo» aggiunse ridacchiando visto che era la terza
volta
che si alzava dal tavolo per rispondere alle chiamate di suo marito in
privato onde non mettere in imbarazzo Kurt e se stessa con una
dimostrazione evidente di come il flirting telefonico non fosse una
prerogativa delle coppie di adolescenti.
Kurt si unì alla sua risata condividendo il sentimento
mentre la
cameriera si avvicinava con un vassoio allettante di piccoli involtini
spolverati di pistacchi e anacardi.
«Non sono sicuro di avere spazio per il dessert» si
rammaricò ormai sazio Kurt
«Devi trovarlo!» lo invitò Amy
pregustando la
delizia al latte e mandorle che condivideva sempre con il suo
papà prima di fiondarsi a rubacchiare un’altra
mezza
porzione di dolce dal piatto di sua madre
«Io mi sarei fermato al mez…»
esitò Kurt
ancora in estasi per quel rito iniziale di piccoli piattini colorati
ripieni di ogni deliziosa varietà di antipasti di cui non
ricordava il nome
«Mezzeh - lo aiutò Amy - Ma non puoi non
assaggiare queste
meraviglie!» tentò di corromperlo rivolgendogli
ancora quello sguardo che piegava la
volontà di Kurt in un modo che iniziava seriamente a
preoccuparlo
«Che c’è?» si
incuriosì Amy vedendolo roteare gli occhi frustrato
«Niente, è che mi sono sempre chiesto da chi
avesse preso Blaine»
«La golosità?» lo anticipò
«No, la capacità di farmi fare tutto quello che
vuole» sbuffò esasperato rendendosi conto troppo
tardi dei
sottintesi che implicavano le sue parole e, arrossendo furiosamente,
tentò di aprir bocca per spiegarsi ma Amy lo soccorse
immediatamente
«Ho capito - sorrise affettuosa - Va bene, non insisto,
però ne portiamo un vassoio a casa così li
assaggerai
più tardi con Blaine, d’accordo?».
Kurt annuì con trasporto e si sforzò di
restituire al suo
viso il pallore naturale anche se non era impresa facile mentre la sua
testa veniva invasa da immagini tutt’altro che innocenti di
Blaine che avvolgeva tra le sue labbra morbide i piccoli baklava
godendo dell’esplosione del gusto con mormorii che destavano
in
lui quel genere di fame che temeva di non poter mai saziare abbastanza.
«Siamo a casa» annunciò Amy non appena
rientrarono nell’appartamento.
Prima che arrivassero, Blaine era riuscito a fare una doccia per lavar
via quintali di polvere e frustrazione per l’allestimento
della
cena sul tetto il cui risultato era ancora molto lontano dai suoi
obiettivi e dagli standard del suo affascinante commensale. Si
precipitò fuori dal bagno per raggiungerli e salutarli con
un
luminoso «Ciao!» mentre si strofinava i capelli
bagnati con
l’asciugamano e sembrava non essersi accorto di come la
t-shirt e
gli shorts di morbido cotone grigio aderissero alla sua pelle
ancora umida. Kurt invece sembrava decisamente esserne accorto.
«Com’è andata?»
domandò avvicinandosi
sorridente, ma Kurt era troppo impegnato a tatuarsi sulle cornee ogni
centimetro del suo corpo per rispondergli o anche solo per capire cosa
avesse detto.
Amy non sapeva se fosse più ridicolmente adorabile lo
sbarellamento ormonale di Kurt o il fatto che suo figlio ne fosse
totalmente inconsapevole - certo se avesse distolto lo sguardo dalla
sagoma dei pantaloni di Kurt magari avrebbe avuto una qualche
possibilità di prenderne atto - in ogni caso di una cosa era
certa: si sentiva assolutamente di troppo.
«Beh, io sono un po’ stanca perciò
andrò a
riposare un po’ - disse ridestando i neuroni dei due ragazzi
dal
coma ormonale - Ti racconterà tutto Kurt»
«Va bene» balbettò il redivivo Hummel
«Per cena ordiniamo cinese?» propose Amy, ma i due
ragazzi avevano altri piani.
Per tutta l’estate il martedì era stata la loro
serata di
finger food casalinghi e film su cui fingere di non piangere, e non
volevano rinunciare a quel rito che aveva il sapore agrodolce dei
ricordi del divano del signor Colfer e del suo giardino sul retro dove
trascorrevano il resto delle loro serate impegnati in un altro genere
di rituali…
Amy continuava a sentirsi di troppo, ma Kurt era intenzionato ad
includerla nelle loro tradizioni di coppia, perciò
insistette e
Blaine lo sostenne scatenandole contro il più irresistibile
degli sguardi imploranti.
Amy cedette immediatamente.
«Puoi scegliere tu il film - le concesse entusiasta Blaine -
Oppure, se preferisci, possiamo vedere altri tuoi spettacoli»
«Uh sì!» si accodò
elettrizzato Kurt
«No, basta! - ridacchiò Amy - Io ho già
dato, stavolta tocca a voi»
«Io non ho nulla con me» si rammaricò
Kurt
«Io ho qualcosa» sussurrò eccitato
Blaine e per
“qualcosa” intendeva tutto il repertorio degli
Warblers,
comprese le prove, in tutti i formati audio e video disponibili.
«Perfetto, allora avremo una Warblers night»
concluse deliziata Amy
«Una Blaine night» la
corresse The Diva che ancora non riusciva a credere di non aver portato
con sé le prove del suo talento
«Siamo un coro» gli ricordò Blaine
roteando gli occhi
«No, un coro sono delle persone che cantano insieme, qui
invece
ci sei tu con dei tizi in orrendi blazer che ti ondeggiano intorno
mentre ti esibisci» obiettò sarcastico
«Mi pareva di aver capito che apprezzassi quei
blazer…» non resistette a provocarlo
Blaine
godendosi trionfante il rossore che divampò sulle sue guance.
«Però l’unica cosa che ho visto io degli
Warbler era
un vostro duetto» sottolineò Amy in soccorso del
figlio
ignorando i sottintesi imbarazzanti tra i due
«Quello non conta, era solo un modo per
corteggiarmi»
replicò Kurt non senza un senso di compiacimento ancora vivo
nella voce
«Cosa? - sbottò Blaine - Non è
vero»
«Le parole esatte sono state “è solo una
scusa per
passare più tempo con te” - puntualizzò
Kurt
pareggiando il match di rossori imbarazzati - O ricordo male?»
«Sì, è vero, ma non avrei mai messo a
rischio la
partecipazione degli Warblers alle Nazionali se non avessi pensato che
tu ed io sul palco fossimo un’arma vincente» disse
tutto
d’un fiato e tutti gli intenti bellicosi di Kurt e persino di
The
Diva si infransero nella trasparente sincerità di quegli
occhi
maledetti che si muovevano agitati e premurosi sul suo volto in cerca
di un sorriso che non tardò a fiorire, morbido e
appassionato.
Amy iniziò a rassegnarsi alla sensazione di essere
perennemente di troppo in loro presenza.
«Avevi ragione a pensarlo» sussurrò
convinta constatando l’ovvio
«Abbiamo perso però» sospirò
Kurt abbassando lo sguardo
«Non per demerito vostro» assicurò Amy
«Lo rifarei, comunque - intervenne Blaine
ricercando lo
sguardo di Kurt che risalì subito fino ai suoi occhi - E
quanto
agli Warblers, so che a volte sembriamo ridicoli, ma ci sentiamo
davvero un gruppo: hanno scelto me come solista il più delle
volte… okay, sempre, ma non sono io il protagonista, la
nostra
vera forza è cantare insieme e loro sono molto
più che i
miei coristi, sono i miei amici e da quando ho messo piede alla Dalton
sono stati la mia famiglia» si giustificò e se da
un lato
si poteva quasi sentire ogni residuo di sarcasmo in Kurt sgretolarsi,
dall’altro nessuno parve notare la lama della colpa affondare
gelida nel petto di Amy.
«Scusami -
soggiunse Kurt - Lo sai che quei ragazzi hanno
significato molto anche per me. È che credo di essere geloso
perché tra poco loro potranno salterellarti intorno per
tutto il
tempo, mentre io me ne starò da solo al McKinley a fare il
corista di Rachel Berry» confessò remissivo
«Tu non sarai il corista di nessuno, compresa
Rachel» obiettò Blaine adorabilmente stizzito
«È quello che ho fatto negli ultimi due
anni»
constatò rassegnato appoggiandosi alla carezza lenitiva
della
mano calda di Blaine sulla sua schiena
«Beh, ma quest’anno sarai il direttore artistico di
uno
spettacolo importante, per cui deciderai tu il cast e cosa far fare a
ciascuno» lo incoraggiò Amy perché per
gli Anderson
infondere courage sembrava essere una missione di vita, specie se si
trattava del giovane Hummel.
«Allora devo essere proprio un idiota visto che ho
già
dato via il numero d’apertura e tutto il mio Glee club
sarà il protagonista dello show» rise di
sé
scrollando la testa
«Se preferisci fare tu il numero d’apertura, sai
che per noi va bene» gli assicurò mortificato
Blaine
«No, il numero d’apertura non si discute»
ribatté deciso sorridendogli dolcemente.
«Hai deciso cosa canterai tu?» domandò
Amy mentre
nella sua testa vorticavano idee e proposte da suggerirgli e rinasceva
una parte di sé che credeva di aver perso per sempre
«No, so solo cosa canterò con Blaine»
«Vuoi duettare con me?» si illuminò
Blaine
«Ovviamente - ridacchiò Kurt - Non sei
l’unico a
pensare che tu ed io sul palco siamo un’arma
vincente» gli
chiarì attorcigliandosi alle sue dita.
Amy colse il suggerimento per andare a riposare e lasciarli soli,
perciò salutò e con l’animo raddolcito
dall’immagine dell’amore di suo figlio intrecciato
alla sua
mano, raggiunse felice la sua camera.
«Davvero mi vuoi con te su quel palco?»
«Assolutamente sì» e non ci fu bisogno
di aggiungere
che lo volesse con sé sul palco e ovunque: gli si poteva
leggere
tra le ciglia mentre gli confessava di essere vittima della sindrome
degli Warblers
«La cosa?»
«La sindrome degli Warblers - ripeté divertito -
In
pratica ogni volta che mi viene in mente una canzone per lo spettacolo,
immagino come la canteresti tu e so già che non
riuscirò
più ad affidarla a qualcun altro. Insomma, il mio primo
spettacolo da regista sarà l’ennesima Blaine
night»
sospirò reggendosi platealmente la testa sconsolato.
Blaine sorrise e si fece più vicino «È
un’idea allettante, ma no, non stavolta - declinò
stringendolo a sé - Io preferirei una Klaine night, ma solo
a
patto che stavolta sia io il tuo corista» gli
sussurrò
sulle labbra
«Si può fare… - ammiccò Kurt
- Ho già
inviato una richiesta ufficiale alla direzione della Dalton per avere
te e gli Warblers nel mio spettacolo»
«Sul serio?»
Kurt annuì e gli ricordò che oltre ad una certa
passione
per i blazer, di cui lui aveva avuto ampie e sensuali prove, si era
sinceramente affezionato a quei ragazzi e desiderava dare il giusto
risalto all’impegno dell’Accademia Dalton per
l’integrazione «Tu , Wes e David siete una sorta di
manifesto di un genere di politica che voterei» concluse
chiedendosi in quante altre scuole, pubbliche o private, un gruppo
eterogeneo di ragazzi avrebbe riconosciuto la leadership artistica di
un frontman gay e quella decisionale di un afroamericano e un asiatico.
La Dalton era un posto speciale in più di un senso.
«Grazie, anche a nome loro» mormorò
Blaine
«Tuttavia - incalzò Kurt smorzando il suo
entusiasmo - non
posso prometterti di riuscire a non odiarli per il fatto che loro
condivideranno con te quest’ultimo anno di liceo mentre
io…»
«Shhh, non ci pensiamo adesso - lo interruppe accarezzandogli
le
labbra con le sue - Non vedo l’ora di cantare con
te»
sospirò baciandolo e probabilmente non vedeva
l’ora di
fare anche dell’altro con lui, se il modo in cui i suoi occhi
lo
divoravano significasse qualcosa.
«Cosa hai scelto?» si incuriosì mentre
seguitava a torturare le sue labbra
«È una sorpresa» cinguettò
Kurt
«Un indizio?» tentò di corromperlo
sottraendogli la sua bocca
«Niente Katy Perry né deprimenti similitudini su
candele
da soffiare per dimenticare amori finiti male»
infierì
beffardo alzando gli occhi al cielo
«Non prendermi in giro! - brontolò Blaine -
L’avevo scelta perché speravo di
colpirti»
«Mi avevi già colpito» gli
sussurrò lasciandosi stringere di nuovo, «dal
primo sguardo» aggiunsero i suoi occhi e Blaine lo
sentì fin dentro le ossa.
«Sarò orgoglioso di essere al tuo fianco su quel
palco e
ovunque vorrai - mormorò esilmente accarezzandogli il viso -
E
sono così fiero di te, Kurt, ho sempre saputo che avresti
cambiato il mondo»
«Non esagerare» minimizzò mascherando
l’emozione dietro un sorrisetto scettico
«Beh, di certo hai cambiato il mio e…»
«… and we’ll never be the same
again» canticchiò Kurt e Blaine lo
fissò confuso
«Mi hai chiesto un indizio per il
duetto…» spiegò allusivo
«Le Spice girls? - rise Blaine - Seriamente?»
«È di Melanie C a dire il vero»
puntualizzò
sforzandosi si star serio guadagnandosi uno sguardo circospetto e un
accenno di panico del povero Blaine che scatenò le sue risate
«No, niente Spice girls - lo rassicurò - Anche se
quel testo potrebbe parlare di noi»
«Già, come altre duemila canzoni di amori
destinati a
durare per una e mille vite - considerò con enfasi Blaine -
A me
interessa solo che sia chiaro a tutti che ti amo e che non
c’è niente di sbagliato in questo»
dichiarò
orgoglioso.
Kurt annuì sulle sue labbra e quando infine lo
baciò con
passione, sentendo le dita riscaldarsi sulla sua schiena mentre lo
teneva stretto a sé, confermò a se stesso che
quello che
provavano l’uno per l’altro non fosse solo giusto,
ma anche
inevitabile, legittimo, naturalmente perfetto.
«Ho un sacco di cose da raccontarti - mormorò Kurt
mentre
riprendevano fiato - Ti ho già detto che sono innamorato di
tua
madre?»
«Sì, almeno un milione di volte» finse
di risentirsi
Blaine guadagnandosi una risata di Kurt e un bacio di scuse sulla fronte
«Dammi solo cinque minuti: ho bisogno di una doccia per
togliermi di dosso la città»
«Posso aiutarti?» si propose il generoso warbler
molestandolo con lo sguardo
«Tua madre riposa dall’altra parte del
muro» ricordò ad entrambi
«È tutto il giorno che penso a questi dannati
pantaloni,
dammi almeno la soddisfazione di sfilarteli via» lo
pregò
aggrappandosi tenacemente ai suoi fianchi
«Non credo sia una buona idea» sussurrò
Kurt
divincolandosi a fatica e lasciandogli un ultimo bacio prima di
raggiungere la porta dove tuttavia si fermò per qualche
istante
prima di voltarsi indietro con una strana luce negli occhi che trafisse
Blaine dritto nello stomaco, o poco più sotto.
«Allora? Resti lì? - domandò ad un
perplesso Blaine
- Ho detto che non è una buona idea, non che non potessi
farlo» spiegò intensificando quella luce nel suo
sguardo e
le relative conseguenze patite da Blaine che si precipitò
rapace
su di lui
«Se ti limiti a toglierli e basta» lo
avvisò quando
fu abbastanza vicino da godersi la smorfia di disappunto e frustrazione
che si dipinse sul volto del povero Blaine.
«Sei sadico, sai?» grugnì esasperato
girandogli le
spalle sprezzante per tornare dignitosamente sul divano dove avrebbe
atteso il suo ritorno meditando la giusta vendetta.
Kurt riapparve circa dieci minuti più tardi a piedi nudi,
con i
capelli ancora umidi e il profumo preferito di Blaine aggrappato alla
sua pelle: indossava gli stessi dannati pantaloni e un sorrisetto
saturo di promesse. A Blaine non servì altro per capire che
avrebbe avuto un’altra occasione per sfilarglieli via e tutti
i
suoi piani di vendetta si dissolsero.
«Grazie» gli sussurrò sul collo non
appena Kurt
scivolò sul divano accanto a lui per farsi ospitare tra le
sue
braccia
«Hai rinunciato ad una giornata con tua madre per colpa mia,
penso di dovermi sdebitare in qualche modo»
«Non è colpa tua, ma se vuoi sdebitarti io sono
totalmente
disponibile ad approfittarne» promise Blaine godendo del peso
del
suo ragazzo steso su di lui, racchiuso nel suo abbraccio, a portata
della sua bocca.
Kurt d’altra parte sembrava gradire l’interesse
della sua bocca. E delle sue mani. E di nuovo della sua bocca.
«Allora? Com’era la Quinta strada?»
domandò
Blaine quando ritenne di aver saziato abbastanza la bocca di entrambi
«Fantastica» annaspò Kurt sulle sue
labbra prima di
riprendere fiato e riversargli addosso tutti i sapori di
quell’esperienza non tralasciando alcun dettaglio
perché
Blaine ne gustasse ogni sfumatura.
Mentre perdeva il fiato smarrendosi nella bellezza di porcellana
perfetta che era il volto di Kurt illuminato dalla passione del suo
racconto concitato, Blaine iniziò a pregare intensamente che
quei loro giorni a New York non finissero mai, che potessero restare su
quel divano per un tempo indefinito e che ci fosse sempre un posto per
lui tra quelle braccia, su quella bocca, dentro quel cuore.
Quando Amy raggiunse i ragazzi per la cena, la Warbler night ebbe
finalmente inizio.
Kurt aveva dato sfogo al suo estro cucinando deliziose piccole quiches
al salmone, polpettine di verdure e mini crêpes.
Blaine si era limitato per lo più a guardarlo, distraendolo
nel
modo meno virtuoso possibile, ma nei rari momenti in cui era riuscito a
staccargli gli occhi di dosso, aveva allestito una sorta di picnic
davanti alla tv che gli valse i complimenti estasiati di Kurt e anche
l’accesso privilegiato ai suoi pantaloni durante una rapida
sessione di coccole nell’attesa che il popcorn smettesse di
esplodere, almeno lui.
Mentre sullo schermo un gruppo di ragazzi in blazer armonizzavano tutto
il peggio della Top 40, Amy assaggiò ogni pietanza disposta
con
cura da Blaine nei piattini Royal Copenhagen con dipinte le fiabe di
Anderseno
che Kevin regalò a Desmond poco prima che la
malattia
gli portasse via la sua bella voce: «Per
ricordarti che le fiabe esistono davvero» gli
aveva sussurrato e Desmond aveva desiderato tanto credergli.
Amy
assaporò con entusiasmo il gusto sapido di ogni boccone
e
divorò l’atmosfera che irradiava quella serata
così
intima da stringerle il cuore in una morsa che faceva quasi male.
Non
ci aveva ancora fatto caso, ma erano giorni che il suo scialle bianco
era rimasto piegato ai piedi del letto, dimenticato. Amy aveva ora
qualcosa di più caldo e morbido ad abbracciarla, a farla
sentire
protetta, a darle il sostegno necessario per continuare il suo percorso
verso quella serenità che per tanti è un possesso
dovuto,
per lei un dono immeritato: la sua famiglia. Riusciva a sentirla
intorno a lei, a respirarla nel suono delle battutine sarcastiche di
Kurt sugli Warblers alternate agli sguardi di reciproca
devozione
che si scambiarono i due ragazzi mentre si imboccavano a vicenda con la
spontaneità di un gesto naturale, istintivo, ovvio. Nutrire
chi
si ama è una forma di piacere intimo e ancestrale, un
compito
che le madri onorano per privilegio del loro genere, ma Amy se
l’era negato e forse per questo il cuore le si sciolse tra le
ciglia quando porse la metà di quell’ultima quiche
a suo
figlio che se ne sfamò direttamente dalla sua mano.
Blaine non aveva mai mangiato niente di più buono.
Una parte di Amy avrebbe voluto che quella serata non finisse mai, ma
quando Blaine cedette al sonno reclinando la testa su quella di Kurt
che già dormiva sulla sua spalla, la Warbler night era
ufficialmente finita.
In silenzio Amy ripulì e sistemò quel che restava
del
picnic di Blaine, spense la tv e prima di raggiungere la sua camera
cercò qualcosa per coprire i due ragazzi addormentati sul
divano, dando loro un’ultima lunga carezza con lo sguardo
prima
di chiudere la porta e lasciarli ai loro sogni, stretti uno
all’altro.
Fu così che li ritrovò Desmond quando
rientrò a
casa qualche ora dopo: addormentati sul divano uno
sull’altro,
avvolti nell’abbraccio caldo di uno scialle bianco.
Amy sentì la porta d’ingresso aprirsi e
sussultò:
suo marito era appena rientrato a casa e lei aveva letteralmente
contato i minuti da quando aveva ricevuto il suo messaggio che la
avvisava di essere atterrato a New York.
Lasciò andare un sospiro di sollievo e accarezzò
l’ultima riga delle sette pagine appena scritte sul suo
quaderno
rosso prima di riporlo e istintivamente sistemarsi i capelli e la
camicia da notte, nervosa come una quindicenne che sta per incontrare
il ragazzo di cui è pazzamente innamorata e vorrebbe che lui
la
trovasse bellissima fin dal primo sguardo. La Amy di un tempo avrebbe
irriso spietatamente se stessa per questa recrudescenza adolescenziale,
ma ora concedersi di essere ridicola era quasi una conquista
perciò si immerse in quella sensazione di fibrillazione e
sfarfallio nello stomaco con la fierezza di un generale vittorioso.
Il generale e la teenager furono dunque estremamente gratificate
dall’espressione decisamente sedotta che apparve sul volto di
Desmond quando scostò delicatamente la porta e
posò i
suoi occhi su di lei trovandola bellissima, fin dal primo sguardo.
«Ciao» lo salutò sorridendogli
«Ciao - rispose Desmond abbandonando distrattamente la
ventiquattrore sul pavimento senza staccarle gli occhi di dosso - Sei
ancora sveglia» constatò e avrebbe dovuto essere
un
rimprovero ma la sua voce aveva una spiccata nota di dolcezza e
compiacimento
«Non riuscivo a dormire» si giustificò
osservandolo
accigliarsi mentre si sedeva sul bordo del letto accanto a lei
«Stai male?» si preoccupò posando una
mano sul suo ventre a cui Amy intrecciò subito la sua
«Ora non più» gli assicurò
lusingandolo e
Desmond si sporse su di lei per baciarle il suo grazie sulla fronte
«Mi sei mancato» sussurrò respirandogli
sulle labbra
prima di stringerle tra le sue e sentire nel calore intimo di quel
bacio quanto anche a Desmond fosse mancata. Terribilmente.
«Dammi cinque minuti - annaspò Desmond dopo una
lunga apnea nella sua bocca - faccio una doccia e arrivo»
«Te ne concedo due, tre al massimo»
rilanciò categorica
«Adoro quando usi quel tono autoritario con me»
mugolò Desmond
«Muoviti! - lo zittì provocante - I tre minuti
sono già partiti»
«Ai tuoi ordini» ridacchiò
l’uomo che amava.
Desmond riemerse dalla doccia circa sette minuti dopo, ma in fondo Amy
era un despota generoso perciò non recriminò.
Preferì concentrarsi a far finta di non notare come i
pantaloni
di cotone di suo marito cadessero morbidi ben oltre la vita, aggrappati
appena ai suoi fianchi
«Sono perdonato?» le domandò mentre
raggiungeva il
letto affondando ad ogni passo negli occhi di sua moglie che brillavano
di una luce scura e potente.
Amy annuì distogliendo quello sguardo acceso dal suo corpo e
Desmond non poté fare a meno di sorridere.
«Come stai? Nostalgia di me a parte» le chiese
mentre
scivolava sotto le lenzuola regalando ai suoi occhi un’ultima
intensa carrellata sulla sua donna prima di spegnere la luce e
stendersi al suo fianco.
«Sto bene. Nostalgia di te a parte,
è stata una bellissima giornata»
sospirò rannicchiandosi tra le sue braccia
«Lo shopping con Kurt?»
«Un’esperienza fantastica - respirò sul
suo collo - Kurt è un ragazzo meraviglioso, Desmond, davvero
meraviglioso» ripeté senza far nulla per
nascondere quella
sua evidente contentezza tutta materna per la scelta di suo figlio
«Lo so» concordò Desmond pervaso dalla
stessa
sensazione di sollievo profondo nel sapere il suo bambino tra le mani
di una persona meravigliosa
«Credo di essermi innamorata di lui» ammise Amy
ridacchiando
«Sapevo che sarebbe successo - finse di disperarsi suo marito
- Ma dovrai passare sul corpo di Blaine per averlo»
«Preferisco impegnarmi per riuscire di nuovo a passare su
quello
di suo padre» sussurrò esilmente sulla sua pelle
ancora
umida assaporandone il gusto a fior di labbra
«Mi sembra un’ottima idea» le
soffiò tra i capelli tenendola più stretta
«Comunque dubito che esista qualcuno che possa portarglielo
via»
«Lo credo anch’io» sorrise Desmond
«Sono così innamorati… -
sospirò Amy - Eravamo così anche noi?»
«Inebetiti e sdolcinati fino al punto di essere nauseanti e
anche
un po’ irritanti? Assolutamente sì»
rispose
lasciandosi scorrere dentro il brivido della risata soffocata di Amy.
«Quando gli darai il barong tagalog1?»
le
chiese accarezzandole la schiena
«Credi davvero che possa piacergli? Voglio dire, è
così attento alla moda, non so se apprezzereb..»
«Amy, è abbastanza evidente che anche lui
è
innamorato di te, perciò credo adorerebbe anche uno straccio
se
fossi tu a regalarglielo - la rassicurò - Anzi, sono sicuro
che
lo apprezzerebbe anche se ignorasse il significato che riveste per la
nostra famiglia».
Da generazioni, infatti, le donne della famiglia di Amihan
perpetuavano quella tradizione
solo loro: quando le loro figlie avevano trovato l’uomo
giusto, regalavano a quell’unico possibile,
una camicia leggera, finemente ricamata, in
attesa di vederla indossata il giorno delle nozze, secondo il costume
della cultura filippina. Avendo avuto un maschietto, Amy non
avrebbe dovuto assecondare quel rito di famiglia, ma evidentemente il
destino aveva deciso altrimenti.
«Forse hai ragione, ma per ogni evenienza gli ho comprato
anche un abito»
«Sei riuscita a convincerlo? - si stupì Desmond -
Deve amarti sul serio, allora!»
«No, non ne sa nulla - ridacchiò Amy - Glielo
darò domani»
«E il barong?»
«Non lo so - sospirò incerta - Ho paura»
«Avevi detto che non avresti più permesso alla
paura di
decidere per te» le ricordò assecondando
delicatamente la
curva dei suoi fianchi con le dita
«Già, ma… - esitò - Non
voglio affrettare le
cose. O fare pressioni. Insomma, è poco che si conoscono e
sono
ancora così giovani!»
«Tua madre non ha perso tempo con me»
ricordò
Desmond e non senza una lieve incrinatura nella voce che indusse la
donna che amava a lenire quella ferita con la sua bocca, leggera, sulla
pelle tesa del suo collo
«È diverso però, mia madre era convinta
che non
avrei mai trovato uno che mi sopportasse, perciò ha chiuso
l’affare in tempi record prima che tu ci
ripensassi» rise
Amy
«Non ho mai capito come potesse essere così sicura
di noi, non mi aveva neppure visto di persona»
«Lo so - sorrise ripensando con nostalgia alla determinazione
di
sua madre - ma aveva visto me dopo averti incontrato e non ha mai avuto
dubbi che fossi tu»
«Che fossi io… cosa?»
«Vuoi davvero sentirmelo dire?» intuì
Amy che odiava
vederlo compiacersi nel sentirla pronunciare espressioni quali
“anima gemella”, “uomo della mia
vita” e altri
cliché sdolcinati che le ustionavano terribilmente la lingua
come il peggior acido
«Sì» la sfidò divertito
«La mia palla al piede» lo accontentò.
Desmond sbuffò una risata tra i suoi capelli e
tentò di
replicare ma Amy lo anticipò «Ed è una
condanna a
vita, tienilo bene in mente, non importa quante
“Nancy”
tenteranno di convincerti del contrario» accentuò
possessiva
«Lo so, mi avrai ai tuoi piedi per sempre» le
sussurrò trascinandola su di sé per dissetare il
suo
corpo tutto.
«Tua madre ha sempre avuto ragione su di me -
continuò
tessendole i capelli con le dita - e noi abbiamo ragione su Kurt
perché è vero, sono ancora troppo giovani, ma io
non ho
alcun dubbio che siano destinati ad essere uno la palla al piede
dell’altro. Voglio dire: pensi che Blaine possa davvero
trovare
qualcun altro che lo corrisponda in quel modo? O che si prenda cura di
lui e della sua famiglia, come fa Kurt?»
«No, nessun dubbio» concordò Amy
«Allora il barong è già suo, a
prescindere da come finirà tra loro» concluse
Desmond.
Amy intrecciò le dita a quelle dell’uomo che amava
e annuì.
Non ci fu bisogno di dar voce al fatto che entrambi sapessero come
sarebbe finita tra Blaine e Kurt: si limitarono ad immaginare con quali
colori avrebbero riempito lo spazio vuoto intorno alle loro impronte
intrecciate sulla parete della loro famiglia.
«Tutto bene a Boston? - domandò Amy scrollandosi
di dosso
quell’arcobaleno di piccole dita - Hai incontrato
Kelly?»
«Sì»
«E allora?» domandò eccitata
«È tutto a posto, predisporrà ogni cosa
in tempo per lo spettacolo»
«È meraviglioso! Kurt sarà felicissimo
-
cinguettò Amy - Voglio essere presente quando glielo
dirai» lo pregò
«Non lo farò - smorzò il suo entusiasmo
Desmond -
Lo contatterà Kelly per dargli tutti i dettagli e si
metteranno
d’accordo tra loro»
«Perché?» sbuffò esasperata
Amy
«Perché cosa?»
«Perché devi sempre concedere agli altri meriti
solo tuoi?» rispose stizzita
«Perché non è importante» si
giustificò Desmond a disagio
«Cosa? Che tuo figlio e il suo ragazzo sappiano che tu hai
finanziato l’intero progetto dell’inaugurazione e
hai fatto
in modo che abbiano a disposizione per lo spettacolo il teatro
migliore, un’orchestra blasonata e chissà che
altro?» protestò la donna che lo amava a tal punto
da non
sopportare quel genere di mortificazione che era diventato il modo di
suo marito di espiare colpe non sue
«Come ho già detto, non è importante
che lo
sappiano» si ostinò a controbattere Desmond
serrando la
mascella per trattenere la frustrazione
«Io penso di sì invece, perché per
Blaine non credo
ci sia niente di più importante al mondo che
sapere di
avere l’appoggio e l’approvazione di suo padre, e
non mi
riferisco ai finanziamenti» lo inchiodò
implacabile come
la verità che le fiorì sulle labbra
«Ho paura» cedette Desmond
«Avevi detto che non avresti più permesso alla
paura di
decidere per te» lo parafrasò raggiungendo il suo
viso con
le dita e lenendo con il suo tocco caldo quel nodo di avvilimento
insensato che lo bloccava
«Già, è che non voglio sbagliare di
nuovo -
mormorò lasciandosi accarezzare anche dentro
dall’amore di
sua moglie - E non voglio neppure che pensi che sia un modo per
comprare il suo affetto»
«Sarebbe una spesa inutile - sussurrò Amy
aggrappandosi
alle sue spalle per sollevarsi e raggiungere la sua bocca - Hai
già tutto l’affetto di Blaine, l’hai
sempre
avuto» gli soffiò sulle labbra prima di baciarlo.
Desmond
non riuscì a contraddirla perché una parte di lui
sapeva
che era la verità e scalciava per essere ascoltata.
Amy ascoltò dunque il suo silenzio, con devozione, colse la
distensione
nel suo respiro e attese che il battito del suo cuore si acquietasse,
poi si strinse a lui e gli raccontò della Warblers night,
del
talento di loro figlio, della tenerezza dell’amore dei due
ragazzi e di quanto si fosse sentita a casa
abbracciata dalla sua famiglia.
Questo era quel genere di storie che Desmond avrebbe voluto vedere
dipinta sui piattini di Kevin, una di quelle fiabe a cui iniziava a
credere.
*** Parte III ***
Fu Blaine a svegliarsi per primo la mattina successiva: era intorpidito
e un intenso formicolio serpeggiava sulla metà del suo corpo
gravata dal peso di Kurt che dormiva beatamente su di lui, drappeggiato
sul suo torace, e con il viso immerso nella sua t-shirt.
Lo scialle bianco di Amy li avvolgeva entrambi e Blaine si
rammaricò di non avere avuto la possibilità di
fissare
nella sua memoria di figlio il momento in cui la sua mamma si era presa
cura della sua nanna per la prima volta. Socchiuse gli occhi
perché la sua fantasia colmasse quel vuoto e
sospirò
accarezzando la lana candida sulla schiena di Kurt.
Si sentiva sazio, insperabilmente completo, traboccante di qualcosa di
dolcemente amaro di cui conoscono il gusto solo i figli negati,
ignorati, respinti.
Quando riaprì gli occhi, Kurt continuava a sbavare sul
colletto
della sua t-shirt e il lato destro del suo corpo a reclamare la
sensibilità persa. Tentò delicatamente di
sistemarsi
meglio, ma Kurt guaì in protesta muovendosi possessivo su di
lui
fino a farlo aderire più saldamente al divano e al suo
corpo.
Blaine non riuscì a trattenere un sorriso e lo
baciò
dolcemente tra i capelli godendosi il mugolio di apprezzamento del suo
principe addormentato che iniziava a svegliarsi.
Kurt aprì a fatica gli occhi e gli ci volle qualche istante
per
realizzare di essersi addormentato sul divano o meglio su Blaine che
attese di averlo dentro i suoi occhi per regalargli il primo sguardo
epifanico della giornata, un sorriso adorabile e un roco
«Buongiorno» che lo scaldò tutto.
«Buongiorno» rispose e dannazione! Era sveglio da
mezzo secondo ed era già arrossito?
«Devo essermi addormentato da qualche parte tra “Misery”
e “Raise your glass” -
tentò di andare oltre - Non ricordo niente dopo»
«Neppure io» soggiunse Blaine e nuovi scenari di
imbarazzo
si aprirono all’orizzonte per un agitatissimo baby penguin.
«Vuoi dire che mi sono avvinghiato a te davanti a tua
madre?» realizzò mortificato
«Probabilmente sì» infierì
Blaine sorridendo alla sua frenetica agitazione
«Ti prego, dimmi che tuo padre non ci ha visti
così!» balbettò sgranando gli occhi
mentre raffiche
di consapevolezza scarlatta sferzavano la sua pelle
«Amore, calmati! - ridacchiò Blaine - Nessuno ci
ha
svegliato per separarci, dunque prendiamola come una
benedizione»
suggerì strizzandogli l’occhio.
Kurt sorrise abbassando lo sguardo mentre il suo stomaco pativa come
sempre la più dolce delle torture nel sentirsi chiamare in
quel
modo da lui.
«Ti ho sbavato la maglietta» si scusò
osservando la
forma umida delle sue labbra stampata sulla maglietta di Blaine
«Puoi sbavare su di me quando vuoi» gli
assicurò
tentando di stringerlo a sé più saldamente, ma il
suo
braccio addormentato cedette procurandogli una lieve fitta
«Oh, scusami! - si rese conto Kurt affannandosi per spostarsi
e
liberarlo dal suo peso - Avrai dormito malissimo»
intuì
imbarazzato
«No - lo fermò Blaine che non aveva alcuna di
intenzione
di toglierselo di dosso - Sto sempre benissimo sotto di te»
gli
sussurrò appena fu abbastanza vicino ai suoi occhi
perché
potesse leggervi dentro tutti i sottintesi implicati
«Mi stai lanciando un messaggio?»
rilanciò seducente Kurt inarcando un sopracciglio
«Forse…»
«Beh, forse potrei scoprirlo da
solo» lo
sfidò minaccioso incombendo su di lui, bloccandolo tra le
sua
braccia e poi aderendo in ogni angolo al suo corpo che, senza sorpresa
per nessuno, ora non era più così addormentato.
«Non tentarmi - lo avvisò Blaine con la voce
già
segnata dall’affanno mentre il cucciolo di pantera scivolava
provocante sulla sua pelle calda - Sai che sono sempre ispirato al
mattino»
«Lo so - mormorò Kurt mentre si incastrava
impietosamente
tra i suoi fianchi provocandogli un’onda di piacere
più
intenso che serrò tra i denti rabbrividendo - Posso
sentirlo» aggiunse con un sorrisetto fin troppo soddisfatto
perché Blaine potesse mettere in dubbio che lo stesse
tentando.
«Ti avevo avvisato» sussurrò Blaine
mentre la sua
ispirazione mattutina decollava insieme alle sue labbra che si
schiantarono voraci su quel sorrisetto.
«No - lo scansò Kurt - non ho lavato i denti ieri
notte» si scusò goffamente
Blaine però era un ragazzo determinato e pieno di risorse,
per
cui gli sorrise e virò l’attenzione della sua
bocca sul
collo pallido del suo ragazzo.
«Tu trovi sempre una soluzione, non è
vero?»
ridacchiò Kurt mentre le labbra di Blaine si sfamavano della
sua
pelle
«Ho sempre un piano B» sorrise prima di riprendere
a torturarlo.
«Mi lascerai dei segni» si sforzò di
ricordargli
Kurt mentre pativa quel meraviglioso supplizio mordendosi il labbro per
trattenere il piacere sonoro che quel maledetto ragazzo riusciva a
suscitargli mappando uno per uno tutti i suoi punti deboli
«Preferisci che li lasci dove non li vedrà
nessuno?»
propose speranzoso Blaine in un impeto di generosità
«È un altro piano di riserva?» rise Kurt
«No, quello è sempre il mio piano principale, sua
altezza
reale» confessò amplificando la risata del ragazzo
che
amava a cui si unì con troppa enfasi.
«Shhh, sveglieremo i tuoi - ricordò soprattutto a
se
stesso Kurt - I piani per la giornata invece?»
tentò di
cambiare argomento
«Mmh, vediamo… inchiodarti a questo divano sopra
di me?» rispose Blaine agganciandosi alla sua schiena.
Tentativo numero uno: fallito.
«Non è male come piano - tentò di
divincolarsi Kurt - ma dubito che i tuoi genitori
approverebbero»
«Mi pare che stanotte abbiano lasciato intendere di non avere
nulla contro noi due avviticchiati uno sull’altro sul
divano» obiettò facendogli spazio tra le sue gambe.
Tentativo numero due: fallito.
«Non possiamo stare tutto il giorno sul divano» si
sforzò di essere razionale Kurt ma non gli era facile con le
mani di Blaine che esploravano le borchie dei suoi pantaloni
«Dammi una sola ragione valida per alzarci da qui»
gli soffiò caldo sul collo.
Tentativo numero tre: fallito.
«Dovremmo mangiare ad un certo punto»
accettò la sfida con tono petulante
«Tutto ciò di cui ho fame è
già su questo
divano» sussurrò Blaine assaporando sulla punta
della
lingua il gusto della sua pelle.
Tentativo numero quattro: fallito.
«E p..poi c’è la serata di t..tuo
padre»
annaspò Kurt in un ultimo, inutile, tentativo di arginare
l’inevitabile
«Uh già» ricordò Blaine
staccandosi dalla sua pelle.
Tentativo numero cinque: riuscito.
Ma Kurt non
sembrò gioirne affatto e il suo volto
manifestò immediatamente il suo disagio che purtroppo non
era
frutto soltanto delle proteste del suo collo per l’improvvisa
perdita delle attenzioni della bocca di Blaine.
C’era dell’altro a preoccuparlo.
L’idea di partecipare all’evento di quella sera
aveva
infatti instillato in Kurt un germoglio infestante di apprensione e
dubbi fin dal momento in cui Desmond l’aveva invitato. Armato
unicamente delle sue insicurezze, aveva tentato da allora di darsi una
risposta rassicurante, ma evidentemente aveva fallito se ora, alla sola
menzione dell’appuntamento che li attendeva quella sera, si
irrigidì inquieto.
«Che c’è?» gli chiese
premuroso Blaine
cogliendo all’istante il cambiamento del suo umore e
ricordandogli perché fosse sempre più certo che
un giorno
lo avrebbe sposato, anche a costo di obbligarlo con ogni mezzo a
diventare legalmente e indissolubilmente suo.
«Hai cambiato idea? Non vuoi venire?» aggiunse
preoccupato
senza fare nulla per dissimulare il tono deluso nella sua voce
«No, ma tu… sei sicuro che sia il caso che venga
anche io?»
«Cosa? Perché?» ridacchiò del
tutto spiazzato
Blaine ma l’espressione seria sul volto Kurt spense
immediatamente il suo sorriso
«Non capisco» sussurrò nervosamente
«Blaine, è la prima volta che partecipi ad una
serata con
la tua famiglia - iniziò timidamente a spiegargli Kurt -
Loro
non ti conoscono e non sono sicuro che sia il caso di presentarti con
me al tuo fianco: non voglio che ti senta a disagio»
sussurrò in un sol fiato
«Kurt? - si accigliò incredulo Blaine - Come puoi
pensare che averti al mio fianco mi metta a disagio?»
«Ti prego - protestò esilmente Kurt - Sappiamo
entrambi
quanto può essere difficile esporre chi siamo
a…»
«Io non mi vergogno di ciò che sono - lo
interruppe
sfiorandogli il viso delicatamente - E ancora meno mi vergogno di
te»
«Lo so - sorrise dolcemente - ma non voglio complicarti le
cose»
«Da quando ti conosco, l’ultima cosa che hai fatto
è
complicarmi le cose - sussurrò Blaine - Kurt, ascoltami
bene:
io non andrò a quella festa senza di te,
okay?»
«Okay - annuì Kurt appoggiandosi al tocco delle
sue dita -
Magari penseranno che siamo amici» rifletté
facendo
esplodere la risata di Blaine
«Che c’è di così
divertente?»
«Tu - rispose innamorandosi ancora una volta della sua
deliziosa
ingenuità - Davvero pensi che qualcuno possa credere che
siamo
solo amici?»
«Certo! - affermò sicuro - Se teniamo le
distanze» aggiunse con maggiore obiettività
«Kurt - sospirò completamente sedotto - io non ho
mai
guardato nessun amico come guardo te» confessò
l’ovvio sorridendogli mentre le sue dita scendevano lungo il
suo
corpo per raggiungere la sua mano e stringerla «E forse
possiamo
anche tenere le distanze, ma non potrò fare a meno di
guardarti
e anche il più cieco lì dentro si accorgerebbe
che ti
amo» aggiunse incoraggiato dall’intreccio delle
loro dita, e
il sorriso grato e inebriato di Kurt era più che una
conferma
del fatto che condividesse ogni parola.
«Voglio solo che sia una serata speciale» gli
sospirò sprofondando di nuovo su di lui, rannicchiandosi sul
suo
petto
«Beh, allora dovrai necessariamente essere lì con
me -
chiarì Blaine accogliendolo tra le sue braccia - E niente
distanze» gli intimò sentendolo sorridere nel suo
collo
«Spero solo che tuo padre la pensi come te»
mormorò con tono sofferto
«È stato lui ad invitarti - gli ricordò
premuroso
Blaine abbracciandolo più stretto - Inoltre credo che non
veda
l’ora di presentarti a tutti come il fidanzato di suo
figlio»
«Io non credo invece» gli tremò tra le
labbra
«Ehi, guardami - lo pregò sollevandogli il viso
per
immergersi nei suoi occhi - Davvero non ti sei accorto di quanto i miei
genitori ti adorino? Di quanto ti siano riconoscenti per esserti preso
cura di me e aver reso possibile tutto questo: niente di tutto
ciò sarebbe mai successo senza di te»
sussurrò
guardandosi intorno prima di tornare su di lui e scontrarsi con quei
meravigliosi occhi blu, straniti e scettici
«Non è vero» sospirò
pianissimo Kurt
«Sì invece» si oppose Blaine e si
scostò
leggermente per raggiungere ancora quegli occhi e rimediare ad un
errore
imperdonabile benché inconsapevole «Non devo
essere stato
molto bravo a fartelo capire se hai pensato anche solo per un attimo
che stasera qualcuno di noi avrebbe potuto sentirsi a disagio ad averti
vicino, ma ora ascoltami bene - lo pregò - La mia famiglia
si
è innamorata di te, Kurt, tu… tu sei la cosa
più
bella che ci sia mai capitata» gli soffiò tremante
sul
viso prima di baciarlo e stavolta Kurt non lo schivò.
Kurt si lasciò baciare perché ne aveva bisogno,
perché neppure nei suoi sogni si era mai concesso di sperare
in
una dichiarazione d’amore come quella,
perché lo
amava quasi dolorosamente, perché non avrebbe potuto
riprendere
a respirare se non dentro la sua bocca.
Blaine baciò Kurt abbastanza a lungo da fargli dimenticare
tutti gli altri “perché”.
Quando smisero di respirarsi dentro, si sorrisero e si strinsero uno
all’altro incastrandosi in un nuovo abbraccio.
«Mi concederai di ballare con te stasera?»
sussurrò Blaine
«Si ballerà?» si stupì Kurt
«Beh, penso di sì»
«Meglio di no - declinò con un bacio di scuse sul
suo
petto - Non voglio essere al centro dell’attenzione di tutti
vestito come uno straccione»
«Sarai bellissimo ed elegantissimo anche se ti presentassi in
pigiama - lo rassicurò - E poi neppure io ho portato abiti
eleganti con me»
«Ma nessuno farà commenti negativi sul figlio del
protagonista della serata, io invece sarò per tutti il tuo
fidanzato sciatto, con scritto “from Ohio” sulla
fronte -
si allarmò iniziando a prendere coscienza della
realtà
che lo attendeva - Oddio, avrei dovuto accettare il regalo di tua
madre!» realizzò con gli occhi sbarrati
dimenandosi
nell’abbraccio di Blaine
«Kurt, va bene un piccolo delirio, ma stai esagerando -
ridacchiò accarezzandogli la schiena - Calmati»
sussurrò morbido baciandogli la fronte
«La verità è che non avrei dovuto
googlare per
vedere quel posto: è totalmente fuori dalla mia portata,
sarei
fuori luogo anche se vestissi Armani» gemette sconfitto
«Sai, questo è molto strano - rifletté
acutamente
Blaine - Hai sempre combattuto a testa alta per dimostrare chi sei a
chi pensava che tu fossi fuori luogo ovunque, ma poi quando ti si
presenta l’occasione di essere finalmente in un posto che ovviamente
è fatto per te, tu la pensi esattamente come loro? Dove
è
finita la Diva di cui mi sono innamorato? Lui non penserebbe mai che
esista un ruolo, un abito o un posto di cui non sia
all’altezza»
«È sopra di te, ovviamente»
sussurrò malizioso sulle sue labbra
«Bene, è al suo posto allora - confermò
Blaine
restituendogli lo stesso sguardo - Inoltre se vuoi diventare il marito
del futuro presidente degli USA dichiaratamente gay, dovrai iniziare ad
abituarti a partecipare a serate ed eventi eleganti» gli fece
notare e Kurt ridacchiò per stemperare il brivido che lo
scosse
«E poi - riprese Blaine sollevandosi per raggiungere le sue
labbra - Se avessi bisogno di conferme sul fatto che tu sia la persona
più elegante ed interessante lì dentro, cerca i
miei
occhi»
«D’accordo signor presidente»
annaspò Kurt prima di accettare l’invito della sua
bocca.
«Mi sono meritato una colazione speciale?»
mugolò Blaine soddisfatto dell’entusiasmo del suo
pinguino
«Più tardi, ora avrei un’altra
idea» sorrise Kurt sfiorandogli le labbra ancora una volta
«Quale?»
«Che ne dici di una doccia?»
«Mi sembra una buona idea» convenne Blaine anche se
avrebbe
preferito rinviarla in favore di pratiche più interessanti,
ma
se Kurt aveva in mente coccole e doccia in ordine inverso, lui era
completamente a favore della proprietà commutativa,
purché il risultato con cambiasse.
«Vai prima tu?» gli chiese talmente preso a
pregustare la
fase due del piano, da non cogliere il bagliore divertito nello sguardo
di Kurt
«No, la mia idea era più ecologica - gli sorrise -
Pensavo
che in due potremmo ridurre gli sprechi d’acqua, e
poi avevi
promesso di sfilarmi via questi pantaloni, no?»
rivelò
sfoggiando il suo miglior repertorio di ammiccamenti seduttivi che
tuttavia gli sarebbero riusciti decisamente meglio se non fosse
arrossito istantaneamente
«Questa mi sembra l’idea migliore di
oggi!»
esultò Blaine dipingendosi dello stesso impacciato imbarazzo.
Kurt lo prese come un sì e rise sommessamente di loro stessi
mentre si alzava a fatica dal divano.
«Andiamo?» lo invitò porgendogli la mano
per aiutarlo ad alzarsi
«Sì - cinguettò Blaine balzando in
piedi ignorando
il suo corpo intorpidito - Oh, aspetta! Ho tutta una parte
addormentata» piagnucolò appoggiandosi su Kurt per
non
cadere
«Non ti preoccupare, ci penso io a svegliarla» gli
promise
lanciandogli un’occhiata di fuoco mentre lo stringeva
saldamente
a sé.
Blaine rise e zoppicando si lasciò guidare verso la loro
camera.
«Sai? - gli sussurrò all’orecchio
appoggiando la
testa sulla sua spalla - Almeno una parte, posso assicurarti che
è molto svegl..»
«Buongiorno!» lo interruppe una voce
femminile alle sue spalle
«Avevo sentito bene: siete svegli
- constatò Desmond
raggiungendo Amy - Buongiorno» li salutò e i due
ragazzi
avrebbero desiderato sprofondare sul pavimento al pensiero che a)
avessero sentito le loro conversazioni b) avessero sentito le loro
conversazioni e intuito cosa facessero tra una conversazione e
l’altra c) avessero sentito le loro conversazioni, avessero
intuito cosa facessero tra una conversazione e l’altra, e ora
avrebbero anche letto sulle loro facce il programma della mattinata.
Kurt sapeva che avrebbe dovuto muoversi per primo perché
Blaine
era semi-invalido a causa sua, perciò rinunciò ad
ogni
residuo rispetto di se stesso e si voltò per rispondere al
saluto ben consapevole della tonalità carminio del suo
incarnato.
Blaine si aggrappò a lui per sorreggersi e salutò
a sua volta.
«Stai male?» si preoccupò Amy
«No» rispose Blaine
«Ma zoppichi» gli fece notare Desmond
«È colpa mia» si affrettò a
dire Kurt
ignorando ogni genere di possibile fraintendimento che
realizzò
solo quando sul volto di Desmond si dipinse una strana espressione di
sorpresa mista a disagio
«Oh…» espirò l’uomo
alzando un sopracciglio
Kurt iniziò a balbettare una spiegazione non potendo optare
per
la prima opzione: sparire dalla faccia della terra in
quell’istante «Cioè, ho dormito su di
lui
e…»
«Ho una gamba intorpidita» tagliò corto
Blaine che, con i suoi tempi, aveva colto anche lui l’equivoco
«Certo - annuì Desmond sforzandosi di star serio -
Perché ora non andate a mettervi più comodi
mentre noi
prepariamo la colazione?»
«D’accordo» risposero
all’unisono felici di
poter uscire di lì prima che i visi di entrambi andassero a
fuoco
«Blaine? - lo fermò Desmond - La doccia
calda…
è l’ideale per distendere i muscoli
intorpiditi» gli
consigliò divertendosi a vederli sbiancare di nuovo
«Sì, grazie» biascicò il
ragazzo prima di sparire dietro la porta.
«Sei terribile!» sussurrò Amy una volta
sola con suo marito dandogli una gomitata
«Perché?» domandò con
un’espressione innocente
«Non dovresti infierire su quei poveri ragazzi» lo
rimproverò
«È divertente vederli arrossire»
ridacchiò Desmond
«Ripeto: tu sei terribile!» ribadì
alzando gli occhi
al cielo, ma le era difficile non essere d’accordo con lui.
«Per farmi perdonare preparo i pancakes alla cannella per
Blaine
- pensò mentre si procurava gli ingredienti necessari - Tu
cosa
vuoi?»
«Questo - si guardò intorno Amy con occhi umidi -
Ogni
mattina, per tutto il resto della mia vita» concluse
regalandogli
un sorriso dolcissimo
«È già sul nostro menu» le
promise Desmond custodendola tra le sue braccia.
«Voglio morire ora» gemette mortificato Kurt
gettandosi sul letto e coprendosi il viso con le mani
«No, prima devo sfilarti i pantaloni»
obiettò Blaine
che evidentemente aveva tempi di recupero dalle figuracce molto
più rapidi, specie se distratto dalla visione del suo
ragazzo
sparso sul letto
«Blaine, ti prego, non è il momento.
L’umore
è andato» piagnucolò ignaro dello
sguardo acceso di
Blaine sulla pelle esposta del suo ventre, svelata
dall’accartocciarsi della maglia mentre strisciava verso il
bordo
del letto per rialzarsi
«A me invece è tornata la sensibilità -
svelò il giovane warbler raggiungendo Kurt sul letto -
Ovunque» specificò in un sussurro caldo
costringendolo a
scoprirsi il viso per fulminarlo con lo sguardo
«Ti prego - perseverò Blaine sfoderando il
più
sleale degli sguardi da cucciolo - Tutto il resto lo rimandiamo a
stanotte, ma tra me e questi dannati pantaloni non
può
finire così».
Kurt roteò gli occhi ma si arrese concedendogli la vittoria.
Blaine si sforzò di non esultare troppo limitandosi a
sorridergli, poi si dedicò ai suoi nemici, tesi e
sfacciatamente
incollati alla pelle del suo ragazzo.
Sbottonò i pantaloni
con
lentezza, poi si inginocchiò sul pavimento, si
fece
spazio tra le gambe di Kurt e li sfilò via concedendo alle
sue
dita di sfiorare con tocco bruciante la pelle svelata dal tessuto,
quasi volesse reclamare il suo diritto esclusivo di poterla cingere in
quel modo.
Le mani di Blaine scivolarono sui fianchi e poi sulle gambe
di Kurt fino alle caviglie liberandolo da quella costrizione e
imponendone un’altra ad entrambi, una più intima e
pressante, a cui fu difficile non prestare la dovuta cura.
«Ora vai» tremò Kurt accarezzandogli il
viso quando quella meravigliosa tortura finì
«Mi devi una doccia» si fece promettere Blaine
ancora in ginocchio tra le sue gambe
«E tu mi devi un cuore nuovo - mormorò affannato
mentre
gli prendeva la mano e la posava sul suo cuore in burrasca -
Perché è certo che questo esploderà
prima o
poi»
«Ti darei il mio, ma credo di averlo già
fatto»
sussurrò Blaine scostando la mano per posare le labbra sul
suo
cuore
«Ecco, vedi? - sbuffò Kurt incrociando le braccia
- Lo fai apposta? Tu non vuoi che arrivi al diploma»
«Io non voglio che arrivi la fine di questa settimana -
sospirò Blaine abbassando lo sguardo - perché non
so come
potrò…»
«Shhh, non pensiamoci ora» lo interruppe Kurt
baciandogli
la fronte «Viviamo giorno per giorno, va bene? -
continuò sorridendogli fiducioso - Dunque, oggi ci aspetta
un’intera giornata insieme, una serata elegante con un sacco
di
persone nuove da scandalizzare, un ballo al centro della pista, e da
qualche parte dovremmo inserire una doccia ecologica e un trapianto di
cuore» ridacchiò arrossendo
«Ti amo» lo travolse Blaine stringendolo a
sé e
qualunque fosse la risposta di Kurt, restò incastrata tra le
loro bocche, fuse ancora e ancora e ancora.
Qualche minuto più tardi, Blaine era sotto la sua doccia
calda
da solo e Kurt chiacchierava con Burt che era apparso sul led del
telefono del suo bambino con allarmante tempismo.
Da buon papà, Burt Hummel finse di non notare
l’affanno
nella voce di Kurt o il suo imbarazzo, perché
c’era
qualcos’altro che lo colpì con più
forza. Una
musica dolcissima danzava infatti nelle parole di suo figlio, con un
ritornello di quelli che ti scavano dentro e non si dimenticano
facilmente: «Noi…».
Iniziavano così tutte le frasi di suo figlio. Fino ad allora
quel “noi” erano stati solo loro due, ora erano
anche Kurt
e Blaine, Kurt ed Amy, Kurt e gli Anderson. Sul volto di Burt si
dipinse un sorriso velato della più tenera malinconia, ma
anche
di speranza e di quel genere di orgoglio che conoscono solo i padri.
Quando la chiamata finì, raggiunse Carole che preparava la
colazione in cucina.
«Sta bene?» gli chiese accogliendolo tra le sue
braccia
«Sta benissimo»
realizzò rilassandosi nel
suo abbraccio e lasciando andare un sospiro che sembrava trattenere da
una vita: non si era mai sentito così leggero.
Blaine apprezzò sul serio i pancakes alla cannella del suo
papà, tanto da piagnucolare letteralmente quando Kurt
tentò di servirsi l’ultimo rimasto costringendolo
a
cederglielo in cambio di qualcosa che si promisero con una carezza
dello sguardo e delle dita, intrecciate sotto il tavolo.
Amy e Kurt monopolizzarono d’attenzione dei due Anderson con
alcuni dettagli inediti sulla loro mattinata di shopping. Blaine
avrebbe sinceramente preferito ignorare l’esistenza di un
commesso zelante che aveva messo gli occhi sul suo ragazzo, ma la
faccia ignara e confusa di Kurt mentre Amy raccontava
l’episodio,
mutò la gelosia in completa adorazione.
Desmond si
allontanò a malincuore dal tavolo per rispondere ad una
telefonata, ma riapparve qualche minuto più tardi con un
gran
sorriso sul viso.
«Era l’adorabile Nancy?» lo
provocò acida Amy
«Era Sean» rispose l’uomo roteando gli
occhi mentre Blaine e Kurt si scambiavano un’occhiata confusa.
Desmond spiegò che l’amico e sua moglie Katherine
sarebbero arrivati in mattinata e chiese loro se avessero piacere di
pranzare tutti insieme. La proposta fu accolta con entusiasmo dalla sua
famiglia, soprattutto da Amy.
«Prenoto subito - sorrise Desmond - Dove preferite
pranzare?»
«Qui?» suggerì sua moglie
«Va bene, avete preferenze su cosa ordinare?»
«Niente ordinazioni, cucinerò io i piatti forti di
mia madre» cinguettò Amy
«Vuoi ucciderci tutti?» la prese in giro Desmond
esplodendo in una risata
«Grazie eh!» lo fulminò la donna
«Scusa - tossicchiò per scacciare
l’ilarità
prima di correre il rischio di essere severamente punito
dall’angelo vendicatore che aveva sposato - Ma tu non sai
cucinare» le ricordò dolcemente sporgendosi per
baciarle
la fronte
«So cucinare filippino meglio di te - precisò
stizzita
sottraendosi alle sue labbra - E poi magari qualcuno mi
aiuterà…» aggiunse speranzosa
rivolgendosi ai due
ragazzi
«Conta su di me» si propose subito Blaine
«E me» si unì nello stesso istante un
adorante Kurt.
«Bene, bene - si sfregò le mani soddisfatta -
Siamo tre
contro uno e, mi corregga se sbaglio mister
io-sono-un-mago-della-finanza, questo significa che ho ottenuto una
larga maggioranza» infierì soddisfatta.
Il mago della finanza si dichiarò sconfitto con un
bellissimo
sorriso sul volto, ma sua moglie era una donna magnanima
perciò
lo assunse come segretario e alluse sottovoce al fatto che non avrebbe
disapprovato l’adozione del protocollo molto poco
professionale
di Nancy: venerazione, totale asservimento e avances esplicite al capo.
Desmond si dichiarò disponibile a soddisfare ogni genere di
ordine di servizio del suo capo, a qualsiasi ora del giorno e della
notte.
Per iniziare si fece carico di fare la spesa e Blaine si
offrì
di accompagnarlo mentre sua moglie e Kurt iniziarono a trafficare ai
fornelli sperando di fare onore ai piatti della madre di Amy
così devotamente custoditi nel ricettario di Kevin.
Cucinare con Kurt fu un’esperienza a dir poco sorprendente
per
Amy: c’era qualcosa di confortante e familiare nella
naturalezza
con cui si muoveva tra i fornelli e seguiva religiosamente ogni
passaggio della ricetta. Sorrise e lo lasciò fare,
completamente
conquistata.
«Comunque Desmond ha ragione, sono negata per la
cucina» ammise ora che suo marito era fuori casa
«Non credo sia possibile: cucinare è una forma
d’arte e anche un modo per coccolare le persone che
amiamo»
le assicurò Kurt sorridendole incoraggiante
«Di sicuro lo era per Kevin» sospirò la
donna
«Si vede» concordò accarezzando le
pagine del ricettario e poi restituendolo alle mani di Amy
«Mi piacerebbe che Blaine conoscesse tutti questi
piatti»
auspicò stringendo delicatamente quel quadernetto viola sul
petto
«Avrai modo di cucinarglieli tutti»
immaginò pieno di speranza
«Ho un’idea migliore» gli sorrise
luminosa
porgendogli in dono quella piccola parte di sé raccolta con
amore da un amico indimenticabile
«No, non posso accettarlo» sussultò Kurt
meravigliosamente confuso
«Per favore - insistette - Non potrei immaginarlo in mani
migliori»
«Grazie - arrossì - ma io…»
«In cambio promettimi che li cucinerai anche per me, se mi
inviterai a cena» lo interruppe Amy custodendo in una presa
calda
e intima le mani di Kurt e insieme i sapori della sua famiglia che il
ragazzo stringeva tra le dita
«Ogni volta che vorrai» le promise in un sussurro
grato lasciandosi accarezzare.
«Bene, ora posso smettere di fingere di saper cucinare! -
esultò Amy sollevata facendosi da parte per lasciargli il
campo
libero - Mi limiterò a farti da assistente, se per te va
bene»
«Ne sarò onorato» ridacchiò
Kurt immergendosi nel suo elemento.
Fare l’assistente di Kurt consentì ad Amy di
conoscere un
lato di lui finora in ombra: il piglio deciso e autoritario del ragazzo
emersero con tale adorabile genuinità che divenne
inevitabile
per lei innamorarsene ancora più intensamente.
Kurt non aveva cucinato con nessuno a parte suo padre, Blaine e la sua
mamma, e fu proprio il ricordo di quest’ultima che
pennellò un velo di malinconia sul suo sguardo che non
sfuggì agli occhi di Amy.
«C’è qualcosa che non va?» gli
chiese mentre
si sforzava di affettare i cetrioli a rondelle tutte uguali
«No, è tutto a posto» le sorrise e
l’immediata
sensazione calda che gli provocò il luminoso sollievo che
balenò nello sguardo della madre del suo amore, gli rese
evidente che fosse vero.
Il silenzio che seguì mentre preparavano gli ingredienti per
la
cottura, aveva quel non so che di intimo, come il tepore rilassante di
una copertina sulle spalle nelle fredde serate piovose di novembre, e
se lo raccontarono
a vicenda con gli sguardi incoraggianti di Kurt e i sorrisi mortificati
di Amy per l’evidenza della sua incapacità
culinaria.
«Basta! - sbottò frustrata Amy spezzando il
silenzio -
Questa carota mi odia!» piagnucolò brandendo con
disprezzo
l’ortaggio che tentava da cinque minuti di tagliare in modo
uniforme senza risultato
«Aspetta, ti aiuto io» rise Kurt e in
quell’istante il citofono trillò.
«Puoi rispondere tu, per favore?» chiese Amy e il
ragazzo
salterellò giulivo - sì, salterellò -
fino alla
porta.
«È il portiere - comunicò - Dice che
c’è una consegna per la signora Anderson»
«Sarà l’atelier»
intuì Amy.
Un minuto più tardi Philip aveva consegnato quattro pacchi
ad un
Kurt molto perplesso che attendeva impaziente sulla porta.
«C’è un errore - si rivolse ad Amy dopo
aver
congedato il portiere - Le camicie per Blaine erano solo tre, ma qui
c’è un pacco di troppo ed è
più grande degli
altri» constatò deponendo con cura i pacchi sul
divano
«Aprilo» suggerì Amy mentre si lavava le
mani dai
residui della dannata carota per poi raggiungere il ragazzo che
armeggiava nervosamente con la scatola antracite per svelarne il
contenuto.
Kurt capì di cosa si trattasse ancora prima di scartare la
bianchissima velina che custodiva l’indumento dentro la
scatola:
ne intravide l’inconfondibile foggia nella trasparente
luminosità della carta e si raggelò.
«Nessun errore, questo non è per Blaine»
sussurrò dolcemente Amy dietro di lui.
«Scusami - soggiunse timidamente mentre il ragazzo fissava
immobile la scatola - Ma non potevo lasciarlo lì:
quest’abito è fatto per te»
«No» scosse la testa completamente spiazzato
«Mi spiace di aver agito alle tue spalle e non aver
rispettato la
tua volontà - si scusò ancora Amy colpita dal
fiero
imbarazzo del ragazzo che temette d’aver ferito con quella,
seppur dolce, imposizione - Ma quando ho visto il modo in cui lo
guardavi, non ho resistito: ti avrei comprato qualunque cosa ti
illuminasse il viso in quel modo» confessò con un
tono di
tale affettuosa premura che Kurt dimenticò perché
avrebbe
dovuto essere risentito.
«Io non posso…» mormorò a
disagio sforzandosi
di non rivolgere lo sguardo verso l’abito dei suoi sogni o
rinunciarvi sarebbe stato impossibile.
«Per favore, accettalo: è solo un regalo -
incalzò
Amy - Non è un modo per ringraziarti o dimostrarti quanto ti
apprezzi e sia felice che tu sia accanto a mio figlio,
perché
non sarebbe abbastanza: ciò che hai fatto per Blaine e per
la
mia famiglia non ha prezzo, Kurt»
«Io non ho fatto niente» soffocò in un
sospiro di puro imbarazzo mentre abbassava lo sguardo
«Già, niente»
sorrise Amy facendosi
più vicina e concedendo alla sua mano di scivolare sul
braccio
del ragazzo fino a stringersi delicatamente intorno al polso: un gesto
di conforto e familiarità tale che Kurt
rabbrividì al suo
tocco e sollevò lo sguardo per incontrare i suoi occhi, vivi
e
determinati, come non li aveva mai visti.
«Tu
ti sei preso cura di mio figlio - riprese Amy specchiandosi nel suo
sguardo - Tu gli hai mostrato come ci si sente ad
essere amati, cosa in cui abbiamo fallito sia io che mio marito. Tu
hai tenuto la sua mano mentre faceva i primi passi verso di noi. Tu
sei stato capace di farmi ritrovare una parte di me che credevo di aver
perso. Tu, Kurt, nessun altro. E io
sarò sempre in debito con te e fiera di esserlo.
Sempre».
Forse sarebbe stato più facile capire ogni parola se la voce
non
le si fosse rotta in più punti, ma per qualche straordinaria
alchimia, Kurt le sentì tutte vibrare più forti e
chiare
proprio in quei suoni spezzati.
La risposta di Kurt fu altrettanto limpida, scaturì
inevitabile
dalle sue braccia che si strinsero intorno alla donna rivelando il
più intimo dei “Grazie”.
Qualsiasi timore di inopportunità del gesto o invadenza che
saettò nella mente del ragazzo, si dissolse quando
l’iniziale rigidità di Amy si sciolse e rispose al
suo
abbraccio stringendosi a lui con la delicatezza del suo fragile riserbo
ma anche il calore meraviglioso del suo affetto.
Quando Amy si sciolse dall’abbraccio, gli sorrise
accarezzandogli il viso materna e rassicurante.
«Sarebbe troppo sdolcinato se ora dicessi che anche io
sarò sempre in debito con voi per aver messo al mondo
Blaine?» domandò Kurt con un sorrisetto goffo
«Direi di sì - rise Amy - Ma chi sono io per
giudicare? Mi
avete trasformato in una patetica sentimentale»
sbuffò roteando gli occhi
«È colpa degli Anderson - ridacchiò
Kurt declinando
ogni responsabilità personale - Sono molto
contagiosi»
Amy annuì solidale, quindi invitò il ragazzo a
provare
l’abito ma Kurt inorridì al solo pensiero di
contaminare
il suo McQueen originale con i residui effluvi di
cipolla e peperoni sulle dita
«Però posso indossarlo stasera? -
ipotizzò quasi
come se avesse bisogno della benedizione della donna - O
venerdì?» si illuminò intenerendo il
cuore della
donna
«È tuo, puoi farne ciò che
vuoi» lo rassicurò con dolcezza
«Giusto - arrossì evidentemente ancora incredulo -
Farò una sorpresa a Blaine, magari però gli
dispiacerà non avere un abito nuovo anche lui» si
preoccupò
«Ho messo da parte per lui ciò che ho trovato
conservato
da suo padre, c’è anche qualcosa di Kevin che
potrebbe
fare al caso tuo, ma se anche decidessi di mettere
quest’abito,
penso che Blaine farà tutto tranne che dispiacersi, una
volta
che te lo avrà visto addosso» gli sorrise complice.
Kurt peggiorò il suo rossore e mentre correva a riporre
l’abito lontano dalla portata degli occhi dorati che amava,
la
sua mente volò via senza che riuscisse a fermarla: avrebbe
potuto indossare l’abito quella sera o venerdì o
chissà quando, ma ciò che gli scatenava un fuoco
dentro
sempre più ingestibile, era il pensiero di quanto
desiderasse
che
Blaine glielo sfilasse via.
È strano come un cultore del design sartoriale, degli strati di tessuto, della necessità di munirsi di tanti accessori quanti il suo gusto ne richiedesse, fosse stato costretto a ricalibrare le sue priorità sull’abbigliamento dal momento in cui assaporò per la prima volta le mani di un altro sulla sua pelle e d’improvviso la nudità ebbe senso. Moltissimo senso.
Quando Blaine e Desmond tornarono a casa con la spesa,
l’appartamento era già inondato da profumi
deliziosi.
Blaine si precipitò su Kurt - letteralmente - per dargli una
mano e perché, come gli confessò più
tardi lontano
da orecchie indiscrete, aveva sviluppato una sorta di malsana
ossessione per lui ai fornelli e soprattutto per i suoi fianchi
fasciati da grembiuli vezzosi che avrebbe voluto volentieri sostituire
con le sue mani.
Kurt annotò mentalmente di sfoderare
all’occorrenza la sua
versione chef bollente e, a giudicare dal suo sorrisetto diabolico, non
avrebbe atteso troppo a lungo né Blaine si sarebbe lamentato.
Desmond apparecchiò la tavola con cura maniacale e quando
decorò la tavola con un mazzetto di margherite acquistate al
mercato, si guadagnò il sorriso incantato di tutti.
Quando Katherine e Sean arrivarono, furono accolti da un vecchio amico
felice come non lo vedevano da troppo tempo e da un ragazzo orgoglioso
di presentare loro il suo timido fidanzato in tutta la sua eterea
bellezza; ma ciò che li lasciò stupendamente
senza fiato
furono le piccole mani di un’amica risorta strette alle loro.
Il tocco di Amy, il suo sorriso e quello sguardo scintillante di vita,
sgorgarono tra le ciglia di Katherine e Sean in un rivolo salato che
segnò anche per loro la fine di un incubo.
Erano stati informati da Desmond dei progressi della donna che amava,
ma ritrovarsi finalmente davanti quella stessa ragazza con lo sguardo
di fuoco che era entrata nel loro cuore con la sua vitalità
contagiosa, fu totalmente devastante, nel modo più
meraviglioso
possibile.
Amy li osservò mortificata.
Non aveva mai realmente compreso
quanto il suo dolore fosse stato condiviso negli anni da coloro che le
volevano bene. E forse non aveva mai davvero capito quanto fosse stata
amata finché non lo vide scorrere lungo il loro viso fino ad
incorniciare il più fraterno dei sorrisi.
Incoraggiata dallo sguardo caldo di Desmond, Amy si avvicinò
a
Katherine e la abbracciò esitante «Mi
dispiace» le
sussurrò debolmente.
La donna la rassicurò con quella sua affettuosa concretezza
di
sapore irlandese e la strinse forte a sé come aveva sempre
fatto
quando ne aveva avuto bisogno, fin dalla prima volta quando, giovane e
spaventata, si era rifugiata tra le sue braccia due settimane prima
delle nozze perché si sentiva smarrita e incapace di quel
genere
di devozione che Desmond meritava e che temeva che non avrebbe mai
saputo dargli. Katherine non aveva mai dubitato che Amihan fosse nata
per amare ed essere amata da Desmond, l’aveva capito proprio
lì, in quell’appartamento del Village, la prima
volta che
li vide insieme.
«Ricordo perfettamente la prima volta che ho messo piede qui
dentro» sospirò nostalgica Katherine mentre
osservava gli
ultimi due bocconcini di pollo speziato nel suo piatto indecisa se
mangiarli o meno per non porre fine alla delizia che era stata gustare
quella squisitezza
«Anche se abbiamo rischiato di non arrivare mai visto che qualcuno
è tornato indietro nove volte per cambiarsi
d’abito»
aggiunse Sean lanciando un’occhiata beffarda
all’amico
«Erano solo tre e siamo arrivati puntuali»
borbottò Desmond
«Erano nove - ribatté divertito Sean - e abbiamo
dovuto
correre perché non volevi fare brutta figura arrivando in
ritardo» lo prese in giro mentre Katherine annuiva in conferma
«Sarebbe valsa la pena aspettare, visto il
risultato»
sussurrò Amy che ancora faticava a respirare quando
ricordava il
momento in cui lui varcò la soglia del suo appartamento e
abitò il suo cuore, per sempre.
«Ti ricordi com’ero vestito?» si
stupì Desmond
«Certo, era un po’ il nostro primo appuntamento ed
eri
vestito di bianco, pensi che avrei potuto dimenticarlo?»
«No, è che non pensavo che ci avessi fatto
caso»
sospirò con un sorriso stupidamente felice che fece roteare
gli
occhi di Sean e Katherine, e splendere i sorrisi di Blaine e Kurt.
«Purtroppo per te ricordo bene ogni dettaglio di quella
serata -
sbuffò Amy con tono accusatorio e Desmond sapeva esattamente
come avrebbe finito la frase - Compreso il fatto che ti sei presentato
con un’altra»
«Te l’ho già detto miliardi di volte:
non sapevo
neppure che fosse stata invitata e io non sono venuto con
lei»
tentò di giustificarsi fingendo di non notare gli sguardi
taglienti di Blaine e del suo fidanzato che evidentemente lo
corrispondeva in ogni sentimento
«Certo - rise sarcastica - si è solo
accidentalmente
avvinghiata al tuo braccio e anche a tutto il resto» lo
fulminò astiosa mentre riponeva lentamente il coltello sul
piatto
«Ti prego, basta con questa storia - la scongiurò
alzando gli occhi al cielo - Cosa avrei dovuto fare?»
«Non lo so, avvisarla che esiste lo spazio personale? -
incalzò con sprezzante ironia - O indicargli un luogo
più
adatto in cui affondare i suoi artigli smaltati? Io ne avrei avuto in
mente almeno uno, sai?» sorrise perfida e forse avrebbe
affondato
ulteriormente la lama se le risatine di Sean e Katherine non avessero
rotto gli argini facendosi più sonore.
«Scusate» farfugliò imbarazzata
«Oh no! - la pregò Katherine tra le risa - Solo il
cielo
sa quanto ho sperato di rivedervi così!»
rivelò
felice
«Comunque non lo sapeva davvero - intervenne Sean soccorrendo
l’amico - Kathleen era stata invitata da Kevin che era una
persona adorabile, ma anche un abilissimo stratega» sorrise
ripensando alle trame sottili del giovane amico scomparso che sapeva
esattamente come costringere la sua Amy ad aprire gli occhi e rendersi
conto di quanto fosse interessata a Desmond: metterle un ostacolo
davanti.
«E in ogni caso non avrebbe fatto differenza visto che non ti
ha
tolto gli occhi di dosso per tutta la serata» concluse
Katherine
e francamente nessuno seduto a quel tavolo ebbe dubbi in merito.
Blaine strinse le dita di Kurt allacciate alle sue sul suo grembo e gli
sorrise per rassicurarlo che non fosse di troppo nel condividere quel
momento con i suoi genitori e i loro amici. Kurt non si chiese neppure
come facesse a sapere di quel disagio, si limitò a
ricambiargli
un sorriso che tremava d’amore e ad accarezzargli la sua
gratitudine sul dorso della mano.
«Ehm Blaine?» tossicchiò Amy
«Eh?» rispose confuso prestando finalmente
attenzione al resto del mondo intorno a loro
«Katherine ti ha fatto una domanda»
«Scusa, non ho sentito» arrossì
«Non devi scusarti, mi hai risposto comunque»
sorrise materna Katherine accarezzando i due ragazzi con lo sguardo.
«Voi ragazzi come vi siete conosciuti?»
domandò Sean
approfittando di quel raro momento di pausa dal perdersi
l’uno
negli occhi dell’altro
«Faccio parte del Glee Club del mio liceo - iniziò
a
raccontare Kurt incoraggiato dall’intreccio delle loro mani -
Prima delle gare Provinciali ero andato a controllare la concorrenza
alla Dalton, ma c’era una gran confusione e mi sentivo un
po’ perso, perciò ho fermato la prima persona che
ho
incontrato…»
«Ed ero io» concluse Blaine raggiante e ancora
evidentemente compiaciuto della benevolenza del destino nei suoi
confronti
«Già, ovviamente era il leader del Glee club
rivale,
così la mia carriera di spia è morta sul nascere
-
ridacchiò Kurt - Due secondi dopo mi ha preso per mano e mi
ha
trascinato lungo i corridoi della Dalton per portarmi nella sala prove
degli Warblers e mi ha cantato una canzone terribile»
«Ehi, è la nostra canzone!»
borbottò imbronciato Blaine
«Sì, ed è terribile» lo prese
in giro Kurt
«Non mi era parso che disprezzassi mentre mi
guardavi» ribatté compiaciuto
«Fingere interesse faceva parte della mia copertura - si
difese
con sagacia - E poi non ho voluto deluderti, visto che cantavi ogni
nota senza mai togliermi gli occhi di dosso» lo
inchiodò
implacabile
«Ti volevo provocare» tentò di
controbattere Blaine
«Appunto» sorrise diabolico.
Un lieve tossicchiare interruppe le schermaglie amorose e li
riportò sul pianeta terra: fu un atterraggio imbarazzante,
ma
ormai arrossire goffamente era diventato talmente ricorrente per loro,
che speravano nessuno ci facesse più caso.
«Mi daresti una mano con il dolce, Kurt?» gli venne
in soccorso Amy.
Il ragazzo annuì grato e le corse dietro.
«È carino da morire»
bisbigliò entusiasta Katherine
«Già» cinguettò fiero Blaine
con il viso ancora spolverato di rosso
«Ottima scelta» si congratulò Sean
«Sono stato fortunato» sospirò con lo
sguardo perso
su Kurt che con quella sua innata grazia disponeva sui piatti un dolce
di cocco e pistacchi che di lì a poco sarebbe esploso nelle
bocche dei commensali in un vortice di voluttuosa estasi
«È stato amore a prima vista?»
intuì
Katherine mentre sorrideva a suo marito che si faceva riscaldare dentro
dal ricordo del suo amico d’infanzia riflesso perfettamente
in
suo figlio
«Sì» ammise Blaine senza riflettere,
perché
la verità si espone in tutta la sua integra
nudità solo
se non si frappone alcun filtro.
Dopo pranzo Blaine e Kurt si offrirono di lavare i piatti e, nonostante
le proteste degli adulti, riuscirono a spuntarla per la gioia del
giovane padrone di casa che avrebbe avuto un’altra occasione
per
ammirare le linee toniche del corpo del suo ragazzo fasciate in quel
delizioso grembiulino rosso.
Sean e Desmond si trattennero a parlare sul divano del progetto che
sarebbe stato presentato quella sera, mentre Katherine aveva trascinato
Amy nella sua camera per godersi un momento esclusivo di chiacchiere
tra amiche.
Tra tutte le persone a cui Amy si era affezionata nella sua vita,
Katherine aveva un posto speciale: adorava il suo modo di fare schietto
e aperto, la sua straordinaria capacità di mettere tutti a
loro
agio e di rendere tutto più facile per chi le stava intorno.
Per
questo non si stupì di ritrovarsi distesa sul letto accanto
a
lei a guardare il soffitto e ridere come due dodicenni alle spalle del
povero Sean e le sue disavventure in palestra.
«Del resto, non tutte abbiamo la fortuna di aver sposato un
uomo
che ha fatto un patto col diavolo per essere ancora così
illegalmente bello e in perfetta forma» protestò
giocosamente Katherine
«Già» annuì debolmente Amy
rabbuiandosi
«Come ti vestirai, stasera?» le domandò
cambiando
subito argomento perché Katherine sapeva sempre come donare
un
soffio lenitivo ad una ferita aperta quando ne aveva una davanti.
Così Amy le mostrò l’abito acquistato
per la serata
guadagnandosi, con un altro soffio affettuoso, l’approvazione
di
cui la sua autostima lacerata aveva bisogno.
«È bellissimo - sospirò incantata
Katherine - Come
vorrei essere qui per vedere la faccia di Des quando te lo
vedrà
addosso!» trillò smaniosa
«Lasciamo perdere, probabilmente si chiederà
perché
ho scelto qualcosa che evidenzia tutti i miei difetti»
considerò Amy riponendo l’abito
nell’armadio
«Quali difetti, scusa?» sbottò
incrociando le braccia
«Non sono più la ragazza che ha sposato»
sospirò Amy ricadendo pesantemente sul letto
«Certo che no, sei molto più bella - le
garantì
l’amica sedendosi più vicina a lei - E di sicuro
lo sei
per lui. Forse non te ne sei accorta, ma in tutti questi anni lui non
ha mai smesso di guardarti come durante quella prima cena
qui» le
sussurrò accarezzandole i capelli con fare materno.
Amy si sciolse in quel tocco e un grumo amaro di frustrazione le
sfuggì tra le ciglia.
«Che c’è?» le
sussurrò amorevole spazzandole via le lacrime con una
carezza confortante
«Niente - ansimò Amihan - è che vorrei
davvero
esser di nuovo quella ragazza e dimostrargli quanto lo amo, in ogni
modo»
«Datti tempo» le consigliò cingendola
con un braccio e lasciando che posasse la testa sulla sua spalla.
«È quello che mi ripeto sempre, ma ho paura che ci
siano
delle cose che non riuscirò mai più a fare come
abbracciare mio figlio o fare l’amore con mio
marito»
«Tesoro, tu e Desmond fate l’amore ogni volta che
vi
guardate» le sussurrò con fermezza e quando Amy si
strinse
a lei più forte, la confortò con
un’altra
verità «Lascia che sia il tuo corpo a guidarti, e
se non
dovessi riuscire, non credo che questo possa mai cambiare
ciò
che c’è tra voi. Non ho mai visto nessuno amare
qualcuno
nel modo in cui Desmond ama te»
«E lo amo anch’io - incalzò Amy con un
singhiozzo - Lo amo da morire»
«Lo so, lo so più di chiunque altro - la
rassicurò
dolcemente - Per questo sono sicura che riuscirai a ritrovare anche
quel genere di intimità con lui, come sono certa che Blaine
riproverà il tuo abbraccio»
«Non l’hai mai provato»
precisò in un soffio colpevole
«Sì invece» obiettò decisa
«No, non l’ho mai abbracciato»
«Sì, l’hai fatto almeno una volta,
l’ho visto
con i miei occhi - le assicurò - Non lo ricordi?»
intuì di fronte allo sguardo confuso e incredulo
dell’amica
«No» tremò senza voce.
«Blaine avrà avuto tre o quattro anni -
iniziò a
raccontarle mentre le accarezzava la schiena delicatamente - Era corso
giù per le scale per salutarci prima che Sean ed io
partissimo,
ma inciampò e non so come sarebbe finita se tu non ti fossi
precipitata a prenderlo al volo. L’hai stretto forte a te a
lungo, finché sei stata certa che fosse al sicuro, poi
l’hai lasciato andare» concluse sorridendole
dolcemente
mentre Amy cercava nella sua memoria anche solo un frammento di quel
momento per aggrapparvisi avidamente, ma non ve n’era alcuna
traccia. Niente. L’aveva rimosso. O meglio se l’era
negato,
come tutte le cose belle della sua vita.
«Aveva bisogno di te e tu non ti sei fermata a pensare, ma
come
ogni madre hai protetto tuo figlio» rifletté
Katherine
stringendola a sé
«Credo sia questa la chiave, sai? - le sussurrò
poi tra i
capelli - Non pensare troppo, dimentica tutto il resto e concentrati
solo su quanto tuo figlio ha bisogno di te. E tu di lui».
Amy tremò nell’abbraccio caldo di Katherine e si
lasciò pervadere da quel mare calmo di sicurezza che sanno
infondere gli amici veri, quelli che conoscono il tuo cuore
così
bene che non esiste nebbia abbastanza fitta da impedire loro di
avvistare la verità e renderla ovvia
ai tuoi occhi.
Sean e Katherine avevano lasciato l’appartamento da qualche
ora
per andare a sistemarsi in albergo e prepararsi per la serata.
Desmond era già pronto per uscire ed attendeva Amy per
raggiungere il Cipriani insieme con un po’
d’anticipo
rispetto agli altri ospiti in modo da organizzare gli ultimi dettagli.
Blaine e Kurt avrebbero raggiunto la location più tardi e
ora
fingevano di prestare attenzione al film trasmesso in tv, con un occhio
fisso sulla porta in attesa di essere folgorati
dall’apparizione
di Amy nel suo Versace di raso bianco con una pennellata di rosso vivo
sulla scollatura. E così fu.
«Dio, mamma, sei bellissima!» esclamò
Blaine seguito
da un esaltatissimo Kurt quando sua madre apparve in tutta la sua
radiosa grazia.
L’ultimo a ritrovare l’uso della parola fu Desmond,
ma
ciò che le disse restò un segreto tra lui e
l’orecchio di sua moglie in cui soffiò la sua
totalmente
sedotta approvazione.
«Pensi sia eccessivo?» si preoccupò Amy
«Sì» rispose deciso Desmond
«Ma non è
il vestito, sei tu - le sussurrò stregato accarezzandole il
viso
- Ho paura che non riuscirò a concentrarmi su
nient’altro»
«L’intenzione era proprio questa» sorrise
soddisfatta
lanciando un’occhiata complice a Kurt che le
strizzò
l’occhio entusiasta.
«Bene, allora noi andiamo - soggiunse Desmond rivolgendosi ai
ragazzi - Manderò un’auto a prendervi tra
un’ora e
mezza circa. Ci vediamo lì»
«Va bene» annuì Blaine
«A più tardi» salutò Kurt
osservando
incantato la splendida coppia finché non scomparve oltre la
porta.
«Sono innamorato di tua madre» sospirò
languido
«Lo so» sbuffò Blaine
«E di tuo padre» aggiunse Kurt con un sorrisetto
colpevole
«Questa è una novità» si
soprese Blaine
«Ma dai! Come si fa a non innamorarsi di tuo padre?
È
l’uomo più bello che io abbia mai
visto!»
farfugliò con ancora davanti agli occhi la maestosa bellezza
del
signor Anderson in tutto lo splendore del suo outfit impeccabile
«Non me l’avevi mai detto» gli fece
notare con un adorabile tentativo di non sembrare stizzito
«Pensavo fosse sottinteso, visto che tu gli rassomigli
parecchio» lo lusingò baciandogli delicatamente
via ogni
residuo di disappunto finché il sorriso di cui si era
innamorato
riapparve splendido sulle sue labbra.
«Vuoi mangiare qualcosa prima di andare? Ti preparo un
tè?» propose premuroso Blaine mentre tentava di
trovare un
motivo valido per sollevare la testa dalla spalla di Kurt e alzarsi dal
divano
«Non ho fame, grazie»
«Vai a vestirti?»
«Già - annuì Kurt alzandosi dal divano
-
Però…» indugiò per qualche
istante dandogli
molto intenzionalmente una perfetta visuale dell’aderenza dei
suoi pantaloni sulle tasche posteriori
«Però?» lo imbeccò Blaine
deglutendo a fatica prima di distogliere lo sguardo
«Però prima credo che farò una
doccia»
sussurrò voltandosi brevemente per riversargli nel sangue un
sorriso invitante, poi si allontanò sforzandosi di non
traballare perché a giudicare dalle fiamme che erano
divampate
nello sguardo di Blaine, la loro doccia ecologica sarebbe stata
piuttosto calda.
Blaine fissò la porta della camera per qualche istante prima
di
prendere un respiro profondo, afferrare la maniglia, girarla ed entrare.
Kurt era seduto sul letto con indosso soltanto una canotta e i boxer,
sussultò nel sentirlo entrare, ma il suo sguardo rimase
ancorato
alle sue mani che torturava nervosamente. Era agitato, più
di
quanto Blaine avesse immaginato. Ed era bellissimo, più di
quanto Blaine fosse mai stato capace di immaginare.
«Pensavo non saresti più arrivato»
sussurrò sentendolo avvicinarsi dietro di lui
«Sono qui - rispose Blaine adagiando una mano sulla sua
spalla -
Ma possiamo rimandare ad un’altra volta, se
preferisci» lo
rassicurò sedendosi al suo fianco e lasciando scorrere le
dita
lungo il suo collo pallido fino a spazzolare con affetto
l’attaccatura dei suoi capelli
«Vuoi rimandare?» si stupì Kurt
guardandolo, finalmente
«Io voglio quello che vuoi tu» gli
chiarì
sporgendosi su di lui per sfiorargli dolcemente la tempia con le labbra
«E io non voglio rimandare» gli sorrise Kurt e
forse
arrossirono entrambi, ma il bagliore nei loro occhi offuscò
ogni
altra fiamma un attimo prima che le loro labbra si incontrassero.
«Oh - esclamò Kurt staccandosi dalla sua bocca -
ad una condizione però»
«Lo sapevo» sospirò affranto Blaine che
iniziava a
dubitare che questa fosse la tattica che lo avrebbe visto sconfitto per
il resto della sua vita: provocarlo slealmente fino a concedergli
qualunque cosa pur di ottenere in cambio le attenzioni promesse.
Kurt ridacchiò e lo baciò di nuovo prima di
dettare le
sue condizioni «Promettimi che se stasera ti sentissi a
disagio a
chiarire cosa c’è tra noi, me lo dirai e
io…»
«Kurt, ti prego - lo interruppe subito Blaine - ne abbiamo
già parlato»
«No, lasciami finire - lo pregò Kurt - Io non
voglio che
questa serata si trasformi in una battaglia per i diritti dei gay o
un’ostentazione dell’orgoglio di essere se stessi:
vorrei
che fosse una bella serata per te, e che tu possa supportare tuo padre
e mostrare a tutti quella famiglia che ho visto in questi giorni e di
cui mi sono innamorato. Se questo significa che non potrò
ballare con te o mostrare a tutti che ti amo, tu devi permettermi di
farlo, per favore» sussurrò prendendogli il viso
tra le
mani per chiederglielo ancora una volta con lo sguardo
«Non posso promettertelo - rispose Blaine scostandosi appena
di
lato per baciargli il palmo della mano stretto alla sua guancia -
Perché se vuoi che sia una bella serata per me, allora
dovrai
tenermi la mano, ballare con me, concedermi di dimostrare a tutti che
ti amo e che tu sei parte della mia famiglia, la parte
migliore»
concluse deciso illuminandolo con la verità che splendeva
tersa
nei suoi occhi.
«Ti odio quando sei così…»
sospirò Kurt
«Testardo?» lo anticipò Blaine
«Persuasivo» sorrise arrendendosi Kurt
«Allora ti ho convinto?» concluse sollevato il
giovane Anderson e Kurt annuì.
«Però… - aggiunse ridacchiando nel
vedere Blaine
sollevare gli occhi al cielo esasperato - Posso decidere io come ti
vestirai?» gli chiese Kurt baciandogli la punta del naso
«La scelta è molto ridotta: pigiama, jeans e
l’unico
paio di pantaloni eleganti che ho portato» lo
avvisò Blaine
«Anche se l’idea che tu vada lì in
pigiama è
molto allettante - ammiccò Kurt - Ci sono anche gli abiti di
tuo
padre» gli ricordò
«Certo, peccato che sia molto più alto di me e
dubito che possano starmi bene»
«Cercheremo tra quelli di Kevin» propose Kurt che
già pregustava di trovare anche per se stesso un abito
adeguato
tra quelli di quel ragazzo così tanto amato da Amy e
Desmond,
che aveva conquistato anche il suo rispetto, umano ed artistico.
«Kurt, anche lui era più alto di me, chiunque
è
più alto di me - mugugnò Blaine - Non troveremo
nulla» sbuffò
«Troveremo qualcosa, Brontolo - lo prese in giro
amorevolmente
Kurt - E se avesse bisogno di qualche ritocchino, sistemerò
tutto io con qualche punto» lo rassicurò
«Hai portato ago e filo con te?» si soprese
l’ottavo nano
«Io non esco mai senz..» ma prima che potesse
finire, la
bocca di Blaine era sulla sua per rubargli il fiato con un bacio caldo,
lento e accurato.
«È un modo per ringraziarmi o hai un debole per me
anche
nelle vesti di sartina d’emergenza?»
ridacchiò Kurt
ignorando il modo in cui il suo corpo si era sciolto
nell’intimità del tocco della lingua di Blaine.
«Ho un debole per te in qualunque veste, ma soprattutto
senza» gli confessò accarezzandogli il collo con
le labbra
«Va bene - si arrese Kurt rabbrividendo sotto quel tocco -
Allora
stasera sei fortunato» gli sussurrò alzandosi,
quindi gli
porse la sua mano e una chiara proposta
«Vuoi dire che possiamo davvero fare la doccia
insieme?»
gli chiese conferma Blaine aggrappandosi subito alla sua mano
«Beh, non sei l’unico ad avere dei
kink…»
rivelò con nello sguardo uno scintillio di candida
colpevolezza
misto alla più seducente provocazione, quindi si
voltò,
anche per nascondere il rossore, e proseguì spedito verso il
bagno trascinandosi dietro un molto divertito Blaine
«Mi fai impazzire quando sei
così…» gli
soffiò nell’orecchio afferrandolo per le spalle
«Idiota?» finì per lui Kurt
«Sensuale - lo corresse Blaine - Il mio sexy baby
penguin»
mugolò affondando il viso nel suo collo e stringendolo
più forte.
Kurt si fermò e si voltò indietro per guardarlo:
c’era qualcosa di così intimo e domestico nella
facilità del loro modo di stare insieme, così
spontaneo e
familiare, che il ragazzo avrebbe voluto fermare quel momento per
sempre, dimenticarsi del rientro a Lima e di tutto ciò che
ora
gli artigliava dolorosamente lo stomaco e il petto. Blaine
sollevò il viso e lo guardò adombrandosi della
stessa
amara malinconia, ma fu solo un attimo prima che l’esigenza
di
confortarlo avesse la meglio fiorendo in un sorriso timido e insieme
così apertamente fiducioso, come se già sapesse
che un
giorno avrebbero avuto tutto questo ogni giorno della loro vita. Kurt
gli corrispose lo stesso sorriso, poi si sporse un po’
più
indietro e lo baciò.
Fu un bacio dolce, in linea con quell’atmosfera raccolta: un
tocco mosso di labbra che si amano lievi, senza fretta, senza
avidità, senza urgenza, certe di avere davanti tutto il
tempo
del mondo per continuare a farlo.
Quando Kurt si ritrasse per aprire la porta, Blaine si strinse
nuovamente a lui lasciandogli piccoli baci impercettibili sul profilo
della sua guancia
«Mi fai il solletico» ridacchiò Kurt una
volta
varcata la soglia e richiusa la porta e il resto del mondo dietro di
loro
«Preferisci che sia più impetuoso?» lo
sfidò ammiccante Blaine
«No, non credo sia una buona idea presentarmi ai colleghi di
tuo
padre ricoperto dai segni del passaggio della tua bocca sulla mia
pelle» rispose Kurt, anche se non poteva negare a se stesso
che
quell’idea forse non fosse buona, ma di certo scatenava
qualcosa
di decisamente buono e caldo tra le sue gambe.
«A proposito, forse è meglio se vado a prendere il
telefono nel caso mio padre chiami per l’auto» lo
avvisò con un ultimo tocco di labbra sulla tempia
«Scusa, ma quanto pensi durerà questa
doccia?» rise Kurt
«Non lo so, ma oggi mi sento fortunato - sorrise Blaine - Tu
inizia pure, ti raggiungo subito» gli sussurrò
prima di
volare a prendere il telefono.
Dopo aver recuperato il telefono, Blaine tornò di corsa da
Kurt,
ma quando fu davanti alla porta l’impeto si dissolse: sentiva
già scrosciare l’acqua ed esitò, come
se temesse di
violare qualcosa che evidentemente non sentiva ancora sua.
Scostò la porta con timida discrezione e Kurt era
lì che
testava un’ultima volta la temperatura dell’acqua
allungando la mano sotto il getto: era nudo e bello in un modo che
Blaine non avrebbe mai potuto spiegare a qualcuno che non avesse i suoi
occhi, quelli ora in fiamme che lo sfioravano lenti, né a
qualcuno che
non avesse il suo cuore, quello giovane e innamorato che gli crepitava
caldo e dissonante nel petto.
Kurt sentiva lo sguardo di Blaine vibrargli addosso, scandagliare la
sua pelle, la sua carne, la sua anima, ma anziché patirne il
disagio, che attendeva trattenendo il respiro, si ritrovò
invece
scaldato da qualcosa di inaspettato, qualcosa di morbido e dolce come
i ricordi di un bambino, qualcosa a cui non seppe dare un nome.
Blaine posò il telefono senza mai distogliere lo sguardo da
Kurt
che si voltò verso di lui e gli sorrise fiducioso.
«Hai deciso di startene lì?» gli
sussurrò teneramente vedendolo indugiare sulla porta
«No» rispose Blaine muovendosi prontamente verso di
lui
«Penso che quelli non ti serviranno» gli fece
notare Kurt indicando divertito i suoi vestiti
«Uh, già» rise Blaine e, senza alcuna
esitazione,
afferrò un lembo della sua maglia e lo fece scorrere sulla
testa
fino a liberarsene, quindi slacciò i pantaloni e li
lasciò cadere, sempre avanzando verso di lui saldamente
ancorato
al suo sguardo.
E per tutto il tempo in cui Blaine si
svestì,
neppure Kurt lasciò i suoi occhi né smise mai di
sorridergli.
«Ora va meglio» mormorò Kurt quando
anche
l’ultimo indumento fu scartato e Blaine respirava sulla sua
nuca,
pronto a seguirlo.
Blaine ridacchiò e gli lasciò un bacio sulla
spalla nuda,
quindi entrò con lui, richiuse l’anta in vetro
satinato
alle sue spalle e il getto dell’acqua caldo e gentile
rivestì la loro pelle e i loro sorrisi.
«Posso?» domandò Kurt quando Blaine
iniziò ad insaponarsi i capelli.
Il ragazzo annuì e si lasciò coccolare dalle dita
agili e
decise di Kurt che borbottò qualcosa sulle conseguenze
nefaste
dell’abuso di gel cementificante e sul fatto che la calvizie
precoce di suo marito fosse un’opzione del tutto
inaccettabile,
soprattutto perché temeva che neppure questo avrebbe
scoraggiato
eventuali corteggiatori dal tentativo di portarglielo via.
Blaine lo lasciò delirare divertito mentre l’acqua
si
portava via gli ultimi residui di schiuma e Kurt iniziava a lavare le
sue preziose chiome.
«Posso?» si offrì Blaine per sdebitarsi
ben sapendo
che i capelli di Kurt fossero off-limits per lui, e invece con sua
grande sorpresa, acconsentì.
Con un sorrisetto enormemente felice, Blaine fece un respiro profondo e
si accostò quasi con reverenza ai capelli di Kurt che subito
chiuse gli occhi rilassandosi sotto il suo tocco estremamente delicato
e tremante.
«Sei nervoso?» intuì aprendo un occhio
su Blaine
«Sono emozionato - rispose onestamente - Non mi avevi mai
concesso i tuoi capelli» sorrise ancora incredulo e
stupidamente
orgoglioso.
Kurt non riuscì neppure a prenderlo in giro
perché ormai
gli era chiaro che sul dizionario, alla voce “Essere
assurdamente
adorabile”, ci fosse una foto del suo Blaine.
«Non farmene pentire» si limitò ad
avvisarlo, ma con
uno sguardo tutt’altro che intimidatorio, quindi richiuse gli
occhi e lo lasciò fare.
Blaine insaponò i suoi capelli con cura, prestando
attenzione
a
non far ricadere la schiuma sui suoi occhi sensibili, e mentre tutto
concentrato gli pettinava con le dita i capelli perché non
si
aggrovigliassero, Kurt poteva sentire il suo respiro caldo sul viso,
sempre più vicino, sempre più invitante.
Deglutì
quando lo sentì sospirare soddisfatto ad un soffio dalla sua
bocca e, incapace di resistere oltre, aprì gli occhi per
guardarlo: si mordeva il labbro e sembrava godere di quella vicinanza
almeno quanto lui, visto come scrutava la sua bocca.
Kurt si mosse per
primo liberando le labbra di Blaine dalla tortura dei suoi denti per
offrirgliene un’altra, più morbida, più
lenta,
più intensa, dentro la sua bocca.
Blaine gli sorrise nel bacio e affondò le dita tra i suoi
capelli, dimenticando ogni prudenza, ma Kurt non sembrava affatto
intenzionato a biasimarlo, anzi lo strinse più a
sé e si
spinse più in profondità nella sua bocca.
Quando il suo baby penguin molto appassionato reclamò un
po’ d’aria lasciandogli un’ultima carezza
umida sulle
labbra, Blaine posò la fronte sulla sua e si sorrisero.
«Risciacquo?» domandò premuroso e Kurt
annuì
reclinando indietro la testa per accogliere il getto
dell’acqua:
un movimento che non avrebbe dovuto avere alcunché di
sensuale,
ma lo stomaco di Blaine non pareva essere d’accordo a
giudicare
dal flutto caldo che lo avvolse forzandolo a contrarsi in un morso di
fame che scivolò fino alle ginocchia destabilizzandole.
«Ti aiuto» si offrì intrecciando le dita
tra i suoi
capelli per bloccare sul nascere le sue incipienti fantasie dissolute
su altri utilizzi delle sue mani, e di altre parti di sé.
Kurt si raddrizzò per guardarlo, ma il sapone dissolto
infierì sui suoi occhi costringendolo a richiuderli.
«Mi dispiace» si scusò Blaine, quindi
gli
lavò via ogni residuo di shampoo e poi si sporse su di lui
per
lenire il fastidio dei suoi occhi con un soffio leggero e delicato.
Kurt tremò e in quel momento iniziò a capire cosa
fosse quel “qualcosa” che riscaldava il suo cuore.
«Anche mia madre lo faceva» sussurrò
riaprendo gli occhi, umidi ma non per via del sapone.
Blaine lo guardò in soggezione, come se si sentisse
colpevole,
inopportuno, invadente, ma prima che potesse mortificarsi inutilmente
con parole di scuse, Kurt gli sorrise e gli chiarì
perché
non avrebbe mai dovuto dispiacersi di ricordargli la sua mamma.
«Si occupava sempre lei di lavarmi, sai? Ogni sera mi
preparava
un bagno caldo pieno di schiuma, mi insaponava tutto e per i capelli
usava il suo shampoo perché sapeva che mi piaceva avere
addosso
il suo profumo di vaniglia» iniziò a raccontare
torturandosi le dita finché Blaine non le custodì
tra le
sue.
«Stava sempre attenta che il sapone non mi colasse sugli
occhi
perché si arrossavano subito, ma se accadeva, ci soffiava
sopra
e mi passava tutto» gli sorrise timidamente e il cuore di
Blaine
iniziò ad affondare nel suo.
«Adoravo fare il bagno con lei, era un momento solo nostro,
di
coccole e di storie meravigliose che inventava per me, soprattutto
sull’omino del sapone - ridacchiò teneramente al
ricordo -
Era alto alto e sempre curvo perché viveva da sempre in una
bolla: ci era cresciuto dentro, da solo, ma sognava di uscire, scoprire
il mondo, avere amici, innamorarsi, toccare qualcuno, però
non
poteva farlo da solo e nessuno avrebbe dovuto vivere in una
bolla» sussurrò omettendo che sua madre aggiungeva
questa
considerazione solo quando Kurt era triste e avrebbe voluto sparire,
chiudersi nella sua cameretta e tenere tutto il resto di quel mondo
crudele lontano da lui: lo omise, tuttavia era implicito nel modo in
cui la sua voce iniziava ad incrinarsi, come il cuore di Blaine.
«E allora
- continuò prendendo un ampio respiro -
Allora
io scoppiavo tutte le bolle di sapone con le dita per liberarlo, e lei
mi sorrideva e sembrava così…
orgogliosa…»
balbettò in poco più di un soffio spezzato mentre
abbassava la testa e tremava tra le mani di Blaine che lo avvolse
subito tra le sue braccia, più forte che poté,
per
proteggerlo da un dolore che sentiva forte nel petto anche lui,
perché era anche suo.
«Amore mio» gli sussurrò tra i capelli
accarezzandogli la schiena
«Sto bene» lo rassicurò Kurt
lasciandogli un bacio
sulla spalla prima di sollevare lo sguardo per concludere il suo
discorso «E sono molto, molto felice di aver trovato
finalmente
qualcun altro che… mi lavi di nuovo i capelli» gli
sospirò appena sorridendogli limpido e innamorato.
Di tutte le dichiarazioni d’amore che Blaine Anderson
ricevette
nella sua vita, questa gli fu da subito la più cara, quella
che,
ricordandola, gli avrebbe fatto tremare le gambe e sobbalzare il cuore
ogni volta, come se fosse ancora dentro quella doccia: giovane,
insicuro, follemente innamorato e indefinitamente felice.
Si strinse a Kurt con il cuore in tumulto e gli baciò la
fronte
promettendogli di lavargli i capelli ogni sera per il resto della loro
vita «Se tu riesci a trovare una scusa valida per tuo
padre» aggiunse un po’ preoccupato
«Non sarà facile» ridacchiò
Kurt
«Però dovrai dirmi tutto sull’omino del
sapone,
così anch’io potrò raccontare di lui ai
nostri
figli» gli chiese con un sorriso pieno di speranza che Kurt
lambì con le sue labbra mentre si dipingeva nitida nel cuore
di
entrambi l’immagine di Blaine che raccontava la storia
dell’omino del sapone ai loro bambini durante il bagnetto: un
nuovo meraviglioso desiderio da aggiungere alla loro lista.
Se l’amore che li univa mosse quel bacio, presto fu la
passione
che avevano cercato di trattenere fino ad allora ad impossessarsene, e
persero la testa.
La lingua di Kurt invase ogni angolo della bocca di Blaine, muovendosi
lenta e costringendolo ad aprirsi per fargli spazio e respirargli
scompostamente dentro.
Blaine lo stringeva a sé aderendo alla sua pelle per
sfamarsene,
compiaciuto e sopraffatto nel sentirla incresparsi contro la sua,
tremare sotto le sue dita che affondavano nelle sue spalle, solcavano
la schiena sospingendosi in ogni curva e cavità,
soffermandosi
in vita per aprirsi possessive e accostarlo saldamente ai suoi fianchi
che già pulsavano di vita e l’attrito fece gemere
entrambi
nell’intimità delle loro bocche fuse.
Mentre le labbra di Kurt assaporavano il tepore umido del suo collo, le
mani di Blaine ripresero a muoversi più audaci scendendo
oltre
la vita sottile, catturando la forma perfetta su cui i suoi occhi non
riuscivano a fare a meno di aggrapparsi quando gli ondeggiava intorno
fasciato nei suoi skinny jeans: fu quasi una vendetta sottile
concedersi di sondarne la pienezza soda, un piacere assoluto
accarezzarne la sinuosità di velluto, e una vertigine che
strisciò sotto la sua pelle come vento caldo di tempesta,
reclamarne il possesso.
Il caldo iniziava a diventare intollerabile e Blaine pativa nuovamente
l’impeto della bocca Kurt nella sua, mentre le sue
dita
continuavano a rivendicare ogni angolo della perfezione scolpita che
era il fondoschiena del suo ragazzo, aprendosi strade
inesplorate
nella foschia densa del desiderio che faceva evaporare la sua mente.
Quando sentì le dita di Blaine sfiorarlo così
intimamente
dove non si erano mai spinte, Kurt si irrigidì ritraendosi e
istintivamente richiudendo le braccia sul suo petto.
Blaine si sentì morire e forse avrebbe desiderato esserlo
piuttosto che vedere il ragazzo che amava proteggersi da lui e fissarlo
con occhi spauriti.
«Scusami - annaspò con la voce spezzata -
non…»
«No, scusami tu - si affrettò a chiarire Kurt -
È
che mi hai colto di sorpresa» si giustificò a sua
volta
sentendosi infinitamente ridicolo
«Mi dispiace, non volevo spaventarti»
seguitò Blaine
sempre più mortificato facendo un ulteriore passo indietro
per
non ferirlo ulteriormente e Kurt si sentì ancora peggio.
«Blaine - gli sussurrò dolcemente prendendogli le
mani e
avvicinandolo a sé - Non mi hai spaventato» gli
assicurò abbozzando un sorriso quando lo sentì
rilassarsi
un po’ tra le sue dita «È solo
che… -
indugiò arrossendo a disagio - Quella è una cosa
completamente nuova per me» farfugliò sperando di
non
dover essere più preciso.
Stavolta fu il turno di Blaine di lenire i suoi immotivati imbarazzi
facendosi più vicino e sollevandogli il viso con delicatezza
mentre teneva l’altra mano saldamente intrecciata alla sua e
se
la portava sulle labbra per accarezzarla con un bacio tenue e poi
posarla sul suo cuore.
«Non l’hai mai fatto?» gli
sussurrò con tenerezza
«No - gli confermò Kurt -Tu?»
«Sì» ammise Blaine colorandosi
leggermente di rosa ovunque
«Oh… E com’è?»
domandò esitante Kurt
«Strano all’inizio - rispose con
sincerità Blaine - Poi…»
«Poi?» incalzò incuriosito
«Poi, non lo so: a dire il vero, non è che io
sappia molto altro» arrossì Blaine
«Perché?» chiese preoccupato con appena
un fil di
voce, già immaginando i peggiori scenari possibili di
disagio e
dolore, e quindi la loro vita sessuale complicarsi irreversibilmente.
Blaine tergiversò per qualche istante perché non
era
sicuro di voler rispondere a quella domanda né sapeva
mentirgli
perciò…
«È davvero così male?»
ipotizzò scoraggiato Kurt interpretando il suo silenzio
«No - replicò deciso bloccando sul nascere ogni
inutile angoscia del suo pinguino - anzi…»
«E allora perché non sei mai andato fino in
fondo?»
ribatté adorabilmente confuso e Blaine capì che
avrebbe
dovuto rispondere a quella domanda, quindi prese un respiro e si
rassegnò a rendersi ridicolo.
«Perché ho sempre immaginato che fossi tu a farlo
e sono
venuto quasi subito» confessò in un sol fiato.
Il sollievo di Kurt e il più delizioso imbarazzo di entrambi
esplosero nella stessa risata che sfumò poi nei loro sorrisi
scintillanti e nello sguardo completamente invaghito che si scambiarono
prima di farsi nuovamente vicini.
«Posso chiederti come mai tu non hai
mai…?» mormorò Blaine
«Ci ho pensato, molte volte - ammise Kurt - Ma ho sempre
immaginato che fossi tu a farlo,
perciò…»
annaspò un po’ abbassando lo sguardo
«Perciò?» sollecitò Blaine
col fiato sospeso
«Perciò voglio che sia davvero tu a farlo -
continuò Kurt di nuovo nei suoi occhi - E dopo voglio anche
tutto il resto» sussurrò risoluto e, se
arrossì,
Blaine non ci fece caso perché era completamente arso dal
fuoco
nel suo sguardo.
«Io però non posso prometterti di durare
abbastanza da
darti anche tutto il resto dopo - lo avvisò sorridendo di
sé - Voglio dire: il solo il pensiero
di…»
rivelò con affanno, ma il resto della frase gli
soffocò
in gola quando Kurt posò le mani sui suoi fianchi
ospitandolo di
nuovo su di sé e porgendogli le sue labbra segnate, arse,
sgretolate dalla migliore delle usure: Blaine le racchiuse tra le sue,
inumidendole per lenirne l’offesa e Kurt si lasciò
curare
con pazienza finché il bisogno di gustare più in
profondità quel sapore che amava, gli fece schiudere la
bocca e
soffiargli caldo il suo nome con un singhiozzo disperato che
vibrò ovunque dentro Blaine scuotendo il suo ventre e
accartocciando il suo cuore.
«Tu non ti rendi conto dell’effetto che mi fai,
vero?» gli domandò Blaine senza più
fiato
inciampando nelle parole mentre lo inchiodava al muro e lo circondava
con le sue braccia, rabbrividendo con lui nel sentire la sua
virilità crescere ancora e contrarsi a contatto con la sua
pelle
candida
«Penso di sì invece - obiettò Kurt
aggrappandosi
alle sue spalle e insinuando una coscia tra le sue gambe
perché
ogni parte di sé desiderava fondersi a lui - Ed è
piuttosto evidente che tu mi fai lo stesso effetto» gli
ansimò indicando con un sorrisetto colpevole la prova
più
evidente del suo desiderio intrappolata nel modo migliore tra i loro
stomaci, come quella di Blaine.
«P..posso?» ansimò Blaine e Kurt
annuì
subito, non sapendo neppure a cosa stava acconsentendo, ma non gli
importava perché avrebbe detto sì a qualunque
cosa ci
fosse sul piatto, e se in altre occasioni ne era stato quasi certo, ora
quel “quasi” si era definitivamente dissolto: era
pronto a
qualsiasi cosa venisse da quel ragazzo, lo desiderava con ogni fibra di
sé che era già sua, ancora prima che finalmente
la
rivendicasse, come si erano promessi.
«Ti amo» gli sussurrò e forse non era la
cosa
più giusta da dirgli mentre pensava a quanto desiderasse
averlo
dentro di sé, ma per Kurt fu l’unica possibile, la
più autentica, la più ovvia.
E quando Blaine gli soffoco sulle labbra «Ti amo da morire
anch’io» tremando un po’ nel guardarlo da
sotto le
ciglia umide mentre le sue dita si richiudevano intorno alla sua
virilità, fu evidente a Kurt e a chiunque avesse dubbi, che
fosse anche la più giusta.
La mano di Blaine si mosse lentamente
sull’intimità
fremente del ragazzo che amava, rivestendola dei primi segni viscosi
del piacere che gli scalpitava dentro, impaziente di liberarsi del
tutto, quindi accarezzò se stesso in egual modo prima di
cingere
entrambi nella stessa morsa decisa e fervida.
Quel contatto nuovo e intenso, bruciò nei loro visi e
saccheggiò quel che restava del loro fiato: lo sguardo di
Blaine
si precipitò sul viso di Kurt per accertarsi di poter
continuare, ma ciò che vide rischiò di portarlo
oltre il
limite ancora prima di cominciare.
Ignaro degli effetti
che stava
destando nel suo amante, Kurt continuava a mordersi il labbro con la
testa curvata all’indietro, gli occhi chiusi, e i pugni
stretti
sul muro dietro di lui ringraziando il cielo che lo sostenesse
perché era sicuro che le sue gambe non sarebbero state in
grado
di reggerlo per un lungo tempo. Quando la mano di Blaine si
fermò, riaprì gli occhi e incontrò il
suo sguardo
insicuro e disperato, il suo respiro affannato, le sue labbra contratte
in apprensione, e per qualche strano motivo quell’immagine di
fragilità e passione lo scosse dannatamente più
in
profondità di qualunque tocco.
Kurt gli sorrise e una mano cercò le sue labbra per
riportale
sulle proprie, l’altra si intrecciò a quella
avvolta
intorno ai loro sessi e si mossero insieme, scorrendo delicate sulla
carnosità piena dello stesso impellente bisogno.
Blaine guidò le mani di entrambi in un ritmo sempre
più
sostenuto, rapido eppure accurato, dosando pressione e dolcezza,
muovendosi senza sosta nella bocca di Kurt e tra le sue gambe per
ancorarsi a lui che lo stringeva al suo petto e potevano
così
sentire i loro cuori scandire la stessa frenesia, colpo dopo
colpo.
La costruzione del piacere a cui avevano negato il suono nei loro
momenti di intimità rubati nei giorni precedenti,
riacquistò allora tono, timbro e fiato in parole insensate
come
le preghiere dei giovani amanti, e l’aria, già
carica del
calore umido dei corpi e dei loro profumi mescolati, fu presto satura
di sospiri, gemiti strozzati, e del riverbero tremulo dei loro nomi,
sussurrati, ansimati, spezzati, e infine urlati, benedetti senza voce
nell’orgasmo condiviso.
Si accasciarono uno sulla spalla dell’altro, tremanti e senza
fiato, assicurati al muro per non sgretolarsi al suolo, dissolti dalla
passione consumata che ancora pulsava ovunque.
«Okay, hai avuto la tua doccia - ansimò Kurt
incapace di
muovere un solo muscolo - Ora voglio, anzi pretendo quel trapianto di
cuore, subito, se ci tieni alla mia vita» gli
ricordò
sbuffando una risata affannata nel suo collo, prima di tentare di
sollevare la testa.
Blaine rise con lui e si scostò dalla sua spalla per
incontrare
i suoi occhi «Ti ho detto che il mio è
già tuo, e
non lo vorrò mai più indietro -
sussurrò
ripulendogli premurosamente il viso dalle tracce perlacee del loro
piacere appena esploso - E non ne avrò mai più
un altro,
per nessuno» specificò perché
desiderava fugargli
ogni dubbio, perché era vero, perché non era mai
stato
così sicuro di nient’altro in tutta la sua vita.
E Kurt lo sapeva.
«Lo custodirò per sempre nel mio» gli
promise quasi
senza voce Kurt, quindi gli sfiorò le ciglia per catturare
quel
genere di umidità che non aveva a che fare con la doccia o i
segni residui della passione, era qualcosa di più intimo che
sentiva sciogliersi anche nei suoi occhi: assomigliava alla parola
“speranza” e iniziava, con il coraggio e
la
trepidazione dei loro anni, a coniugarsi al tempo futuro, il loro
futuro.
Il bacio di Kurt sigillò quell’istante nelle loro
labbra,
lo dipinse delicatamente lungo i loro sorrisi, lo fece filtrare tra i
denti, tremare sulle loro lingue, per poi ripeterlo dentro le loro
bocche ancora e ancora.
Blaine lo racchiuse tra le sue braccia e rispose ad ogni tocco con la
delicatezza dell’uomo che sarebbe diventato crescendo accanto
al
suo cuore, certo di non poterlo sapere custodito in luogo migliore.
Si baciarono pigramente per tutto il tempo in cui l’acqua
calda
lavò via dalla loro pelle le prove degli effetti
dell’attrazione reciproca, e non smisero neppure quando il
getto
iniziò ad intiepidirsi e avrebbero dovuto intuire di essersi
sufficientemente ripuliti.
«K..Kurt» ansimò Blaine scostandosi
leggermente
quando il suo pinguino intensificò l’impeto della
sua bocca
«Mmh?» mugugnò Kurt inseguendo le sue
labbra nello spostamento
«Kurt - ridacchiò Blaine sottraendosi
malvolentieri a
quell’adorabile accanimento - Se continui a baciarmi
così,
ti avviso che dovrai concedermi un secondo round»
preferì
chiarire subito per non sentire proteste dopo, quando sarebbe stato
crudele pretendere che si fermasse.
Kurt lo scrutò per qualche istante, quindi
sfoderò un
sorrisetto perverso, prese il suo viso tra le mani e riprese a baciarlo.
Bene, era una risposta piuttosto chiara, nonché esattamente
quella in cui Blaine sperava.
«Tu sarai la mia morte» farfugliò Blaine
mentre Kurt lo sospingeva contro il muro
«Non lamentarti - annaspò il pinguino -
È un buon
modo di morir…» tentò di convincerlo,
ma la
suoneria del telefono irruppe su di loro e Blaine cominciò a
rassegnarsi all’idea che ad ucciderlo sarebbero stati di
sicuro
questi maledetti trilli di ogni genere ma tutti ugualmente dotati di un
pessimo tempismo: timer, squilli, campanelli, dannate pianole,
cos’altro avrebbe potuto infierire su di lui in futuro?
Il povero warbler sbuffò frustrato e Kurt lo
consolò con un bacino sulla guancia.
«È mio padre» dedusse dalla suoneria
«Vai - lo incoraggiò dolcemente Kurt -
Continueremo
questo
discorso un’altra volta» si impegnò
sorridendogli.
Blaine baciò quel sorriso ancora una volta, quindi
uscì
da quel loro mondo di intimità e vapore, afferrò
l’accappatoio e corse a rispondere a suo padre.
Kurt sospirò e, dopo essersi guardato intorno per
assicurarsi
che non ci fossero più indizi compromettenti,
accarezzò
il muro sorridendo a se stesso e sì, arrossì.
«D’accordo papà, a più
tardi» chiuse la
telefonata Blaine mentre Kurt lo raggiungeva avviluppato nel suo
accappatoio bianco.
«Tutto bene?» domandò avvolgendo in un
morbido
asciugamano i suoi preziosi capelli che non aveva mai esposto
così a lungo all’azione rovinosa
dell’acqua non
decalcificata, ma ne era valsa assolutamente la pena
«Sì - rispose Blaine - Ma hai meno di
un’ora per
trovarmi qualcosa da indoss…» fece in tempo a dire
prima
di essere travolto dal ciclone Hummel e trasportato freneticamente
nella loro stanza: non c’era un attimo da perdere o la
missione
del giovane stylist sarebbe naufragata miseramente.
Armato di asciugacapelli in una mano e mini-kit da sarto
nell’altra, Kurt procurò ad entrambi la giusta
piega e a
Blaine una rosa di abiti papabili adatti alla serata tra quelli che Amy
aveva messo a loro disposizione.
«Ora controlliamo tra quelli di Kevin?» propose
Blaine
convinto che vi fosse senz’altro qualcosa di perfetto per il
suo
splendido accompagnatore.
Kurt annuì e aprì la scatola con trepida
soggezione
presentendo che ciò che vi avrebbe trovato, avrebbe
conquistato
il suo gusto e il suo cuore.
Mettere via i vestiti di Kevin fu un’operazione a cui Desmond
si
dedicò da solo, una volta scacciato il gusto mai dimenticato
della bile che gli risalì in gola quando i genitori del
ragazzo
gli avevano chiarito senza troppi giri di parole di non desiderare
nulla di quel figlio ripudiato che aveva avuto ciò che
capita
“a quelli come lui”. Confezionò con cura
ogni capo
griffato che consegnò all’associazione di cui
l’amico fu l’anima per tanti anni,
perché mettessero
all’asta il suo stile per portare avanti le sue battaglie, il
resto lo regalò in beneficenza. Non riuscì
tuttavia a
separarsi da alcuni capi come il suo pigiama preferito, quella giacca
rossa con i bottoni gialli che indossava solo quando era allegro, i
pantaloni di San Patrizio, il suo papillon portafortuna e
l’abito
che indossava al loro matrimonio: un meraviglioso trionfo di seta nera
che si era conquistato a suon di gomitate all’apertura dei
saldi
da Gucci, secondo nel suo cuore solo al suo primo Armani originale,
quello che Desmond scelse per il suo ultimo viaggio, vestendolo con
cura e sperando di aver abbinato gli accessori giusti. Ancora oggi,
ogni volta che i suoi pensieri correvano a quel pezzo del suo cuore
perduto, lo confortava sapere che avrebbe riposato per sempre dentro
qualcosa di bello, dotato di un fascino senza tempo, elegante e
impeccabile, discreto e prezioso, esattamente come Kevin.
Quello smoking di seta nero firmato Gucci scivolò sul corpo
di
Kurt come un guanto, come se fosse stato fatto per lui, e il ragazzo
era talmente emozionato da non riuscire neppure ad allacciarsi il
papillon per completare l’outfit in attesa che Blaine uscisse
dal
bagno con indosso l’abito di suo padre, e se l’orlo
fu
scorciato di quasi venti centimetri dalle abili mani di un sarto molto
speciale, beh ne valse decisamente la pena, anche Desmond sarebbe stato
d’accordo. Il grigio chiaro del tessuto faceva infatti cose
meravigliose per la carnagione dorata di Blaine e per i suoi occhi, a
giudicare dal modo in cui lo guardò il suo elegantissimo
amore,
quando riapparve oltre la porta, pronto ad uscire.
«Sei bellissimo» sospirò Kurt
completamente stregato
«Stavo per dire la stessa cosa» annaspò
Blaine accendendo il suo sguardo su di lui.
Kurt gli sorrise e poi realizzò che ci fosse un dettaglio
stonato nei loro look, perciò di precipitò a
rimediare
sfilandosi il suo papillon di seta nera e allentando il nodo della
cravatta grigia di Blaine per sfilargliela via e indossarla lui stesso.
«Ora va meglio» sospirò soddisfatto dopo
aver sistemato il papillon sul collo del suo ragazzo
«Perché così i nostri colori
corrispondono?» ipotizzò divertito Blaine
«No, perché così è chiaro a
tutti che sei
abbinato a me» rispose accentuando nel tono quel senso di
possesso che scaldò il sangue di Blaine
«Dove è finito tutto quel discorso sulla prudenza,
“fingiamo di essere amici”…?»
lo prese in giro
«Sono stato convinto da un abile oratore - lo
lusingò Kurt
- E poi l’ho detto prima di averti visto con questo
addosso» aggiunse dandogli un’altra lunga occhiata
di
apprezzamento e sì, Blaine arrossì, prima di
passare al
contrattacco facendosi più vicino.
«Pensavo mi preferissi con niente addosso» gli
soffiò sull’orecchio
«Beh, di questo possiamo discutere più
tardi»
sussurrò Kurt sulle sue labbra chiarendo a Blaine che non
l’avrebbe mai superato quanto ad innata attitudine alla
seduzione, perciò si arrese ripromettendosi tuttavia di
ricordargli più tardi di discuterne sul serio e
approfonditamente.
Il giovane stylist aggiunse infine un ultimo dettaglio che Blaine
approvò scagliandosi fervido sulle sue labbra e baciandolo
accuratamente, intensamente, in profondità.
«Possiamo andare?» domandò Blaine
offrendogli il
braccio galante dopo aver risistemato le margherite
all’occhiello
di entrambi accertandosi che non fossero rimaste vittime della loro
passione
«Sì» respirò profondamente
Kurt sorridendogli
splendido mentre si avvinghiava al suo braccio e Blaine intrecciava le
dita alle sue.
Stretti l’uno all’altro, uscirono dunque per quella
serata
che spaventava ancora un po’ entrambi, ma erano insieme,
eleganti
e bellissimi, pronti a spuntare un altro desiderio dalla lista e
scrivere un’altra pagina indimenticabile della loro storia.
*** Parte IV ***
Blaine e Kurt, scesero dall’auto a Wall Street, orgogliosi di
loro stessi per non aver sgualcito i loro splendidi abiti saltandosi
addosso come avrebbero desiderato fare per tutto il viaggio. Si erano
invece limitati a tenersi per mano e mangiarsi con gli occhi, come
continuarono a fare finché non giunsero davanti
all’imponente ingresso del club Cipriani con le sue quattro
serie
di colonne monolitiche, e ne furono sopraffatti.
Non era necessario dirsi cosa provassero, era già scritto
nel
loro respiro sospeso, si rapprendeva gelido nei loro occhi e tremava
già ovunque dentro di loro. Tutto ciò di cui
avevano
bisogno era piuttosto un po’ di coraggio per muovere i
loro
passi tremanti su quel tappeto rosso che accarezzava le loro scarpe
lucidissime ed entrare lì dentro anche se si
sentivano piccoli e inadeguati, anche se oltre
quella porta girevole c’era un mondo a cui non appartenevano,
perché certo i loro abiti si sposavano perfettamente con
quel
posto, ma loro erano ancora i due ragazzini con scritto “from
Ohio” sulla fronte e sarebbero
volentieri
tornati
indietro per passare la serata a pomiciare sul divano con addosso solo
le mani e la bocca dell’altro, il miglior outfit che
avrebbero
mai potuto indossare.
Quel po’ di coraggio lo trovarono dove era sempre stato:
Blaine
si voltò verso Kurt e gli sorrise, quindi gli
accarezzò
le dita allacciate strette strette alle sue, ed entrarono.
E fu come atterrare nella città di Smeraldo.
Così infatti apparve ai loro occhi sgranati
l’immensa sala
con il suo altissimo soffitto dalla cupola decorata con bassorilievi,
la maestosità della struttura e la preziosità dei
decori:
ogni angolo sembrava avere quella stessa magia di Baum, ma qui non
c’erano occhiali speciali per non esserne accecati.
Ovunque i loro occhi si perdessero rapiti, il gusto per il dettaglio
ricercato si intrecciava alla più raffinata eleganza in un
connubio di stile che a Kurt parve divino, tuttavia qualcosa di ancora
più straordinario sfiorò i loro cuori fin dal
primo
sguardo: l’intero allestimento, fin nelle più
irrilevanti
minuzie, era tutto rigorosamente bianco.
Si cercarono con lo sguardo per condividere lo stesso sorriso tremante
nel realizzare facilmente di avere davanti agli occhi
l’omaggio
delicato di un uomo ferocemente innamorato che aveva voluto rendere
quel posto più familiare a sua moglie nell’unico
modo che
gli era possibile: circondarla di quel candore che lei amava e che da
sempre la faceva sentire a casa.
Desmond infatti non aveva resistito quando incontrò lo staff
organizzativo del locale per accordarsi circa lo stile da adottare per
l’evento. «Vorrei che fosse tutto
bianco» aveva detto un po’ a disagio
perché la Direzione si era
già offerta di ospitare gratuitamente l’evento
benefico su
segnalazione dei soci stessi dell’uomo, per cui sarebbe stato
più elegante concedere loro piena libertà per
ciò che concerneva le
scelte
decorative, senza condizioni, limiti o interferenze. Tuttavia per
Desmond Anderson l’eleganza non era un’opzione
possibile
quando avrebbe potuto invece regalare alla donna che amava un impatto
più morbido con il resto del mondo da cui si era schermata
per
anni, così regalò alla sua Amihan sedicimila
metri
quadrati di nivea purezza: un bouquet bianchissimo da abbinare al suo
vestito e al suo cuore.
«Eccoli!» cinguettò Amy vedendo Blaine e
Kurt fare il loro ingresso in sala
Desmond si voltò e il suo sguardo cadde subito su Kurt e
l’abito che indossava.
«Sono bellissimi» sospirò vinta dalla
perfezione
dell’immagine che aveva davanti che svelava un desiderio di
madre
che non aveva mai provato: suo figlio e la persona che amava, stretti
uno nella mano dell’altro, elegantissimi, in una sala per
ricevimenti… mancavano giusto le fedi al dito
perché il
quadro fosse completo.
«Non trovi che siano bellissimi?» ribadì
rivolta a
Desmond, ma nessuna parola venne dall’uomo che continuava ad
osservarli con un’espressione indecifrabile ed Amy
avvertì
una fitta molto nitida in petto: avrebbe dovuto intuire che avrebbe
potuto ferirlo vedere quell’abito su qualcun altro.
«Spero che non ti dispiaccia se ho messo a loro disposizione
gli abiti di Kevin» sussurrò mortificata
«No, hai fatto benissimo - le assicurò suo marito
- Lo
indossa perfettamente, anche lui sarebbe stato
d’accordo»
aggiunse con un sorriso dolcissimo che restituì al cuore di
Amy
il battito perso, ma più frenetico e intensamente caldo.
«Ma quello è un mio vestito»
realizzò osservando meglio Blaine
«Già» annuì compiaciuta Amy
«Ha scelto un mio vestito?» si stranì
Desmond
«Sinceramente non credo abbia preso neppure in considerazione
l’idea di indossare quello di qualcun altro»
rispose sicura
sorridendogli orgogliosa.
Ed era vero, Blainey avrebbe scelto sempre di avere per sé
qualcosa che apparteneva al suo papà, anche se solo per una
sera.
«Ora che sono arrivati anche i ragazzi, non devi
più
preoccuparti per me e puoi occuparti dei tuoi ospiti - lo
rassicurò Amy slacciandosi dal suo braccio - Sean
e
Katherine sono già qui, perciò tu vai e
fa’ tutto
quello che devi, io starò bene»
«Ma io no» si oppose Desmond e, vedendola sorpresa,
le
sfiorò delicatamente il viso, incredulo che davvero non
capisse
di avergli appena proposto un’assurdità
«Ho bisogno di te, Amy - le sussurrò il
ragazzo fragile di
cui si era innamorata - Perciò se hai intenzione di lasciare
il
mio braccio stasera, anche solo per un istante, possiamo andarcene
ora» soggiunse determinato a dare un seguito alle sue parole
mentre la rivestiva del verde limpido dei suoi occhi.
Amy si chiese per qualche istante se sarebbe stato considerato
socialmente riprovevole saltare al collo di suo marito e baciarlo fino
alla fine della serata, poi pensò che avrebbe avuto la sua
bocca
più tardi, nell’intimità che aveva
sempre custodito
il loro amore, e si accontentò di stringersi al suo braccio
e
innamorarsi ancora di lui guardandolo sorriderle grato.
«Nancy non la prenderà molto bene»
considerò
intensificando la presa, ma Desmond era troppo occupato a reprimere il
bisogno urgente di baciarla per darle ascolto.
«Ci hanno visti» constatò Amy non appena
i due
ragazzi rivolsero i loro sorrisi abbaglianti verso di loro, e con un
cenno delicato della mano li invitò ad avvicinarsi.
Blaine annuì a sua madre e scortò Kurt attraverso
la sala per raggiungere lei e suo padre.
«I tuoi genitori sono la cosa più bella qui
dentro»
mormorò languido Kurt mentre, aggrappato alle dita di
Blaine,
camminava stordito su una nuvola di emozioni.
«Non sono d’accordo» sorrise Blaine
rivolgendogli uno
sguardo piuttosto eloquente su cosa fosse invece la cosa più
bella lì dentro per lui: ce l’aveva al suo fianco
e
arrossiva.
«Non farmi arrossire, per favore» lo
pregò
«Sai cosa penso di te che arrossisci…»
gli
sussurrò Blaine con un’occhiatina maliziosa,
chiarendo che
non avesse alcuna intenzione di dargli tregua e Kurt si
rassegnò
a diventare presto lo zimbello di tutta la sala
«Ti odio!» sibilò tra i denti frustrato
Blaine ridacchiò e accarezzò le sue dita
«Ti amo
anch’io» gli sussurrò pianissimo
perché
nessuno lo sentisse, compresi i suoi genitori che sospiravano in
perfetta sincronia mentre li guardavano emozionati avanzare tra la
folla.
I complimenti molto lusinghieri di Amy e Desmond non aiutarono Kurt
nella sua campagna “SBATT” (Stop Blushing All
The Time),
ma era
solo un piccolissimo prezzo da pagare rispetto alla sensazione di appartenenza
che avrebbe catturato il suo stomaco durante quella serata
conficcandosi nel suo petto per sempre.
Mentre Desmond spiegava loro come si sarebbe svolta la serata, si
avvicinò infatti un anziano signore accompagnato da quella
che
sulla carta avrebbe potuto essere sua nipote, con un gusto piuttosto
avanguardistico quanto a look, considerò tra sé
Kurt, ma
si rivelò invece la rispettiva consorte, probabilmente di
terzo
o quarto letto, e con un gusto invece piuttosto retrò quanto
a
uomini.
«Anderson! - salutò l’uomo piombando
alle spalle di
Desmond e dandogli una pacca affettuosa sulla spalla - È mai
possibile che non sbagli mai un colpo?» lo
rimproverò
scuotendo la testa, ma nei suoi occhi brillanti era palese tutto
l’orgoglio autentico che lo muoveva
«Professore» gli sorrise immediatamente Desmond
salutandolo calorosamente
«Lui è Bentley MacLeod: la persona che mi ha
insegnato
tutto ciò che so del mio lavoro» chiarì
alla sua
famiglia che non l’aveva mai conosciuto.
«Ma per favore! - obiettò l’anziano - Ne
sapevi
più di me già dal primo giorno in cui hai
iniziato a
seguire il mio corso» ridacchiò ripensando a quel
ragazzo
timido ma risoluto che occupava sempre la terza fila
nell’aula e
non prendeva mai una riga di appunti mentre tutti i suoi colleghi
stavano curvi ad infierire sulle loro mani e sulla carta per
assicurarsi di non perdere neppure una parola delle sue spiegazioni.
«Perché lei non scrive mai
nulla?» gli
aveva domandato un giorno trattenendolo al termine della lezione,
già pronto ad invitarlo a non ripresentarsi
perché
evidentemente non era interessato
«Penso sia maleducato guardare altrove mentre
qualcuno parla con me, signore» aveva spiegato
Desmond e certo non era la risposta che il professore si aspettava
«Non crede di dimenticare qualche passaggio se non
lo appunta?» aveva proseguito incuriosito
«Credo di no - aveva risposto con
limpidezza il giovane specializzando - Ma mi può
fare delle domande per esserne sicuro?»
l’aveva invitato e forse avrebbe dovuto suonare presuntuoso o
sfrontato, ma negli occhi di quel ragazzo non ve n’era
neppure
l’ombra.
Il professor MacLeod aveva accettato la sfida subissandolo di domande
che spaziavano su tutto il
programma del corso che aveva trattato fino ad allora e Desmond aveva
risposto ad ogni quesito con padronanza e nel dettaglio.
«Sono bravo ad ascoltare» si
era quasi giustificato alla fine di fronte allo stupore del docente
«Saper ascoltare è un’ottima
qualità per un uomo d’affari - gli
aveva concesso con un sorriso compiaciuto - signor…»
«Anderson, Desmond Anderson»
si era presentato, nuovamente timido, e il professore gli aveva stretto
la mano
«A giovedì prossimo, signor
Anderson» l’aveva salutato
sorridendogli, quindi era uscito dall’aula.
Vedere crescere ed affermarsi il suo studente della terza fila, che
continuò ad ascoltarlo guardandolo negli occhi senza mai
prendere una riga d’appunti per tutto il semestre, fu uno dei
ricordi più belli della sua lunga carriera di docente.
Concluso il suo master in Economia e Finanza, il talento di Desmond gli
garantì una rapida ascesa in quel mondo intricato, volubile
e
insidioso, in cui lui sembrava tuttavia muoversi con disinvoltura e al
quale si era avvicinato senza rinunciare alla dimensione idealista del
sogno e all’ambizione caparbia di riuscire a dimostrare che
per
farlo funzionare non fosse necessario essere cinici e spietati, e che
saper creare ricchezza non fosse un disvalore di per sé, ma
dipendesse dalle mani che ne avrebbero goduto i frutti.
Quella sera l’avrebbe dimostrato, ancora una volta, e il suo
vecchio professore non si sarebbe mai perso l’occasione di
essergli accanto per assistere ad un altro successo del suo ragazzo
della terza fila.
«Sono felice che sia venuto» mormorò
grato Desmond quindi rivolse lo sguardo alla donna che lo accompagnava
«Mia moglie Camille» chiarì il
professore che aveva
sempre ammesso di conoscere una strategia vincente e una procedura
sensata per ogni genere di affari, tranne quelli di cuore
«Ma può chiamarmi Milly» si
affrettò ad
aggiungere la donna sfoderando il suo più seducente sorriso
laccato amaranto en pendant con i dettagli del fazzoletto di stoffa che
appena la copriva
«Lieto di conoscerla, Camille»
la
omaggiò Desmond
mentre sentiva dietro di sé un tridente acuminato di fulmini
saettare verso l’ignara donna.
Desmond si voltò verso la punta di quel tridente e la
presentò prima che si scatenasse l’inferno
«Lei
è mia moglie» sorrise luminoso.
«Può chiamarmi “sua
moglie”» scandì per bene Amy con un
sorrisetto velenoso mentre porgeva la
mano a
Milly che ebbe almeno la decenza di abbassare lo sguardo a disagio.
«Incantato, signora Anderson» intervenne il signor
Bentley
e lo era davvero a giudicare dal suo sguardo mentre le baciava la mano
pallida
«Amy» lo corresse sorridente perché come
ogni alfa
non si poteva accontentare di segnare il suo territorio, doveva anche
chiarire alla povera avversaria che avrebbe potuto sconfinare
facilmente nel suo, se non si fosse fatta docilmente da parte
«Beh, Amy - accettò il suggerimento affascinato -
Non ho
mai capito perché da quando conosco Desmond ha sempre fatto
i
salti mortali per assicurarsi di tornare a casa ogni sera, ma ora mi
è tutto più chiaro» la
lusingò dando una
rapida occhiata di approvazione al suo pupillo i cui occhi
però
restarono avidamente ancorati alla donna che amava e quella fu la prima
volta che lo ignorò mentre gli parlava.
Quando poi lei gli
rivolse
lo stesso sguardo, come se fosse ancora stupita della devozione di suo
marito, il vecchio professore capì ancora meglio
perché lui avesse
rinunciato
alle facili lusinghe mondane, anche a costo di compromettere la sua
carriera: «Non capisci che se vuoi davvero
affermarti, i migliori affari si fanno fuori dagli uffici? -
gli aveva sempre ribadito - Se vuoi avere davvero successo
in questo mondo, gli devi dedicare tutto te stesso»
«Forse quelli non sono un genere di affari che mi
interessano, e di sicuro questo non è il mondo a cui
appartengo» gli aveva risposto con un sorriso
dolce ma risoluto prima di uscire, prendere un taxi e tornare da lei.
Mentre Desmond continuava a specchiarsi nello sguardo del mondo a cui
sarebbe appartenuto per sempre, il professore si rivolse ai due ragazzi
accanto ad Amy riconoscendone subito uno.
«Tu sei Blaine, giusto?» lo salutò con
affetto
«Sì, signore» gli strinse la mano il
ragazzo
«Oh ti prego, niente signore! - contestò premuroso
- Tu
forse non ti ricordi, ma ti ho tenuto in braccio quando eri piccolo e
tuo padre ti portava con sé in ufficio perché era
convinto che gli portassi
fortuna» ridacchiò
«Beh, avevo ragione» confermò Desmond
sorridendo a
suo figlio che era ancora disabituato all’idea di essere
stato
per tante persone sconosciute quel bambino adorato dal suo
papà
che aveva visto nel video del suo compleanno
«Hai intenzione di seguire le orme di tuo padre?»
domandò il professore
«No, non sono tagliato per gli affari»
sussurrò goffamente
«Peccato, tuo padre è una leggenda nel suo
settore, con il
tuo cognome avresti tutte le porte aperte» pose in risalto
nel
totalmente vano tentativo di convincerlo
«Penso di sì, ma non è una cosa di cui
andrei fiero
in ogni caso» rispose abbassando lo sguardo sperando di non
essere stato maleducato, ma l’idea di farsi strada nella vita
sfruttando un talento non suo, era talmente lontana dal modo di essere
di Blaine, che non riuscì ad impedirsi di ricusarla
apertamente.
L’anziano docente iniziò a credere che dare
risposte poco
scontate fosse una caratteristica degli Anderson e sorrise compiaciuto,
poi si voltò verso Desmond per gustarsi
l’espressione di
fierezza che era certo avrebbe addolcito il suo visto e non si
stupì che fosse la stessa di quando Blaine aveva meno di due
anni e si dimenava sulle sue ginocchia perché voleva stare
in
grembo soltanto al suo papà.
«Lui è un artista, come sua madre»
spiegò
Desmond con un tono dolcissimo posando una mano sulla spalla del suo
bambino perché gli fosse ancora più chiaro che
avesse la
sua completa approvazione.
Il professor MacLeod annuì sorridente, poi si rivolse a Kurt
che
aveva osservato ogni cosa sperando di essere diventato invisibile per
evitare di dover chiarire chi fosse e rovinare così un
momento
perfetto, ma prima che potesse torturarsi oltre, Desmond
continuò le presentazioni.
«Lui è Kurt, Kurt Hummel, il fidanzato di
Blaine» spiegò senza alcuna esitazione
«Molto lieto» sussurrò Kurt in apnea
porgendogli la
mano e se tremava un po’ nessuno ebbe tempo di accorgersene
perché l’anziano la strinse subito alla sua,
sorridendo ai
due ragazzi
«Il piacere è mio Kurt, spero tu lo tratti
bene»
soggiunse osservandoli intenerito tingersi di un adorabile rosa
«Nessuno l’ha mai fatto meglio» ammise
Desmond
adagiando l’altra mano sulla spalla di Kurt e
confermandoglielo
con un sorriso orgoglioso che traboccò agli angoli di quegli
occhi azzurrissimi nel più intimo dei
“grazie”.
«Hai una splendida famiglia» constatò
l’anziano e Desmond intensificò appena un
po’ la
presa sulle spalle dei due ragazzi custodendoli tra le sue braccia
prima di annuire sotto lo sguardo caldo e inumidito di Amy.
«Signor Anderson? È tutto pronto per iniziare la
presentazione» lo avvertì un uomo elegante alle
loro
spalle.
«D’accordo, James, arrivo subito - rispose Desmond
- Puoi
accompagnare il signor MacLeod e sua moglie ai loro posti?»
«Certo» annuì James e così
fece.
«È ora di iniziare - sospirò Desmond
offrendo il
braccio ad Amy - Voi non venite?» si rivolse poi ai due
ragazzi
«Dove?» domandò perplesso Blaine
«Ho prenotato dei posti anche per voi»
spiegò
ignorando la fitta nel petto che gli causò il vedere la
più
inattesa sorpresa dipingersi sul volto di suo figlio.
«Andiamo?» si limitò a dire con un
sorriso di scuse, pronto ad accompagnare la sua famiglia ai loro posti
«Sì» sussurrò felice Blaine
mentre Kurt si stringeva alle sue dita e insieme attraversarono la sala.
Durante il tragitto Amy domandò a Desmond chi fosse James,
perché non l’aveva mai visto né sentito
nominare ed
era sicura di conoscere, almeno di nome, tutti i collaboratori di suo
marito.
«È il mio nuovo segretario» rispose
Desmond senza darle troppa soddisfazione
«E l’adorabile Nancy?» chiese spiazzata
«Ha avuto un’offerta molto vantaggiosa da
un’altra
compagnia, perciò partirà per Miami -
spiegò senza
far nulla per nascondere l’espressione colpevole circa
l’origine di quell’improvvisa proposta di lavoro -
Ma tra
una settimana, dopo che avrà insegnato a James tutto
ciò
che deve sapere sul suo lavoro»
«Spero non gli insegni proprio tutto perché io non
ce la
faccio a far fronte anche ai tuoi corteggiatori maschi»
sospirò dissimulando la morsa allo stomaco che le procurava
guardarlo in quel momento e sapere che non ci fosse davvero nulla che
non avrebbe fatto per lei
«È sposato e ha due bambine adorabili»
la rassicurò
«Non avresti dovuto licenziarla per davvero»
mormorò cedendo al rimorso
«Sì invece, avevi ragione - le concesse Desmond
accarezzandole il dorso della mano - E poi l’ho fatto per
lei, ho
voluto evitarle una morte violenta» le sorrise e non era
sicuro
che non sarebbe andata così sul serio
«Hai fatto bene - ammise Amy sorridendo di sé - E
scusami
anche per prima con Milly, era del tutto fuori luogo, mi
dispiace»
«A me non è dispiaciuto affatto» le
sussurrò
sedotto facendosi più vicino e dando alla sua Amy
l’unico
motivo ancora valido perché continuasse a difendere il suo
diritto esclusivo di essere la prima e unica donna della sua vita.
Kurt non fu affatto stupito di scoprire che i loro posti riservati
fossero proprio quelli davanti a dove di lì
a
poco Desmond avrebbe parlato all’intera platea, i
più
importanti,
i più vicini, quelli accanto a Sean e Katherine che li
raggiunsero poco dopo salutandoli con affetto. Di certo,
però,
il giovane Hummel non si aspettava che il signor Anderson avesse
destinato a lui il posto tra sua moglie e suo figlio: sarebbe stato
più ovvio che Blaine e la sua mamma fossero vicini,
perché mai avrebbe voluto separarli mettendolo in mezzo? Ma
in
realtà fu l’unico a sorprendersi e a non capirne
il motivo
finché Desmond raggiunse il palco, le luci si abbassarono un
po’, e le dita nervose di Blaine ed Amy cercarono subito le
sue.
Desmond non li avrebbe mai lasciati in mano a nessun altro.
Mentre alle sue spalle scorrevano le immagini del villaggio ugandese
dove il progetto stava prendendo vita, mostrando i visi
e le mani che gli
davano forma, Desmond ne raccontò ogni dettaglio con quella
sua
voce calda e un po’ roca che conquistò
l’intera sala
avvolta nel più ammirato silenzio. In tutto lo splendore del
suo
tuxedo nero con revers ton sur ton in raso di seta, il suo gilet
aderente, la camicia bianchissima che pennellava un bagliore di luce
che screziava il verde intenso del suo sguardo, l’uomo
splendido
che era Desmond Anderson costrinse parole di verità e
spessore
anche nelle orecchie meno disposte a sentirle, non risparmiò
critiche ai programmi anche governativi messi in atto per la riduzione
della povertà in Africa, chiarendo che i miliardi di dollari
in
essi impiegati fossero inevitabilmente destinati ad essere sprecati,
perché quelle iniziative non si ponevano come obiettivo un
reale
sviluppo economico, ma solo un aiuto e non era ciò di cui
quei
visi e quelle mani avevano bisogno. Non risparmiò nulla
della
sua infallibile dialettica per ricordare a tutti i manager presenti che
l’impresa privata avrebbe dovuto giocare un ruolo chiave
nell’incoraggiare lo sviluppo, e chiarì a tutti
gli
ambasciatori e alle organizzazioni invitate, che la cooperazione
concreta, non il soccorso, fosse la strada da intraprendere,
nonché il cuore pulsante del suo progetto.
Al termine del suo discorso, quando i ringraziamenti avrebbero dovuto
lusingare le personalità più influenti presenti
all’evento, Desmond si limitò ad un
«Grazie»
cumulativo e destinò le parole residue alle uniche persone
che
avessero un valore autentico per lui e che non aveva smesso di
accarezzare con lo sguardo per tutto il tempo in cui la sua voce aveva
sedotto e convinto l’intero uditorio.
«Uno dei miei insegnanti più validi, diceva sempre
che
“Senza
l’azione i progetti sono solo
sogni”: aveva
ragione e conto sul vostro aiuto per realizzare
quell’azione» sottolineò distogliendo
per un attimo
lo sguardo dalla sua famiglia per sorridere fiducioso alla platea prima
di rituffarsi negli occhi che amava e concludere il suo discorso
sperando che la voce lo sostenesse fino in fondo
«Ma è anche vero che sono i sogni a dare forma ai
progetti
migliori e io non sono mai stato un grande sognatore finché
vent’anni fa non ho incontrato la donna più
incantevole
che io abbia mai visto che mi ha insegnato a farlo, e qualche anno dopo
mi ha regalato il mio sogno più bello, mio figlio»
dichiarò a quel ragazzo che, stretto alle dita del suo
fidanzato, si lasciava scorrere lungo il viso il luccichio meraviglioso
di un desiderio esaudito
«Grazie per essere qui - concluse Desmond sorretto
dall’amore di sua moglie e di suo figlio - E grazie anche a
te,
Kurt, per avermi restituito quel sogno» gli sorrise
dolcemente e
forse non si rese neppure conto di quanto profonda fosse
l’impronta che stampò nel cuore di Kurt Hummel che
da
quella sera non avrebbe avuto più paura di essere una
presenza
scomoda accanto a Blaine e alla loro famiglia.
Desmond augurò a tutti una buona serata poi corse dalla sua
famiglia che lo strinse a sé, come avrebbero fatto subito
dopo
Sean e Katherine, quindi i suoi soci e collaboratori più
fidati,
e dopo aver assicurato la mano di sua moglie intorno al suo braccio, si
lasciò infine travolgere dall’entusiastico
apprezzamento
dei suoi ospiti che si contesero la sua attenzione per il resto della
serata.
Accompagnati dalle note calde dell’orchestra che si era
sistemata
sul palco e avviluppò l’atmosfera con
un elegante
manto caldo di sapore jazz, Blaine e Kurt si defilarono per raggiungere
l’area dove era imbandito il sontuoso buffet, incastonato in
una
nuvola bianca di calle, bisso di lino e organza. Kurt scelse il menu
per entrambi e andarono ad assaporarlo in un angolino riposto dove
avrebbero potuto guardarsi negli occhi e sorridersi come due idioti per
tutto il tempo senza che nessuno ci facesse caso, poi a malincuore
tornarono a dividere il loro tempo insieme con il resto del mondo.
Desmond presentò la sua famiglia alle persone con cui
lavorava
da anni e ai finanziatori del progetto, e come Blaine aveva previsto,
non vedeva l’ora di presentare a tutti il fidanzato di suo
figlio, perciò l’orgoglioso warbler fu costretto a
sciogliersi dalle sue dita e osservare stregato l’amore della
sua
vita combattere una battaglia già persa contro il delizioso
rossore che infieriva sulle sue guance.
Tra le mani che strinse Kurt quella sera, c’erano anche
quelle di
Kelly O’Connor, la donna che avrebbe dovuto incontrare nel
suo
soggiorno con gli Anderson a Boston, dove presiedeva la sede della
PFLAG.
«Mi avevi detto che non ce l’avresti fatta a venire
a New York stasera» si stupì Desmond abbracciandola
«Lo so, ma poi sono riuscita a rimandare i miei impegni ed
eccomi
qui» sorrise Kelly che salutò con affetto Blaine e
regalò a Kurt un grande sorriso
«Finalmente ti conosco, Kurt! - esultò -
Amihan?» domandò guardandosi intorno
«È laggiù con Sean e
Katherine» rispose Desmond
«Vado a salutarla, ma tu aspettami qui perché ho
bisogno
di parlare con te» si fece promettere da Kurt prima di
raggiungere Amy e i loro amici.
Kelly era una donna minuta ma di grande energia e coraggio, forte e
leale, come raccontavano i suoi occhi verdi, caldi e sinceri. Era una
di quelle persone a cui appoggiarsi senza paura di cadere e possedeva
un fascino discreto e sottile che non era difficile credere avrebbe
conquistato il cuore di chiunque, ma lei non lo seppe mai
perché fin da
quando
aveva sedici anni si era rassegnata ad amare per sempre la sua migliore
amica, Kathleen: qualunque altra scelta sarebbe stata una bugia, e
mentire a se stessa era l’unica cosa che Kelly
O’Connor non
era mai riuscita a fare.
Kurt fu conquistato immediatamente da quel ciclone rosso che gli
strappò un appuntamento per pranzo l’indomani per
chiarire
i dettagli dello spettacolo che il ragazzo stava allestendo.
L’invito era esteso a tutta la famiglia, ma Blaine ed Amy si
scambiarono un’occhiata complice di allarme e Desmond
intuì che avessero altri progetti di cui Kurt avrebbe dovuto
ignorare l’esistenza, perciò si offrì
subito di
accompagnarlo
«Mi dispiace, ho già un impegno» si
scusò Amy
«Io ho delle cose urgenti da fare» si
giustificò
Blaine e per quanto fosse stordito, anche Kurt capì che i
due
avrebbero fatto quelle cose urgenti insieme, per lui, e gli
fiorì sul viso un sorrisetto magnificamente felice.
Kelly fu poi sequestrata da Sean e Katherine per raccontarsi le ultime
novità, mentre gli Anderson furono reclamati dai loro ospiti.
«Mi allontano un attimo» sussurrò Kurt
all’orecchio di Blaine
«Vengo con te» si propose subito il warbler
sperando che
anche un altro desiderio stesse per esaudirsi: uno che le sue mani e la
sua bocca attendevano di realizzare fin da quando avevano messo piede
sul taxi
«No, stai con i tuoi genitori» lo pregò
Kurt frantumando miseramente le sue focose illusioni
«Cosa devi fare?» si incuriosì
«Ho promesso a Rachel che l’avrei chiamata, non mi
perdonerebbe mai se non lo facessi - rispose mentendo solo in parte - E
poi quando mi ricapita l’occasione di farla morire
d’invidia?» aggiunse con più
verità e Blaine
ridacchiò
«Salutala per me» gli chiese prima di seguirlo con
lo
sguardo mentre si allontanava ondeggiando giulivo per godersi in
disparte il suo momento di gloria.
Quando riemerse soddisfatto dal suo trionfo epocale sulla bile
dell’amica, che tuttavia sembrava anche sinceramente felice
per
lui e la cosa lo scaldava dentro più di quanto avrebbe mai
ammesso, Kurt raggiunse Amy che riprendeva fiato ai margini
della
sala, osservando la sala gremita ancora incredula di essere riuscita a
vincere la tentazione seducente di fuggire via che l’aveva
accompagnata ad ogni passo, ad ogni sguardo indagatore, ad ogni stretta
di mano.
«Tutto bene?» domandò il ragazzo
riscuotendola dai suoi pensieri
«Sì» rispose Amy sorridente, ed era vero.
«Blaine è da qualche parte con suo
padre» lo
informò vedendolo guardarsi nervosamente intorno e cercarlo
tra
la folla
«Okay - arrossì lievemente - Ma posso restare qui
per un
po’?» le chiese
premuroso
«Certo - sussurrò grata Amy - Adoro questa
canzone»
sospirò sorridendo a Sean e Katherine che si muovevano
armonicamente tra le altre coppie sulle note di “It had to be
you”2
«Anch’io» cinguettò Kurt che
poteva
così aggiungere l’amore per la colonna sonora di
“Harry ti
presento Sally” alle cose che
già lo
accomunavano a quella splendida donna
«È una delle mie preferite, come tutte le altre in
realtà» constatò in
quell’istante Amy
«Beh non mi stupisce» sorrise Kurt
«Perché?»
«Perché se un uomo è riuscito a
rivestire
completamente un’enorme sala del colore prediletto dalla
persona
che ama, dubito che poi non si sia preoccupato di farle ascoltare anche
le sue canzoni preferite» rispose evidentemente ammirato pur
cercando di sedare la sua vocazione ai deliri romantici di fronte ad
esempi così meravigliosamente evidenti.
Amy si guardò intorno senza fiato e rabbrividì.
Non ci
aveva fatto caso e questo era esattamente il motivo per cui Desmond
l’aveva fatto: accoglierla in suoni e colori talmente
familiari,
noti, ed ovvi, da non destare la sua attenzione e difenderla da ogni
possibile stridore.
«Credo che tu abbia ragione» annaspò
osservando suo
marito sorridere stupendo all’anziana madre
dell’ambasciatore ugandese che lo fissava già
perdutamente
invaghita.
«Che ne dici di far ballare una vecchia signora?»
propose poi a Kurt porgendogli la mano
«Dov’è?» domandò il
ragazzo guardandosi confusamente intorno
Amy ridacchiò al complimento e gli ribadì che, se
avesse
avuto vent’anni di meno, avrebbe fatto qualunque cosa per
conquistarlo e il fatto di essere gay non l’avrebbe fermata,
con
buona pace del povero Blaine.
«Allora vuoi ballare con me?» gli propose di nuovo
«Ne sarei onorato - sorrise Kurt - Ma forse il primo ballo
spetta a Blaine»
«Non pensi si imbarazzi a ballare con sua madre?»
immaginò Amy pervasa da una paura più profonda a
cui
tuttavia non volle dar voce.
Stavolta fu Kurt a ridacchiare perché di certo questo non
era un
ostacolo per Blaine Anderson «Ha invitato me quando mi hanno
eletto reginetta del ballo per umiliarmi e abbiamo ballato insieme
davanti a tutta una sala ostile senza che smettesse per un attimo di
sorridermi, direi che l’imbarazzo non sia un problema per lui
-
raccontò con lo sguardo intriso nella pura dolcezza di quel
ricordo - E poi io ho sempre sognato di ballare con mia madre
in
un posto del genere, e penso che sia lo stesso per Blaine»
ipotizzò timidamente sfuggendo allo sguardo attento della
donna
perché non voleva ferirla con quel vuoto solo suo che si
sarebbe
portato dentro per sempre
«Hai ragione, andrò a chiederglielo» si
convinse Amy
ritrovando coraggio, poi ignorò ogni voce che non fosse
quella
che gli vibrava nel petto e la lasciò fluire tra le sue
labbra
«E gli chiederò anche se dopo posso invitare a
ballare il
suo dolcissimo fidanzato. Se ti va… - tentennò
prima di
continuare - So che non è la stessa cosa, ma penso che a tua
madre non dispiacerebbe» sussurrò infine sperando
a sua
volta di non ferirlo perché quel vuoto che Kurt proteggeva
dalla
commiserazione degli altri, lei lo conosceva molto bene: era anche il
suo.
«Lo penso anch’io» sorrise tremante il
ragazzo,
quindi le porse la mano e si avvicinarono alla pista mentre
l’orchestra continuava a riversare su di loro le note
preferite
di Amy… o almeno parte di essa, perché uno dei
musicisti
sembrava invece molto più interessato a riversare se stesso
su
Blaine, a giudicare da come sorrideva stupidamente ad ogni sua parola
sporgendosi languido su di lui. Era alto, pallido, con una cascata di
ricci chiari vanamente costretti in una coda, insomma il tipo di Blaine
se un certo vice gestore del GAP fosse stato un indizio.
«Scusami un attimo» sibilò Kurt
lasciando la mano di
Amy che sorrise ampiamente pregustando con un certo orgoglio materno
l’imminente dimostrazione che ci fosse un altro giovane alfa
in
città.
Ignaro degli intenti omicidi del suo ragazzo, Blaine gli sorrise appena
lo vide arrivare presentandolo subito al malcapitato «Oh John
lui
è Kurt, il ragazzo di cui ti ho parlato»
«Il suo fidanzato» specificò il giovane
alfa
porgendogli la mano e un ghigno mefistofelico che sulla carta avrebbe
dovuto essere un sorriso
«Piacere» mormorò il ragazzo
«Immagino…» ironizzò Kurt
«John si è diplomato in violino al NEC3
a Boston!» intervenne entusiasta Blaine per spezzare la
tensione
«Ma guarda! Complimenti! - lo blandì The Diva con
enfasi
artefatta - Beh allora saprai che la prima regola di un buon violinista
è di assicurarsi che lo spartito che ha davanti sia
il
proprio prima di iniziare a mettere in moto l’archetto,
perché se invece fosse di qualcun altro, l’armonia
sarebbe
rotta e il suono può risultare molto, molto sgradevole,
credimi» sottolineò con un bagliore sinistro nello
sguardo
e John deglutì forzatamente abbassando la testa
«Beh la mia pausa è finita - balbettò
evitando i
suoi occhi perché era sicuro che l’avrebbero
incenerito -
Buona serata» si congedò immediatamente
«Anche a te, John il violinista» lo
salutò Kurt con
un sorriso trionfante mentre si allontanava velocemente per tornare al
suo posto.
Kurt poteva sentire Blaine roteare gli occhi dietro di lui e infatti
quando si voltò il suo warbler incrociò le
braccia in
attesa delle sue scuse.
«Non era necessario - lo biasimò - Non aveva
intenzione di…»
«Mettere le mani sul tuo archetto? - incalzò Kurt
alzando
un sopracciglio - Ce l’aveva scritto in faccia»
sbuffò stizzito e Blaine alzò gli occhi al cielo
sforzandosi di non sorridere.
«E va bene, scusami, ho esagerato ed era fuori luogo! - si
arrese
Kurt colorandosi leggermente di rosa - Non è che non mi fido
di
te, ma…»
«Ti piace segnare il suo territorio» concluse per
lui Blaine
«Già» sospirò con un sorriso
goffo mentre arrossiva più intensamente
«Senti… - sussurrò Blaine avvicinandosi
a lui
finché le labbra non sfiorarono il suo orecchio ancora rosa
- Perché non ci rintaniamo da qualche parte e segni anche
me?» gli propose seducente in un respiro rovente e bisognoso
«Non credo sarebbe gentile nei confronti di tuo padre - gli
ricordò Kurt riscaldandosi ovunque - Ma ricordamelo
stanotte» rilanciò con un sorrisetto predatorio e
Blaine
amò ogni sillaba della minaccia del suo alfa.
«Come va?» domandò Desmond
raggiungendoli prima che
mandassero alle ortiche ogni prudenza e si rintanassero da qualche
parte per una lezione molto privata sul miglior uso possibile dei
rispettivi archetti
«Bene» risposero contemporaneamente con
un’aria per nulla colpevole.
E mentre Blaine rassicurava suo padre sul fatto che si stesse
divertendo, Amy si avvicinò a Kurt e gli
bisbigliò i suoi
complimenti «Ottima tecnica - si congratulò
orgogliosa -
Ci hai messo due secondi netti per farlo scappare con la coda tra le
gambe» ridacchiò ammirata
«Ho esagerato» si scusò Kurt
«A giudicare da come ti guardava mio figlio, non credo abbia
disprezzato» lo rassicurò amorevole lasciandosi
accarezzare dal suo sorriso imbarazzato.
«Posso rubarti nostro figlio per un ballo? -
domandò poi a
suo marito - Se non ti mette a disagio ballare con tua madre»
sussurrò a Blaine disperando che la voce e le gambe le
reggessero
«Per niente» si illuminò il ragazzo e
dopo aver
cercato gli occhi di Kurt per sentirsi più forte, le porse
la
mano e le fece strada.
Amy posò la mano sinistra sulla spalla di suo figlio come se
temesse di romperlo anche solo sfiorandolo, e forse aveva
ragione
perché Blaine trattenne il respiro sentendola
così vicina
e tremava mentre le cingeva la vita e custodiva la sua mano destra
nella propria.
Si mossero lentamente, accompagnati da note che non riconobbero
neppure, mentre si rifugiavano in quella prima esile stretta,
impacciati e scossi dalla stessa dirompente emozione. Certo, non era
ancora l’abbraccio che Amy sognava di dare a suo figlio, ma
chiunque li avesse guardati ballare insieme quella sera, avrebbe
giurato che non avrebbe dovuto attendere ancora a lungo per vedere
realizzato il suo sogno: era evidente agli occhi di Katherine dai quali
sfuggì un rivolo di speranza dolcissima mentre osservava
commossa la sua amica guarire dal suo dolore, risplendeva nel sorriso
luminoso di Kurt e scalciava feroce nel petto di Desmond.
Blaine danzò con la sua mamma senza mai smettere di
sorriderle,
perché era felice, perché era qualcosa che da
piccolo non
si era mai neppure concesso di sognare, perché lei era tra
le
sue braccia, perché quando il passo di sua madre si
inceppò tra le pieghe del vestito facendola vacillare, lei
si
aggrappò con più forza alla sua mano e si strinse
al suo
collo, e non c’era alcun segno di dolore sul suo splendido
viso,
né disagio nei suoi occhi, né più
paura nel suo
cuore.
Furono le note di “Moon
River”4
a fondere gli sguardi di Kurt ed Amy mentre volteggiavano leggeri in
quell’aurea di eleganza raffinata e inconsueta che era
connaturata in loro come la bellezza, l’arte, la vocazione al
sogno e all’amore di un Anderson.
«Anche questa è una delle tue canzoni
preferite?» domandò sognante Kurt
«No, questa era la preferita di mia madre» rispose
con un
sorriso malinconico e una stretta allo stomaco al pensiero che Desmond
avesse omaggiato anche sua madre
«Anche della mia, me la cantava sempre»
sussurrò
Kurt distogliendo lo sguardo perché da quando
l’aveva
persa, c’era una profonda cicatrice in lui che aveva sempre
difeso dagli occhi altrui con il pudore più ostinato, come
se
fosse un segreto tra lui e la sua mamma, l’unico che gli era
rimasto e che lo legava a lei insieme a tutti i ricordi e a quella
ninnananna speciale che da bambino gli aveva aperto le porte dei sogni,
ogni notte.
Amy lo osservò adombrarsi e poi tornare a lei con un sorriso
pulito, come se volesse rassicurarla, e prima che potesse ragionare sul
fatto che forse avrebbe dovuto assecondarlo e cambiare argomento,
intensificò la presa sulla sua spalla e si fece
più
vicina mentre spazzolava con il pollice la mano che stringeva la sua.
«Mi dispiace tanto» disse semplicemente, senza
retorica, ed
era talmente vero che Kurt non lasciò che il suo cordoglio
scivolasse via nel silenzio o fosse dirottato dietro uno scudo
d’ironia, come faceva sempre: annuì invece e le
sorrise,
poi le mostrò un lembo di quella cicatrice.
«Ho tanti bei ricordi di lei a farmi compagnia, ma non
smetterà mai di mancarmi - sospirò - E non
riuscirò mai a capire come si possa donare a qualcuno un
amore
così grande e poi strapparglielo via».
«Lo so, è crudele - convenne la donna - Ma
è un
rischio che si corre sempre quando ci si affeziona a
qualcuno»
sottolineò porgendogli uno sguardo confortante e amorevole
mentre dentro di lei cercava le parole adatte a dar voce a qualcosa che
inspessiva il suo respiro ogni volta che lo guardava e le appesantiva
la coscienza.
«A proposito di questo…»
iniziò timidamente, quindi prese un bel respiro e si
liberò.
«Penso che tu sappia ormai che sei molto importante non solo
per
Blaine, ma anche per me e mio marito. Averti con noi in questi giorni
ci ha resi felici e non eravamo tanto abituati ad esserlo, ma penso tu
sappia anche questo - sorrise indifesa - Desmond ed io siamo
già
certi che non sarà facile abituarci a non averti
più
intorno e non solo perché ci siamo affezionati a te, ma
anche
perché sei stato essenziale
per noi, Kurt, in più di un modo. Perciò siamo
stati
egoisti e non ti abbiamo tutelato da tutto questo, anzi te
l’abbiamo riversato addosso insieme alle nostre aspettative
sul
futuro di nostro figlio, con te. Ma non ne avevamo il diritto e mi
dispiace, credimi. Però forse non è troppo tardi
per
assicurarti che l’ultima cosa che vorremmo è che
ti
sentissi intrappolato perché noi ti abbiamo fatto pressioni
o
perché ci siamo innamorati di te e ti vogliamo nella nostra
vita»
«Ma io non…» la interruppe Kurt senza
fiato
«No, per favore fammi finire - lo pregò mentre se
ne
stavano immobili in quell’abbraccio strano, visto che nessuno
dei
due si era accorto che avevano smesso di ballare - Tu e Blaine siete
ancora così giovani e per quanto indubbiamente vi amate
moltissimo, non sapete cosa riservi il futuro al vostro rapporto, e
voglio che tu ti senta libero di viverlo con tutta la spensieratezza
necessaria, senza portarti sulle spalle anche noi,
d’accordo?» si raccomandò con una
dolcissima
ansietà tutta materna a cui Kurt avrebbe voluto cedere per
vederla rasserenarsi, ma non poteva perché c’era
qualcosa
di profondamente sbagliato in quella richiesta.
«Non posso» le rispose dunque sorridendole e quando
lei
protestò, lo ribadì spiegandole che quando Blaine
gli
aveva proposto di partire con lui, la sua più grande paura
fosse
stata proprio quella «Affezionarmi a qualcuno che avrebbe
potuto
essermi portato via, di nuovo. Ma mi spaventava soprattutto scoprire
cosa si prova ad avere vicino qualcuno che mi sembrava così
simile a me, così simile a qualcuno che ho già
perso» lo sussurrò con una riservatezza tale che
insinuò per sempre dentro Amy qualcosa di cui si sarebbe
resa
conto solo anni dopo: si era convinta che quell’estate a New
York
le avesse restituito suo figlio, in realtà gliene
regalò
anche un altro.
«Poi però sono partito - continuò Kurt
- e quel
qualcuno mi ha portato con sé a fare shopping, mi ha fatto
conoscere sapori nuovi, mi ha regalato le ricette di sua madre e
l’abito che non mi sono mai davvero concesso neppure di
sognare;
quel qualcuno mi ha invitato a ballare una delle mie canzoni preferite
e ho iniziato a chiedermi come suonerebbe con la sua voce. Ero
spaventato? Sì, ma rifarei tutto altre mille volte,
perché è esattamente come con Blaine: non importa
se il
nostro amore durerà per sempre o se diventerà
qualcos’altro, perché lui sarà sempre
parte di me,
dei miei ricordi più belli, di ciò che sono, e
questo
nessuno potrà mai portarmelo via. Ed è
così anche
per questi giorni con voi, per questa serata, per te: avrete sempre un
posto speciale nel mio cuore, ovunque mi porterà la
vita»
e il modo il cui la sua voce si assottigliò, rese ancora
più evidente che avesse ragione.
«Se mai Blaine mi darà dei nipoti, vorrei tanto
che
assomigliassero a te - cadde dalla bocca di Amy senza filtri - Questo a
proposito del non farti pressioni» si schernì
colpevole
rompendo la tensione emotiva in una risata liberatoria che si
intrecciò a quella di Kurt in un’armonia dolce e
rassicurante
«Anch’io vorrei che la nonna dei miei figli
assomigliasse a te» sorrise poi Kurt
«Canterò loro “Moon
River” per
farli addormentare» gli promise
«Sarebbe perfetto» concordò il ragazzo
lasciandosi
sfuggire un sospiro di sollievo che non sapeva di aver trattenuto per
anni.
«Lo sarà»
pregò il Cielo Amy tra
sé mentre riprendevano a muoversi sulle ultime note della
loro
ninnananna preferita.
«Bene, ora posso finalmente riavere indietro mia
moglie?»
domandò Desmond raggiungendo la coppia al termine della
canzone
«È tutta sua» rispose Kurt lasciando Amy
nelle mani
di suo marito e allontanandosi per rimettere le sue al loro posto: su
Blaine.
Kurt si guardò intorno impaziente, ma del giovane warbler
non
c’era traccia, così si diresse di nuovo verso la
pista ed
eccolo lì in tutta la sua bellezza ardesia che parlottava
con
mister archetto accanto all’orchestra. Qualcuno aveva i
minuti
contati.
Blaine sorrise soddisfatto al violinista che tornò al suo
posto prima che Kurt incombesse su di lui.
«Oh eccoti» sussultò Blaine quando si
voltò e
si trovò davanti il suo ragazzo che lo guardava circospetto
con
le braccia incrociate
«Cos’è, hai cambiato idea? Hai deciso di
prendere
lezioni private di violino?» gli domandò pungente.
Blaine gli sorrise deciso a non intraprendere quell’inutile
conversazione
«Shhh» sospirò posando
l’indice sulle sue labbra
«Non zittirmi» gli intimò Kurt
scostandosi
«Non ti zittisco, cerco solo di evitarti sensi di
colpa»
spiegò Blaine trovandolo irresistibilmente adorabile mentre
cercava di fare il sostenuto e sfuggire il tocco delle sue dita
«Anch’io - replicò sarcastico - Cosa
facevi lì con quel tizio?»
«Avevo qualcosa da chiedergli» gli rispose
incurvando
ancora le sue labbra in un sorriso travolgente e Kurt lottava con se
stesso per non racchiuderlo dentro la sua bocca
«Ah sì? E cosa? Volevi che ti desse una
dimostrazione
privata di come sa usare il suo archetto? - inveì
accigliandosi
beffardo - Perché poss…»
«Shhh - lo fermò di nuovo Blaine posando le dita
sulla sua
bocca - È questa» sussurrò rivolgendo
per un
istante lo sguardo all’orchestra che iniziava a suonare un
nuovo
brano, e poi tornando su di lui con lo stesso maledetto sorriso
«Cosa?» sbuffò confuso Kurt
«Ciò che gli ho chiesto,
ascolta…» lo esortò.
Kurt fece come chiedeva e riconobbe la melodia, ma prima che potesse
chiederne il motivo, Blaine si schiarì la voce facendo un
passo
indietro
«Posso avere questo ballo?» gli domandò
porgendogli la mano fiducioso.
Era uno splendido dejà vu e a Kurt tremarono le gambe
esattamente come la prima volta, e come allora gli sorrise
goffamente, sollevato e sedotto, quindi prese fiato e
sussurrò
la sua risposta, l’unica possibile
«Sì, puoi».
Il suo warbler gli cinse allora la vita e lo tenne stretto a
sé
per respirargli sulla pelle increspata del viso arrossito il testo di “The
Way You Look Tonight”5
che aveva scelto per il
loro ballo, e in quell’istante tutto
il
resto della sala divenne una macchia informe intorno a Kurt: non
c’era che il suono caldo della voce di Blaine a sfiorargli
l’orecchio, le sue mani salde e possessive su di lui a
proteggerlo da tutti, anche da se stesso e le sue assurde paure che
potesse mai preferirgli qualcun altro, e infine il suo sguardo, scuro
come il desiderio e screziato d’oro puro e abbagliante come
l’amore che gli portava. Blaine lo guidò con garbo
tra le note cantandole per lui mentre lo guardava dentro e gli
ricordava di non avere bisogno di corone per sentirsi un re.
«Sono la cosa più bella che io abbia visto
stasera»
mormorò stregata Amy tra le braccia di Desmond mentre
osservava
i due ragazzi ballare
«Dopo di te» aggiunse sorridendo a suo marito che
invece
riusciva a guardare solo lei, premuta al suo petto mentre ballavano
insieme dopo anni
«Mi stai ascoltando?» chiese perplessa Amy
«No - ammise Desmond con un sorriso di scuse - Sono troppo
distratto dalle tue labbra» si giustificò mentre
la causa
della sua deconcentrazione si schiudeva in un’espressione di
sorpresa
«Ho il rossetto sbavato?» si preoccupò
Amy che non
era più abituata al trucco, né lo era mai stata
in
verità tranne che sul palcoscenico, ma non aveva mai
rinunciato
a quel tocco di rosso lacca intenso e vivo sulla sua bocca per cui
Desmond aveva sempre mostrato una sorta di attrazione
sconsiderata
«No, ma posso provvedere» si propose immediatamente
ed Amy ridacchiò.
Nessuno fece caso che prima della fine del brano l’uomo della
serata fosse sparito dalla pista e dalla sala stretto al braccio di sua
moglie, né che quando riapparve avesse un’aria
molto
soddisfatta, né che il rossetto della donna fosse stato
accuratamente rimosso benché lei non sembrasse affatto
preoccupata a giudicare dal sorriso fulgido che le illuminava il viso.
Non ci fecero caso soprattutto Kurt e Blaine che ballavano avviluppati
nel loro mondo esclusivo di sussurri e sguardi complici che sembravano
racchiudere il segreto della felicità, la più
ovvia,
quella fatta di pochi ingredienti che stringevano già tra le
loro braccia: un
sorriso così caldo, delle guance morbide, una risatina che
arriccia il naso e tocca uno stupido cuore, un fascino che toglie il
fiato and the way you look tonight.
Al termine della serata, mentre attendevano Desmond ed Amy fuori dal
Cipriani, Blaine e Kurt si soffermarono ad osservare per qualche
istante quella porta girevole che li aveva spaventati qualche ora
prima, quando erano convinti di entrare in un mondo a cui non
appartenevano. Ora, mentre si accingevano a salire sull’auto
che
li avrebbe riportati a casa, erano ancora più convinti di
non
appartenere a quel mondo, ma quel posto non li spaventava
più:
erano stati circondati da lusso e sfavillio, ma in quella enorme sala
pennellata d’avorio erano stati anche abbracciati
dall’affetto più esplicito, sorpresi dalla
riconoscenza
più autentica, rafforzati nell’orgoglio di essere
se stessi.
Quella sera due ragazzini dell’Ohio, con i loro abiti elegantissimi in prestito e i loro desideri stretti tra le dita annodate le une alle altre, si erano amati nel cuore pulsante di New York.
Quando rimisero piede nell’appartamento, erano tutti sfiniti
ma
ancora elettrizzati dalle emozioni della serata, perciò dopo
aver
indossato qualcosa di più confortevole per la notte, si
soffermarono sul divano a scambiarsi impressioni, complimenti e sguardi
di gratitudine reciproca che non avevano bisogno di trasformarsi in
parole perché acquisissero più peso, nitidezza e
intensità.
Desmond preparò per tutta la famiglia un infuso di camomilla
che
gustarono fumante in quell’atmosfera di morbida distensione e
dolce intimità, poi rimasero a coccolarsi l’un
l’altro finché Kurt socchiuse gli occhi sulla
spalla di
Blaine e si convinsero a darsi la buonanotte.
Amy e Desmond salutarono i due ragazzi ancora una volta prima di
raggiungere la loro camera, quindi Kurt sparì nella sua
mentre
Blaine ripose le tazze e stese le lenzuola sul divano.
Il giovane Hummel risistemò con più cura lo
smoking,
accarezzandolo delicatamente, prima di infilarsi sotto le lenzuola e
attendere trepidante che il suo ragazzo lo raggiungesse.
I minuti tuttavia trascorrevano innaturalmente lenti e Blaine tardava a
comparire oltre la porta che Kurt
osservava ansiosamente, perciò lo raggiunse nel living e
sorrise
nel constatare che sembrasse soffrire della sua stessa
necessità
ad averlo accanto, a giudicare da come le lenzuola si erano
avviticchiate alle sue gambe mentre si girava e rigirava frustrato.
«Non vieni?» gli bisbigliò avvicinandosi
«Pensavo volessi dormire» rispose Blaine
liberandosi dai vincoli delle lenzuola
«Infatti, con te - sussurrò con un sorriso che
però
cadde subito - A meno che tu non preferisca dormire da solo»
«Ovviamente no!» gli assicurò Blaine
incredulo che
potesse seriamente ritenere possibile il contrario - Volevo che fossi
più comodo» spiegò mettendosi seduto
«Bene, allora alzati subito e vieni con me: ho bisogno del
mio
cuscino preferito per stare comodo» mormorò Kurt
posando
una mano sul suo petto e offrendogli l’altra a cui Blaine si
aggrappò immediatamente indossando il più
adorabile dei
suoi sorrisetti.
Una volta finalmente nello stesso letto, Kurt si strinse subito al suo
cuscino preferito accoccolandosi sul suo torace
«Finalmente - sospirò sollevato - Non riuscivo a
dormire senza di te»
«Neppure io» ammise Blaine
«Penso che potrebbe essere un problema quando torneremo a
Lima» considerò Kurt rabbrividendo al solo pensiero
«Potrei intrufolarmi nella tua stanza ogni notte»
meditò il warbler già pianificando mentalmente i
dettagli
dell’assedio alla fortezza Hummel
«Pensi che nessuno se ne accorgerebbe?»
ridacchiò Kurt
«Beh, se stiamo attenti…»
«Stai sottovalutando l’intelligenza di almeno due
persone
che vivono con me» considerò Kurt ammettendo molto
realisticamente che Finn forse potrebbe anche non accorgersene
«E se ti rapissi e non dovessimo più tornare a
Lima?» propose ancora Blaine
«E dove mi porteresti?» domandò
divertito e anche
riscaldato all’idea di una fuga romantica per morir di fame
insieme da qualche parte nel mondo
«Non lo so, qui?»
«È il primo posto dove verrebbero a
cercarci!» rise Kurt
«Forse, ma tenterei comunque - sospirò Blaine -
Non so se
potrò mai più prendere sonno senza te che mi
dormi
addosso» gli confessò abbracciandolo
più stretto
«Blaine - sussurrò Kurt sollevandosi per baciargli
delicatamente la guancia tesa in una smorfia di preoccupazione e
necessità - Tra meno di un anno questa sarà la
nostra
normalità: ci sveglieremo insieme, andremo a conquistarci un
po’ di spazio là fuori sfoderando il nostro
talento, e poi
torneremo a casa, mi porterai a letto per dormirti addosso e io
sarò l’ultima persona a cui darai la buonanotte,
per tutto
il resto della tua vita» gli prospettò e sebbene
la sua
voce fosse venuta meno, lo sguardo invece restò saldo e
sicuro
mentre naufragava negli occhi innamorati di Blaine
«Me lo prometti?» lo pregò senza fiato
«Eh no, sarebbe troppo facile, mio caro - lo frenò
Kurt
inarcando il sopracciglio prima di comminargli il più dolce
dei
ricatti - Dovrai mettermi un anello al dito se vuoi che te lo
prometta».
Blaine ridacchiò e ogni parte di sé sapeva
già che
sarebbe successo, che un giorno gli avrebbe messo al dito
quell’anello, perché quel ragazzo che ora lo
guardava con
gli occhi scintillanti nella semioscurità, il respiro
irregolare
e le guance scaldate da quel suo imbarazzo che lo faceva impazzire, era
fatto per lui, per essere amato da lui, non c’era alcun
dubbio.
«Buonanotte, amore» gli sussurrò
esilmente Blaine
sfiorandogli la fronte con la bocca e Kurt si sistemò meglio
su
di lui e gli scrisse quella promessa sulle labbra, baciandogli
lì la sua buonanotte.
Era già giorno quando Kurt si risvegliò nel letto
da solo,
ma il profumo di Blaine era ancora lì, tra le lenzuola e sul
cuscino dove aveva lasciato una nota di scuse che rischiarò
il
suo primo sorriso.
«Buongiorno principe addormentato,
so che dovrei essere lì a risvegliarti ovunque, ma
domani ho
un appuntamento con l’amore della mia vita e sono in ritardo
con
i preparativi.
Mi farò perdonare in qualunque modo riterrai
opportuno.
Ti amo, lo sai vero?
B.»
Sì, Kurt lo sapeva, ma ancora se ne sorprendeva e si sentiva
tutto scombussolato come la prima volta che Blaine glielo aveva
confessato.
Con un sorrisetto ancora più ampio al ricordo, si
stiracchiò e si trascinò a passo di danza in
bagno, ben
consapevole di quanto fosse ridicolo, ma aveva una nuvoletta rosa sotto
i piedi e per nessun motivo avrebbe permesso alla logica di dissolverla.
Svolazzò così fin sotto il getto della doccia, e
se una
volta dentro fu assalito dai ricordi molto vividi dell’ultima
volta che era stato lì, addossato a quel muro, con un corpo
caldo premuto contro e mani affamate su di lui, chi avrebbe potuto
biasimarlo se le sue guance presero fuoco e fu costretto a soddisfare
il desiderio ridesto che pulsava esigente contro il suo stomaco?
Era stata la paura di non riuscire a predisporre ogni punto del
programma che aveva ideato per la sua giornata con Kurt nella
città dei loro sogni, a convincere Blaine a rinunciare al
tepore
morbido dell’abbraccio del suo ragazzo addormentato contro il
suo fianco e a lasciare il letto molto presto.
Si trascinò intorpidito fino ai fornelli dove
preparò in
silenzio la colazione per tutti. Sua madre lo raggiunse quasi subito,
evidentemente preda della stessa agitazione visto che la prima domanda
che gli fece mentre sorseggiava il suo tè, fu un tenerissimo
«Quando cominciamo?» che riempì il petto
di Blaine
di un calore nuovo e una fiducia che solo le mamme sanno infondere e
forse per questo, quando lei gli sfiorò timidamente la mano
e
gli sussurrò sorridente «Sarà tutto
perfetto», il suo bambino ne fu certo.
Amy si sentiva infatti investita della più dolce delle
responsabilità, aiutare suo figlio, e non intendeva fallire.
Kurt li raggiunse mentre ripassavano la scaletta delle cose da fare:
camminava ancora sulla sua nuvoletta rosa e la sua pelle arrossata
sembrava aver abusato del getto caldo della doccia, ma Blaine era
troppo occupato a rispondere al delicato
«Buongiorno» che
gli accarezzò sulle labbra senza scandalizzare sua madre,
per
farci caso.
«Papà dorme ancora?» domandò
Blaine
«No, è uscito molto presto, aveva appuntamento con
un cliente» rispose Amy
«Non mi sono accorto» mormorò il ragazzo
«Dormivi ancora» sorrise sua madre sforzandosi di
non
notare l’accenno di imbarazzo che colorò il viso
di Blaine
perché sì, in effetti dormiva ancora, ma da
tutt’altra parte e probabilmente ciò ora era
molto, molto
chiaro anche a suo padre.
«Ma rientrerà in tempo per accompagnarti da
Kelly»
continuò la donna rivolta a Kurt che sorrise e
annuì.
«Non mi ricordavo di lei» osservò Blaine
distogliendo l’attenzione dalla bocca peccaminosa di Kurt
avvolta
intorno ad ogni maledetto boccone di pancake e ai i rumorini di
approvazione che ronzavano tra le sue labbra
«Beh finché abbiamo vissuto a New York eravamo
più
uniti, soprattutto per via di Kevin che era molto legato a Kelly e a
tutti gli altri: erano un gruppo di irlandesi terribilmente fastidiosi,
ma si volevano molto bene - ridacchiò persa nella malinconia
di
quei ricordi - Poi però ci siamo persi di vista, anche se
tuo
padre ha mantenuto i contatti con tutti»
«Tranne Kathleen» puntualizzò suo figlio
ed Amy sorrise un po’ a disagio mentre annuiva
«Comunque Kathleen non è una cattiva persona, anzi
-
precisò perché era vero e in fondo glielo doveva
-
È solo che…»
«Si è innamorata di papà»
concluse per lei Blaine
«Già, ma io non posso certo biasimarla per
questo»
sussurrò con tutta la dolcezza che si deve ad una
dichiarazione
d’amore e fece brillare lo sguardo dei suoi giovani
commensali
che ancora meno avrebbero potuto biasimare Desmond per non aver mai
avuto occhi che per lei a scapito di qualunque altra donna.
«Kelly mi piace» considerò Kurt che, con
sollievo di
Blaine e del suo scarso autocontrollo, aveva finito di mangiare
«Sono sicura che anche tu piaci a lei e che
avrà delle
buone notizie per te» gli assicurò Amy che
trepidava anche
per lui e per la grande occasione che avrebbe avuto di mettere a frutto
il suo talento per dimostrare agli altri e a se stesso il suo valore e
capire finalmente quanto fosse speciale.
Kurt si allontanò per rispondere alla chiamata di suo padre,
ansioso di sapere come fosse andata nonostante suo figlio gli avesse
inviato una ricca galleria di immagini della serata e tutte le
rassicurazioni di cui sapeva che avrebbe avuto bisogno. Certo, Burt non
si
aspettava di leggere tra i vari “Sto
bene” e “Vorrei che tutti
voi foste
qui con noi”, anche un estemporaneo “Non
credevo esistesse un posto in cui mi sarei sentito un
alieno più che nella tua officina!”,
ma questo era il suo bambino: un delirio adorabile di
imprevedibilità.
Dopo aver riordinato il living, Blaine seguì Kurt nella sua
stanza e lo trovò davanti all’armadio che
accarezzava la
seta dello smoking appeso all’anta.
«Che fai?» gli domandò avvicinandosi
alle sue spalle e avvolgendolo tra le sue braccia
«Niente, ripensavo a ieri sera - sospirò Kurt
rilassandosi nel suo abbraccio - Ti saluta mio padre»
«Ricambia e ringrazialo ancora da parte mia per averti messo
al mondo» gli sussurrò sulla nuca
Kurt esplose in una risata che presto sfumò in un brivido
intenso quando Blaine iniziò ad accarezzargli il collo con
le
labbra prima di schiuderle per assaggiarlo delicatamente
«Eri bellissimo con quel vestito» gli
soffocò sulla
pelle mentre lo teneva premuto al suo petto scavando le dita nel suo
ventre caldo
«Tu eri bellissimo - contestò Kurt arrossendo
inevitabilmente mentre si voltava indietro per saziare i suoi occhi -
Lo sei sempre» soggiunse porgendogli le sue labbra che Blaine
non
esitò a lambire con il calore umido della sua lingua prima
di
farla scivolare nella sua bocca.
«Buongiorno» gli sussurrò non appena lo
liberò da quel lungo e accurato assedio, perché
quello
era l’unico saluto che avesse senso per il suo adorabile
principe
che ridacchiò senza fiato
«Mamma dice che puoi tenerlo» gli
sussurrò ancora Blaine rivolto all’abito
«Non posso accettarlo» mormorò Kurt che
sentiva di
aver già approfittato oltre il lecito della
generosità
dei suoi genitori
«Allora lo farò io - lo informò Blaine
- E tu farai
un regalo a me ogni volta che lo indosserai» gli propose come
una
preghiera a cui Kurt disperava di essere capace di opporre resistenza
«Se tu ne farai uno a me sfilandomelo via ogni volta che lo
indosserò» rilanciò Kurt sorridendogli
con
l’intento di essere malizioso, ma il respiro lo
tradì e i
suoi occhi raccontavano piuttosto la trepidazione e la dolce
insicurezza di chi sa di volere disperatamente qualcosa che non
conosce, qualcosa che avrebbero conosciuto insieme, qualcosa a cui
avrebbe assistito quell’abito che ora li guardava baciarsi di
nuovo per suggellare quella promessa.
«Ti dispiace se mia madre ed io ti lasciamo solo? Abbiamo
delle
cose da sbrigare insieme e non abbiamo molto tempo» gli
chiese
Blaine mentre continuava a coccolarlo con le labbra
«È ancora per l’appuntamento con
l’amore della
tua vita?» ipotizzò Kurt accarezzandogli il viso e
illuminandosi quando Blaine annuì sorridendogli
«Lo sai che non hai bisogno di preparare grandi cose, vero? -
si preoccupò - Non devi disturb…»
«No, lui merita il meglio che posso fare» si
oppose
Blaine baciandogli le punte delle dita che disegnavano il contorno
perfetto delle sue labbra lievemente arrossate
«Quello l’hai già fatto quando ti sei
innamorato di
lui» sussurrò Kurt ricordandogli l’ovvio
prima di
affondare di nuovo nella sua bocca.
«Lo faccio spesso, sai?» ansimò Blaine
tra i baci
«Cosa?»
«Innamorarmi di te - rispose sorridendogli - Anche
adesso»
confessò con un fil di voce e Kurt gli soffocò
sulle
labbra il più vero degli
«Anch’io».
Blaine lo strinse a sé specchiandosi nella
vulnerabilità
che ammorbidiva il suo sguardo e mentre lo baciava ancora, e ancora, e
ancora, desiderò di innamorarsi di lui per il resto della
sua
vita.
Ancora non aveva capito di esser nato per questo.
Desmond e Kurt raggiunsero Kelly in un ristorante italiano nel cuore di
Manhattan dove pare cucinassero i migliori piatti della tradizione
emiliana che stregò il giovane Hummel fin dal primo assaggio.
Tra un tortellino e una fetta di erbazzone, Kurt scoprì che
il
suo spettacolo avrebbe avuto più risalto e risorse di quanto
si
sarebbe aspettato, perciò avrebbe potuto dar sfogo alla sua
creatività e progettare qualcosa di completamente suo:
artisticamente innovativo e qualitativamente divino.
Nonostante la
lusinga di avere a disposizione qualunque teatro desiderasse,
optò con decisione per l’Auditorium del McKinley e
non
solo perché i destinatari del progetto e della campagna di
sensibilizzazione fossero eminentemente i suoi compagni, ma
perché quella era casa sua e lo faceva sentire
più sereno
sapere di debuttare in quel posto dove aveva trovato il coraggio di
spiegare le ali e tentare i suoi primi piccoli voli senza compromessi
né maschere.
Desmond apprezzò la sua scelta e sorrise compiaciuto al suo
coraggio e alla sua fragilità, entrambi racchiusi nella
trasparenza dei suoi occhi quando cercò timidamente
l’approvazione nel suo sguardo, ed era proprio quella miscela
di
umanità discorde che rendeva il ragazzo ancora
più
autentico ai
suoi occhi e più caro al suo cuore.
The Diva rischiò tuttavia di soffocarsi nel suo panpepato
quando
Kelly lo invitò ufficialmente a scegliere i numeri migliori
del
suo spettacolo per riproporli a fine ottobre all’Encore
Theatre a
Lima, dove era stata calendarizzata una serata di beneficenza per
finanziare le borse di studio dell’associazione.6
Più
tardi, mentre rientravano a casa camminando uno accanto
all’altro per le vie di New York, Kurt
ringraziò Desmond
perché sapeva che dietro quell’improvvisa
attenzione
dell’associazione
non poteva che esserci lui.
«Spero che lo spettacolo sia
degno di un biglietto così costoso» aggiunse in
soggezione perdendo un po’ dello smalto fulgido di The Diva
in favore della più autentica insicurezza che era parte di
lui e che non era mai davvero riuscito a nascondere con le persone a
cui era affezionato
«Credo che avrei potuto pagare qualunque prezzo pur di vedere
anche solo il numero d’apertura»
confessò Desmond e il tono sfilacciato della sua voce
tradiva ogni sentimento inespresso, come i desideri che si era negato
per diciassette anni e che Kurt condivideva profondamente
perché erano diventati anche i suoi
«Già, sarà fantastico»
sussurrò il ragazzo e se la pelle si
increspò, si disse che fosse solo per via di un alito di
vento più fresco
«Lo sarai anche tu» precisò Desmond
posandogli una mano sulla spalla mentre gli sorrideva amorevole,
e quello stesso vento fresco scosse con più forza
la pelle arrossata di Kurt.
Blaine si guardava intorno e faticava ancora a credere che quel piccolo
angolo di mondo, intimo ed elegante, fosse lo stesso tetto su cui lui e
sua madre erano saliti tre ore prima.
«Che dici, può andare?»
domandò Amy che aveva
trascorso l’ultima ora a risistemare tutte le decorazioni e
le
lanterne perché il risultato finale fosse almeno vagamente
in
linea con gli standard che si era prefissata per la cena di suo figlio
«È perfetto» sospirò
entusiasta il ragazzo ancora incredulo
«Bene - sorrise Amy - Ora non ti resta che scegliere il menu
e
poi ci penserà tuo padre a farti trovare tutto
pronto» lo
rasserenò
«Okay» le sorrise debolmente Blaine torturandosi le
dita
nel
tentativo di tenere a bada l’ansia, mentre si sedeva sul
bordo
delle fioriere di
mattoni che recintavano l’area prescelta per la cena: un
angolo riposto appena
sotto il vecchio pergolato in legno di castagno scortecciato, usurato
dal tempo, ma che conservava ancora il suo fascino intimo e la sua
magia retrò nell’intreccio discreto della
passiflora che
ne abbracciava la struttura sfumandola in un’armoniosa cromia
di
azzurro e viola screziati di bianco.
«Sei
nervoso?» si intenerì sua madre
«Un po’» ammise con una vocina piccola
piccola ed Amy
avrebbe voluto stringerlo a sé, ma le sue mani rimasero a
mezz’aria prima di stringersi in un pugno impotente mentre si
accontentava di sedersi al suo fianco e lo rassicurava
sull’ottimo lavoro svolto.
Amy dosò
le parole perché suo figlio ne fosse
persuaso
fino in fondo, perché non avesse alcun dubbio di aver
organizzato per il suo ragazzo un appuntamento indimenticabile e
soprattutto perfettamente su misura per lui: romantico, sorprendente,
intenso, saturo di sogni e promesse per tutte le altre giornate che
avrebbero trascorso insieme in quella città.
Blaine la ascoltò in silenzio e a poco a poco quel groviglio
di dita che nascondeva tra le ginocchia, si sciolse.
«Grazie» le sussurrò assaporando il
tocco accidentale delle loro spalle vicine
«Grazie a te per avermi coinvolto» gli sorrise
bellissima sua madre.
C’era un’ultima cosa da definire perché
tutto fosse
realmente perfetto e Blaine rifletté per qualche istante su
come
introdurre l’argomento, poi si arrese e lasciò
semplicemente che le parole gli cadessero dalle labbra.
«C’è un’altra cosa che vorrei
chiederti» sussurrò
«Dimmi» lo invitò Amy
Blaine prese abbastanza fiato per dirlo in un unico soffio e poi lo
rilasciò «Vorrei dormire con Kurt domani senza
dover
sgattaiolare fuori e fingere di aver passato la notte sul divano come
ho fatto tutte le mattine da quando è qui»
«Oh» si soprese sua madre e forse avrebbe dovuto
optare per quel «L’avevamo capito,
sai?» che le ronzava in testa, perché
Blaine iniziò ad agitarsi di nuovo
«Mi dispiace, non volevo trasgredire alle regole, ma avevo
bisogno di lui - si scusò - Ma non abbiamo
fatto…
cioè, sì, oddio no…»
continuò a
balbettare finché sua madre ebbe pietà di lui e
intervenne
«Va tutto bene - gli assicurò sforzandosi di non
ridacchiare - Perché stavolta chiedi il permesso?»
si
incuriosì
«Perché non voglio farlo di nascosto, come se
fosse una
cosa di cui vergognarmi - rispose dolce e risoluto - Insomma, io non mi
vergogno di…»
«Aver bisogno di lui» concluse per lui Amy e Blaine
annuì colorando d’imbarazzo il suo sorriso
«D’accordo - acconsentì completamente
conquistata -
E grazie per avermelo detto, stavolta» aggiunse con
un’occhiatina maliziosa perché Desmond aveva
ragione:
c’era qualcosa di divertente nel prenderlo un po’
in giro e
vederlo arrossire.
Ora che Blaine ebbe la conferma che le sue doti di insospettabile
amante clandestino fossero solo vane illusioni, si sentì un
idiota, ma fu solo un breve attimo prima di rendersi conto che aveva
anche avuto la conferma che i suoi genitori non avessero nulla in
contrario con il portarsi a letto Kurt sotto il loro tetto:
un’ottima premessa per un futuro che si soffermò
un
po’ troppo a contemplare con lo sguardo invaghito,
così da
indurre sua madre a trarre le sue conclusioni e a dar loro voce.
«Vuoi che tuo padre ed io dormiamo fuori domani
così vi
sentirete più a vostro agio?» gli chiese sperando
che
l’impaccio nella sua voce fosse solo una sua impressione.
«Perché?» chiese il ragazzo sempre al
top quanto a perspicacia
«Beh…» ridacchiò Amy sperando
di non dover essere più precisa
«C..come? NO! - sussultò Blaine sgranando gli
occhi - No,
non c’è bisogno… noi non abbiamo in
mente
di… Beh sì, ma noi non… NO!»
farfugliò
«Blaine, non c’è niente di
male» lo soccorse pervasa dalla più pura tenerezza
«Lo so, ma noi non…» sussurrò
pianissimo
Blaine torturandosi nuovamente le dita e per sua fortuna non fu
costretto ad aggiungere altro perché sua madre sapeva
già
come finiva quella frase.
«Sarebbe la prima volta» mormorò Amy con
quel suo
naturale riserbo grondante delle più dolorose insicurezze di
donna e di madre
«Sì - rispose Blaine anche se non era una domanda
- Ma non
sarà domani, l’abbiamo già
programmato»
Amy lo osservò esitante accartocciarsi a disagio e
l’istinto ebbe la meglio: si fece più vicina e
posò
una mano sulla sua spalla mentre cercava di fargli capire che non si
potesse programmare qualcosa del genere «Accade e basta
quando
è il momento che accada - lo incoraggiò premurosa
- e
forse domani è il moment…»
«No - la interruppe Blaine sempre più nervoso - Io
voglio che stia tutto come l’abbiamo sognato»
«E cosa ti fa pensare che non lo sarebbe?»
puntualizzò sorridendogli
«No, non credo sia una buona idea»
sospirò con un
fil di voce distogliendo lo sguardo e fu allora che Amy fu investita
dalla reale portata dell’ansia e della tensione che
scuotevano
dentro suo figlio.
«Sei
preoccupato?» gli domandò con
appena un
sussurro, come se temesse di infastidirlo e nutrisse ancora qualche
residuo dubbio che il suo bambino non chiedesse altro che metterle tra
le mani le sue paure perché se ne prendesse cura, eppure non
appena Blaine annuì e le rivolse uno
sguardo inconfondibile di disarmante fiducia e attesa, le fu subito
chiaro.
Così, su quella terrazza, fu concesso il conforto
della
sua mamma anche a quel ragazzo che era andato nell’officina
di
Burt per pregarlo di essere lui a parlare di sesso a Kurt
perché
era convinto che suo padre fosse l’unica persona a poterlo
fare
come andava fatto, rassicurandolo e lenendo le sue paure, mentre a lui
non era stata concessa la stessa fortuna. Finora.
«È
normale essere un po’ spaventati,
Blaine -
iniziò con tutta la dolcezza di cui era capace -
È una
grande novità e conoscerla ti cambierà la vita in
qualche
modo, per questo credo che sia meglio lasciarsi andare piuttosto che
pensarci troppo e farsi prendere dall’ansia»
«Non cambierebbe niente per me, anzi mi dà
sicurezza
preparare tutto e prendermi cura di ogni dettaglio perché
sia
come l’abbiamo sognato. Questo però non
toglierà
nulla al fatto che sarà spontaneo e praticamente
improvvisato
- sorrise goffamente di sé appoggiandosi al tocco
confortante della mano di sua madre su di lui - Ma
è
così che vogliamo regalarci quel momento, perché
ci
assomigli»
«Dimenticavo che siete due terribili romantici -
ridacchiò Amy - Sono certa vi assomiglierà e
anche che
sarà molto meglio di come l’avete
sognato» gli
assicurò affettuosa
«Lo spero» arrossì Blaine trattenendo il
fiato ed
era abbastanza evidente che la fonte delle sue ansie fosse ancora
aggrappata alla sua gola, incapace di venir fuori.
Amy non fece neppure
in tempo a imbarazzarsi o a riflettere sulle
conseguenze, perché vedere suo figlio in quello stato le
scatenava un bisogno tutto nuovo, incalzante e insopprimibile,
così gli domandò ancora cosa lo preoccupasse e si
offrì perfino di spiegargli quello che sapeva sul sesso
promettendo a se stessa di documentarsi meglio perché al
momento
le sue fonti erano limitate alle chiacchierate notturne sotto le
coperte
con Kevin che al secondo bicchiere di vin brûlé si
dimenticava di essere un signore e riteneva opportuno metterla a
conoscenza del suo talento acrobatico o delle inaspettate doti di Mark
Barrow, il presidente del club degli scacchi, la cui torre sapeva come
mettere sotto scacco il re in ogni posizione.
«No, so come… beh, lo so - le sorrise Blaine con
il viso
ancora velato di rosso - Ma grazie» aggiunse timidamente
«Però c’è qualcosa che ti
spaventa»
seguitò preoccupata e il suo tono suonò come una
preghiera alle orecchie di Blaine che la guardava incapace di resisterle
«Io… - cercò di spiegarle ma non ci
riuscì - Scusami, è che non capiresti»
«Forse posso - sussurrò debolmente, quindi si
armò
di coraggio e tentò di indovinare - Hai paura che possa
essere
un disastro completo? Che non sia per niente come l’avete
sognato? O forse che tu possa sentire dolore?
Oppure…» ma
non fu necessario aggiungere altro: il respiro mozzato di Blaine e il
suo sguardo colpevole parlarono per lui ed Amy capì di aver
colto nel segno, sentendosi quasi sollevata, perché di tutte
le
paure possibili, quella era la più insensata.
«Kurt non
potrebbe mai farti del male» gli
garantì
andando dritta la punto, perché era talmente ovvio che non
serviva aggiungere altro
«Lo so - sospirò Blaine - Ma sarò io a
farne a
lui» gli si spezzò in gola mentre chinava la testa
ed Amy
si ricredette: questa era la paura più insensata.
«Blaine,
ti prego, guardami - lo implorò
perché stavolta non sarebbe stato facile convincerlo e aveva
bisogno che le leggesse sul viso quella verità per lei
così evidente - Davvero pensi che tu potresti mai fargli del
male? Non so cosa tu sappia, ma stai considerando solo
l’aspetto
fisico di questo passo e sbagli, perché quel disagio
iniziale,
che è naturale la prima volta, è solo una
piccolissima
parte dell’esperienza che vivrete che sarà forte e
intensa, ma non dolorosa, mai, neppure per Kurt, credimi…
forse
almeno questo posso capirlo, no?» gli sorrise teneramente
mentre
Blaine la guardava con lo sguardo tremulo e forse più tardi
si
sarebbe vergognato da morire per la situazione in sé e per
aver
messo a nudo la sua fragilità senza alcuna protezione, ma in
quel momento era tutto così dannatamente giusto che si
ritrovò a bere ogni parola che cadde dalla bocca di sua
madre e
ad attendere il resto che lei gli avrebbe porto subito dopo, insieme al
suo cuore.
«Sai cosa
mi ha colpito la prima volta che vi ho visti
insieme?
Come tu lo toccavi. Sono quelle cose a cui nessuno fa caso, ma quando
non riesci a toccare nessuno, diventano dettagli che catturano subito
la tua attenzione - tremò tra le labbra di Amy -
È stato
quando è venuto a pranzo da noi: appena è
arrivato mi hai
portato da lui per accoglierlo in casa nostra e salutandomi non mi ha
teso la mano per non mortificarmi, ma è comunque rimasta
lì vuota e un po’ nervosa sul suo fianco, allora
tu ti sei
messo accanto a lui e nonostante fossi preoccupato per me e tentassi di
tranquillizzarmi sorridendomi, nello stesso tempo hai schermato la sua
mano accarezzandola e l’hai riempita con la tua, quindi gli
hai
fatto strada sfiorandogli appena il braccio per guidarlo fino al tavolo
e l’hai accompagnato con un tocco leggero sulla spalla mentre
si
sedeva. Poi hai preso posto accanto a lui custodendo la sua mano per
tutta la cena e ti sei sporto su di lui ogni volta che tuo padre ha
alzato gli occhi dal piatto, per proteggerlo di nuovo nel caso volesse
ferirlo. L’hai tenuto sulla punta delle tue dita per tutto
il tempo, come se fosse il cristallo più prezioso
e
fragile, non ho mai visto tanta cura in nessuno, Blaine, mai. Come puoi
anche soltanto pensare di potergli fare male? Non ne sei capace, il tuo
corpo non
è capace - gli ribadì accarezzandogli sulla
schiena ogni
parola sussurrata - Dunque non lasciare che le tue paure ti
rovinino un
momento così bello, perché lo sarà,
non
devi
dubitarne neppure per un istante».
E Blaine iniziò a crederci, a sentirsi più forte,
a ritrovare il coraggio.
Eppure, mentre lui
sembrava rasserenarsi, qualcosa dentro Amy
iniziò ad infuriare, Blaine poteva sentirla rabbrividire e
sforzarsi di sostenere il suo sguardo, finché non
reclinò
il capo e incrociò le braccia sul petto, richiudendosi in se
stessa.
«Mamma?» si preoccupò Blaine
«S..scusa, so che non sono la persona più adatta a
dare
consigli su questo, ma proprio perché so cosa significa
vivere
imprigionati nell’angoscia e nel panico, ti prego comunque di
darmi retta -
annaspò con la voce spezzata mentre combatteva contro i suoi
fantasmi - Il prezzo che si
paga è troppo
alto: la paura mi ha
strappato via dal mio amore più
grande
e non mi perdonerò mai di averglielo lasciato
fare»
soffocò nelle sue mani strette al petto per tenersi insieme,
per non sgretolarsi, per impedire al suo cuore di saltarle fuori dal
petto.
Blaine si
sentì terribilmente in colpa e maledisse se stesso
per
averla gravata delle sue paure idiote: era ancora troppo fragile per
sopportarne il peso, ancora così simile all’angelo
spezzato che aveva conosciuto per diciassette anni e che si
prodigò subito a difendere e consolare volando in ginocchio
ai
suoi piedi senza tuttavia osare sfiorarla.
«Mamma - la scongiurò dolcissimo - Papà
ti ama
ancora più di prima e se vuoi riprende a cantare,
puoi…» ma il resto gli implose in gola
perché lo
sguardo di sua madre scattò sconvolto su di lui e il ragazzo
si
raggelò.
«Scusami»
balbettò mortificato
scostandosi, ma era troppo tardi.
Qualcosa si era
rotto definitivamente dentro Amy nel sentirlo
rassicurarla sui suoi amori più grandi, come se non avesse
alcun
dubbio che Desmond e la musica si spartissero il suo cuore, come se lui
si fosse serenamente abituato alla certezza di non farne parte, come se
non ci avesse mai neppure sperato.
Qualcosa si era
rotto definitivamente dentro Amy perché
nelle
parole di suo figlio, nei suoi occhi rassegnati, c’era tutto
il
suo fallimento e non riuscì a sopportarlo.
Qualcosa si era
rotto definitivamente dentro Amy: la paura.
E fu libera.
«Sei
tu» scivolò impercettibile dalle
sue labbra mentre il dolore si frantumava in lacrime
«Cosa?» farfugliò confuso e spaventato
Blaine
«Il mio amore più grande» rispose senza
voce, ma
Blaine lo sentì rimbombare ovunque dentro di sé.
Era lui il suo amore
più grande, era sempre stato lui ancora
prima che nascesse, quando era solo un nome nei suoi sogni e
un’iniziale sulla sua fede: Blaine, che ora
tremava
inginocchiato
ai suoi piedi e la fissava con lo sguardo smarrito finché
non
chiuse gli occhi, come se avesse perso d’un tratto
l’equilibrio e temesse di muoversi o anche solo di respirare
per
non cadere o implodere o risvegliarsi e scoprire di averlo sognato, di
nuovo.
Mentre chiudeva gli
occhi, Blaine non sapeva che quella era stata
l’ultima volta che avrebbe visto il suo fantasma bianco
ferito: quando li riaprì era infatti tra le braccia della
sua
mamma che lo stringeva a sé per non farlo cadere, come
quando
aveva tre anni e lo afferrò al volo per le scale.
Amihan abbracciò suo figlio su un tetto di New York e fu
come
partorirlo di nuovo: intenso, doloroso, liberatorio, impossibile da
spiegare a chi non l’abbia provato. Ma stavolta le sue
braccia
non erano desolatamente vuote, il suo bambino era lì dove
avrebbe dovuto essere da sempre, stretto al suo seno, a bagnarle il
petto con un pianto liberatorio che era anche il suo, a restituirle il
suo cuore sepolto e la vita stessa che lei gli aveva donato.
Blaine
ritrovò la sua mamma un pomeriggio
d’agosto, mentre
piangeva tra le sue braccia e per tutto il tempo lei non smise mai di
sussurrargli «Sono qui», di baciarglielo tra i
capelli
quando un singhiozzo più alto le squarciava il cuore, di
soffocarglielo sulla fronte stringendolo più forte
perché
smettesse di tremare, di ripeterglielo ancora anche quando le lacrime
lasciarono il posto al più desiderato dei suoi sorrisi e lei
gli
asciugò il viso con le sue labbra mentre continuava a
cullarlo.
Blaine aveva riavuto indietro la sua mamma e solo allora capì fino in fondo quanto gli fosse mancata.
Note
1Barong
tagalog
(o semplicemente barong): nella tradizione delle Filippine è
un tipico
capo da matrimonio o da cerimonia per gli uomini (ma anche delle donne)
e consiste in una camicia leggera e ricamata.
2.It
had to be you, dalla colonna sonora del film
“Harry ti
presento Sally”, cantata da Harry
Connick, Jr. http://youtu.be/2pN8OccsbPA
3. NEC
= New England Conservatory
4. Moon
River,
dalla colonna sonora del film
“Colazione da
Tiffany”, versione di Barbra
Streisand http://youtu.be/FXdcWWyRMLw
5. The
Way You Look Tonight, cantata da F. Sinatra click
here .
6. No, non sono visionaria,
c'è effettivamente stato uno spettacolo organizzato dalla
PFLAG a
Lima, Ohio, il 29/10/2011 click
here
* Note a margine di chi scrive *
Lo
so, mi odi ora, ma siamo in due: mi odio anch'io. E' che aspettavo di
pubblicare questo capitolo praticamente da sempre, la parte finale
è una delle cose a cui tengo di più e mi dispiace
da
morire se non fosse bella come avrebbe dovuto e meritato. Shame on me,
sono stata completamente annientata da quell'abbraccio: mi sentivo di
troppo e contemporaneamente troppo coinvolta. Questa è una
di
quelle scene che, se fossi stato un regista, avrei ripreso senza sonoro
e in campo lungo, perché in qualsiasi altro modo il rischio
di
banalizzare tutto con una parola sbagliata, mi avrebbe tormentato. Non
ci tornerò su perché non ce la faccio, ma ci
tenevo
almeno a scrivere questo.
Ora posso
passare al resto, ma vi
prego
di farmi sapere se siete sopravvissuti, se effettivamente non
è pensabile pubblicare tutto ciò in un unico
capitolo
(così mi regolo per il prossimo) e, per la mia
sanità
mentale, sarei felice di sapere cosa ne pensate, dunque se avete un po'
di tempo per chiacchierare, mandarmi a quel paese, piangere con me,
sono qui.
And now, a grandissima (???) richiesta (di Elisa, prendetevela con lei ù.ù), è tempo delle famigerate note dell'autrice +____+ Pronti? No? Lo so, ma io inizio lo stesso mentre qui al Lima Bean i poveri clienti intono a me iniziano a chiedersi perché quella solita pazza se ne stia completamente sola a torturarsi nella sua bolla d'ansia.
1.
Sleeping Beauty <--
Ciao, sono Pentesilea e ho un debole per Blaine cantastorie *ciao
Pentesilea, siamo solidali ma hai sbagliato gruppo: questo è
quello dei dipendenti dal kajal* Oh, okay, scusate. Ehm ciao, sono
Pentesilea e sono pericolasamente dipendente dal kajal, dall'eyeliner e
da
qualsiasi altra forma di tortura ormonale a cui sono state sottoposte
le mie povere pupille dai soggetti incriminati Criss & Colfer:
e dire che, fatta eccezione per Jack Sparrow, ero sicura che l'uomo
truccato non facesse per me! T_____T
Dicevamo? Ah sì, il risveglio Klaine numero nonsoquanto con
annessi e connessi del cui risultato mi scuso per l'ennesima volta.
Tralasciando l'ispirazione mattutina Blaine e le intenzioni
maliziosette di Kurt, che sono sempre una buona cosa e dovrebbero
essere canon anche nella serie, confesso che io scriverei tutta una
fanfiction di
fiabe di Blaine, compresa una comico-erotica (?) con Tarzan-Blaine e
anthropologist-Kurt che non so come mi sia venuta in mente, ma mi sta
ossessionando da mesi O__o IO.STO.MALE. *ma va?*
Sto chiaramente divagando perché non voglio parlare del
fatto che a me fanno piagnucolare anche in questi momenti... *klainex
moments*
2.
Fan club Blushing Klaine <-- I'M IN! *rotola* Lo so,
sono perfida, ma ho una sorta di kink per i blushing Klaine, non lo nego
ù.ù perciò sguinzaglio i miei
personaggi per metterli in imbarazzo, poveri tesori, e non so
perchè, ma Desmond e Burt sono quelli che mi danno le
più grandi soddisfazioni. xD Se mai un giorno i due
papà dovessero sedersi allo stesso tavolo della coppietta
felice, penso potrebbero dare il peggio di loro e ci saremmo giocati
per sempre l'incarnato niveo di Kurt.
3.
La parete dei ricordi <-- ecco, qui mi è
più difficile girarci intorno o buttarla sul ridere
perché è una delle parti che io
preferisco dell'intera storia e uno dei Klainex Moment con le
rispettive maiuscole. Lascio a voi ogni altro commento.
4. Desmihan fangirl <-- che io li ami è indubbio, che si amino è sacrosanto, ma che riescano ogni volta ad intensificare entrambe le cose sembra impossibile, eppure è così. Dopo questo capitolo e parte del prossimo, li lasceremo un po' in pace e so già che mi mancheranno da morire, non mi consolerà neppure il fatto di saperli altrove ad amarsi, e che siano finalmente e maledettamente felici. Se questo capitolo è chilometrico, è in parte colpa anche loro perché avrei dovuto tagliare molte loro parti, ma non ce l'ho fatta: fatemi sapere se per voi ho sbagliato.
5.
Kurt e Amy <-- *klainex
moment* Quando si dice "getta il cuore oltre l'ostacolo", ecco io l'ho
fatto, ma quando ho chiuso questa parte, non l'ho ritrovato come
l'avevo lasciato. Spero solo sia chiaro che nessuno
sostituirà mai la mamma di Kurt e mi spiacerebbe se avessi
dato l'impressione di voler fare questo, in realtà
è esattamente il contrario. Mi ha sempre fatto un certo
effetto che nella serie la presenza di questa donna sia per lo
più un ricordo di Burt o che, quando Carole è
entrata nella loro vita, non ci sia stato un approfondimento di alcun
tipo sui sentimenti di Kurt al riguardo (mentre c'è stato
per Finn benché lui non avesse neppure conosciuto
suo padre), non che mi aspetti un minimo di introspezione quando si
tratta del nostro pinguino - so che in più di un
caso, se non fosse per il talento di Chris, avremmo avuto un
personaggio con lo spessore di una tellina - ma mi sono
spiegata la cosa nell'unico modo che per me avesse senso: Kurt
non ha neppure preso in considerazione l'idea che Carole sostituisse la
sua mamma, ecco perché non c'è mai stata
collisione tra i due. Ed è da questo che sono partita,
perché per me chi ha perso un genitore sa di essere
condannato a sentirne l'assenza sempre, più o meno
consciamente, e a tentare di colmarla nell'unico modo che gli
resta: ritrovandolo negli altri. Nessuno può sostituirlo, ma
è dolorosamente bello sentirlo più vicino nei
gesti e nelle parole di qualcun altro. Volevo fare a Kurt questo
regalo, ed è forse più un mio desiderio per lui
che suo, ma questo è il privilegio di chi scrive o tenta di
farlo. ♥
6.
La doccia <-- So che può sembrare illogico
ma questo è stato IL mio Klainex moment numero 1, e non per
la devastante disperazione della baby penguin writer che sono (e non la
finirò mai di scavare una buca abbastanza profonda dove
nascondermi per questo), ma perché se c'è un
dannato motivo per cui sarò sempre orgogliosamente una
Klaine shipper senza cedimenti di sorta, è tutto raccontato
lì, dentro quella doccia.
7. Sean e Katherine <-- Amori loro! *___* Non ho mai negato di avere un debole per questi due, soprattutto per Katherine che, insieme a Kelly e Kevin, sono tra quei personaggi di sfondo che mi sono più cari. L'amicizia è una di quelle cose che realmente fanno la differenza nella vita, fuori da ogni banalizzazione, e mi è sembrato giusto che partecipassero della rinascita di Amy e che un'Amica la aiutasse a vedere le cose nella giusta prospettiva e che la coccolasse, perché nessuno sa farlo altrettanto bene. ♥
8.
La serata al Cipriani <-- beeeene... Cosa devo
aggiungere? T_____T Premesso che i momenti dei vari ALFA sono un altro
mio kink, e che trovo terribilmente caldo Kurt che chiarisce
al Jeremiah-bis di tenere le mani lontano dal suo archetto
(perché è abbastanza evidente che sia suo),
questa serata è stata un incubo da scrivere. Tra balli e la
perfezione dei Klaine e di Amy e Desmond, ho avuto i miei seri problemi
a venir fuori sana di mente (?) da questa parte. Nel Lima Bean virtuale
su tumblr ci sono alcune immagini del club, se siete curiosi di vedere
perché i nostri eroi si sentissero dei microbi in confronto.
Eppure erano loro due la cosa più preziosa lì
dentro e io li ho amati moltissimo. *vai di klainex moments*
ç___ç
9. Desmond <-- Lui è L'AMORE. *ripete come un mantra* i Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. Ma perché? ç________ç Cosa posso aggiungere? Non lo so, fate voi, io continuo a ripetermi il mantra o non capirò mai perché sono circondata da idioti o perché non dovrei rassegnarmi al nubilato perpetuo.
10.
Amihan <-- La donna, l'amica, la moglie e ora la
madre, non saprei neppure dire in quale veste la ami di più.
E' stato davvero complicato e insieme bellissimo partecipare alla sua
dolorosa riconquista di sé e alla sua lotta per liberarsi
dalla paura. Non sono affatto certa di averle reso giustizia,
è un personaggio difficilissimo da scrivere per una persona
della mia età, fondamentalmente ancora ignorante della vita,
però l'ho sentita dentro più di chiunque altro,
tranne l'omino del parco: sono due pezzi del mio cuore, e non voglio
pensare di non poter più raccontarvi di lei.
Forse è il caso di andare oltre o altro che cascate del
Niagara.
Penso di
aver finito, anche perché sono già le 17:30 e mi
sono ripromessa di pubblicare l'aggiornamento all'ora del
tè. Mi scuso per la solita prolissità, per tutto
ciò che di questo capitolo non va bene, per la mia
mediocrità, per avervi nauseato. Ricordo che nulla di
ciò che scrivo è betato, perciò se
trovaste degli errori, fatemeli presenti, per favore.
Io vado a nascondermi sotto il tavolinetto del Lima Bean tra i cupcakes
e ogni genere di bevanda di conforto per ho già ordinato per
chi mi vorrà raggiungere.
Aggiungo solo una cosa: dio, quanto mi è mancato questo
posto, questa storia, voi!
♥♥♥
Grazie a
chiunque sia arrivato fin qui,
P.♥
[totale parole: 46.346]