La ragazza, Larissa, era scesa da un aereo e non da una macchina del tempo, ma ancora nessuno sapeva spiegarsi perché il suo
DNA fosse identico a quello di una donna morta prima della sua nascita.
Fatto ancora più strano, era cittadina russa e non aveva mai messo piede sul suolo americano. Beckett aveva chiesto di svolgere
delle ricerche presso i colleghi di Mosca, ma i risultati sarebbero arrivati troppo
tardi. Il caso stava per essere chiuso e lei doveva dare una svolta il prima
possibile.
Le videocamere della sorveglianza le avevano offerto il collegamento necessario e doveva sfruttarlo.
John e Thomas O’Neill aspettavano nella sala
interrogatori. Aveva lasciato loro il tempo di consultarsi e aveva
“dimenticato” le foto incriminanti sul tavolo.
A braccia conserte, da dietro il vetro monodirezionale li osservava confabulare. Ancora pochi minuti e sarebbe entrata per una
chiacchierata.
Accompagnata da Ryan.
Stavolta Castle aveva passato il limite. Aveva dimenticato nel bagagliaio della sua automobile il fascicolo del caso di Mary
Ellen, che, secondo le regole, non avrebbe mai dovuto lasciare l’archivio della polizia.
Il capitano Montgomery entrò nella sala dello specchio.
«Eccola qui, Beckett. Faccia attenzione, mi
raccomando. John O’Neill è amico del sindaco e non è indagato. Voglio
che utilizzi la
massima discrezione. Con lui e anche con il figlio.»
«Sì, signore. Stavolta non c’è bisogno del vecchio trucco del poliziotto buono e del poliziotto cattivo.»
«Mi avvisi quando ha terminato. Voglio restare aggiornato.»
Lei annuì e il capitano si allontanò.
Sulla porta incrociò Richard Castle che ritornava. Scambiarono un saluto.
«Ehi, Beckett. Mi dispiace per quella storia del fascicolo.»
«Se tu fossi un poliziotto avresti passato un guaio.»
«Mi avresti degradato?»
«No.»
«Allora non è così grave.»
«Non ti avrei degradato perché se tu fossi un poliziotto saresti una recluta al primo livello. Impossibile degradare chi non ha
nessun grado.»
«Molto divertente. Ehi, dove stai andando?»
«A parlare con quei due. È ora di iniziare l’interrogatorio.»
«Vengo con te.»
«No, viene Ryan.»
Il detective di origine irlandese era già pronto ad aprire la porta.
«Ti prego, Beckett…»
Kate si voltò verso di lui.
«Non posso degradarti, ma posso punirti in qualche altro modo.»
«Se è così, posso suggerti io in quale modo mi piace essere punito.»
I loro volti erano vicini. Lo scrittore aveva volutamente frainteso le sue parole e aveva attribuito un significato piccante che
lei non cercava, ma che la mise un po’ in imbarazzo.
Iniziò una sfida di sguardi che sembrava infinita.
Ryan tossì e ruppe l’incantesimo. Potevano baciarsi o prendersi a schiaffi da un momento all’altro. In entrambi i casi non
gli sembrava un comportamento adeguato ad una stazione della polizia.
«Riporta il fascicolo in archivio» ordinò Beckett. Poi entrò con Ryan nella sala interrogatori.
NdA
Ultimo capitolo di transizione, prometto. Dal prossimo avremo le risposte, che magari qualcuno a questo punto ha già intuito. A presto!