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Autore: berenis    11/02/2014    4 recensioni
Alice Fray era solita andare a un mercato dell'antiquariato dove vendevano anche libri a prezzi scontatissimi con la sua migliore amica Maybel.
Un giorno di ottobre, però, capitò tra le sue mani un libro un po' diverso dal solito, dal titolo "Incontrarsi a Longwood Falls".
Trovò all'interno una strana dedica e un bigliettino con su scritto un indirizzo che avrebbe potuto portare a tutto, come a niente.
C'era solo una cosa che l'aveva spinta a iniziare una ricerca: quella firma, quella semplice H.
***
"Ti troverò, H, chiunque tu sia."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3:


Lettere.
 


«Una lettera? – chiese confusa – Le lettere sono decisamente passate di moda.»
«Ma è l’unica cosa che posso fare. E poi non è vero che sono passate di moda. Sono sicura che ci sia ancora qualcuno che le scrive, solo che è difficile trovarlo.»
«Per forza! Il telefono è molto più comodo» rispose digitando qualcosa sulla tastiera del cellulare che non mollava mai. Era come se fosse parte di lei, un prolungamento della mano inseparabile dal resto del corpo.
Roteai gli occhi. «Ma sfortunatamente H ci ha lasciato un indirizzo, non un numero di cellulare.»
«Vorrà dire che se a qualcun altro venisse la brillante idea di mettere cose strane nei libri, gli chiederò di scriverci almeno il suo numero» osservò Maybel.
Mi voltai verso di lei e la guardai con un’espressione indecifrabile, che vagava dallo stupore all’incredulità.
«Che c’è?» domandò con innocenza.
Mi portai una mano alla fronte e scossi la testa.
Lei fece spallucce senza distogliere lo sguardo dallo schermo del suo telefono.
«Dove posso trovare carta e penna?» chiesi per cambiare discorso alzandomi dal divano.
«Mh in un cassetto» mugugnò.
Mi guardai attorno. «Quale? Ce ne sono un’infinità. Anche se conosco questa casa da tanti anni, ai cassetti non mi ci abituerò mai.»
Sbuffò e si alzò lei per andare a frugare in uno di essi e ne tirò fuori una penna stilografica nera e un foglio di carta di un giallino chiarissimo.
Non immaginavo che potesse avere quelle cose in casa. Sorrisi, ringraziai, e mi sedetti al tavolo della cucina, pensando a come poter iniziare la lettera.
 
“Caro H, volevo…”
No. Così non va. Non posso scrivere “caro”, perché non è “caro” e non so se sia un uomo una donna, pensai.
“Gentilissimo H, mi chiamo…”
No, accidenti, nemmeno così.
“Ciao, H.”
Ecco, così va meglio. E da lì la mia mano non si fermò più.
 
Ciao, H.
Mi chiamo Alice Fray, e ho trovato il tuo libro.
Scusa se ti do del “tu”, ma non ho la più pallida idea di chi tu possa essere, se un ragazzo o una ragazza, o un adulto.
Forse starai pensando “E questa adesso che vuole?”. Te lo dico subito: voglio capire chi sei.
Tu credi al destino? Io sì. E credo che se quel libro è capitato tra le mie mani, un motivo c’è. Ho trovato il biglietto con l’indirizzo al quale ti sto scrivendo, e non penso che ce lo avresti messo se non avessi voluto essere trovato/a. O magari risale a così tanto tempo fa che nemmeno te lo ricordavi. Perché ce l’hai messo?
Ho letto la dedica che hai scritto sulla prima pagina. Non capisco. Cosa significa? Cosa ti è successo? Forse non dovrei chiedertelo, forse non dovrebbe interessarmi., eppure eccomi qui a scriverti questa lettera.
Se non vuoi spiegarmi nulla non ti biasimo, in fondo nemmeno tu conosci me.
Però sarei curiosa di sapere chi sei e magari anche la tua storia.
Sai, sto leggendo il libro. Mi piace moltissimo.
L’hai letto anche tu? Sarei felice di parlarne con te.
Spero che questa lettera ti arrivi. Sto agendo alla cieca e non so dove tutto questo mi porterà, anzi, non so nemmeno se mi porterà a qualcosa.
Non so nemmeno se questo indirizzo sia il tuo, ma vale la pena provare, tanto non ho nulla da perdere.
Se ti arriva, magari rispondimi. Ne sarei davvero contenta.
Io abito a Londra. Scrivimi all’indirizzo che c’è sopra la busta.
A presto spero,

Alice.
 
«Ho finito» esclamai dopo quasi un’ora.
«Ci vuole così tanto per scrivere una lettera?» domandò Maybel raggiungendomi in cucina.
«Non è immediata come un messaggio, May, e soprattutto sto scrivendo a un completo sconosciuto, perciò dovevo cercare le parole adatte. La leggi e mi dici che te ne pare?» le domandai.
Lei annuì e vidi i suoi occhi cominciare a scorrere sul foglio.
«Direi che vada bene – disse porgendomi di nuovo la lettera – E ho notato che ti sei anche impegnata a scrivere con una calligrafia leggibile!»
«Io ho una calligrafia leggibile» protestai.
Lei si mise a ridere e dopo aver fregato in un altro cassetto mi porse una busta da lettere.
«Menomale che erano passate di moda, eh?» dissi scuotendo la testa.
«È colpa di mia madre e delle sue manie.»
«Capisco! – risposi – Ora devo solo andare a spedirla. Mi accompagni?»
«Posso dire di no?»
«No.»
«Allora perché continui a chiedermelo?»
«Per cortesia» risposi sorridendo.
Ci mettemmo le giacche, uscimmo e ci recammo alla prima posta che incontrammo.
Mi avvicinai alla buca delle lettere e osservai i due spazi: “per la città” e “per tutte le destinazioni”.
Feci un respiro profondo e Dio, se ci sei, fa che porti ad H, fa che gli arrivi, pensai mentre la imbucavo nella seconda casella.
 
 
 
 

«Sei ridicola» ridacchiò Maybel alle mie spalle mentre svuotavo la buca delle lettere davanti a casa mia.
La ignorai e quando raccolsi tutte le buste entrai in casa per poi sedermi al tavolo della cucina.
Mi misi subito a sfogliarle guardando attentamente i mittenti e i destinatari senza nemmeno preoccuparmi di togliermi la giacca e lasciare la cartella all’ingresso.
Vidi di sfuggita Maybel che si sedeva di fronte a me.
«Davvero Cice, dovresti vederti – riprese il discorso di prima continuando a trattenere una risata – Ti rendi conto di quello che stai facendo? Aspetti con così tanta ansia una lettera da parte di un completo sconosciuto che non sai nemmeno se mai arriverà!»
«Maybel finiscila, okay? Non capisci. Per me ormai è diventato fondamentale trovare un senso a tutta questa storia» risposi fermandomi un attimo e guardandola.
«Ma di senso non ne ha! Te l’ho detto da subito. Quel libro risalirà come minimo a cinquant’anni fa e scommetto che l’indirizzo non porta a niente. Quanti giorni sono passati? Dieci? E tu continui a guardare tutti i giorni in quella buca delle lettere quando nel profondo sai che una con “Alice Fray” come destinataria e “H” come mittente non ci sarà mai. A me non sorprende che non ti abbia ancora risposto, perché è impossibile ch-»
«Maybel» la interruppi.
Non stavo ascoltando una parola di quello che lei diceva perché i miei occhi erano fermi su una busta color azzurro pastello e dentro di me si stavano scatenando una serie di emozioni che non seppi definire ma che mandarono in tilt il mio cervello e spinsero l’acceleratore del mio cuore.
«Che vuoi!? Hai interrotto la mia predica» protestò.
«Maybel credo che la tua predica possa andare a farsi fottere perché H mi ha risposto» dissi sollevando lo sguardo.
Maybel sgranò gli occhi e spalancò la bocca.
«No non ci credo. Mi stai prendendo in giro» disse poi scuotendo la testa.
Girai la busta prima davanti e poi dietro e confrontai la scrittura con quella del biglietto e della dedica: coincidevano.
«Oh merda» esclamò lei, più incredula di me.
«Ahm, cos’è che stavi dicendo? H non esiste, bla bla, non ti risponderà mai, bla bla, è solo una cavolata…»
«Okay mi sbagliavo! Ritiro tutto, ora apri quella cazzo di lettera.»
«Scusa chi era quella in ansia delle due?» osservai sarcastica.
«APRI QUELLA LETTERA!» urlò cercando di strapparmela dalle mani.
Scoppiai a ridere. «Okay ma tu calmati!»
Presi un respiro profondo e con una lentezza straziante perfino per me, la aprii.
 
Cara Alice,
sono veramente sorpreso che tu mi abbia scritto.
Che coraggio hai avuto. Avresti potuto imbatterti in brutte persone, sicuramente lo sai, eppure ci hai provato lo stesso.
Sai, ti è andata bene. Sono un ragazzo di vent’anni. Ah, e non chiamarmi H. Il mio nome è Harry. Harry Styles.
Non sono uno che crede al destino, purtroppo, ma tu pensala pure così, che non c’è nulla di male. Chissà, potrei ricredermi.
Dato che ti sei interessata a me così tanto da provare addirittura a scrivermi pur non sapendo chi io fossi, rispondere alle tue domande mi sembra il minimo, ma… un po’ per volta.
Il bigliettino che hai trovato era il mio segnalibro. Quando ho venduto il libro non mi è nemmeno venuto in mente di sfogliare ancora una volte quelle pagine intrise di dolore, e l’ho lasciato lì. Non ci avevo nemmeno pensato, in realtà. Mi sono liberato di tutto e basta. Me ne sono reso conto solo ora che me l’hai detto.
Era l’indirizzo di casa di mia madre e il posto più sicuro che conoscevo per non perderlo era quel libro. Me lo aveva regalato lei il giorno del mio decimo compleanno. Lo stesso aveva fatto mia nonna con lei.
Non ha voluto interrompere la tradizione e me lo ha affidato in modo che io potessi continuarla quando avrei avuto dei figli.
Sì, l’ho letto. L’ho letto tante di quelle volte che non immagini, e soprattutto l’ho amato, come ho amato mia madre.
Poi ho perso tutto.
È una storia troppo lunga per essere scritta in un’unica lettera.
Raccontarla fa male e non so se tu sia disposta ad ascoltarla.
Magari lo farò, però più avanti.
Se vorrai scrivermi ancora, naturalmente.
Mi piacerebbe sapere qualcosa di te, Alice Fray.
La vita degli altri è sempre molto più gradevole e interessante della mia.
Aspetto una tua risposta,
 
Harry.
 
«Harry» sussurrai a bassa voce quel nome che finalmente avevo scoperto.
«Un ragazzo di vent’anni. Nessuna donna sola e con la casa piena di gatti, nessun maniaco sessuale o psicopatico. Ti è andata decisamente bene» disse Maybel.
Incapace di fare altro, rilessi la lettera più e più volte imprimendomi nella testa le sue parole e la sua calligrafia e solo allora capii che dietro ad essa si nascondeva una profonda tristezza.
Gli avrei scritto ancora, senza ombra di dubbio.
Aveva risposto solo a una delle tante domande che gli avevo fatto, e io volevo sapere di più, molto di più.
Non potevo fermarmi lì. Avevo ottenuto quello che volevo, ovvero trovarlo, ma sentii che non mi bastava.
Leggere il suo nome, avere davanti la prova che lui c’era e che aspettava perfino una mia risposta provocò qualcosa in me che mi spinse a continuare a cercare.
Ma non cercavo più H.
Cercavo la persona dietro a quelle parole.
Cercavo Harry.
Harry Styles.


 


******
Ci ho messo undici giorni ma ce l'ho fatta.
Vi chiedo scusa ma la scorsa settimana è stata molto impegnat
iva 
e non ho avuto tempo di mettermi a scrivere.
Dunque, che dire? Niente, in realtà.
Lascio la parola a voi. Vi va di dirmi cosa ne pensate?
Una recensione per farmi sapere se vi piace o no, se cambiereste qualcosa o va bene,
se vi intriga, se vi invoglia a continuare a seguirla sarebbe molto gradita.
Mi serve veramente tanto.
Spero di ricevere vostri pareri e soprattutto spero vi sia piaciuto.
Fatemi sapere!
Al prossimo capitolo,
v.

 
 

 
   
 
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