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Autore: steph808    12/02/2014    2 recensioni
Un vicolo di New York e un cadavere. Sembra un caso come tanti per Beckett e Castle, ma ben presto si trasforma in una strana avventura ai limiti della logica e della scienza. Il cadavere appartiene ad una ragazza senza nome che non si capisce com’è stata uccisa ma, forse, è già morta vent’anni prima…
Un caleidoscopio di colpi di scena con l’apparizione di tutti i personaggi principali, ambientato da qualche parte nella prima stagione, quando il rapporto tra Beckett e Castle era ancora molto tumultuoso.
Genere: Avventura, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Capitolo13Capitolo 13

«La verità, signor O’Neill. Ecco tutto quello che le chiediamo.»

L’interrogatorio andava avanti da alcuni minuti. John e Thomas O’Neill avevano di nuovo negato con forza di essere responsabili della morte di Larissa.

Lanie aveva stabilito che la morte della ragazza era dovuta a cause accidentali. Beckett era disposta a credere alla loro versione dei fatti, ma non voleva negazioni, versioni reticenti, voleva la verità. Semplicemente la verità.

«Altrimenti, la fotografia che ritrae suo figlio in compagnia di una ragazza che è morta poche ore dopo sarebbe sufficiente per tenere aperto il caso. A questo punto, Thomas sarà accusato di omicidio.»

«Sarei arrestato?» domandò il ragazzo spaventato.

«Tu che dici, Ryan?»

Il detective annuì. «Direi proprio di sì.»

Non era un ricatto, ma probabilmente il capitano Montgomery non avrebbe apprezzato lo stratagemma.

I due interrogati si consultarono con lo sguardo.

«D’accordo. Vi dirò tutto.»

«La ascoltiamo.»

«La morte di mia moglie è stato un momento difficilissimo per me. Ero distrutto, non mi vergogno a dirlo. Come vi ho già detto, ho pensato addirittura al suicidio, sono stato in cura contro la depressione. Lei ha mai perso qualcuno che amava, detective?»

«Mia madre.»

«Allora può capire quello che ho provato. È stato un dolore devastante.»

Beckett annuì per farlo proseguire.

«A quei tempi l’impero sovietico era appena crollato. Da pochi anni la nostre imprese commerciavano con quelle del nostro nemico storico. Io avevo appena iniziato la mia attività, all’epoca scrivevo programmi per computer. Un laboratorio scientifico nell’ex Unione Sovietica aveva chiesto i miei servizi e io lavoravo per loro.»

Ryan lo fissò con uno sguardo stupito. Ancora non si spiegava quale fosse il collegamento tra il laboratorio russo e la morte della moglie.

«Di cosa si occupava questo laboratorio?» domandò.

«Di ricerche genetiche. Erano all’avanguardia. Una struttura autorevole finanziata con soldi pubblici e diretta da scienziati molto intelligenti e brillanti. Con il crollo dello Stato volevano espandere la propria attività all’estero, perché non avrebbero più ricevuto i finanziamenti pubblici. Ecco perché avevano bisogno di nuovi computer e di nuovi programmi.»

«Qual è il collegamento?» domandò Beckett.

Il signor O’Neill guardò il figlio. Poi rimase in silenzio. Fece un gesto come per iniziare a spiegarsi poi tacque di nuovo.

«Quando Mary Ellen è morta…»

Si interruppe ancora.

Kate si sporse sulla scrivania. «Sì? Vada avanti.»

«Quando Mary Ellen è morta, ho fatto prelevare il suo DNA e… ho chiesto a quel laboratorio di clonarla.»

 

Clonazione. Ecco spiegato il mistero del DNA identico. Larissa era il clone di Mary Ellen.

Beckett e Ryan erano sbalorditi. A quanto sembrava, quel laboratorio ex sovietico aveva anticipato il resto del mondo di quasi un decennio. La famosa pecora Dolly, il primo animale clonato ufficialmente presentato alla comunità scientifica, sarebbe nata solo alcuni anni più tardi. Ufficialmente, poi, la clonazione umana non era mai stata autorizzata né sperimentata.

Quell’uomo, invece, aveva appena dichiarato che già da vent’anni esisteva una persona nata da un esperimento di clonazione.

Era incredibile.

Eppure tutto tornava. Lo stesso DNA, come nel caso di due gemelli; l’incredibile somiglianza tra le due donne, che avevano pressoché la stessa età al momento della morte; l’assenza di tracce nei database governativi di Larissa, che era a tutti gli effetti cittadina straniera.

Non erano madre e figlia, non erano nemmeno sorelle. E non erano nemmeno la stessa persona.

Beckett e Ryan tempestarono di domande John O’Neill. Lui non era un esperto di biologia e medicina, non sapeva spiegare come quel laboratorio fosse riuscito nell’impresa.

«In realtà, io avevo perso qualsiasi contatto col laboratorio. Non sapevo niente di Larissa, non sapevo che era nata, che era cresciuta, non sapevo niente.»

«Com’è possibile?»

«Sei mesi dopo aver fornito il DNA e aver pagato quello che mi avevano chiesto, il direttore del laboratorio, il professor Niesvitsky, è morto. I suoi collaboratori si sono rifiutati di rispondere alle mie domande, all’epoca. Non ho mai saputo se l’esperimento di clonazione di Mary Ellen era riuscito oppure no e, dopo un po’, ho smesso di insistere.»

«Allora perché Larissa è venuta negli Stati Uniti?»

«Quella povera ragazza… voi non immaginate quanta pena mi abbia fatto.»

Secondo O’Neill, Larissa, la sosia genetica della sua amata moglie, aveva passato la vita intera in un orfanatrofio statale. Nata a seguito di un esperimento genetico, l’avevano trattata come una cavia da laboratorio per un paio di anni.

«Purtroppo, non hanno mai cercato una famiglia per lei.»

«E perché? Non potevano darla in adozione?»

«Detective, nessuno vorrebbe in adozione una bambina malata.»

«Malata?» domandò Beckett.

«Larissa aveva moltissimi problemi. Alcuni fisici, malattie, insufficienza renale, cardiaca. Nella sua breve vita ha sofferto molto. E poi, aveva altri problemi. Era destinata ad essere una cavia da laboratorio, ma gli scienziati l’ha studiata solo per pochi primi anni prima di consegnarla all’orfanatrofio. Vi chiederete perché. L’hanno abbandonata per una ragione semplice: oltre ai problemi fisici, aveva alcuni preoccupanti handicap mentali.»

L’imprenditore era commosso.

«Mary Ellen era così intelligente! Larissa, invece, era altrettanto bella ma le sue capacità cognitive non erano pienamente sviluppate.»

«Che significa?»

«Era una disabile, detective Ryan. Così è chiaro? All’apparenza sembrava una giovane donna del tutto normale, ma era sufficiente rivolgerle la parola per capire che la sua mente era quella di una bambina. E il suo corpo era martoriato da molte malattie interne.»

«Perché è venuta a New York?»

«Perché ormai era troppo grande per stare in un orfanatrofio. Povera ragazza…»

All’improvviso, il signor O’Neill si alzò in piedi e si allontanò di un passo dal tavolo, nascondendo il viso in un fazzoletto.

Thomas prese la parola.

«Ci siamo ritrovati sulla porta di casa una donna che era la copia precisa di mia madre. Anch’io non sapevo della sua esistenza. Vi immaginate lo shock?»

Beckett e Ryan erano senza parole. Annuirono.

«Spedita da noi da un orfanatrofio in Russia. Mio padre si sente responsabile della vita e anche della morte di Larissa. Io…»

«Tu, Thomas, eri con lei.»

«Sì, ero con lei quel giorno. Quando è arrivata, l’ho accompagnata in giro per la città. Cos’altro dovevo fare? Era sperduta, preoccupata, lontana da casa sua, non parlava la nostra lingua, ma in compenso era curiosa e si divertiva a girare per New York. Le sembrava un grande parco giochi. Mentre mio padre pensava a cosa fare e telefonava in giro, io le ho fatto fare un giro turistico con una delle macchine dell’azienda. Verso sera, ad un tratto, si è sentita male. È successo all’improvviso. Eravamo in macchina, ad un tratto è svenuta, si è accasciata sul sedile. È stato terribile. Lei… è morta prima che potessi fare qualcosa.»

«Allora hai perso la testa e l’hai abbandonata.»

«È così. Non capivo più niente. Era morta, era inutile accompagnarla in ospedale. Avevo paura di essere accusato di omicidio. L’ho abbandonata in un vicolo… il resto lo sapete.»

Adesso anche Thomas era sull’orlo delle lacrime che il padre tratteneva a stento.

Beckett e Ryan uscirono dalla sala interrogatori.

 

«Tu gli credi?» domandò Ryan nel corridoio.

«Possiamo controllare ogni singola parola. È una storia troppo inverosimile per essere inventata.»

«Lo penso anch’io. Parola mia, Beckett, non ho mai sentito niente di simile.»

«Nemmeno io. Una clonazione umana. Ti rendi conto?»

«Il nostro lavoro a volte è proprio strano.»

«Già. Riferirò al capitano Montgomery.» La detective, perplessa, appoggiò una mano al fianco. «In ogni caso, però, continua a non essere un omicidio.»

  
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