Libri > Le Cronache di Narnia
Segui la storia  |       
Autore: SusanTheGentle    12/02/2014    10 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

10. Eclissi
 
 
Da questo momento
Finché vivrò
Ti amerò
 Ti prometto questo
Non c'è niente che non darei
Da questo momento in poi…
 
 
 
La prima cosa che Lord Erton fece non appena fu reinvestito del suo titolo di Duca, fu ordinare che Lord Ravenlock e Lord Galvan venissero rilasciati immediatamente.
Cinque anni prima, i due erano stati arrestati, processati e condannati a scontare una pena a vita nel carcere di Beruna, per complicità nel tentato omicidio del Re e della Regina.
Quando i tre compagni si ritrovarono, Lord Erton constatò con gioia che Galvan e Ravenlock non gli serbavano rancore, ma erano pronti più che mai a servirlo come avevano fatto quasi per tutta la vita.
In secondo luogo, il Duca fece aumentare le tasse dell’ottanta per cento, sostenendo la necessità di tale scelta con la scusa di dover riparare i danni che i soldati avevano provocato al castello e alla città, durante l’assedio.
Come terza cosa, Erton rinchiuse in gattabuia i Lord di Telmar. Li voleva vivi, proprio come Rabadash voleva in vita i Sovrani: vivi e in grado di vedere il loro amato regno passare in mano a Calormen.
Per Agoz, Mavramorn e Revilian furono preparate tre buie celle. Per Lord Rhoop, invece, Erton aveva in mente un diverso trattamento: Lord Rhoop sarebbe finito sulla forca.
Con quale accusa? Non era importante, purché ci finisse.
Ma i piani del Duca non andarono esattamente nel modo sperato…
Durante l’assedio, Rhoop aveva giurato di uccidere Erton e si era presentato davanti a lui a spada tratta. Ma quest’ultimo aveva saputo persuaderlo a non farlo.
“Volete combattere contro un uomo disarmato?” il secondo aveva schernito il primo.
Non era onorevole uccidere qualcuno che non aveva avuto nemmeno la possibilità di difendersi. Perciò, Lord Rhoop – per il profondo amore e rispetto che nutriva nei confronti di Aslan, di Narnia, nonché di Re Caspian – aveva ritratto l’arma e si era limitato a colpire l’avversario in viso.
Lord Erton era caduto in ginocchio, ferito al viso. Il rivale l’aveva afferrato per il bavero del mantello e lo aveva costretto ad alzarsi di nuovo in piedi, l’aveva preso di spalle e gli aveva puntato la spada alla gola.
“Ordinate ai soldati di arrendersi” aveva intimato il Lord di Telmar.
Il Duca era scoppiato a ridere, al che Rhoop aveva rafforzato la pressione della lama sulla carne.
“Ormai Cair Paravel è nostra” disse Erton. “Siete voi che dovreste dire ai vostri compagni di gettare le armi”
Quanto era vero.
Lord Rhoop si era guardato attorno un momento: i calormeniani già esultavano per la vittoria, mentre i narniani non riuscivano a concepire la sconfitta.
“Ogni tanto bisogna pur perdere, caro il mio Rhoop” aveva detto il Duca, quando due soldati del sud avevano preso il Lord di Telmar e lo avevano privato della spada.
“State bene, Vostra Grazia?”
“Sì, sì, tutto bene” aveva risposto Erton sistemandosi il mantello, passando la mano sopra la manica in un gesto noncurante, per ripulirla dalla polvere che si era alzata durante lo scontro. “Portate questa feccia in prigione assieme ai suoi compari” aveva aggiunto poi, scoccando a Lord Rhoop un’occhiata divertita.
La sua soddisfazione di vederlo finalmente in catene era palese.
Ma Rhoop aveva spento quel sorriso odioso dal suo volto: aveva sputato ai piedi del Duca, coprendolo di insulti, continuando così finché le guardie non lo avevano condotto attraverso il cortile e poi giù, verso le prigioni.
Le segrete di Cair Paravel non venivano usate da anni, poiché Caspian X laggiù non aveva mai fatto rinchiudere nessuno. Le celle vennero riaperte per ospitare gli stessi sudditi di Caspian che si oposero ai calormeniani.
Una volta là dentro, c’era un unico modo con il quale Lord Rhoop avrebbe potuto venirne fuori: le fognature.
Disgustoso, ma era l’unica via. E per un uomo che era vissuto per dieci anni su un’isola deserta, fu un gioco da ragazzi.
Lord Rhoop s’infiò nel tombino di scolo della sua cella, sgusciò per metri e metri di tunnel sudici e puzzolenti, ma questa fatica fu ricompensata appieno quando si issò su per il condotto e vide la tenue, luce dell’alba, e quando respirò i freschi, ristoratori profumi delle foreste dopo una notte di pioggia.
Lord Erton lo prese come un affronto personale: il suo acerrimo rivale gliel’aveva fatta sotto al naso.
Anche Rabadash, Jadis e Tisroc non l’avevano presa bene. Avevano appena messo piede al castello e c’era già un fuggiasco, per di più uno degli uomini più vicini al Re e alla Regina.
“Lasciatelo andare” disse inaspettatamente Rabadash dopo aver ricevuto la notizia.
Gli altri si erano voltati ad osservarlo con curiosità (Lord Erton aveva gli occhi sgranati, a dire il vero).
Rabadash sorrise malevolo, e poi spiegò cosa gli frullava in testa. Con molta disinvoltura, si sedette sul trono di Caspian accavallando comodamente le gambe, appoggiando i gomiti ai braccioli.
“Il Liberatore e la Dolce ci sono sfuggiti per un pelo, e i principi con loro. Se non sono tornati è perché la Driade e quel Nano li avranno avvertiti dell’accaduto. Si saranno nascosti da qualche parte nelle foreste e di sicuro l’intenzione di Lord Rhoop è raggiungerli, non credete?”
“State dicendo che ci porterà da loro?” chiese Lord Erton.
“Esatto, Vostra Grazia. Rhoop non dev’essere lontano. Abbiamo uno scarto di poche ora, ma se ci sbrighiamo e troviamo le sue tracce, queste ci porteranno dritti dritti dai Sovrani e dai bambini”
Guard la Strega, la quale ricambiò la sua occhiata d’intesa.
Lord Erton girò per la stanza, le mani dietro la schiena, mugugnando pensieroso.
Tisroc si torse le mani, gridando alla sventura: “Questa storia finirà male. Presto il Leone arriverà, me lo sento”
“Non fate il melodrammatico, Imperatore” disse la Strega, che appoggiava l’idea di Rabadash.
“Date l’ordine” continuò, rivolta a Rabadash. “Prendete pure quanti uomini credete vi possano servire e d inseguite Lord Rhoop”
Il principe la osservò perplesso. “Signora, dovreste essere voi a dare quest’ordine. Siete voi la Regina, adesso”
Egli si alzò dal trono, facendo un mezzo inchino e un gesto eloquente con il braccio, come invitando la donna a sedere sul trono di Caspian.
Jadis osservò i cinque scanni dorati con il desiderio di prenderne subito possesso.
Ma doveva aspettare.
“Non ancora” lo corresse lei, distogliendo a fatica lo sguardo e voltando le spalle ai troni. “Prima di presentarmi al popolo e dichiararmi coma nuova e assoluta Sovrana di Narnia, c’è una cosa che devo fare. Per il momento, lascio tutto nelle vostre mani, signori”
Detto ciò, la Strega lasciò la sala del trono.
Immediatamente, Rabadash e Lord Erton si diedero da fare per iniziare le ricerche di Rhoop. Tisroc, invece, seguì Jadis fuori in giardino.
“Cosa dovete fare di così importante da rimandare la vostra intronizzazione, signora? Pensavo non aspettaste altro”
La Strega Bianca (che aveva ripreso l’aspetto della Signora dalla Veste Verde) si fermò e si voltò, facendo scintillare gli smeraldi che lo ornavano il vestito.
“Prima devo occuparmi dei miei piccoli principi” rispose con voce soave.
“Ah, giusto...” fece Tisroc annuendo con approvazione. “E ditemi, dove li terrete? Non qui a Cair Paravel”
“Certamente no. Devono scordarsi completamente della loro vita fino ad oggi. Ho già pensato a tutto, non preoccupatevi. Li tengo al sicuro”
Tisroc rilassò le spalle. “Bene. Non vorrei proprio che qualcosa in questo piano andasse storto. Sono anni che ci lavoriamo, e ho anche messo a vostra disposizione i miei migliori uomini”
Il primo tentativo di prendere Narnia era fallito miseramente ma questa volta, con quel piano ottimamente congeniato, ogni cosa sembrava andare finalmente per il verso giusto.
“Mi aspetto la perfezione, dal momento che siete stata voi ad assicurarmi che tutto sarebbe andato liscio”
Jadis accennò una risatina fasulla. “Avete così fiducia in me? Ne sono lusingata”
L’Imperatore fece uno sguardo cupo. “Mi fido di voi perché conosco il vostro potere”
“Oh, non vi deluderò, statene certo. Piuttosto, siete già in partenza per fare ritorno a Calormen?”.
“Non subito” rispose Tisroc, ricominciando a camianre. “Prima voglio vedere coi miei occhi questa famigerata maledizione di cui Rabadash continua a parlare. Sembra molto entusiasta”
La Strega Bianca si guardò un momento attorno. “Onorevole Tisroc, scusate se cambio così repentinamente discorso, ma vorrei mettervi in guardia da qualcosa”
L'imperatore assunse subito un atteggiamento vigile.
“Mentre venivano a Narnia” riprese lei, “ho notato che avete portato voi dei piccoli uccelli, dei falchi mi è sembrato”
“Ah, sì: sono falchetti viaggiatori, molto utili e veloci. Li utilizzo sempre nei miei spostamenti”
“Uhm...capisco” mormorò lei, posandosi una mano sotto al mento, pensosa. “Ho notato anche che sembrate molto affezionato a uno di questi uccelli in particolare”
Tisroc annuì con una certa soddisfazione. “Sì, a Shira. Lei è la mia preferita, non lo nego. Ma non ve la presterò, se è questo che state per chiedermi”
“No. Non intendevo chiedervelo” concluse Jadis con aria impensierita.
C’era un traditore in mezzo a loro.
Shira, la fedele compagna della Stella Azzurra.
La Strega e il falchetto si erano incrociate alla partenza da Calormen per giungere a Narnia.
In quanto nascondeva la sua reale identità con la magia, Shira non l’aveva riconosciuta. Ma Jadis aveva riconosciuto lei.
Forse l’Imperatore e il Duca avevano ragione, dopotutto: avevano appena invaso Narnia e già i narniani davano problemi.
 
 
Poche ore ancora, e poi, la maledizione si sarebbe attivata. Prima di sera, ci sarebbe stata un’eclissi di sole totale.
Una volta che il maleficio avesse finalmente fatto il suo dovere – adesso che Lord Erton era tornato ad essere Duca, la Strega Bianca aveva i bambini, e Tisroc dormiva sonno tranquilli sognando Myra come futura regina di Calormen e madre dei suoi nipoti– Rabadash avrebbe potuto finalmente concentrarsi solo su Susan…e ovviamente Caspian.
Il principe del Sud rifletteva sulla sorte del Liberatore dopo la maledizione: poteva ridurlo schiavo, umiliarlo, magari davanti alla sua Susan. Non sarebbe stato male…
Mentre rifletteva su questo, improvvisamente una nuova idea balenò nella sua mente contorta: e se fosse stato Caspian, stavolta, a veder soffrire Susan?
Aveva promesso di rinchiuderla in gabbia…
Uscì all’aperto e camminò per un pò sotto i portici, riflettendo, lo sguardo basso. Poi alzò la testa e strizzò gli occhi al riverbero del sole, osservando la torre più alta del castello.
Inizialmente aveva pensato di portare Susan con sé a Calormen, ma ripensandoci ora, sarebbe stato davvero interessante vederla rinchiusa nel suo stesso castello.
Rabadash raggiunse suo padre (il quale aveva appena congedato la Strega) e gli espose la sua nuova idea
“Una gabbia?” chiese sorpso l’Imperatore. “E’ una strana richiesta, ma d’accordo. Farò venire i migliori fabbri di Calormen e…”
“No, padre, non posso aspettare tanto”
Tisroc osservò il figlio con un misto di meraviglia e fierezza. ”Sei molto determinato. E va bene, ho capito: radunerò tutti i fabbri di Narnia”
E così fece.
Una decina di uomini di varie età venne condotta dalle guardie al cospetto di Rabadash.
Tisroc rimase in disparte a guardare, divertito. Era ansioso di conoscere le vere intenzioni del principe, anche se poteva immaginarle.
“Una gabbia di cinque metri per dieci? E’ davvero una richiesta molto strana” rincarò il più anziano dei fabbri, quello con più esperienza, ripetendo quasi le stesse parole dell'Imperatore.
Gli occhi di Rabadash dardeggiarono. “Non ho chiesto cosa ne pensate, ma se è possibile costruirla in poco tempo”
“Noi…noi lavoriamo solo per Re Caspian” balbettò il fabbro, chinando il capo per non essere costretto a ricambiare quello sguardo terrifiante.
Il principe si avvicinò all’uomo e gli assestò un calcio in viso. “Ora lavorate per me! Inizite subito! Dev’essere pronta al massimo entro domattina!”
“Ma è impossibile!” disse un altro.
Rabadash estrasse la spada e la puntò alla gola di quello che aveva parlato. “Chiunque si rifiuterà, vedrà la sua testa appesa nella piazza di Cair Paravel. Da oggi le cose cambieranno. Dimenticatevi di Caspian X, perché sono io che do gli ordini, adesso!”
Se la Strega non era ancora pronta a rivelarsi, ci avrebbe pensato lui a mettere in riga quella gente.
Tisroc si fece avanti. “Calma, figlio, calma. Purtroppo è vero, è impossibile fare ciò che chiedi in così breve tempo, ma posso suggerire un aiutino?”
L’Imperatore fece chiamare un paio dei suoi stregoni che si era portato dal Deserto. Essi lavorarono incessantemente per quasi tutto il giorno assieme ai fabbri narniani, riuscendo a portare a termine l’operazione entro il tempo stabilito.
Rabadash dispose che la gabbia fosse sistemata sulla torre più alta del castello, dalla quale si vedeva chiaramente tutto il regno di Narnia. In quel modo, la sua Susan avrebbe sempre avuto lo sguardo rivolto alla sua terra, pensando che laggiù c’era Caspian, vivo, ma senza che lei potesse raggiungerlo.
Rabadash fece anche attuare dei cambiamenti nella struttura della torre per fare in modo che la grossa gabbia s’incastrasse perfettamente.
“Non vuoi proprio lasciartela scappare, eh, figliolo?” ridacchiò Tisroc quando vide il lavoro finito.
“Potete giurarci, padre”
Niente comodità per lei, stavolta. Susan doveva capire chi era che comandava, e che presto avrebbe dovuto per forza di cosa chinare il capo davanti a lui, le piacesse o meno.
Con quel metodo avrebbe sondato la sua resistenza. Una specie di esperimento per verificare quanto fosse riuscita a tollerare quelle sbarre.
Susan era narniana, amava la libertà e gli spazi aperti, ne aveva bisogno come tutti i narniani. Non avrebbe resistito a lungo. La sua iniziale e supponibile opposizione a lui, avrebbe prima ceduto il posto alla debolezza fisica ed emotiva, e queste l’avrebbero portata inevitabilmente a desistere. Stavolta per davvero.
Nessuno l’avrebbe toccata. Nessuno l’avrebbe sfiorata, neppure con lo sguardo. Susan era sua, solo e soltanto sua.
L’avrebbe tenuta lassù per sempre. Di giorno ammirando il bellissimo falco che era destinata a divenire, e di notte compiacendosi delle grazie della splendida donna che era divenuta.
L’aveva conosciuta quand’era appena una fanciulla e già il suo copro si era infiammato per lei. Era sempre stata splendida, ma si diceva che il divenire donna avesse accresciuto ancor più la sua bellezza.
L’aveva constatato ammirando il magnifico ritratto che era appeso nel salotto delle stanze reali. Era stato dipinto dai migliori artisti del regno, ma l’originale dal quale poi era stato tratto quel quadro era opera dello stesso Caspian.
Caspian. Sempre Caspian.
Non lui.
Il pensiero di Susan tra le braccia del Liberatore gli provocò un’ondata di gelosia senza confini.
Rabadash desiderava che fossero le sue.
La sua mente era occupata solo dal pensiero di lei, delle sue labbra, della sua pelle morbida, del suo copro sinuoso e della sua voce che pronunciava il suo nome…
L’avrebbe avuta quella notte stessa, quando il Liberatore si sarebbe finalmente tolto di mezzo. Non avrebbe più aspettato.
 
 
 
~·~
 
 
 
Era appena sorta l’alba quando Caspian scese dai piani alti della Torre dei Gufi e raggiunse l’atrio, dove avevano portato Destriero.
Il cavallo era sdraiato su un fianco, la zampa ferita fasciata. Gli avevano tolto la sella e le briglie.
Sentendo il giovane avvicinarsi, nitrì sommessamente.
“Buongiorno, amico mio” disse il Re chinandosi accanto all’animale, iniziando a togliergli la benda con molta cautela.
La ferita di Destriero dava segni di miglioramento. La carne viva non era più esposta e si stava rapidamente rimarginando.
Caspian provò a fargliela muovere un poco ma il cavallo protestò con un nuovo nitrito, sfilando la zampa dalle mani del giovane.
“Buono, bello” lo calmò il Re, accarezzandolo gentilmente sul muso. “Il cordiale di Lucy ha annullato il veleno. Te la caverai.”
Il cavallo sospirò, quasi avesse capito.
Anzi, aveva capito.
Destriero non era un animale parlante, ma non era nemmeno come gli altri animali muti. C’era qualcosa che lo rendeva speciale.
Il Liberatore aveva avuto questa sensazione sin dal primo momento che si erano incontrati.
Una calda mattina d’estate, un sonnacchioso Caspian scendeva alle scuderie del palazzo di Telmar mano nella mano con suo padre. Il principe si era lamentato un poco per il fatto di essere stato svegliato così presto, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi. Ma quegli stessi occhi neri si erano ben aperti quando si erano specchiati in quelli altrettanto scuri del puledro dal manto d’ebano che lo osservava con curiosità da dietro il box della stalla.
“E’ tuo” gli aveva detto suo padre, mentre sul viso del piccolo principe si disegnava un sorriso smagliante. “Buon compleanno, figliolo”
Da quel momento, erano sempre stati insieme.
Dopo la morte dei suoi genitori, Caspian era piombato nella più cupa solitudine. Gli zii gli impedivano di giocare con i ragazzi del paese, non lo facevano allontanare dal castello nemmeno per una passeggiata se assieme a lui non c’erano almeno dieci servitori.
Ma Caspian e Destriero uscivano di nascosto. Al principe non importava se poi lo zio Miraz lo puniva.
L’unica cosa che non era cambiata, dopo la tragedia che aveva sconvolto la sua vita, era la presenza di Destriero.
Sì, forse era ‘solo un cavallo’, forse era il compagno di giochi più inusuale che si potesse pensare, ma per Caspian era molto di più. Era suo amico. Uno dei più cari e fedeli che avesse mai avuto. C’era un legame profondo tra loro, erano cresciuti insieme ed entrambi sapevano che sarebbero rimasti insieme ancora a lungo. Per tutta la vita. L’uno non avrebbe mai abbandonato l’altro.
Uomo e animale si guardarono negli occhi: non potevano comunicare a parole, ma lo facevano col cuore.
“Guarisci in fretta” disse Caspian, dandogli una leggera pacca sul dorso. “Ho bisogno di te”
“Come sta?”
La voce di Susan arrivò alle sue spalle.
Il giovane si voltò e vide la sua figura stagliata contro l’entrata della stanza. I lunghi capelli scuri erano sciolti e facevano contrasto con il viso pallido.
“Sta meglio, per fortuna” le rispose.
In mano, lei portava una ciotola di terracotta che conteneva uno strano unguento dall’odore pungente. Quando si avvicinò e si sedette accanto a lui e a Destriero, Caspian la osservò attento, notando che Susan aveva gli occhi ancora arrossati e cerchiati da profonde ombre di stanchezza.
Lei non aveva chiuso occhio per tutta la notte, proprio come lui. Erano rimasti stretti nel buio, l’uno sapendo che l’altro era ancora sveglio. Nonostante questo avevano passato tutto il tempo in silenzio, come svuotati, incapaci di esprimere un dolore tanto grande. Ogni tanto, Caspian aveva cercato di scorgere il suo viso attraverso l’oscurità, e quando i suoi occhi si erano abituati l’aveva osservata a lungo; lei lo stesso. Non era mai riuscita ad addormentarsi e lui nemmeno.
La Regina allungò una mano e con gentilezza si mise ad accarezzare il manto lucente di Destriero.
“Sei stato molto coraggioso”
Il cavallo nitrì di nuovo, come per ringraziare.
“E tu come stai?” le chiese Caspian, tirandole indietro i capelli dal viso, trattenendoli per un momento nelle proprie mani e poi sistemandoglieli dietro la schiena.
Lei sospirò. “Come te”
Susan gli fece una carezza sul viso e sul capo. Lui cercava di essere forte per entrambi, celando il suo dolore, ma nel profondo dei suoi occhi scuri era evidente la sconfinata desolazione che gli attanagliava il cuore.
Susan poggiò la testa sulla sua spalla e lui subito la strinse in un abbraccio. Lei nascose il viso nel suo petto, chiudendo gli occhi.
“Sei riuscita a dormire un po’, almeno stamani?” chiese Caspian.
“No” rispose lei semplicemente.
Era silenziosa. Troppo.
Non era più abituato a vederla così. Da molti anni non la vedeva più piangere. L’ultima volta era stato quando si era ripreso dall’avvelenamento, ormai cinque anni prima.
Susan era molto cambiata da allora. Era divenuta la ragazza spensierata e serena che lei stessa diceva di essere stata tanto tempo prima. Per Caspian, il suo sorriso era paragonabile al bisogno che la terra ha per l’acqua. Non poteva vederla così.
“Devi mangiare qualcosa” le disse, scostandola da sé.
“Non ne ho voglia”
“Susan, devi restare in forze” la rimproverò leggermente.
Lei non rispose. Si spostò un poco più in là, afferrando la ciotola con l’unguento preparato da Miriel quella stessa mattina, immergendovi un pezzo di stoffa finché non ne fu zuppo. Lo pose con cautela sulla ferita di Destriero, iniziando poi a fasciargli la zampa con bende pulite.
Caspian la osservò in silenzio per tutto il tempo, cercando qualcosa che potesse farla stare meglio, che potesse farla reagire. Ma anche lui stava soffreddo immensamente e capiva come lei si sentiva.
Tuttavia, non gli piaceva quando si mostrava così fredda e distante. Non sapeva cosa fare.
Lei non lo faceva per egoismo, era semplicemente il suo modo di resistere al dolore. Però, così facendo, peggiorava soltanto le cose.
“Non è così che aiuterai i nostri figli” le disse lui con tono fermo.
Susan smise di fasciare la zampa di Destriero. Le mani le tremarono.
“Non ce la faccio” disse, guardandolo con occhi pieni di angoscia. La sua voce fu un singhiozzo represso.
“Bè, invece devi. Devi reagire” ribaté lui con calma ma con fermezza. La prese di nuovo tra le braccia e questa volta la sua stretta fu più forte.
All’improvviso, Susan si coprì il viso con le mani.
“Rivoglio i miei bambini!” gridò, cercando con tutta sé stessa di non farsi sopraffare dalle lacrime.
Ma lei sapeva di non essere forte. Non era mai stata forte.
Caspian la sopravvalutava. Tutti la sopravvalutavano.
“Perché se le sono presa con loro?! Hanno solo sei anni, cosa possono fare di male?!” gridò ancora, irrompendo infine in un pianto straziante.
Caspian avrebbe voluto rimproverarla, dirle che non doveva lasciarsi andare così, ma non ne ebbe la forza. La teneva stretta, sentendo il corpo di lei sussultare, scosso dal dolore.
“Mi dispiace” mormorò il giovane per quella che forse era la millesima volta.
Susan posò le mani sulle sue spalle e lo allontanò da sé. “Sono io che devo chiederti scusa. E tu devi odiarmi per averti tolto i tuoi figli”
Il Re di Narnia rimase sbalordito da quelle parole, e nella sua voce si accese una punta di rimprovero.
“Che diavolo stai dicendo?”
La Dolce prese un gran respiro per soffocare un nuovo singhiozzo. “Spesso, in passato, ho creduto di dover scontare una pena per i torti che ho fatto”.
Alzò lo sguardo su di lui. Uno sguardo colmo di pianto e di rimorso.
“Quando mi chiedesti di sposarti, io subito ti risposi di sì, perché era quello che desideravo più di ogni altra cosa nella vita. Volevo stare con te a dispetto di tutto e di tutti. Nonostante le mie mille paure e i mille dubbi lo feci, cercando di ignorare conseguenze che quel ‘sì’ avrebbe comportato.”
Susan, le mani in grembo, strinse i pungi e abbassò lo sguardo. “Ma per un’ azione c’è sempre una reazione. Un torto subito è la risposta di un torto inflitto. Io feci un grave torto ad Aslan e ora mi si sta ritorcendo contro”
Si arrestò solo un momento. Le labbra le tremarono quando ricominciò a parlare, la voce stentata.
“Pensavo che il nostro amore, il tuo amore, potesse cancellare le mie colpe, e che Aslan alla fine mi avrebbe perdonato. Ma non è stato così. Fui egoista. Pensai solo a me stessa, a quello che volevo io. Ho osato troppo. Ho voluto troppo. E Aslan mi ha punita”
Per un momento rimasero in silenzio, lui troppo attonito da quelle parole per poter formulare un pensiero.
“E’ questo che credi?” le chiese Caspian in un soffio. “Credi davvero che Aslan ti stia punendo?”
“Sì, lo credo” singhiozzò la Regina.
“No, tesoro, non è così” le disse lui con voce dolce. “Aslan non ti ha punita, amore mio, ti ha benedetta”
La ragazza alzò il capo, lanciandogli uno sguardo confuso.
“Ti ha dato una seconda possibilità” continuò lui. “Ti ha perdonata nel momento in cui hai rimesso piede a Narnia quando non saresti dovuta tornare. Non te l’avrebbe mai permesso, altrimenti. Io so che è così e anche tu ci devi credere”
Lei fece un mezzo sorriso sardonico. “La mia fede non è mai stata incrollabile”
“E con questo che vorresti dire?”. Il tono del Re si fece improvvisamente più aspro.
Lei non rispose.
Il giovane contrasse la mascella, spazientito, afferrandole la testa fra le mani e guardandola intensamente. “Testa dura, rifletti un momento: conosci Aslan, lo conosci da molto prima di me. Pensi sul serio che sarebbe capace di questo? Ti avrebbe donato due figli e ti avrebbe annunciato con gioia il loro arrivo, scomodandosi lui stesso per venire a dirtelo ancor prima che tu stessa lo scoprissi, per poi strapparteli dalle braccia?! Quale padre amorevole sarebbe se davvero le cose stessero così?!”
“E se le cose stessero così?!” controbatté la Regina.
“Di chi stai parlando, Susan? Di Aslan o di Tash? Quale dio sadico e pazzo potrebbe fare una cosa simile?”
Lei cercò di riflettere sulle parole di lui. “Allora chi me li ha portati via?” domandò con voce debole.
Caspian non aveva mai smesso di fissarla negli occhi, e affondando in quel mare nero, Susan cercò di trovare quel qualcosa di fondamentale che in quel momento le veniva a mancare: la speranza.
Quando lui le rispose, il suo tono era tornato quello gentile di sempre. “Ti giuro che scoprirò come sono andate le cose, e ti prometto che ritroverò Rilian e Myra. Ma tu devi avere fiducia: in Aslan e in me”
“Ho fiducia in te, Caspian”. La Regina Dolce chiuse gli occhi e si abbandonò contro il corpo caldo e rassicurante di lui.
“Non sei l’unica a darsi la colpa di quello che è accaduto” mormorò il Re contro la sua fronte.
Susan lo strinse forte. “Amore mio, ti prego, perdonami!”
Anche lui stava soffrendo, eppure lei aveva ancora una volta pensato solo a sé stessa.
“So quello che provi Sue, e so che ora parli così perché sei sconvolta. Appena riuscirai a ragionare con mente più lucida, ti renderai conto di quante sciocchezze hai detto”
Caspian la scostò a sé e lei si passò una mano sul viso, un poco offesa.
Ma lui aveva ragione, in fondo.
Si scambiarono uno sguardo, poi il Re si alzò e raggiunse il prato all’esterno dove Briscola lo chiamava.
“Sire, è Lord Rhoop! Venite, presto!” esclamò il nano correndo verso di lui.
Caspian accorse immediatamente e allora anche Susan lo seguì, lasciando Destriero che adesso riposava tranquillo.
Un magnifico cervo si fermò a pochi metri dall’entrata della Torre dei Gufi. Sulla sua groppa, Lord Rhoop.
Il Lord di Telmar scese a terra con una certa fatica e immediatamente tutti furono intorno a lui per aiutarlo.
“Sto bene, sono solo molto provato” disse l’uomo, rassicurando i presenti.
“Si potrebbe avere un po’ d’acqua?” chiese il cervo, e subito Miriel ne portò un po’ sia a lui che a Lord Rhoop.
Quest’ultimo raccontò tutto quel che era accaduto a Cair Paravel e, come ultima sconcertante notizia, quella di aver identificato una vecchia conoscenza nel comandante delle forze armate di Calormen.
“Di chi si tratta?” chiese Caspian.
Rhoop guardò Miriel. “Non gliel’avete ancora detto?”
La Driade fece un passo avanti, facendo vagare gli occhi color acquamarina su tutti i presenti, in particolar modo sul Re e sulla Regina.
No, Miriel non aveva ancora trovato il coraggio di mettere al corrente Caspian e Susan che la causa predominante delle loro pene era un uomo che credevano morto. Ma a quanto sembrava, il momento era giunto. Non poteva più rimadare.
Poco dopo, il Liberatore, la Dolce e la Driade si ritirarono in disparte per parlarne.
“Rabadash…” mormorò Susan, la mente lontana mille miglia da Bosco Gufo.
Al suono di quel nome, spaventosi ricordi ormai sopiti la trasportarono nuovamente tre le onde blu dell’Oceano Orientale, sulla nave Occhio di Falco dove era stata sua prigioniera; tra le numerose battaglie in cui l'avevano affrontato. Vivida era l’immagine del corpo del principe del Sud scosso dagli ultimi spasimi di vita.
“Immaginavo fosse coinvolto Tisroc quando C.P.A mi ha parlato di Calormen” disse Caspian, camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza. “Non nego di essermi oltremodo meravigliato nell’aver saputo di Lord Erton, ma non avrei mai pensato che lui…”
Gli occhi neri del Liberatore saettarono verso la Regina Dolce.
Se Rabadash era vivo, era probabile che la volesse ancora.
Susan…la sua Susan.
No.
No, per nulla al mondo.
Nel pensare a Rabadash, Caspian provò un moto di rabbia incontenibile. Perché sapeva che il principe non voleva Narnia. Aveva preso Narnia per arrivare a lei.
“Perché diavolo non me l’hai detto prima?!” proruppe contro Miriel.
La Driade lo guardava mortificata. “Mi dispiace, veramente. Ma non sapevo come dirvelo. Io…”
“Se è davvero Rabadash la causa di ciò che è accaduto, cambia tutto quanto. Dobbiamo tornare immediatamente al castello”
Susan guardò il marito con espressione corrucciata. “Non starai pensando di andare ad affrontarlo?”
“E’ esattamente quello che intendo fare, invece”
“Non puoi!” dissero in coro le due ragazze.
“A cosa è servito nasconderci” disse la Driade, “se poi vuoi tronare indietro e farti catturare?”
“O ammazzare” le fece eco la Dolce.
Caspian si passò una mano tra i capelli. “Non avevamo deciso proprio ieri sera che saremmo tornati ugualmente al palazzo a prendere Cornelius e gli altri?” ribatté.
“Sì, ma…”
“Bene, allora non fatemi la predica. Si torna a Cair Paravel”
“Caspian!” lo rimproverò Susan. “Smettila di trattare così la povera Miriel, sta solo cercando di aiutarci! Se non fosse stato per lei e C.P.A, e il loro tempestivo avvertimento, io e te a quest’ora saremmo al castello nelle mani di Rabadash!”
Il Liberatore guardò dall’una all’altra, poi fece un lungo sospiro. “Scusate”
“Non importa” fece Miriel. “Torno di là per vedere come sta Lord Rhoop”
Quando la Driade lasciò la stanza, Susan si avvicinò a Caspian e gli posò una mano sulla spalla.
Lui era voltato di schiena, ma non appena percepì il leggero tocco di lei, si voltò e la strinse a sé con tale slancio che la ragazza quasi perse l’equilibrio.
Restarono così per un momento.
“Ho bisogno di te, Susan”
Lei si strinse a lui, mettendogli meglio le braccia attorno al collo. “Caspian, mi dispiace per poco fa”
Il Re si specchiò nei suoi occhi celesti e le fece un debole sorriso.
La Regina lo fisso con sguardo deciso. “Ti giuro che non mi lascerò mai più andare in quel modo all’auto commiserazione. So di essere insopportabile a volte”
Lui le accarezzò il capo, osservando ogni centimetro del suo viso.
Cosa era in grado di fare per lei?
Tutto.
“Susan, non posso portarti con me. Benché lo voglia, non posso rischiare che lui ti veda e che ti prenda”
Lei serrò le labbra con rabbia. “Sarò con te, invece. Voglio guardare Rabadash negli occhi. Voglio che mi dica che cosa ha fatto ai nostri figli. Lasciami venire”
Caspian provò grande orgoglio sentendola parlare così: la sua Susan era tornata.
Le cinse la vita, costringendola a sollevarsi sulle punte dei piedi, e la baciò con veemenza. “Il tuo posto è con me”
Lei gli accarezò il viso, baciandolo una volta ancora.
Casian la lasciò andare, ma senza togliere le mani dai suoi fianchi.
“Dobbiamo pensare a come procedere. Se davvero l’esercito del Sud ha preso le mura di Cair Paravel, non possiamo correre allo sbaraglio alle porte del castello e dichiarare guerra”
Toccò a lei sorridere. “Allora mi ascolti”
Caspian rise appena. “Sì, certo che ti ascolto”
“Dovremo muoverci con cautela” disse una voce.
I due giovani si volsero e videro Lord Rhoop apparire sulla soglia.
“Perdonatemi, Vostre Maestà, dovevo annunciarmi”
“No, vi pare” disse Caspian. “La situazione è tanto critica?”
“Purtroppo sì, Sire” affermò il Lord con rammarico. “I calormeniani sono almeno dieci volte più di noi. Ho lasciato i miei compagni tra il caos della battaglia, senza sapere cosa ne è stato di loro”
Il giovane gli posò una mano sulla spalla. “Li ritroveremo”
Rhoop lo fissò seriamente. “Maestà, voi e la Regina non potete venire con noi. E’ troppo pericoloso”
Caspian fece per ribattere e lei con lui.
“Per la vostra incolumità” insisté Rhoop.
“Lo so” proruppe il Liberatore. “Lo so, ma è il mio popolo quello che è stato assalito da dei pazzi assassini, signore. Sono i miei figli che rischiano la vita chissà dove, a causa della mente malata di un maledetto figlio di…”
“Caspian, ti prego” fece Susan, avvicinandosi a lui.
Solo il sentire la voce di lei, pose un freno al turbolento battito del suo cuore.
Caspian le strinse una mano e si scusò. “Perdonami, Sue. Anche voi Lord Rhoop, vi chiedo perdono”
Egli scosse il capo. “Non dovete. Posso solo immaginare cosa state provando, Maestà. Io non ho mai avuto figli”
Caspian si sentì sciocco e troppo vulnerabile per i suoi gusti. Era nervoso, scattava per un nonnulla e non riusciva a darsi un freno.
Un condottiero non si comporta in questo modo, pensò, provando una nuova ondata di rabbia verso se stesso.
Gli si chiedeva di non andare, ma come poteva ignorare così la voce di Narnia? Le voci dei suoi bambini?
La sua priorità erano i suoi figli, che lui non era riuscito a salvare. La colpa era sua, non di Susan.
Sbagliava a porre dinanzi al regno i problemi personali, ma non poteva fare altrimenti. Per tutta la notte non aveva fatto altro che pensare ai visini terrorizzati di Rilian e Myra. Solo ventiquattrore prima li stava stringendo, stava giocando con loro.
Ma la sua vita era una medaglia a due facce. La sua famiglia era divisa in due: da una parte sua moglie e i suoi figli, dall’altra il suo popolo. Tutta Narnia. E il popolo chiedeva a gran voce la presenza del Re, lo sapeva. Poteva immaginarli chiedersi dove fosse finito Caspian il Liberatore.
I narniani dovevano vedere che era vivo, per essere rassicurati, per trovare il coraggio di resistere a Calormen e non lasciare che Rabadash calpestasse la loro dignità costringendoli a servirlo. Doveva dar loro la speranza, finché lui non avesse trovato una concreta soluzione a quel problema.
Sentiva il peso di tutto il mondo sulle sue spalle, e mai come in quel momento si rese conto di essere solo un uomo.
Suo padre gli aveva insegnato come avevano insegnato a lui: che un Re è istituito dal cielo, che un Re può fare tutto, dire tutto, pensare tutto, e sarà sempre giusto, sempre possibile, perché siede nel posto più alto della scala del mondo.
Questa era la mentalità di Telmar. Nei suoi nove anni di regno però, Caspian aveva visto e capito che la lezione di suo padre non era quella che stava imparando. Perché un Re può sbagliare nel dire, fare o pensare qualcosa. Può confondersi, cadere. Un Re può essere coraggioso ma anche ingenuo a volte. Un Re può sopravvalutarsi e perciò sottovalutarsi, non calcolare le possibilità di pericolo nel quale può incorrere forse perché troppo sicuro di sé. Si crede superiore, è inevitabile a volte. Crede che solo perché davanti al proprio nome compare quel titolo, quella lezione sia sistematicamente valida.
Ma no.
Perché al di sopra di ogni cosa non c’era il Re, c’era Narnia, e Caspian aveva accettato di vivere e morire per lei quel giorno lontano, sulla riva del Grande Fiume, quando Aslan lo aveva incoronato Re.
Ma adesso, il Re si era nascosto da qualche parte nei recessi del suo essere. Adesso c’era solo Caspian.
“Quali sono i vostri ordini, Maestà?” chiese infine Lord Rhoop.

Mezza giornata per organizzarsi, attenere il momento giusto per muoversi, ed eccoli tutti pronti a partire.
Rhoop e il suo amico cervo, Briscola sul suo pony, Miriel sul suo cavallo, Caspian e Susan insieme su Aurora. Pennalucida sarebbe andato con tutti loro: uno sguardo dall’alto poteva far comodo. Gli altri due gufi e le tartarughe, invece, rimasero alla Torre con Destriero, che non era ancora in grado di muoversi.
Galopparono verso sud, sud-est. Si fermarono solo un minuto, quando ormai stavano per entrare nel territorio del feudo. Dal punto in cui si trovavano potevano scorgere in lontananza il lungo ponte che univa la città all'isola dove sorgeva il castello. Il ponte era stato quasi distrutto dall’assedio dei calormeniani, che l’avevano abbattuto per far sì che il palazzo rimanesse isolato dalla terraferma e da qualunque possibile aiuto proveniente dall’esterno.
“Che cosa hanno fatto?” esalò Miriel
“Non entreremo comunque dal portone principale” disse Lord Rhoop, facendo un segno al cervo così che tornò tra gli alberi.
“Dobbiamo andare verso la spiaggia” rammentò Briscola.
Sarebbero entrati nel castello dal passaggio segreto che lui e Miriel avevano usato per fuggire. Il piano era questo: una volta dentro l’Antica Casa del Tesoro, se vi avessero ritrovato Cornelius e le altre donne, Miriel e Pennalucida li avrebbero immediatamente guidati nella foresta, attendendo Lord Rhoop e Susan. Loro si sarebbero recati alle scuderie per rubare cavalli sufficienti per tutti, mente Caspian e Briscola avrebbero preso spade e archi dall’armeria.
Erano gli unici ancora in libertà, ed erano l’unica speranza per tutti.
“Non è rubare” mormorò Susan. Quella parola non le piaceva per nulla. “Sono nostri, sia i cavalli che le armi”
Per lei e Caspian, essere costretti a percorrere passaggi secondari e nascondersi proprio come ladri, era pressoché ridicolo, nonché surreale.
Non avevano atteso il buio di proposito, poiché secondo Briscola i soldati di guardia sarebbero stata meno all’erta durante le ore del giorno.
“Di solito è di sera che si sta più attenti agli intrusi, no?”
L’ultima parola era quella del Re, e Caspian, benché fosse del parere che muoversi tra le ombre della notte fosse più prudente, si fidava di C.P.A e per questo acconsnetì.
Dopotutto, non gl’importava molto quale ora avessero scelto. La sola cosa che Caspian aveva in mente, adesso che era a un passo dal castello, era trovare Rabadash e affrontarlo.
“Sei pronta?” chiese a Susan, dietro di lui sul dorso di Aurora.
“Quando vuoi” rispose lei, stringendogli le braccia intorno alla vita.
Caspian fece ripartire la giumenta. Il gruppo proseguì al passo verso il boschetto che cresceva nei pressi della riva del mare. Una volta arrivati vicino all’Antica Casa del Tesoro, il gruppo si divise.
Miriel e Pennalucida penetrarono guardinghi nel passaggio segreto. La Casa sembrava deserta.
“Uh-uh- non ci sono più” sussurrò il gufo.
“Aspetta” disse lei, portandosi accanto alla statua del Re Supremo. Picchiettò due volte su di essa e qualcosa si mosse sotto il pavimento. Un secondo dopo, ecco che tra granelli di polvere una nuova botola si apriva ai piedi della statua.
“Eccovi!” esclamò Miriel sollevata abbracciando Tara, la prima ad issarsi fori dal nascondiglio. “Oh, che gioia, siete salvi! Ma dov’è Lady Lora?”
“Drinian è venuto a prenderla. Credo che siano riusciti a mettersi in salvo” spiegò Tara.
Miriel guardò la bionda amica con dispiacere. “E tu e Moran…”
Moran era il ragazzo di Tara.
L’ancella scosse il capo. “Lui mi odierà per questo?”
“Moran ti ama”
Tara sembrò trovare un po’ di coraggio a quell’affermazione. Subito dopo si fece seria e inquieta. “Il dottor Cornelius sta male. Non potevo abbandonare lui e Clipse, capisci?”
La Driade si allarmò a quella notizia. “Cornelius? Che cos’ha?”
“E’ l’età, mia cara” disse una voce affaticata.
Le tre ragazze e Pennalucida furono attorno al vecchio precettore. La fuga e la tensione doveva averlo affaticato parecchio.
“Lady Miriel” disse il professore. “Se siete tornata è perché avete trovato il Re e la Regina, vero?”
Miriel annuì. “Sì, sono qui anche loro. Andrà tutto bene”
Cornelius, Tara e Clipse proruppero in un’esclamazione di sorpresa e preoccupazione.
“E i bambini? Il principe e la principessa stanno bene?” chiese Clipse.
Miriel non seppe cosa rispondere. “Sono successe diverse cose…non ho tempo di spiegarvi ora. Siamo venuti a prendervi. Staremo a Bosco Gufo per un pò, alla Torre dei Gufi”
“Andiamo uh-uh!” esclamò d’un tratto Pennalucida.
Tara e Clipse sollevarono con cautela il dottor Cornelius, che si appoggiò pesantemente su di loro.
“State tranquillo” lo rassicurò Miriel. “Abbiamo il cordiale della regina Lucy. Ve ne somministreremo qualche goccia e starete subito meglio”
Ma l’uomo le fermò quando tentarono di fagli fare qualche passo. Tremò e dovette rimettersi seduto.
“Fermatevi e ascoltatemi” egli disse, il respiro affannoso. “Se dovete fuggire, non posso venire con voi. Sono vecchio e lento. Non guadatemi in quel modo, care ragazze, sapete che è la verità. Andate via di qui, immediatamente. Nascondetevi e pregate che Aslan venga in nostro aiuto. Perché lo farà, ne sono certo”
“Non vi lasceremo qui” s’infervorò Miriel “Caspian mi ucciderà se saprà che vi ho trovato e che non vi ho portato da lui”
Cornelius sorrise. “Dite allora al mio ragazzo che questa volta andrà così. Purtroppo, le circostanze sono diverse da quel giorno al castello di Miraz” si fece molto serio e la sua espressone e la sua voce si fecero severe. “Non deve fare pazzie. Rabadash lo aspetta al varco, lui e la Regina. Per nessun motivo al mondo devono restare qui, nemmeno un minuto di più. Dovete fuggire!”
“Non sarà facile convincere il Re di questo, lo sapete meglio di me. Quando si mette in testa qualcosa non si ferma finché non l’ha portata a termine”
“E’ sempre stato così. Non si arrende mai e non si deve arrendere. Ma non è il momento giusto per combattere. Ditegli questo, Miriel.” Cornelius diede di un colpo di tosse, stringendo il braccio della Driade. “Ricordategli che deve avere sempre fede in Aslan. Deve appettare”
“Milady!” chiamò ancora Pennalucida. “Arriva qualcuno!”
“Lasciatemi qui!” esclamò Cornelius, scansando da sé le tre ragazze.
“Se pensate veramente che vi abbandonerò, per una volta avete fatto male i calcoli, caro dottore” disse una voce maschile proveniente dal passaggio segreto.
“Maestà!” esclamò l’ometto, tossendo di nuovo.
Caspian gli fu subito vicino, aiutando Tara a sollevarlo.
“Sta molto male” disse Miriel.
“Chi a il cordiale di Lucy?” chiese il Re.
“Ce l’ha Briscola. Non era con te?”
Caspian imprecò a bassa voce. “Sì, mi sta aspettando al limitare del bosco, ma avrei voluto...”. Osservò Cornelius, preoccpuato. Non voleva fargli fare sforzi.
In quel momento, tonfi insistenti sopraggiunsero dalla porta principale. “Sono qui dentro!” fece una voce dall’esterno.
“Non possono già essersi accorti che siamo qui!” sussurrò concitatamente Miriel.
“Muoviamoci!” fece Caspian, sollevando quasi di peso il povero Cornelius.
Risalirono il passaggio e si ritrovarono all’aperto. Videro con sollievo che ancora nessuno li inseguiva. Ma presto i nemici sarebbero entrati nell’Antica casa del Tesoro, attraversandola in un volo, ed entro breve gli sarebbero stati addosso.
Riuscirono a raggiungere i primi alberi dove li aspettava Briscola, il quale aveva già riempito le sacche legate ai fianchi dei cavalli con le armi che lui e il Re erano riusciti a prendere.
Caspian si guardò freneticamente intorno. “Dove sono la Regina e Lord Rhoop?”
In risposta alla sua domanda, la voce di Susan gridò il suo nome.
Il Liberatore non fece tempo a voltarsi che la Dolce era già volata tra le sue braccia.
Lei e Rhoop erano riusciti a recuperare cavalcature sufficienti per tutti.
Ma quell’abbraccio non durò che qualche secondo, poiché un nugolo di frecce nemiche s’insinuò fischiando tra gli arbusti, spezzando foglie e conficcandosi nei tronchi degli alberi.
“Se c’inseguono, dovremo depistarli” disse Briscola.
“E combatteremo se sarà necessario” gli fece eco Lord Rhoop, estraendo la spada.
“Credo proprio che lo sarà, amici” disse Miriel, iniziando ad accumulare la luce del sole del tardo pomeriggio tra le mani.
In un attimo, erano circondati.
Narniani e calormeniani iniziarono a ingaggiare una lotta furiosa.
Caspian osservò Susan cominciare a scagliare frecce addosso ai nemici e non poté fare a meno di sorridere.
Poi, in mezzo ai soldati, lo vide.
E l’altro vide lui.
Senza dire una parola, Rabadash si scagliò contro il Liberatore con una furia impressionante. I due uomini furono presto impegnati in un agguerrito duello che sembrava svolgersi, almeno per ora, in parità.
“Caspian!” lo chiamò Susan, voltandosi a intervalli regolari verso di lui e verso i guerrieri del sud.
“Scappa!” le gridò il Re.
“No! Non posso lasciarti!”
Susan non sapeva che fare. Continuava a tenere a bada i soldati, mentre Tare e Clipse aiutavano Cornelius a salire a cavallo. Briscola e Miriel combattevano per coprir loro ritirata. Lord Rhoop, invece, era nella mischia.
“Non lasciateli scappare!” ordinò Rabadash, non appena vide le due ancelle e il vecchio partire al galoppo verso la foresta.
Pennalucida scese in picchiata su un paio di soldati e cercò di accecarli con gli artigli. Lo stesso il cervo, caricando con le grandi corna.
Susan osservava suo marito combattere. Era fantastico. La stava difendendo da Rabadash che ad ogni più piccola occasione cercava di raggiungerla. Ma Caspian non gli dava tregua.
Il Re diede un calcio nello stomaco all’avversario e quello si piegò in due, ma solo per un attimo.
D’un tratto, il braccio del Liberatore prese a sanguinare, colpito dalla scimitarra del principe.
“Caspian!”
“Ho detto vai, Susan!” gridò lui al di sopra del caos di voci e suoni metallici.
“Sei distratto!” disse Rabadash, afferrando il rivale e sbattendolo contro un albero. Lo tenne fermo ed iniziò a colpirlo allo stomaco.
I pugni del principe costrinsero il Liberatore a terra.
Con un movimento rapido, Rabadash gli tolse Rhasador di mano e gliela puntò alla gola.
“Tutto questo mi ricorda qualcosa” sogghignò. “Rammentate anche voi, Maestà?”
Il sibilo di una freccia arrivò alle sue orecchie in tempo perché riuscisse a scansarla. “Questa l’ho già vista, mia adorata”
Susan, l’arco teso, tremava di terrore.
Rabadash era vivo. Come? Perché era ancora vivo?
“Fermatevi tutti quanti!” gridò il principe del Sud, mostrando a tutti i presenti che il Re di Narnia era inginocchiato davanti a lui.
Sì, adesso vedevano, prima fra tutti Susan.
La Dolce e il Liberatore si scambiarono appena uno sguardo: lui di rimprovero, lei di paura.
“Dovevi scappare” fece lui in un sibilo furioso.
“No” riaffermò lei con decisione.
“Silenzio!” tuonò Rabadash. Rabadash rafforzò la pressione della lama sulla gola del Re, e Caspian rimase immobile. “Abbassate le armi, narniani”
Susan, Miriel, Briscola e Lord Rhoop eseguirono. Pennalucida e il cervo arretrarono, emettendo entrambi un verso acuto, forse di paura.
Rabadash si volse verso Lord Rhoop. “Vi ringrazio immensamente per averci avvertiti del vostro arrivo”
Il Lord di Telmar, immobilizzato da tre soldati, gli rivolse uno sguardo interrogativo.
Rabadash rise. “Abbiamo seguito le vostre tracce, milord, e vi abbiamo visto recarvi alla Torre dei Gufi. Un ottimo nascondiglio, tra l’altro. Avevamo in programma di farvi visita laggiù, sapete? Ma quando i miei uomini mi hanno riferito la vostra ubicazione, tutti voi eravate già di ritorno al castello. Però, davvero, vi ringrazio: senza il vostro intervento e la vostra immensa stupidità, non avremmo potuto organizzare questa calorosa accoglienza”
Anche i soldati sghignazzarono.
“Siete un vile! Cosa volete da Narnia?” fece Rhoop.
“Nulla, eccetto la sua Regina”
Rabadash lanciò appena uno sguardo a Caspian, poi a Susan.
Lei lo osservava con occhi pieni di odio e di spavento. Al principe non dispiacque che per una volta avesse paura di lui.
“Non mi avrete mai” disse la Regina.
“Vedremo”
In quel momento, con gran sorpresa di tutti, un numeroso gruppo di animali uscì dal bosco e si abbatté sui soldati di Calormen.
Orsi, tigri, leopardi, aquile e cinghiali erano tra i più pericolosi. Ma c’erano anche bestiole più piccole, e una montagna di api e vespe che provocarono non pochi danni agli umani.
“Si chiama effetto sorpresa!” esclamò una voce vicino a Caspian.
Il Re vide un massa di pelo bianco e nero saltare addosso a Rabadash, mordendo e griffando il viso, le mani, le braccia.
In aiuto del tasso giunse un orso, che rotolò a terra con il principe.
Caspian recuperò Rhasador, poi afferrò Tartufello e lo trascinò lontano
“Ha funzionato, eh, Sire?” il tasso gli fece l’occhiolino. “Merito di Pennalucida e del cervo che hanno lanciato un segnale. Quelli di Calormen non lo hanno capito”
C’era una gran confusione. I soldati di Calormen tentavano di liberarsi degli animali, altri uomini sopraggiungevano e si lanciavano in aiuto dei compagni, altri ancora all’inseguimento dei fuggiaschi.
In mezzo al trambusto, dopo che si fu liberato dell’orso che ora giaceva a terra ferito, solo Rabadash rimase immobile a fissare il cielo, mentre la luce del sole iniziava a scemare.
Ma non era il tramonto.
“Lasciateli andare” rispose con tutta calma al soldato che gli annunciò che il Re, la Regna e i loro amici stavano fuggendo. “Non importa. Tra poco si renderanno conto da soli che è tutto inutile”
 
 
Si precipitarono tra gli alberi, saltarono su selle di cavalli già in corsa. Gli animali li seguivano, schierati ai due lati e dietro come un muro protettivo.
Briscola apriva il gruppo guidando i compagni in un luogo nascosto del bosco. Non potevano tornare alla Torre dei Gufi.
Le ombre si allungavano sul terreno, ma era troppo presto per essere il crepuscolo.
“Dove sono Cornelius e le ragazze?” chiese Miriel al leopardo che correva accanto al suo cavallo.
“Dovrebbero essere al sicuro. Vi porteremo da loro”
D’un tratto, il cinguettio degli uccelli cessò ma nessuno se ne avvide, erano tutti troppo impegnati nella fuga.
“Fermi!” esclamò ancora il leopardo, e l’intero gruppo obbedì.
Come ipnotizzati, tutti rivolsero l’attenzione al cielo, il quale stava diventando lentamente più scuro man mano che un’ombra iniziava a muoversi davanti al sole.
“La notte sta calando” disse un cinghiale, grugnendo con il naso all’insù.
“No, non è ancora la notte” disse Miriel. “E’ un’eclissi”
Ogni cosa era ferma.
Sia i narniani nel bosco che i calormeniani, erano immobili a guardarla. Ma nessuno poteva resistere a lungo senza rischiare di riportare gravi danni alla vista. Ben presto furono costretti a distogliere lo sguardo. L’unica in grado di continuare ad osservare il sole era Miriel.
L’eclissi fu visibile in tutta Narnia, e in una normale circostanza sarebbe stato oggetto di sorrisi ed emozione per via della sua rarità.
Ma non quel giorno.
La luna continuò a muoversi davanti al sole fino a che rimase solo un piccolo spicchio di luce.
“E’ una notte fittizia” disse il cervo.
“No” borbottò nervosamente Briscola. “E’ il giorno senza la notte. O la notte senza il giorno. Così la chiamiamo noi nani, e non ci piace”
E alla fine, il sole venne completamente oscurato. La sua corona brillava danzando in tutte le direzioni: raggi di luce filtravano dall’ombra del disco della luna che lo nascondeva. Sottili bande ondulate chiare e scure apparvero sulla superficie piana del suolo.
In groppa ad Aurora, dietro Caspian, Susan gli stringeva la camicia in vita. Aveva una bruttissima sensazione. Avvertì come un tremore provenire dal corpo di lui e spostò le mani più in alto, sul suo petto, sentendolo il cuore del Re battere improvvisamente più forte, irregolare. Lei stessa avvertì come una strana fitta all’altezza del suo.
Caspian, davanti a lei, staccò una mano dalle redini e la posò su quella di Susan.
“Stai bene?” le chiese. Ma non si riferiva alla lotta.
“Sì” mentì lei. No, non stava bene, sentiva caldo e il respiro si fece affannoso.
Poi, Caspian gemette, piegandosi sul collo della giumenta.
Susan cercò di fare qualcosa ma non poté, perché in quel momento una nuova fitta le trapassò il petto come se le avessero piantato la lama di un coltello nel costato.
Ma il dolore di Susan com’era venuto passò. Caspian invece era a terra, una mano stretta sul cuore, il respiro pericolosamente accelerato, gli occhi semichiusi.
“Maestà!” gridarono tutti, accorrendo dal Re.
Ad un tratto, gli animali iniziarono ad emettere ognuno il proprio verso, spaventati. Sentivano che il male era sceso tra loro. Si strinsero attorno al Re, ma non servì a proteggerlo.
“Caspian, rispondimi! Ti prego, rispondimi!” Susan lo chiamò più e più volte, ma lui non reagì.
Ti prego, non lasciarmi anche tu! Pensò disperata, senza sapere cosa fare, senza sapere cosa stesse succedendo.
“Il cordiale di Lucy, presto!” incitò la Regina, e immediatamente Briscola glielo passò.
“Non servirà! E’ la maledizione!”  disse una voce dall’alto, appartenente ad un falchetto dal piumaggio bianco e nero, il quale planò nel grembo della Regina.
“Shira!” esclamarono la Dolce e Miriel in coro.
Il falchetto osservò il Re e scosse la testina. “Non è più possibile tornare indietro. Ormai è fatta, la maledizione l’ha colpito. E tra poco sarà il vostro turno, mia signora”
Susan, gli occhi spalancati e fissi su Caspian, ebbe come la sensazione che tutto vorticasse. Era ben ferma, seduta sulla terra immobile, ma le parve di trovarsi ancora sul Veliero dell’Alba durante la tempesta, e attorno a lei la nave oscillava facendole perdere la stabilità.
Poi, l’ombra della luna iniziò a scostarsi dal sole. La corona scomparve, le ombre sul terreno anche, pochi secondi e apparve una piccola falce di sole. Riapparve la luce.
L’eclissi solare totale era finita.
Ora era davvero il tramonto.
Caspian, per metà cosciente di ciò che accadeva attorno a lui, sembrò calmarsi, tornare a respirare regolarmente.
Il Re udì il battito del proprio cuore pulsare nel suo petto, sotto la mano, nella gola, nelle orecchie. I suoni erano sommersi da quel rintocco profondo.
Forse urlò. Non riuscì a capire se fosse stato lui o qualcun altro. Poi, il petto gli si spaccò in due e l’ultima cosa che udì fu Susan gridare il suo nome.
Quando infine riaprì gli occhi, vide il mondo attraverso occhi che sapeva non essere i suoi. Non per davvero.
E lei era là. Susan lo guadava, le mani tese a lui come per abbracciarlo…
Susan.
Udì la propria voce nella testa, ma non avvertì il suono uscire dalle labbra.
Provò ad alzarsi, ma tutto quello che ottenne fu di ricadere pesantemente sul suolo. Si sentiva così stanco da non riuscire a tenere gli occhi aperti.
E lei continuava a guardarlo…
Sì, Susan lo guardava. E lo fece fino a che le palpebre del lupo non si chiusero.

 
 
 
 
 
 
 
Finalmente ce l’ho fatta!!! Siamo alla maledizione!!! Molti di voi l’attendevano con ansia, vero?
Perdonate questi aggiornamenti così irregolari, ma in questo momento le mie giornate sono un’improvvisazione dietro l’altra, e ci rimette anche la stesura di questa storia. Sappiate però che non ho alcuna intenzione di interrompere o sospendere la pubblicazione di Night&Day, andrò avanti, cascasse il mondo!!! XD
Scusate se Rilian e Myra non si sono visti, ma ho preferito spostare il loro pezzo nel prossimo capitolo.
Ragazzi, ma vi siete resi conto che, nella storia, sono passati dieci anni dal primo capitolo??? *.* Mi emoziono a pensarci….

 
Passiamo ai ringraziamenti!
 Per le preferite:
Aesther, aleboh, Angel2000, Araba Stark, battle wound, english_dancer, Expecto_Patronus, Fly_My world, Francy 98, Fra_STSF, G4693, HikariMoon, Jordan Jordan, Joy_10, katydragons, lucymstuartbarnes, lullabi2000,Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax, SweetSmile, TheWomanInRed e Zouzoufan7
 
Per le ricordate: Araba Stark, Cecimolli, Halfblood_Slytherin, mishy e Zouzoufan7
 
Per le seguite: Araba Stark, bulmettina, catherineheatcliff, Cecimolli, ChibiRoby,cleme_b , ecate_92, FioreDiMeruna, Fly_My world, Fra_STSF, GossipGirl88, Halfblood_Slytherin, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, Lucinda Grey, lucymstuartbarnes, Mia Morgenstern, niky25, Omega _ex Bolla_ , piumetta, Queen Susan 21, Revan93, Shadowfax e Zouzoufan7
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, FioreDiMeruna, GossipGirl88,  Halfblood_Slytherin, Joy_10, lucymstuartbarnes,  Queen_Leslie, Queen Susan 21 e Shadowfax

 

Angolino delle Anticipazioni:
Avevo in programma di far vedere solo i Pevensie e i bambini, dato che questo capitolo è tutto dedicato ai Suspian e ai cattivi, ma non poso lasciare così la povera Susan. Per cui, si inizierà da dove abbiamo lasciato. Anche per Susan è vicino il momento di trasformarsi, ma prima vedremo la sua reazione di fronte alla metamorfosi del suo amato.
Torneremo in Inghilterra, dove ai nostri eroi  arriverà una notizia sconcertante!
In ultimo, Rilian e Myra e la Signora dalla Veste Verde.
 

Il Sondaggio per vedere chi sarà la vostra coppia preferita continua! Chi ha già votato è a posto, ma io rivolgo soprattutto a quei lettori silenti che leggono e basta: mi farebbe tanto piacere se esprimeste un vostro parere. Non è necessario che recensite, potete mandarmi un messaggino in casella.  
 
Altro da dire? No, non penso, se non che sto macchinando una nuova storia con protagonisti Ben Barnes e Anna Popplewell. Se volete vedere una foto in anteprima, andate sul mio gruppo facebook Chronicles of Queen, dove ovviamente trovate anche gli aggiornamenti di Night&Day.
 
Un grazie immenso a tutti voi che continuate a seguirmi, e scusate ancora se non per un po’ non potrò essere diligentissima con i post.
 
Un bacio e un abbraccio,
Susan♥
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: SusanTheGentle