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Autore: HerEyesLightMyWay    12/02/2014    0 recensioni
Kimberly Jones è una ragazza normale, con una vita normale. Una ragazza normale la cui esistenza viene completamente stravolta quando viene selezionata per qualcosa di più grande di lei--un esperimento genetico; le condizioni in cui si trova la costringono ad una scelta, una dicotomia che la perseguita: la vita o la morte? La libertà o la prigionia? Raffaele Morningstar o Alexander Fullmon? -----------------------------
Tratto dal testo:
"Improvvisamente, mentre fissavo gli occhi su quel viso tanto perfetto e tanto odiato, mi trovai a domandarmi cos’avrei fatto se mi fossi trovata un coltello tra le mani. L’avrei ucciso? L’esitazione che seguì questa domanda mi spaventò.
Turbata, mi voltai verso la parete, ripetendomi le stesse due domande con frenesia, come per cal-marmi, finché non scivolai nel sonno.
Amavo Alexander? Sì, con tutta me stessa.
Odiavo Raffaele? Sì, con tutta me stessa. Mai parole suonarono più false di queste."
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Una volta seduta, il dolore, che con l’adrenalina e la confusione del momento avevo quasi dimenticato, si fece più intenso fino a farmi piegare su me stessa. Come diavolo aveva fatto Raffaele a farmi tanto male al bracci solo tirandolo? Aveva una forza spaventosa, sovraumana. O forse era stato solo un errore.
La mia mente tentava di trovare una spiegazione razionale, ma senza successo.
Rinunciai, e mi chiesi allora perché non avessi insistito. Avrei potuto semplicemente stare lì con gli altri, ad annoiarmi per un’ora e ascoltare stupide spiegazioni di chimica. Mi sarei sorbita anche venti ore di quello piuttosto che un’ora di completa solitudine, senza nulla da fare. Stringendo i denti per via del braccio, reclinai la testa all’indietro e la poggiai al muro.
Poi sospirai.
Raffaele era stato strano. Molto strano. Era sembrato preoccupato, genuinamente preoccupato per me. Perché, qualsiasi idea malsana gli fosse nata in testa, avrebbe dovuto preoccuparsi per me? E a causa di cosa?
La mia immaginazione iniziò a spaziare, e alla fine dimenticai l’argomento da cui ero partita, anche se ogni tanto scosse di dolore al braccio destro mi ricordavano cos’era appena successo.
Credevo di starmi per addormentare, quando un brusio di voci proveniente da un punto indistinto alla mia destra mi fece destare. Sembravano provenire dal corridoio a fianco a me.
I miei compagni avevano forse già finito? Mi sembrava difficile. Mi era già capitato qualche volta di perdere la cognizione del tempo mentre pensavo ai fatti miei, ma non in questo modo. Non dovevano essere passati più di venti minuti.
Pochi secondi dopo il brusio si spense, e tornai a chiudere gli occhi. L’attimo dopo, una voce acuta mi svegliò completamente.
- Ciao – disse qualcuno con tono sorpreso. Aprii gli occhi di slancio e mi voltai a destra. Un ometto basso e robusto, con pochi capelli bianchi in testa, mi osservava incuriosito, con la testa un po’ inclinata da una parte. Aveva indosso una divisa blu e uno spolverino in mano, quindi giunsi alla conclusione che fosse un custode, un inserviente, o qualcosa di simile.
- Salve – risposi a mezza voce, facendo trapelare dal tono di voce la mia scocciatura. Cosa voleva esattamente da me?
Non sembrava esattamente compiaciuto. Mi lanciò uno sguardo di biasimo e poi commentò, - Il laboratorio non è aperto alle visite.
Cercava di congedarmi.
- Veramente sono del liceo. E sono venuta in visita.
- Visita?- ripeté lui con un mezzo sorriso che non sembrava condiscendente.
Iniziava a darmi sui nervi.
- Sì, ha presente? Quando una classe arriva, e il gestore del laboratorio fa vedere come funzionano gli esperimenti e tutte quelle—
Lui mi interruppe bruscamente, improvvisamente il tono cordiale era svanito.
- So come funziona una visita, ragazzina. E so anche che il laboratorio non è mai stato aperto alle visite. Voi ragazzi di oggi siete cocciuti, eh? Ce n’è stata un’altra, un paio d’anni fa, ma almeno lei conosceva le buone maniere. Poi non so dove sia finita, non l’ho—
Improvvisamente le sue folli illazioni furono interrotte da un uomo che apparve dal corridoio. Un uomo.
E che uomo.
Poteva avere al massimo trent’anni, ed i suoi tratti erano talmente perfetti da sembrare un disegno, un manichino, o uno di quegli attori che nessuno riesce a credere esistano davvero (notare che non lo sto paragonando a un nobile rinascimentale, quella me la riservo per Jo-Jo, ndr). Sorrise al custode – aveva un sorriso abbagliante, e lo congedò con un paio di parole che non riuscii a sentire. Poi si rivolse direttamente a me. Distolsi immediatamente lo sguardo, imbarazzata, e lui, per non farmi sentire a disagio, mi sorrise e si passò una mano tra i capelli scuri.
- Ciao, tu devi essere,- fece una pausa, - una dei ragazzi venuti in visita, non è così?
Esitai e mi guardai intorno, poi fui costretta a posare gli occhi sui suoi, di un azzurro chiaro meraviglioso. Mi chiesi se stessi sognando.
Poi, quasi imbarazzato, mi porse la mano.
- Io sono Richard,- esordì poi con un sorriso incerto, - Richard Fullmon.
Fullmon – come nella targa del laboratorio? Quell’uomo era uno scienziato? Non ero mai stata in grado di immaginarmi uno scienziato di bell’aspetto. Nella mia mente, erano tutti dei mostri con capelli sparati da tutte le parti e camici sporchi.
- Kimberly,- mi affrettai a presentarmi, stringendogli la mano con il braccio sano, prima che il mio silenzio diventasse imbarazzante, - Kimberly Jones.
Nei suoi occhi brillò qualcosa che non riuscii ad identificare, ma forse era solo la luce che si rifrangeva dal soffitto.
- E quindi,- proseguii per riempire il silenzio, - lei è il gestore di tutto questo. Complimenti.
Lui si guardò per un attimo intorno, poi scoppiò a ridere. La sua risata aveva un che di intrigante ed educato che mi fece sorridere a mia volta.
- No, certo che no,- si affrettò a spiegare, sorridendo, - il cervellone è mio fratello. Io sono un medico. E a proposito di medici, mi serve un malato.
Gli lanciai un’occhiata perplessa. Lui sorrise.
- Mi hanno detto che ti sei fatta male al braccio, ti dispiace se ti do un’occhiata?
Sorrisi a mia volta. Quindi quello era il fratello dello scienziato. Ora i conti tornavano.
- No, ma non credo sia grave. Un mio compagno mi ha preso il braccio, ed io—
Lui si strinse nelle spalle.
- Una controllata non può che farti bene, no?- mi sorrise ancora, poi mi chiese di seguirlo attraverso il corridoio. Obbedii, e solo un istante dopo che eravamo entrati in una stanza mi vennero in mente le parole di Raffaele.
Indifferentemente da chi verrà per parlarti, da che aspetto avrà e da chi dirà di essere. Non. Fidarti. Di. Nessuno.
Istintivamente scacciai quel pensiero dalla mia mente. Raffaele non era la mia balia. Era solo uno psicopatico ossessionato da me.
C’era un lettino, una scrivania, delle sedie e degli strumenti come in uno studio medico. Del resto eravamo in un laboratorio scientifico serio, e la mia classe era solo a qualche decina di metri di distanza. Che pericolo potevo correre?
Mi sedetti sul lettino e mi arrotolai la manica del maglione fin sopra il gomito. L’uomo, Richard, nel frattempo aveva indossato un camice e mi dava la schiena.
Quando si voltò stringeva un laccio emostatico, che mi strinse attorno al braccio.
Alzai lo sguardo insospettita.
- A cosa serve il laccio emostatico?
Lui sorrise di nuovo.
- Devo verificare l’ipotetica presenza di una frattura ossea. Pensavi che ti guarissi con l’imposizione delle mani? Non sono uno sciamano,- fece una pausa, poi mi fece l’occhiolino, - ed è mio fratello quello che resuscita la gente con gli sguardi – rise alla sua stessa battuta che io non capii, poi prese una siringa.
Improvvisamente, mi allarmai. Sentii il cuore pulsare più forte, ma cercai di non darlo a vedere. Sorrisi, incerta, e anche se ero sicura di essere impallidita mi diedi un atteggiamento cordiale.
- Non sapevo che si usassero iniezioni per verificare le fratture – la buttai come uno scherzo. Lui non parve accorgersene, e alzò lo sguardo su di me, sembrava serio.
- Questa sostanza farà emergere un eventuale ematoma. Rilassati, Kimberly. Mi sembri agitata.
Sembravo agitata perché ero agitata.
Ma non potevo sottrarmi! Del resto era un medico, non potevo fare la ragazzina capricciosa solo perché un mio compagno di classe idiota mi aveva messo in guardia con frasi folli e senza senso!
Non riuscii a giungere a una decisione, e lui ebbe il tempo di infilarmi l’ago sotto la pelle del braccio. Alzò lo sguardo su di me, e sorrise.
Istintivamente sorrisi di rimando.
- Lo vedi? Non è successo niente. L’ematoma dovrebbe evidenziarsi fra tre, due, uno.
Improvvisamente, se prima stavo benissimo, sentii le forze venirmi meno e cominciai a vedere tutto a macchie colorate. Rantolai, ma non uscì nessun suono. Poi, senza che riuscissi ad evitarlo, crollai a terra in stato di incoscienza.
L’ultima cosa che udii fu la voce di Richard, del sedicente medico di cui mi ero fidata, annunciare ad un individuo presente nella stanza che non riuscivo a scorgere: - E’ andata.
Poi, più niente.
 

 
  
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