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Autore: Tomoko_chan    13/02/2014    8 recensioni
Tokyo, inverno. Naruto si imbatte in una buffa ragazza tremendamente goffa e impacciata.
All'inizio nascono alcune incomprensioni, ma poi i due cominceranno a frequentarsi assiduamente. Lei è la ricca ereditaria degli Hyuga, ma da sempre in contrasto col padre. Lui è un cantante, un chitarrista, un ex teppista e il leader di una band.
E così, fra risate, amici folli, musica e rock'n'roll, quale sarà il destino degli Origin e della giovane Hyuga?
[NaruHina doc] [Accenni SasuSaku, InoShikaTema, KibaHanabi]
****
Eccomi qui con una fic del tutto nuova. Ho accennato che nella storia si parlerà di musica: in ogni capitolo sarà presente una Song.
Tutte le canzoni saranno dei Negrita! Più che altro per le loro bellissime poesie.
Vi consiglio di aprire questa fic nonostante non amiate il genere Rock o Pop/Rock. E' pur sempre una storia d'amore!
Tratto dal testo:
Non ringrazierò mai abbastanza chiunque lassù abbia deciso di affidarmi a te. O forse devo ringraziare qualcuno all’inferno, perché non ho ancora deciso se sei l’angelo custode o il diavolo tentatore.
ULTIMO CAPITOLO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Hanabi, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino, Shikamaru/Temari
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli ultimi sognatori.'
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Filosofia di vita.
-
Alienato

[E' non capire cosa è stato]

[ Canzone di oggi: Alienato - Negrita ]
Come era potuto succedere?
L’odore del sangue… me lo sento addosso, ovunque.
Le urla… rimbombano dentro la mia testa.
Le mie, quelle dei ragazzi, quelle di Hanabi, quelle del giornalista, tante grida che ne formano un’unica nella mia mente ammorbata.

Quel fracasso… mi scuote ancora l’anima, come se fossi ancora una volta investita dall’auto in corsa. Rumore di Morte che entra in scena alla grande.
L’odore di bruciato… quello è sulle carni, sulla pelle lacerata. È odore di pneumatico, di frenata, di scontro, tutto fuorché un odore umano.
Ma l’odore del sangue… mi annebbia il cervello, mi indebolisce, odore di morte, odore di sangue, odore di vita, odore di sangue, vita, dolore, morte, odore… del mio sangue? Del suo sangue?
Che sangue è?
Come è potuto succedere?
E’ stato un millisecondo… è successo tutto in un attimo, in un batter di ciglia.
E pensare che prima ridevo, felice.
Ridevo… e ora?
<< Hinata? >>
Se li avesse avuti chiusi, Hinata avrebbe spalancato gli occhi, riscossa da quella voce che la chiamava insistente. Lei però aveva già gli occhi aperti, nel vuoto, fissi e inanimati, come quelli di una morta.
Hinata era un po’ morta, in quell’incidente; sentiva perfettamente di essersi frantumata, sentiva il cuore fermo, immobile, sentiva le mani fredde e l’anima evaporata. No, lei era morta davvero, non c’era niente che si salvasse in lei. Rimaneva solo un corpo vuoto, lacerato in più punti, ricucito come una bambola di pezza.
Lei era quella bambola di pezza sgualcita e deteriorata, la stoffa consunta e ruvida, i capelli di filo grosso secchi e irsuti, le cuciture su braccia e gambe per non far uscire l’interno di cotone, ma gli occhi erano lì, spalancati, due bottoni freddi e glaciali, inquietanti.
Hinata era morta, si sentiva vuota dell’anima e piena di cotone messo lì tanto per farla stare in piedi.
E non stava nemmeno in piedi, non ne era capace, non ci riusciva, stava buttata lì, sul letto dell’ospedale, come una bambola dimenticata.
Hinata, la bambola di pezza, era morta.
<< Hinata… >>
Un bacio caldo e umido si posò sulla sua fronte e nemmeno in quel momento chiuse gli occhi.
Li mosse appena, giusto per seguire con lo sguardo i movimenti del ragazzo che in quel momento la guardava a sua volta, con quelle pozze di ossidiana adesso umide, calde, infuocate, come petrolio colato.
Ne era sicura, e non seppe perché ci pensasse proprio in quel momento, ma se Sasuke avesse cominciato a piangere, le sue lacrime non sarebbero state trasparenti, ma sgorgando da quegli occhi tanto neri sarebbero diventate inchiostro: inchiostro, meraviglioso inchiostro nero, specchio dell’anima cupa di Sasuke, con cui Naruto avrebbe scritto una bella poesia che gli avrebbe reso onore.
Si lasciò avvolgere silenziosamente in un abbraccio caldo, bollente, indesiderato. Si lasciò stringere, confondendosi fra quei capelli così simili ai suoi, mescolandosi un po’ a lui. Lasciò che giocassero un po’ con quella bambola di pezza triste e abbandonata. Si lasciò usare, perché tanto ormai era incapace di autogestirsi.
Qualcuno le toccava i capelli, quei capelli arruffati, sporchi di sangue e morte, tentando invano di farla rilassare. Hanabi la conosceva, sapeva che amava quei tocchi leggeri sulla cute, gli stessi che usava lei quando da piccola doveva farla addormentare, ma adesso erano inutili, perché Hinata era già calma, già addormentata. Di un sonno eterno, purtroppo.
<< Shikamaru! >> sentì distrattamente quella voce disperata e stanca appena sopraggiunta << Ma allora è vero? >>
La voce si ruppe in un singulto tremulo. Con la coda dell’occhio intravide Ino piangente abbracciare forte Shikamaru, dapprima gli occhi chiusi, poi con gli occhi azzurri spezzati rivolti verso di lei.
Ma li sto vedendo davvero? È un sogno?
Ogni istante sembra andare alla metà della velocità. I rumori, le voci… mi arrivano ovattate. Le sensazioni, il calore delle sue braccia, non sembrano avvolgere il mio corpo. Mi sembra di non essere più dentro queste membra lacerate, mi sembra di vedere tutto da lontano.
Ho spirato l’anima?
Vedo tutto dalla mia anima? O è solo un sogno?
<< Lascia perdere, lascia perdere tutto… >> mormorò ancora la voce affranta di Ino << Io sono qui per te, siamo insieme. Lo affronteremo insieme. >>
Lui rimaneva in silenzio, lasciandosi abbracciare sconsolato.
Una lunga chioma rosa le passò per un attimo davanti agli occhi. Sakura aveva dato un bacio sui capelli a Sasuke, che non aveva scostato gli occhi incupiti dai suoi, e poi uno sulla sua fronte candida.
Hinata nemmeno percepì quelle labbra, né le carezze che seguirono. Tutti sembravano coccolarla tristi, anche Kiba, che silenziosamente le stringeva una mano.
Era strano come tutti, in quel momento, sembrassero il contrario di sé stessi.
Il risoluto, intelligente, riflessivo Shikamaru non sembrava pensare a niente, incapace di trovare una soluzione a quella situazione.
Kiba, il spumeggiante, vivace, rumoroso Kiba, adesso se ne stava completamente avvolto nel silenzio, incapace di dimostrarsi allegro in quella situazione.
Sasuke, quel Sasuke introverso, imperturbabile, riservato, che aveva imparato ad amare, adesso la riservava di mille attenzioni, le dava affetto e quasi si scioglieva in lacrime.
Chissà se io sembro diversa…
Lo sembrano tutti così tristi, così distrutti. Perché?
Perché si struggono tanto per me? Cosa ho significato per loro?
Perché? Mi sembra di conoscerli… ma non ricordo i loro nomi.
Un lampo guizzò negli occhi scuri di Sasuke. Consapevolezza, forse, oppure aveva intercettato quei pensieri raccapriccianti, nonostante non riuscissero ad essere pronunciate da quelle labbra tremule.
Come poteva ancora osare in qualche speranza, dopo tutto quello che era successo davanti ai suoi occhi?
La macchina in corsa, l’odore di bruciato, oro rubino che si spargeva ovunque lasciando fetore di morte: poteva facilmente richiamare tutte quelle sensazioni alla mente, riviverle, sentire forse lo stesso dolore.
Aveva visto la sua vita – insieme alla sua – finire in un batter d’occhio, sciogliersi come neve al sole; eppure solo in quel momento aveva capito di poter sentire mille emozioni diverse nello stesso istante, solo in quel secondo si era accorto che anche lui era umano, che non era forgiato con metallo prezioso, ma fatto di carne ed ossa, carne debole, mente e cuore entrambi fin troppo sentimentali per i suoi gusti. Aveva sentito rabbia, paura, angoscia, orrore, terrore, dolore, addirittura amore per quelle persone che stava perdendo così, all’improvviso.
In un momento del genere si era accorto che sì, non era un uomo d’acciaio ma era umano, e che amava, oltre l’inimmaginabile, si era attaccato fortemente ad una persona senza la quale non poteva vivere. E quella persona stava morendo o era già morta, chissà.
Non era temere, quello? Temere per la vita per qualcuno? Temere che quella vita si spezzasse?
E quella voce che gli sussurrava chissà, forse vivrà non era una speranza, probabilmente vana, ma comunque preoccupazione per quella vita quasi distrutta?
Qual è la differenza? Perché indicare in modi diversi la stessa cosa?
Qualcuno moriva e lui si accorgeva di non aver mai davvero vissuto, di aver sprecato una vita intera dietro ad una maschera da babbeo.
Ti accorgi che volevi una cosa solo quando la perdi.
Non capisco più niente. Non ricordo dove sono, non capisco perché sono qui, non capisco perché quest’uomo con gli occhi in fiamme mi guardi come se stesse perdendo tutto. Non capisco, o non ricordo il motivo, ma mi sento male a provocargli tanto dolore, a fargli così tanto male.
Mi detesto. Perché sono nata? Perché sono qui?
Mi sembra di essermi persa nel vuoto, mi sembra di essere scomparsa in un sogno, mi sembra di essere stata soltanto la fantasia di qualcuno.
Qual è lo scopo della vita?
E soprattutto… io chi sono?
Un altro guizzo svettò in mezzo a quelle pozze di petrolio. Come folgorato da un idea oscura che poteva risolvere ogni cosa, Sasuke allungò una mano alla sua destro ed afferrò un piccolo brik di succo all’arancia. Con lentezza estenuante inserì la cannuccia nell’apposito foro e glielo avvicinò alle labbra.
<< Ti prego, Hinata, bevi. >> disse solo, cercando di essere il più convincente possibile.
Il viso di lei non si mosse, parve soltanto ulteriormente confuso, amareggiato.
<< Lasciala stare, Sasuke. >> Shikamaru mormorò quelle parole a denti stretti << Non mangia da giorni. >>
<< Appunto. >> rispose seccato lui, per poi tornare a concentrare le sue attenzioni su Hinata.
I suoi occhi di petrolio stavano davvero per spezzarsi in lacrime. Oramai la sua armatura era stata infranta, le sue difese sbaragliate e le mura distrutte. Non poteva più fare niente, nient’altro oltre che arrendersi all’evidenza.
<< Ti prego, Hinata. >> sussurrò, la voce tremante quanto le mani << Non morire anche tu. >>
<< Non sta morendo, Sasuke! >> Shikamaru quasi urlò, sbigottendo tutti << E Naruto non morirà, capito?! >>
 
 
Squallidi processi quotidiani con giudizi sommari
In cui sei condannato a un’esistenza formale
D’andamento normale costipato in un ruolo
A cui nessuno ti candida…
Pasti a base di EN e di TAVOR per capirci qualcosa
L’ignoranza fa scena, l’intelletto che scema,
sto cadendo di schiena o è solo una posa?
 
ALIENATO, ALIENATO
E NON SAPERE CHI HA INIZIATO
ALIENATO PROPRIO COME TE!
 
Ho dimenticato il tuo nome e quello di altre persone
In un labirinto in cui qualcuno mi ha spinto
Qual è il male minore tra osare e temere?
Se la noia si arrampica?
Ho dimenticato anche chi sono in un sogno qualunque
E non ritrovo la chiave, in ogni occhio una trave
Che non mi fa vedere come mi chiamo
Come mi chiamo… come mi chiamo?
 
ALIENATO, ALIENATO
E NON CAPIRE CHI E’ MALATO
ALIENATO, ALIENATO
E DETESTARE D’ESSER NATO
ALIENATO PROPRIO COME ME!
ALIENATO, ALIENATO
E NON CAPIRE COSA E’ STATO
ALIENATO PROPRIO COME ME!
ALIENATO, ALIENATO
E NON SAPERE CHI HA INIZIATO
ALIENATO PROPRIO COME TE!
 
 
L’immagine gli ritornava sempre davanti agli occhi, annebbiandoli di tutte quelle lacrime che non aveva versato negli ultimi quindici anni.
Gli tremavano le mani compulsivamente; il respiro si era fatto affannoso all’improvviso. Tutti se ne erano accorti, costringendolo ad uscire dalla stanza.
Da quella stanza, quella dove il corpo di Hinata giaceva senza vita, ormai completamente spezzata dagli avvenimenti appena accaduti, e dove si era reso conto che tutto, davanti ai suoi occhi, si era incenerito.
Non sapeva spiegarselo, né darsi una risposta decente per tutte quelle domande che lo ammorbavano costantemente. Aveva orrore dei suoi stessi pensieri, tanto che talune volte si chiedeva se fosse stato proprio lui a formularli, lui, l’impavido Sasuke Uchiha, che conservava dentro di sé tutto quell’insopportabile orgoglio della sua stirpe, il risoluto, schietto, irreprensibile Sasuke Uchiha.
Lo stesso irreprensibile Uchiha che adesso si ritrovava seduto su una sedia in corridoio, il volto rigato dalle lacrime fra le mani, le dita a stringersi fra i capelli provocandogli dolore appena sufficiente per ricordargli che sì, lui era vivo, e l’anima gli faceva male tanto quanto quella gola infuocata pervasa da singhiozzi sconnessi.
Lui, Sasuke Uchiha, si era abbandonato alle lacrime, al dolore, alla frustrazione, alle emozioni  in generale, consolato dalle lunghe carezze di Sakura, sconfitto in breve contro quella guerra mai vinta contro se stesso, il lato umano a lungo represso, il corso sbalorditivo degli eventi.
Cosa era successo?
Era molto semplice: un auto era arrivata a 200 chilometri all’ora in mezzo ad una strada quasi mai affollata, incurante di Hinata, in mezzo alla strada.
Ma non era finita qui, no, perché ovviamente le cose non possono soltanto andare male, devono andare doppiamente male: Naruto si era messo a correre, aveva spinto lontano Hinata, ed era stato preso in pieno dall’auto, che non aveva fermato la sua corsa.
Aveva sterzato, anzi, tentando imperterrito di ferire Hinata, che in effetti aveva riportato gravi ferite, per poi continuare la sua corsa.
L’odore di bruciato e di pneumatico impregnava l’aria. Sasuke era capace di rievocarlo alla mente con estrema facilità, tanta da stupirlo, proprio lui che non aveva mai fatto caso a piccolezze del genere.
Le urla, soprattutto quelle di Hanabi, resero quel luogo desolato non tanto pieno di vita, ma di morte. Palpabile, crudele, onnipresente morte.
Il sangue, rubino liquido d’un rosso brillante, copriva ogni cosa visibile, peggio di una macelleria: quei corpi erano stati davvero maciullati, abbastanza da diffondere più sangue di quanto potesse produrne un corpo normale.
Il corpo di Naruto era volato via per metri, librandosi in aria per interminabili secondi: Naruto aveva volato, come aveva sempre sognato, era Rotolato verso Sud, come Un angelo ribelle, andando in Paradisi per Illusi, alla ricerca della sua Mother. E se ne rendeva conto: descrivere, proprio in quel momento, ciò che era accaduto con i titoli delle loro canzoni era macabro e assurdo, ma era stato istintivo, era un pensiero venuto da solo.
Tutti, escluso lui e Hanabi, corsero verso il corpo agonizzante del biondo.
E non seppe perché, ma insieme alla giovane ragazza, distrutta dalla paura, cominciò a gridare il nome di lei, di Hinata, cercando quel corpo all’improvviso scomparso dalla loro vista. Si sgolò, sforzò gli occhi, poi la vide e fu traumatico.
Il corpo di Hinata era arrivato da tutt’altra parte: era vicino ad una macchina, la sua macchina, il suo fuoristrada con i vetri oscurati, comprato di recente per Naruto.
Il suo corpo non era distinguibile. No, da lontano sembrava soltanto una massa informe di carne, sangue e brandelli di vestiti, un vomitevole Picasso di una bellissima donna.
Sasuke fece segno ad Hanabi ed insieme accorsero.
Subito, lui si inginocchiò vicino al corpo moribondo di Hinata, non prestando attenzione ai suoi occhi aperti, vigili, spaventati, che altrimenti lo avrebbero distratto da ciò che una vocina dentro di sé gli suggeriva di fare.
Il sangue si disperdeva, a tratti zampillava: ricordava di essersi tolto la maglietta scura, di averla fatta a strisce in un batter d’occhio e di averla usata per tamponare le ferite e stringere lembi di pelle.
Non sapeva da dove gli fosse uscita, ma forse tutti i corpi sanguinanti, i cadaveri e i morti che aveva visto da infante gli avevano insegnato qualcosa, portandogli ad una ossessione compulsiva per tutto ciò riguardasse il primo soccorso e peggio ancora.
Hanabi era rimasta in piedi, a due metri da loro, completamente scioccata; uno spettacolo del genere non doveva avere come spettatrice una ragazzina già così traumatizzata di suo, ma non ebbe il tempo di pensarci, in quel momento, mentre Hinata cercava il suo sguardo, stringeva la sua mano sporca di sangue, tanto sangue che se lo sentiva ancora addosso.
Finalmente, la guardò negli occhi. Occhi bellissimi, bianchi, puri, ancora candidi nonostante si fossero posati su cose inaudite, nonostante stessero vedendo tutto quello, subendo tutto quel dolore.
Occhi bianchi imperlati di lacrime, pezzi di occhi, frammenti di sogni infranti. E pensò che era la prima volta che la vedeva piangere, perché lei era una donna forte, non una bambina indifesa, non una ragazzina viziata, ma una splendida donna capace di qualsiasi cosa.
La vide piangere e pianse a sua volta, per la prima volta dopo anni, perché fra le altre cose, lei era capace di riaccendere in lui il suo lato umano, il suo lato buono, e solo ora che la perdeva se ne rendeva conto.
Non poteva vederla piangere, vederla morire, e non fare niente: nonostante dentro fosse pietrificato dal dolore, Sasuke allungò una mano insanguinata, le sporcò ulteriormente le guance con una tenera e tremula carezza, le baciò i capelli con dolcezza infinita e le labbra tremanti. 
<< Andrà tutto bene. >> le assicurò, vacillando mentre la vedeva a stento annuire, poco convinta << Te lo giuro, andrà tutto bene! >>
<< Naruto… >> mormorò lei, incespicando sul nome, su quelle poche sillabe.
Lui annuì, continuando a piangere tristemente.
<< Tranquilla, se ne stanno occupando gli altri. >>
Ma non bastava, non bastava tenerle la mano e coccolarla, cercando invano di rassicurarla, non bastava, perché Hinata stava morendo, stava vedendo la sua vita passare in un soffio, una vita orrenda, solitaria, glaciale, bella forse solo in quell’ultimo anno.
Si abbassò su di lei, vedendo i suoi occhi, i suoi bellissimi occhi, stanchi, tristi, morenti.
Le donò un ultimo bacio sulla fronte, poi vi si appoggiò con la sua, cercando di guardarla negli occhi e di farsi guardare a sua volta.
<< Ti amo. >> disse, sussurrando proprio mentre le ultime lacrime di lei scendevano sulle gote, simbolo della fine che stava arrivando << Ti amano tutti, ti amiamo tutti. >>
E poi aveva annuito debolmente, perdendo infine coscienza. Sasuke rimase così, in quella posizione, la morte incombeva alle sue spalle e lui non riusciva a voltarsi.
Rimase così finché non la portarono via, insieme a Naruto, che lui non aveva nemmeno avuto il coraggio di guardare. Amava Naruto, amava Hinata, amava Sakura, Ino, Kiba, Shikamaru e Hanabi.
Era un amore viscerale, di cui era diventato consapevole soltanto grazie a Hinata, che pure non aveva detto niente.
Adesso Hinata era viva, Naruto sotto i ferri chissà come.
Ma Hinata dentro era morta, Naruto stava morendo, e lui stesso era morto.
Perché…
L’incidente gli aveva tolto il fiato.
Le urla gli avevano tolto la voce.
Il sangue gli aveva tolto la vista.
Naruto gli aveva tolto l’anima, volata via con lui.
Hinata gli aveva tolto il cuore, dopo averglielo fatto scoprire per pochi, interminabili minuti.
Naruto, Hinata, Sasuke… erano morti.





 

Ehem.
Ecco.... non uccidetemi ok? La storia si è scritta da sola n.n
Sono tornata qui, pronta a ricevere tanti pomodori in faccia,
e credo che alcune precisazioni su questo capitolo siano 
d'obbligo, anche se scriverò un popello, non importa.
Le frasi in corsivo sono i pensieri di una Hinata diversa, 
distrutta, in totale stato di shock, tanto da farle perdere
per un pò la memoria,  alcune ore dopo l'incidente.
La prima parte del capitolo narrà del suo stato e di quello dei
suoi amici che, come vedete, sono tutti sconvolti e affrontano
la cosa in modo diverso. Shikamaru e Ino sono tornati insieme,
perchè sì, una cosa del genere va affrontata insieme. 
E Sasuke piange. La seconda parte del capitolo è dedicata
tutta a lui, che racconta l'incidente dal suo punto di vista, si sente morire.
Perchè cerca Hinata e non Naruto? Perchè non ha il coraggio
di vedere un altro membro della sua famiglia completamente 
distrutto e martoriato, perchè sa che non saprebbe aiutarlo,
perchè immagina non ci sia niente da fare. Ha il coraggio di 
cercare Hinata, però, perchè è quello che Naruto vorrebbe.
Ed è lui che la salva, anche se sulle prime non capisce nemmeno
lui come. Semplicemente agisce, ma sente che Hinata sta andando via,
sta morendo, e ha paura. Vuole farle sentire un'ultima volta che 
era una persona amata da tutti, per questo le dice "Ti amo"
perchè "ti voglio bene" non basterebbe, affatto, perchè è amore
viscerale, caspiterina!, non perchè è "attratto" da lei, non in quel
senso almeno, ma voi siete liberi di vederla come volete.
Quindi... niente, ho distrutto tutto, e mancano 3 capitoli.
Ma poi c'è il sequel! OUI! Lo sto già scrivendo! E alla fine tutti saranno
felici e contenti
! OUI!!
E' stato un piacere trovare nove recensioni la scorsa volta. 
Evidentemente vi ho scossi, perciò spero che mi lascerete tutti qualche
altro commento
, anche solo per avvisarmi di tenere un occhio aperto 
mentre dormo perchè state venendo ad uccidermi n.n
Spero che non mi ucciderete. Eheheh....
CIAO!
Tomoko.


Naruto: Stai diventando davvero folle... paura eh?
Io: OUI!






 
   
 
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