Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: lucatrab_99    13/02/2014    4 recensioni
Jason scattò, i muscoli tesi allo spasmo, e si abbassò quel tanto che bastava per schivare un diagonale che altrimenti gli avrebbe staccato la testa di netto, poi rispose all'attacco. Si sbilanciò in avanti, e mulinò un turbine di fendenti, un assalto che sarebbe stato mortale per chiunque, ma che il suo avversario respinse con malcelata noia. Non ci vide più dalla rabbia "Al prossimo colpo sei morto" pensò.
Neanche un minuto dopo, ripose la spada ancora sanguinante nel fodero.
Genere: Azione, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’aria era satura di fumo, e le risate degli avventori risuonavano in tutta la sala. Decisamente, ai “Tre meli” c’era in quel momento più gente ubriaca che sobria. Jason rimestò un’ultima volta col cucchiaio la sua zuppa di pesce, cercando di capire dove fosse effettivamente il pesce. Sconsolato, lasciò tutto al tavolo e si alzò, avviandosi verso l’uscita. Mentre usciva, però, un grosso signore ubriaco fradicio gli andò a sbattere contro, buttandolo a terra e provocando le risate dell’intera locanda. Jason si alzò senza dire una parola, si spazzolò i vestiti già sgualciti che portava, e continuò verso l’uscita, ignorando le risate. “Ehi ragazzino! Non dovresti chiedere scusa?” chiese l’uomo urlando, affinché tutti lo sentissero, provocando altre risate. Jason ignorò anche questo e tirò dritto. Fu solo quando l’uomo gli si avvicinò e lo spinse nuovamente a terra, che perse la pazienza, e gli piantò un coltello nel cranio. Nella locanda calò un silenzio di tomba. Uscito, il ragazzo continuò per la sua strada, il cappuccio sollevato a ripararlo dal vento, il mantello nero che svolazzava sulle sue spalle. Percorse a grandi passi la salita che da Vecchio Borgo portava al castello dei Blackbear, ma gli ci volle comunque mezz’ora per arrivare. Quando entrò, la neve aveva iniziato a cadere. Lo accolse un rude stalliere, che però lo riconobbe e lo lasciò subito passare. A dire il vero, quasi tutti al castello lo conoscevano, e quando lui passava, un metro e ottanta di muscoli scolpiti, armato fino ai denti, la gente gli lasciava il passo, anche i migliori cavalieri del Nord. Salutò con un cenno del capo Chris, il figlio di sei anni di Lord Blackbear, che lo venerava come un eroe. Entrò nella sala delle udienze ignorando l’araldo che lo annunciava a gran voce, e si inginocchiò in segno di rispetto ai piedi dello scranno del lord del Nord e di sua moglie, lady Gwendoline. Attese rispettosamente in ginocchio, fino a che lord Blackbear non gli fece un cenno con la mano e lui si alzò. Anche in occasioni come questa, il galateo aveva la precedenza su tutto. Jason tolse il cappuccio, e subito una massa di capelli corvini gli cadde sulla fronte, fino a coprire in parte gli occhi neri e vigili del ragazzo. Portava la barba corta, solo il pizzetto, e aveva tratti tipici di chi vive a contatto con la natura e con il freddo: zigomi alti e un naso piccolo, su un volto magro e affilato, ma che tutti ritenevano estremamente affascinante. Jason si schiarì un po’ la voce, poi iniziò: “Non porto buone notizie, mio lord” Lady Gwendoline scoppiò a piangere in un fazzoletto, mentre l’austero signore del Nord si passò una mano sulla fronte, scuotendo il capo con veemenza. “L’hai trovato? – chiese – hai trovato mio figlio?” e Jason annuì debolmente, poi estrasse da sotto il cappuccio un involto di pelle e lo tese all’uomo sullo scranno, che lo prese e lo srotolò. Conteneva una bellissima spada lunga da combattimento, di fattura eccezionale, forse fabbricata sulle isole Smeraldo. Lord Blackbear annuì, come se avesse avuto un’altra conferma, mentre sua moglie continuò a singhiozzare nel suo fazzoletto. “I corpi? – continuò il vecchio signore – dove sono? Ci sono anche Nat, Arthur e Jack?” Jason rispose di si, che si trovavano ancora nella foresta, intatti sotto un sottile velo di neve. Lord Blackbear gli lanciò una sacca di denaro, che lui afferrò al volo e fece sparire sotto il mantello, poi disse, la voce austera adesso si era fatta più insicura: “Un ultimo favore, Jason. Dillo tu ad Anya”. Il ragazzo annuì, poi si congedò e si diresse verso la Torre delle Civette, dove erano gli appartamenti di Anya. Salì le scale piano, quasi temesse di disturbare qualcuno, e arrivato in cima salutò cordialmente la vecchia Helen, che proprio allora usciva dalle stanze della ragazza. Quando anche lei gli chiese se avesse novità sulla scomparsa del giovane erede, Jason abbassò lo sguardo, e la vecchia capì. Bussò alla porta della stanza con delicatezza, sperando di non disturbare. “Avanti, è aperto” disse una voce femminile dall’interno, e Jason entrò con passo felpato, raddrizzandosi i vestiti sporchi e vecchi, cercando di sembrare più signorile. “Jason!” Anya si alzò dal letto e gli andò incontro, sorridendo. Anya era una ragazza di una bellezza straordinaria, alta, magra, il volto affusolato e due grandi occhi azzurri – come li avevano tutti i Blackbear – i capelli biondi a tal punto da sembrare bianchi, la carnagione pallida. Una copia femminile del defunto fratello. Ad un tratto, come colpita da un terribile presentimento, il sorriso sparì dalle belle labbra di lei. “Se tu sei qui vuol dire che…” non finì la frase. Jason non resse il suo sguardo e girò il volto di lato, cercando di ignorare le silenziose lacrime che rigavano le guance rosee dell’amica. “Mi dispiace” disse soltanto, e quando lei lo abbracciò fino a soffocarlo, ricambiò l’abbraccio. Rimasero stretti per un po’, la bellissima lady di Rocca degli Orsi, nel suo vestito elegante, e il cacciatore di taglie senza famiglia, con gli abiti vecchi e consumati, poi Jason si sciolse dall’abbraccio, un po’ in imbarazzo, borbottando un “devo andare”. Anya, gli occhi ancora gonfi, gli chiese: “Andare dove? Non vedi che fuori infuria la tempesta?” e Jason se ne rese conto guardando attraverso la stretta finestra. “Allora? – continuò Anya – che hai intenzione di fare? Non hai nemmeno un pasto caldo per la sera!” Jason cercò di arrampicarsi sugli specchi: “Tornerò alla locanda. Non credo che abbiano ancora stanza disponibili, ma per un paio di monete di bronzo posso dormire nel fienile. Non è poi così male, ci sono stato altre volte”. Anya lo guardò con espressione di rimprovero. Mezz’ora dopo si stava lavando in una tinozza di acqua calda, in una stanza nella torre degli ospiti preparata apposta per lui. Anya entrò poco dopo, adesso indossava un semplice vestito di lana marrone, e anche Jason si era cambiato. “Mio padre ti vuole bene, ma la mensa nel salone è solo per i suoi cavalieri – disse Anya in tono dimesso – scusa. Ho fatto portare la nostra cena qui, però” “Nostra?” Jason era perplesso. Anya arrossì, poi rispose: “Ho pensato che ti potesse far piacere un po’ di compagnia”. Si sorrisero a vicenda. Erano sempre stati molto amici dalla volta in cui, tanti anni prima, un borseggiatore aveva tentato di rapire la ragazza al mercato del paese, uccidendo brutalmente i due soldati della scorta. Jason aveva dieci anni, eppure non ci aveva pensato su due volte a trafiggere l’uomo con uno spiedo, riportando poi la giovane lady al castello. Da allora, ogni volta che Jason capitava al castello per sbrigare qualche affare poco pulito per conto del lord del Nord, passava a salutare la ragazza. Mangiarono l’ottima cucina di Rocca degli Orsi, parlando del più e del meno, ma interrotti dagli improvvisi pianti di Anya, fino a che un urlo arrivò dalla sala grande. Jason, il boccone ancora a metà, infilò il cinturone della spada e corse di sotto. Quando arrivò, la scena che vide era apocalittica. I cavalieri del Nord erano tutti in piedi intorno al tavolo, vestiti a lutto per la scomparsa del giovane lord, armi in pugno, per difendere il loro signore da una decina di figure ammantate di nero. Uno dei soldati più ardimentosi balzò all’attacco, ma senza la sua armatura e in uno spazio ridotto anche un buon cavaliere può essere facilmente sopraffatto. La figura incappucciata gli staccò un braccio con un fendente deciso, e quello urlò in modo disumano, mentre un fiotto di sangue usciva dal moncone. Le sue sofferenze finirono quando l’avversario gli piantò la spada nelle costole. A quel punto Jason decise di intervenire. Balzò con eleganza felina sul suo avversario, che non fece neanche in tempo a rendersi conto di quanto stesse succedendo prima che la testa gli fosse tranciata di netto. Il secondo figuro seguì il primo nel regno delle ombre dopo pochi fendenti, e il terzo provò a fare una debole resistenza a Jason, che adesso impugnava due spade e le usava con un’abilità incredibile. Il ragazzo afferrò un coltello da cucina dal tavolo e lo lanciò attraverso tutta la sala, inchiodandosi nella gola di uno degli incappucciati. Come se qualcuno avesse tirato loro un secchio di acqua gelida in faccia, i cavalieri sembrarono rendersi conto di quello che stava succedendo: un ragazzo stava tenendo a bada una ventina di esseri incappucciati. Mano alle armi, una decina di soldati scelti si lanciarono nella mischia. Erano tutti guerrieri di prim’ordine, ma il loro numero era troppo basso per sperare di riuscire a sopravvivere tutti. Sir Wilfrid morì trafitto al collo, e sir Barry lo seguì a ruota. L’unico davvero padrone della situazione era Jason, abituato a combattimenti ravvicinati di quel genere, e sembrava non avere nessuna difficoltà nell’abbattere avversari molto esperti. Il combattimento si protrasse per più di mezz’ora, lord Blackbear saldamente arroccato sul suo scranno, i suoi cavalieri e Jason impegnati in un duello mortale, il pavimento della sala viscido per di sangue. I cavalieri morivano come cavallette, e ad affiancare Jason alla fine rimase solo sir Royce, il vecchio maestro d’armi di Rocca degli Orsi. Un fendente preciso, e l’anziano guerriero decapitò di netto il suo avversario, mentre il giovane cacciatore di taglie era impegnato in un furioso combattimento in equilibrio sul tavolo contro l’ultimo avversario rimasto. Jason scattò, i muscoli tesi allo spasmo, e si abbassò quel tanto che bastava per schivare un diagonale che altrimenti gli avrebbe staccato la testa di netto, poi rispose all'attacco. Si sbilanciò in avanti, e mulinò un turbine di fendenti, un assalto che sarebbe stato mortale per chiunque, ma che il suo avversario respinse con malcelata noia. Non ci vide più dalla rabbia "Al prossimo colpo sei morto" pensò. Neanche un minuto dopo, ripose la spada ancora sanguinante nel fodero.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: lucatrab_99