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Autore: lucatrab_99    12/02/2014    3 recensioni
Jason scattò, i muscoli tesi allo spasmo, e si abbassò quel tanto che bastava per schivare un diagonale che altrimenti gli avrebbe staccato la testa di netto, poi rispose all'attacco. Si sbilanciò in avanti, e mulinò un turbine di fendenti, un assalto che sarebbe stato mortale per chiunque, ma che il suo avversario respinse con malcelata noia. Non ci vide più dalla rabbia "Al prossimo colpo sei morto" pensò.
Neanche un minuto dopo, ripose la spada ancora sanguinante nel fodero.
Genere: Azione, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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“Saremmo dovuti tornare indietro, signore – bofonchiò Nat, il fiato che condensava in nuvolette bianche – con questo tempo accamparsi è impossibile” e si alzò il bavero della blusa fin sul mento, imprecando rumorosamente, nel vano tentativo di ripararsi dal vento gelido che soffiava dai monti. “Non dire stronzate Nat” ribatté in tono altezzoso sir Blackbear, il cappuccio di ermellino che svolazzava al vento, rivelando una chioma bionda e fluente, che incorniciava il volto di un ragazzo poco più che ventenne e di bell’aspetto, grandi occhi azzurri, naso all’insù tipico dei nobili – o almeno così sosteneva la vecchia Helen – e labbra sottili e ben disegnate. Portava una pesante cappa di scoiattolo, costata una vera fortuna, sopra una cotta di maglia istoriata d’argento. Alla cintura era appesa una faretra piena di frecce, e il giovane lord stringeva saldamente in mano un arco di agrifoglio, con la presa sicura di chi sa come maneggiare un’arma del genere.
“Se ci sbrighiamo – continuò poi sir Blackbear urlando per farsi sentire sopra il rumore del vento – possiamo trovare riparo oltre la baia delle Streghe”. Nat e gli altri membri della compagnia, Arthur Doyle e Jack Corsair si scambiarono un’occhiata preoccupata. Erano tutti e tre uomini fatti, cinquant’anni e l’esperienza di una vita sulle spalle, veterani della Grande Guerra, alle dipendenze come mastri armaioli del grande lord del Nord. “Signore – azzardò allora Arthur – non è saggio avventurarsi oltre la baia delle Streghe. Ci sono i lupi, in quei boschi, e creature venute dall’inferno”.
Sir Lancel Blackbear scoppiò in una risata spavalda. “E questa chi te l’ha raccontata, la vecchia Helen giù al castello? Andiamo, Arthur, siamo quattro e siamo ben armati, se anche ci fosse un gruppo di briganti nel bosco se ne tornerebbero al loro rifugio con la coda fra le gambe!” e diede di speroni nei fianchi del cavallo, uno splendido stallone maculato, inoltrandosi nel bosco. Gli altri lo seguirono a malincuore, le mani guantate che stringevano gli archi in modo quasi febbrile. Procedevano in fila indiana, Arthur chiudeva la colonna tenendo le briglie dell’asino su cui era poggiato di traverso un grosso cervo, bottino di quella estenuante battuta di caccia. Si addentrarono per poche centinaia di metri nella foresta, e il vento cessò di disturbarli, al riparo com’erano degli alberi. Giravano strane storie sul bosco dei Conigli, come era chiamato ironicamente in paese, perché di fatto conigli non ce n’erano. Perlopiù erano chiacchiere da focolare, ma c’era anche chi giurava di aver visto i fantasmi della Grande Guerra aggirarsi fra gli alberi, fantasmi che alla minima distrazione ghermivano i viandanti per trascinarli nel regno delle Ombre. Magari più che fantasmi erano briganti, ma soprannaturali o no, chiunque si addentrasse nella foresta non ne usciva più, o se riusciva a scappare rimaneva sconvolto a tal punto da diventare pazzo.
Nat apriva la colonna, fiaccola in mano, cercando di non azzoppare il cavallo nelle radici dei pini, imprecando e sputando, sir Blackbear lo seguiva a ruota, con Jack e Arthur dietro. Fu un attimo, e qualcosa si mosse. Un fruscio, e Jack urlò: il cavallo di Arthur li seguiva senza cavaliere. Con l’esperienza di anni di guerra, Nat e Jack capirono che i lunghi archi sarebbero stati solo d’intralcio fra gli alberi, così balzarono giù dal cavallo estraendo due coltelli lunghi da caccia. Sir Blackburn, invece, rimase in sella e sguainò la lunga spada da combattimento che portava appesa alla sella. La foresta taceva, non si udiva un gufo cantare, o il vento stormire tra le fronde dei pini. Un’ombra nera si staccò dalle tenebre e balzò su Jack, che però ebbe la prontezza di girarsi, e quando la sagoma nera lo superò, le appoggiò la daga sulla pancia. Con un disgustoso rumore di tendini lacerati e un grido soffocato, il suo aggressore cadde a terra, morto. Neanche il tempo di vedere chi fosse, e una seconda figura uscì dagli alberi, letteralmente, seguita da una terza, poi da una quarta. Uno di loro si fece avanti, impugnando a due mani una lama argentea, che alla luce della luna mandava un tenue bagliore di morte. Soppesò a lungo i suoi avversari, poi calò un fendente deciso su Nat. L’anziano guerriero, memore delle mille battaglie combattute nei boschi del Sud, deviò la lama del suo avversario contro un albero, nel quale si conficcò saldamente, poi attaccò. L’ombra nera non fu abbastanza svelta da estrarre la sua spada dal tronco in cui era conficcata, che si ritrovò venti centimetri di acciaio che gli spuntavano dietro la schiena.
Nat sfilò il coltello dal corpo del nemico, poi si voltò a fronteggiarne un altro. Lo abbatté con pochi colpi ben piazzati, mentre ne teneva a bada un altro con la fiaccola. Jack non se la cavava altrettanto bene: una lunga linea rossa gli solcava la guancia, che era ridotta ad una maschera di sangue. Stava combattendo contemporaneamente contro tre avversari, ma si rese conto che sarebbe stato presto sopraffatto. Ebbe appena il tempo di urlare “Scappate, sir!”, che una figura incappucciata gli aprì la gola da un orecchio all’altro. Un attimo dopo, Nat inciampava in una radice che affiorava dal terreno, cadendo pesantemente a terra. La spada, sollevata in ultimo gesto di difesa, fu inutile quando uno di quei bruti gli affondò la lama nel petto, fracassando ossa e carne.
Troppo tardi sir Blackburn si decise a scappare, e il suo cavallo fu trafitto nella corsa. Il ragazzo cadde e per una macabra coincidenza rovinò sulla sua stessa arma, la bellissima spada di acciaio delle isole Smeraldo dono di suo padre, che lo trafisse da parte a parte. Poi, come in un incubo, le figure incappucciate sparirono da dove erano arrivate.
  
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