Dark: Altra storia
(nata, per di più, tramite sms…non chiedeteci come!). La trama non è molto
complicata…credo… Io aspetto commenti come al solito sennò perdo la voglia di
scrivere… =P
Yami: Mao a tutti, per
me non è affatto banale, sarà da ridere invece con i rating, spiacenti di dirvi
che sarà un bel casino “definire” questa storia.
A me piace
molto…sinceramente, credo dimostri che a volte può servire scrivere al cell...in
modo creativamente contorto! Anche me vorrebbe commenti,ma tanto scriverei
comunque ù.ù (però fatellliiii….ç_ç)
Dark:
so… enjoy your-self!
[Yami: Non hai detto
se ti piacceeee? >_> Dark: mais oui,ma petite!
<_<]
Buona lettura.
Autrici:
Yami & Dark
Titolo:
Shadows of Death
Rating: mah...arancione...? ma avanti...ora è
giallo vomito...(più tardi diventa anche Bordeaux!). “Leggeri” spunti shonen-ai
all’inizio…poi…ci restano! Per la gioia delle ragazze Sloth *_* Beh, ci sono
anche gli etero… pfffttt…solo che non si capisce dove e chi sono…^w^.
CAPPITTTOOO??
(Non credo XD
YOH!)(Manco me *o* MIAOH!)
Capitolo uno: “Dark Room”
Una stanza buia,
vuota, senza alcuna fonte di luce.
Quello, il
luogo in cui sedeva,a piedi scalzi ,un abbigliamento totalmente adatto
all’espressione che aveva dipinta sul volto: spenta, vacua, del tutto priva di
forza di volontà. Una creatura che aveva rinunciato alla sua esistenza.
Gli occhi
bianchi, testimonianza della sua cecità: meglio non vedere il mondo .
I capelli
bianchi, dai riflessi argentati: meglio essere già vecchi per accogliere la
morte .
I piedi, insanguinati,
che ancora lasciavano fluire sul pavimento sterrato il loro liquido scarlatto.
Vestito di una
maglia, e di un paio di jeans stracciati.
Null’altro
sentiva necessario.
Davanti a lui,
posato con una spalla ad un vecchio pendolo ormai inutilizzabile, un altro
ragazzo .
Alto,
longilineo e dalla carnagione color pesca, lo fissava impassibile, le braccia
incrociate, fasciate da un giubbotto di pelle nera, come gli stivali che gli
arrivavano alle ginocchia.
Gli occhi
nascosti dai suoi capelli corvini erano cupi, profondi e penetranti, nello
spostare lo sguardo da quella creatura seduta davanti a lui, alla clessidra
argento che scandiva il tempo con la sua sabbia color petrolio.
Ma non erano
soli.
Ai capelli
candidi del giovane cieco, si univano quelli neri di una bambina: lo sguardo
severo, pauroso, fisso sul giovane che si teneva a distanza dai due.
Stringeva tra
le braccia esili il corpo gelido che aveva accanto, cercando d’infondergli un
po’ di calore e di appoggio. Voleva fargli capire che lei era lì, e con loro c’era
anche Lui .
Lui, che li
aveva trovati, salvati, e obliati in quel luogo perso nel tempo e nello spazio.
Buio, come erano buie le giornate che avevano
affrontato, rimembrando il passato che li aveva distrutti .
Crystal
accarezzò la clessidra con fare lascivo, pensando a cosa fare da quel momento
in poi.
Abbandonarli
al loro destino proseguendo, così,il compito che gli era stato affidato pochi
giorni prima…oppure continuare a condurli verso la strada della distruzione, al
suo fianco… riscoprendo in lui la morte. L’ignoto.
Rigirò la
clessidra in cui vi era inciso, con lettere dall’aspetto medievale, un antico
proverbio latino: “memento mori”.
“Ricorda, tu morirai”.
In lui, da
sempre, conviveva una battaglia fra ciò che riteneva giusto e ciò che sapeva di
desiderare con tutto sé stesso.
Inclinò la
testa di lato.
“Sbaglierò
ancora una volta” si disse prima di staccarsi, con un movimento fluido, dal
pendolo che lo sorreggeva completamente.
Sivade cercava
di dimenticare il passato, rassicurando la piccola San, sfiorandole leggermente
il braccio che gli cingeva il collo.
Ma dimenticare
era contro la sua natura, abituato com’era a memorizzare informazioni e dati di
ogni genere. Una grandissima capacità aveva sempre un lato negativo. Era la
legge della natura. E lui non poteva sfuggirle in eterno.
Strinse i
pugni, raccogliendo con le mani la terra brulla di quel luogo che li aveva
protetti per ore, forse giorni…
Forse,
settimane.
Nel mentre, la
mano di Sivade toccò leggermente l’unico orecchino che portava , uguale a quello della sorellina: una targhetta d’argento,
dov’era inciso un'unica parola: Amestris.
Le sue
origini, il suo passato. La causa d’ogni suo male.
Il moro si
avvicinò, piegandosi appena verso i due.
La mano
libera, ornata solamente da un grande anello d’argento che riproduceva
fedelmente una croce latina, sì protese verso la bambina… senza dir nulla.
Ma prima
ancora che lei potesse muoversi,le fece un cenno con il capo, invitandola a
scostarsi da Sivade.
San alzò lo
sguardo, per incontrare quello di lui, una nuova preghiera negli occhi. La
preghiera di non abbandonarli, di non permettere che il fratello si facesse del
male. Non voleva perdere anche lui. Era l’unico legame che le era rimasto al
mondo. E si scostò, lasciando un po’ incuriosito Sivade, che ancora non aveva
capito di avere Crystal a un passo di distanza.
Il ragazzo
prese fra le sue braccia Sivade, stando ben attento a non mollare la clessidra,
l’unica loro salvezza. Non faceva fatica, non sentiva stanchezza, non percepiva
null’altro se non sé stesso. Fece rigirare la clessidra prima di farla
scomparire con uno semplice sguardo. Un varco dimensionale si aprì davanti a
loro.
Sospirò.
“Sono uno
stramaledetto sentimentale”.
Scompigliò i
capelli di San prima di invitarla ad entrare per prima.
La ragazzina
lo guardò per un attimo, stupita, per poi camminare incontro a quel vortice di
luci e colori. Finalmente.
Sorrise: una
sensazione simile all’acqua che sfiorava il corpo l’avvolse, e sparì da quel
luogo dimenticato dal mondo.
Sivade
corrucciò lo sguardo, appena sentì di essere sollevato. Non gli piaceva
dipendere da Lui, lo metteva a disagio. Tutti potevano fargli il cavolo che
volevano, ma con Crystal era tutto diverso. Troppo
diverso.
In un sospiro,
si aggrappò alle braccia che lo stavano sorreggendo. Era un messaggio
implicito: “Bene, altro debito con te. Evviva.”
Il moro non si
scompose, seguendo i passi di San.
Aveva solo una
meta in mente: Glaciern.
E lì giunsero.
Come previsto.
Alzò lo
sguardo al cielo, osservando la neve scendere.
In un istante
lo abbassò, osservando le strade ghiacciate.
« Credo sia
meglio per te lasciarti tenere in braccio» disse sul vago,muovendo
un passo avanti.
Il giovane dai
capelli bianchi brontolò leggermente. Aveva la pelle d’oca, con
quell’abbigliamento inadatto al clima. Ma non lo
avrebbe mai ammesso, come non avrebbe mai ammesso quanto gli facesse piacere la
presenza di Crystal lì, con loro, ad aiutarli. Perché, dopotutto, cos’avevano da spartire in comune?
Nulla, se non
un breve istante, quello che li aveva fatti incontrare.
Al momento
giusto. Al momento del bisogno. Con una puntualità terrificante.
« Credo sia un
sì » aggiunse Crystal,inoltrandosi in quel bosco che
era stato lo scenario di molte sue battaglie passate…che lo avevano visto
vincitore.
Come sempre.
Nessuno poteva
sfuggire alla Morte.
Nessuno.
« Presumi
troppo,talvolta…» sbottò Sivade con leggera aria di
sfida. Non sapeva farne a meno. Avrebbe voluto tentare d’essere più gentile nei
confronti del loro salvatore, come faceva la piccola San, ma non ne era capace.
Più o meno.
Perché dimostrarsi gentile avrebbe
significato aprirsi a Crystal e al solo pensarci ricordava milioni di ferite,
che sembravano grondare sangue quanto i suoi piedi.
Si sentiva
perduto, tra quelle braccia.
Debole.
…infinitamente
grato…
Forse più di
sua sorella.
« Certamente…»
commentò ironicamente Crystal, senza smettere di camminare con andatura agile
ed elegante verso le porte di quella piccola città.
Due guardie
all’entrata.
Dietro di loro
un immenso portone d’argento, raffigurante un immagine esoterica di sua
conoscenza. Alchimia…inesorabilmente marchiata dagli Hades.
Fece un breve
inchino, stando ben attento a Sivade:
« Siamo venuti
in pace » disse trattenendo una risata sadica « ho bisogno di parlare con il
sovrintendente » .
« Non è
presente in città » rispose una delle due guardie. Quella apparentemente più
sveglia.
« Sapremo
attendere » rispose il moro con altrettanta durezza.
« Abbiamo
l’ordine di non far entrare nessuno…tanto meno un membro degli Hades ».
Crystal
sorrise.
L’inferno era
alle loro porte.
Fine primo
capitolo.