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Autore: Mary SG    13/02/2014    0 recensioni
Sentivo il materasso lasciare la forma del suo corpo e avvicinandosi a me per baciarmi la testa affettuosamente annusando il profumo dei miei capelli, muschio bianco. Era il suo profumo preferito.
-Spero che questa volta non ti abbia fatto del male- aveva detto sussurrandomi leggermente vicino al mio orecchio facendomi scaldare con il calore della sua voce.
-No tranquillo.-
-Buonanotte sorellina-si stava avviando verso la soglia della porta ed era rimasto lì finché poté sentire la mia risposta.
-Buonanotte Gerard-
[non è una frerard]
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo: Noi, la scuola, le amicizie. 
Autrice: Annamaria (@nixhtmare on twitter/instagram)
Point of View: 1st person (protagonist)
Note: Saalve a tutti! Dopo la revisione della mia "editor" nonchè una delle mie migliore amiche, eccomi qui col secondo capitolo! Purtroppo non ho potuto aggiornare prima la storia a causa degli impegni scolastici sigh, ma fortunatamente ho trovato del tempo e quindi.. spero vi stia piacendo la storia e se avete delle osservazioni/commenti/chiarimenti mi piacerebbe saperlo con delle recensioni. Detto questo, vi lascio nella lettura del capitolo. Cciao!

 
Just You Me and an Another Song

Chapter 2: Noi, la scuola, le amicizie. 

“Reese svegliati altrimenti farai tardi” Donna gridava dall’angolo cottura della cucina, mentre preparava i pancakes alla vaniglia, i preferiti di Gerard e Mikey. Sentivo la sua voce appena, dato che mi trovavo al piano superiore dentro la mia camera, sotto le coperte. Ero sveglia ma non avevo nessuna voglia di alzarmi e iniziare la giornata, a sentire i professori parlare di argomenti che non mi interessavano e per questo mettevo le cuffie per isolarmi dal resto della classe e scarabocchiare qualcosa sul banco o sul mio adorato block notes. Avevo la stessa passione di Gerard: disegnare. In tre mesi avevo già consumato due block notes, colmi di schizzi horror e raccapriccianti, quasi tutti in bianco e nero, con accenno di rosso. Il rosso e il nero erano i miei due colori preferiti, davano l’idea della morte e, da quel tragico incidente dei miei, non facevo che pensare ad altro. Ne ero completamente fissata e lo sono tutt’ora. Mi rendo conto di essere diversa dagli altri: dalla mia situazione con Gerard alle mie ossessioni. Ma era tutto questo che mi faceva sentire me stessa. Alcune volte volevo dormire e non svegliarmi mai più, altre ubriacarmi e restare sbronza. Passavo la mia intera vita a deprimermi e neanche Gerard poteva mettermi su di morale, soprattutto perché lo amavo e lui ne era allo scuro. Neanche a lui andava bene la vita, era come se la ruota della fortuna non girasse a nostro favore.
Lasciai i miei pensieri da parte, e con gran fatica mi alzai dal letto e spostai le tende della finestra che si affacciava sulle vie di Belleville. Era metà marzo e, anche se l’aria era leggermente fresca, il sole riscaldava la città. Decisi di vestirmi più “dark” del solito, amavo quando i miei compagni di classe iniziavano a rompere sul perché io mi vestissi come se fossi perennemente ad un funerale. Ci ridevo su e rispondevo che il nero è un colore così felice; nonostante fosse una battuta a volte ci credevo veramente: il nero, seppur considerato uno dei colori più cupi, lascia intendere che ognuno di noi ha un vuoto che bisogna colmarlo, è l’inizio di ciò che metteremo dentro, che può essere dolore o felicità. Misi la mia adorata maglietta dei Green Day, skinny jeans neri leggermente strappati sulle ginocchia e i miei adorati anfibi, dalla pelle ormai consumata dal tempo. Sistemai per bene il letto e presi la tracolla nera che lasciavo perennemente sullo schienale della sedia. Dentro non aveva niente di che, solo i miei block notes e un astuccio dove tenevo alcune matite e penne, diciamo il giusto indispensabile. Di libri non ne portavo quasi mai, ma quelle volte ero forzata perché ero mantenuta dai genitori di Gerard e Mikey e ricambiare non studiando o facendo  la menefreghista non era una cosa accettabile, così mi impegnavo per raggiungere una B e rendere felici Donna e Donald. Ormai con Gerard era un caso perso, non se ne fregava della scuola, voleva solo diventare un fumettista e creare un fumetto tutto suo, in modo che i bambini lo comprassero e lo leggessero. L’anno passato andava male in tutte le materia, si salvò solo con disegno e poesia, ma due materie erano poche per passare l’anno e adesso avere la sufficienza era il massimo per lui. A volte lo sentivo maledirsi sul perché si fosse fatto bocciare, non lo capivo nemmeno io e quando cercavo di consolarlo e gli chiedevo quale fosse il motivo lui si innervosiva e iniziare col dire che in quel periodo non era in sé. Lui non era mai in sé, e se non fossi la sua migliore amica non avrei capito che quello che mi diceva erano stronzate e che un vero motivo c’era.
Ecco quando si dice “parli del diavolo e spuntano le corna”. Appena aprii la porta mi trovai lui davanti. Un po’ confuso, si passò la mano fra i capelli e mi diede il buongiorno.
-Ciao sorellina, dormito bene? – mi salutava sempre così la mattina dopo quello che accadeva la notte prima.
-Buongiorno, si dai. E tu? – rispondevo ingenuamente io, e sapevo che non rispondeva mai ogni volta che chiedevo indirettamente riguardo alle sere precedenti, aspettava giusto il tempo di sentire il mio buongiorno e poi se ne andava. Sospirai e lo seguii scendendo le scale e trovando Donna che stava portando a tavola la colazione.
-Buongiorno Donna! – dissi cercando di apparire al meglio, lo stesso fece Gerard che si avvicinò a lei e la baciò sulla guancia.
-Dai su, sedetevi e fate colazione- disse invitandoci a sederci e fare colazione. In realtà sapeva che non ci sedevamo mai per fare colazione, bevevamo quella tazza di caffè in piedi e addentavamo giusto due bocconi di pancakes per far contenta Donna, aspettavamo Mikey che finisse di mangiare – si, lui faceva colazione in modo completo, era l’unica soddisfazione di sua madre in quest’ambito. Io e Gerard non toccavamo mai cibo, mangiavamo solo per far felice Donna – e poi uscivamo di casa per dirigerci alla nostra vecchia “adorata” scuola.
I primi anni in cui venni accolta nella famiglia Way, attraversare quella strada era diventato pericoloso per via dei numerosi borseggiatori che si aggiravano per Belleville, e per questo ci accompagnava Donald prima di andare a lavorare; ma ora eravamo abbastanza grandi da potercela cavare e infondo non eravamo soli. Non parlavamo mai fra di noi, per strada eravamo ognuno per i suoi pensieri anche se io e Gerard eravamo tremendamente uniti, non mi perdeva mai di vista senza dare troppo nell’occhio, era abbastanza geloso, lo sapevo. Mi piaceva questo suo approccio ma a volte era come se mi sentissi in trappola e non mi lasciava fiato.
Arrivati a scuola ognuno si separava per andare dai rispettivi amici ma Mikey preferibilmente sceglieva di stare col gruppo di Gerard che era composto dai suoi ex compagni di classe che facevano il quinto. Anche se era stato bocciato, Gerard non perdeva occasione di stare con loro, essendo i suoi migliori amici (oltre me, era ovvio). Il gruppo era composto da Ray Toro, un tipo alto e riccioluto e abbastanza simpatico, avevo avuto modo di conoscerlo una sera, quando era stato invitato da Gerard per passare una serata fra amici; e Frank Iero*, un tipo basso ma parecchio carino. Non l’ho mai potuto conoscere dato che non era mai venuto a casa, si trovava con lui solo quelle poche volte che uscivano ed io non ero interessata alle uscite di Gerard. Ad ogni modo, avevo raggiunto il mio gruppo di amiche, era quello in cui potevo essere me stessa ed era anche grazie a loro se “sopravvivevo”. Le conobbi in primo superiore, tra i banchi di scuola, e da allora divennero molto importanti per me. Le salutai come facevo ogni mattina, baciandole una per una sulla guancia e poi mi misi a sedere sul muretto, posto in cui riunivamo prima delle lezioni.
-Allora, come va oggi?- dissi per iniziare la conversazione.
-Sono stanca, e ancora non stiamo a niente. Voglio andarmene!- replicò Emma piagnucolando. Noi altre iniziammo a ridere e scherzarci su. Emma era la tipica ragazza svampita che si lamentava per qualunque cosa e alla quale faceva schifo tutto: sangue? Che schifo, vedeva qualcuno baciarsi? Che schifo; ed era anche quel tipo di ragazza che appena iniziava a ridere, non finiva più.
-Si Emma, se fosse per te, non ci verresti neanche a scuola- dissi, guardandola divertita.
-Beh, non dico di non venire, mi basterebbe alzarmi verso le nove, venire a scuola a fare quelle tre ore e poi andandomene- finì di dire Emma convinta.
-Beh grazie, piacerebbe anche a me!- rispose Helen divertita dall’affermazione della nostra amica. Helen era la comica del gruppo, ogni battuta divertente era sua, ma era anche un po’ timida, non voleva essere messa al centro dell’attenzione. Era anche l’unica con cui mi confidavo segretamente, e sapeva ogni mio minimo particolare con Gerard. Lui non voleva che ne facessi parola con nessuno, ma sapevo che di lei mi potevo fidare eccome, e anche di Violet che per adesso era partita in Francia per far visita ai suoi nonni e ci rimaneva lì per due settimane. Mentre aspettavamo Lucy, la quinta componente del nostro gruppo, nonché la nostra migliore amica, suonò la campanella e dovemmo entrare. Mi guardai intorno per vedere se Gerard, Mikey e il resto del gruppo fosse entrato ma non c’era nessuna traccia di loro e avevo paura che oggi avessero saltato la lezione.

 
*Frank qui ha la stessa età di Gerard, volevo che fosse un suo compagno di scuola.
  
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