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Autore: kiku_san    17/06/2008    2 recensioni
E se Murtagh non fosse fuggito dal palazzo di Galbatorix, ma fosse cresciuto alla sua corte tra intrighi e giochi di potere, fino a diventare Cavaliere e a giurargli fedeltà di sua spontanea volontà..E se Brom e Ajihad non fossero morti ...E se L'Imperatore considerasse Nasuada una pedina essenziale per la vittoria contro i Varden...Un NasuadaxMurtagh che inizia con un inganno e si sviluppa tra odio e violenza, in un gioco crudele e perverso nel quale i ruoli di vittima e carnefice non sono così scontati.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh, Nasuada
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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LA PRIGIONIERA ( Parte Seconda)

3. Arrivata la sera, mentre la vecchia Cho l’aiutava a svestirsi e ad indossare la camicia da notte, Nasuada cercò di scacciare la paura, s’illuse che forse Murtagh non sarebbe rientrato, che forse l’Imperatore l’avesse trattenuto, ma sapeva che la lotta sarebbe continuata fino alla sua distruzione. Era consapevole che non avrebbe retto ancora per molto, che prima o poi sarebbe crollata.
Ripensò a quella specie di carezza a tavola poco prima, n’era rimasta sorpresa e turbata più che se lui le avesse dato uno schiaffo. E quando aveva guardato nei suoi occhi chiari tra i ciuffi neri dei capelli, aveva intravisto uno strano smarrimento.
Si accorse che nel suo intimo, accanto alla paura si stava rinforzando la compassione per quello che Murtagh era dovuto diventare per sopravvivere. Cercò di scacciare quella sensazione, ricordando le imprese per le quali in tutta Alagaesia, il suo nome metteva i brividi. Non poteva giustificarlo, nulla poteva giustificare le sue nefandezze.
Ed eccolo, come chiamato dai suoi pensieri si materializzò alla porta.
Si avvicinò e lei involontariamente s’irrigidì.
“Stanno cominciando a giungere i rinforzi che aspettavamo, fra un paio di giorni quando saranno tutti radunati marceremo verso le Pianure Ardenti e finalmente spazzeremo via gli uomini di tuo padre”
“Quali rinforzi?”
“Ci sono stati nuovi reclutamenti in tutta Alagaesia, dovresti vederli accampati fuori dalle mura, le loro tende si stendono all’infinito, sono migliaia, vi annienteremo in un batter d’occhio”
In realtà il nuovo reclutamento non aveva dato i risultati sperati. Certo le guardie imperiali avevano battuto tutti i villaggi e le città per reclutare uomini. Ma la maggior parte di loro non erano soldati, non avevano mai preso in mano una spada, ma piuttosto una zappa o un martello.
Murtagh continuò con voce melliflua: “Moriranno tutti com’è morto il tuo amico del cuore, mi pare si chiamasse Kaled” a quelle parole gli sembrò che Nasuada avesse un sobbalzo, anche se non proferì parola. Era sulla strada giusta, avrebbe continuato in quel modo finché lei sarebbe crollata. “L’ho ucciso io. Vuoi sapere com’è morto?”
Vide la ragazza stringere le labbra.
“Quell’idiota mi ha sfidato, mi sono divertito con lui, avrei potuto ucciderlo dopo due minuti ma mi procurava gioia vedere i suoi penosi sforzi per parare i miei colpi.Non ho dovuto neppure usare la magia per avere la meglio su di lui. Ho deciso di prolungare il divertimento, l’ho fatto stancare. Avresti dovuto esserci, era sfiancato ma non voleva arrendersi. Quando mi sono stancato, con un colpo gli ho staccato un braccio, il sinistro per la precisione, volevo vedere se avrebbe continuato a combattere, ebbene è stato proprio così! Ho dovuto quasi staccargli anche l’altro per farlo smettere. Hai mai visto un uomo ridotto così? Io sì, ho ancora nelle orecchie le sue grida che mi chiedevano pietà. Alla fine gli ho tagliato la gola. Ci vuole qualche minuto per morire, alle grida sono subentrati i rantoli e il gorgoglio del sangue nei polmoni.”
Nasuada alzò il capo, aveva il viso bagnato da lacrime silenziose e la voce rotta quando parlò: “So che vuoi farmi del male, ci stai riuscendo, ma io non credo ad una sola parola di quello che mi hai detto perché so con certezza che Kaled non ti avrebbe mai chiesto pietà”
“Beh forse questa ce l’ho aggiunta io” sorrise Murtagh “Ma non devi piangere, il tuo amico era un inetto e ha avuto quello che si meritava”
Se avesse potuto Nasuada avrebbe ucciso Murtagh all’istante. Invece si voltò verso la finestra guardando la notte chiara e aspirando l’aria dolciastra della pianura.
“Sei un demonio!” mormorò tra se.
Murtagh l’udì: “E’ vero, sono un demonio perché ho sempre vissuto all’inferno”
Si sentiva finalmente vincitore, l’aveva ferita, aveva rotto quel muro d’imperturbabilità dietro al quale lei si era arroccata. Ora sarebbe stato facile farla crollare del tutto, lo sapeva per esperienza, basta aprire una breccia e il gioco è fatto.
L’indomani e i giorni seguenti sarebbe stato occupato ad organizzare i nuovi contingenti in arrivo, Galbatorix voleva chiudere il più presto possibile quella guerra; sarebbero partiti appena possibile, quindi doveva sfruttare assolutamente quella notte.
Ma perché mentre Tornac lo aiutava a svestirsi, non si sentiva felice ed eccitato?
Pensava a quel viso bagnato da lacrime silenziose, n’aveva visto migliaia ma nessuno gli aveva mai fatto quell’effetto.
Il senso di vittoria che aveva provato, si andava rapidamente spegnendo, lasciando solo una grande stanchezza; pensò a come sarebbe stato possederla, mentre lacrime silenziose le bagnavano il volto.
Quell’immagine gli provocò un gelo dentro il petto, che non sapeva spiegarsi.
Dov’era finito il desiderio di rivalsa di poche ore prima?
Suo malgrado dovette ammettere che non ce ne era più traccia, c’era solo freddo e stanchezza.
Decise di non toccare Nasuada finché non avesse capito quale strana malattia l’avesse colpito, non voleva di nuovo dimostrare la sua impotenza!
“Sono veramente malato” pensò e il pensiero gli fece paura, non lo era mai stato in vita sua.
S’infilò nel letto e Tornac tirò le tende leggere del baldacchino, poi se n’andò.
“Vieni ti aspetto o vuoi che ti venga a prendere io?”
Solo al suono di queste parole Nasuada si riscosse e si avviò verso il suo destino, pensava a Kaled bello come un dio e felice a cavallo, quel ricordo le avrebbe dato forza, anche se con tutta se stessa cercava di evitare che a quell’immagine si sovrapponesse quella in cui Kaled ridotto ad un troncone umano sanguinante, urlava di dolore. Si morse le labbra.
Scostò i veli e s’infilò sotto ad un lenzuolo sottile.
Murtagh era sdraiato su di un fianco.
“Sono stanco, voglio solo dormire e voglio che tu dorma con me. Non ho mai dormito con nessuno prima d’ora, ma non giocare scherzi, io ho il sonno leggero e mi sveglierei al minimo rumore”
Lei non si mosse, solo gli occhi guardavano quelli di lui ed erano immoti e stupiti.
“Perché continui a fissarmi? Ti sembra strano”
“E’ una prova?”
Lui rise sommessamente: “Diciamo così! Domani ho parecchio da fare, devo riposare. Ed ora dormi!”
Nasuada cercava di pensare a cosa stesse escogitando Murtagh. Voleva tranquillizzarla per poi gettarla maggiormente nel panico? Che cosa aveva in mente? Quale tortura, quale gioco crudele? Non riusciva a capirlo, decise di fingere di assecondarlo, ma i suoi occhi si rifiutavano di chiudersi e il suo corpo di rilassarsi.
Lui la guardava.
Dopo qualche minuto si mise a sedere: “Non stai dormendo, hai paura?”
Certo che aveva paura, ma non doveva dimostrarlo.
“Sono nervosa, non ho mai dormito con un uomo”
“Neppure io con una donna” ridacchio lui “Per questa notte non ti farò del male” soggiunse.
Nasuada si girò verso di lui, una parte di se pronta ad essere colpita, un’altra pronta a credergli. La tensione che provava era terribile, avrebbe preferito che lui la picchiasse di nuovo o la violentasse, piuttosto che questa incertezza mostruosa da sopportare.
Lui chiuse gli occhi e il suo respiro divenne regolare.
Fingeva?
Aspettava solo che anche lei chiudesse i suoi per prenderla all’improvviso, per spezzare le sue resistenze, per farle saltare i nervi?
Resistette per lungo tempo osservandolo quasi ipnotizzata. Lui dormiva apparentemente tranquillo, il respiro lieve, i capelli arruffati, senza muoversi.
Il tempo passava a goccia a goccia. Nasuada sentiva che i suoi occhi fissi su Murtagh diventavano sempre più pesanti. Si risvegliò di soprassalto quando si accorse di essersi appisolata, non sapeva per quanto. Lui non si era mosso. Forse era passato solo un minuto.
Scendere dal letto, allontanarsi da lì,divenne un bisogno quasi fisico. Quella situazione stava diventando sempre più intollerabile. Ad un tratto lui si mosse.
Decise che si sarebbe alzata e avrebbe svelato la trappola, lui avrebbe dovuto reagire in qualche modo. Ma non lo fece, al contrario la sua mano si allungò verso Murtagh, scostandogli un ciuffo di capelli sudati dal viso.
E allora successe un fatto che Nasuada non aveva previsto.
Lui sorrise.
Nasuada non sapeva se lo avesse fatto perché aveva percepito il suo gesto o perché stesse seguendo un sogno, ma il suo sorriso la immobilizzò, perché era leggero e fragile e subito sparì. Forse fu la stanchezza o questa flebile speranza che le nacque nel cuore, a far sì che il sorriso leggero di Murtagh fosse l’ultima cosa che ricordasse prima di addormentarsi.


4. Ad Aberon la notte era già inoltrata, ma Ajihad e il suo consiglio non dormivano.
Erano giunti alcuni ricognitori informandoli che ad Uru-Baen stavano giungendo dei rinforzi.
Era difficile pensare alla guerra, ai piani, alla strategia, quando la mente correva sempre a Nasuada. A volte riusciva a farsi coinvolgere dai discorsi del suo Consiglio e non ci pensava, poi quando automaticamente cercava con gli occhi lo sguardo della figlia per sapere la sua opinione e non lo trovava, come una mazzata giungeva la consapevolezza che lei non era lì con lui, che forse era già morta, che forse ….Non voleva pensarci, non voleva pensare che alla figlia fosse toccata in sorte una fine come quella che era toccata a sua madre.Lui era un ragazzino, ma si ricordava bene cosa era successo, non lo avrebbe mai più dimenticato, anche se pregava tutti i giorni che un dio misericordioso gli facesse perdere la memoria di quei momenti.
“Re Rotghar è arrivato, è di là che ti attende” fu riscosso dalla voce di Brom.
“Sì certo, ora vado, accompagnami”
“Sei pronto alla guerra?” gli chiese Ajihad, senza troppe cerimonie.
“Sai che non è stata una decisone facile, ma ora siamo con te.”
Ajihad sospirò: “Hai ragione, ci giocheremo il tutto per tutto, ma ormai non possiamo più tirarci indietro. L’unica speranza di vittoria è nella nostra alleanza. In questo modo forse potremo vincere”
“Potremo?”
“La vittoria non è mai certa, ma so che in molte città stanno scoppiando insurrezioni, questo ci potrebbe aiutare. Galbatorix sarà impegnato su più fronti.”
“Fra quanto pensi che ci darà battaglia?”
“Fra pochi giorni l’esercito di Galbatorix si metterà in marcia per le Pianure Ardenti. Questo è quanto ci hanno riportato le nostre spie”
“Per organizzare l’esercito e posizionare le nostre truppe avremo bisogno di più tempo”
“ Cercheremo di ritardare in qualche modo l’avanzata dell’esercito imperiale”
“Cos’hai in mente?”
“Attacchi a sorpresa, trappole…”
“Forse non sarà necessario” intervenne Brom, “Il tempo sta cambiando, sento odore di pioggia….”
Re Rotghar fece per girarsi e andarsene, poi si fermò, si girò e si accostò ad Ajihad.
“Ho saputo di tua figlia, mi dispiace, combatteremo per lei” mormorò imbarazzato.
Il capo dei Varden accennò un grazie con la testa, non riusciva a parlare di Nasuada, non voleva, non poteva pensare a lei ora!
Quando Rotghar uscì, Brom si avvicinò: “So che è dura, ma devi farti forza, il popolo ha bisogno del suo capo in questo momento, è quello decisivo”
“Lo so, le nostre spie non hanno scoperto nulla?”
Brom si allontanò, abbassando lo sguardo.
“Sai qualcosa? Dimmelo qualunque cosa sia”
“Non è certo, ma sembra che Nasuada sia stata donata dall’Imperatore a Murtagh”
Ajihad rimase muto per minuti interminabili.
Brom uscì, fra poco sarebbe sopraggiunta l’alba, si stiracchiò.
“E allora?” una voce lo fece trasalire.
“Eragon, non dovresti essere qui. I giorni che seguiranno saranno giorni interminabili, conviene che ti riposi, forse poi non n’avrai la possibilità”
“Si hanno notizie di Nasuada?”
“Sembra sia prigioniera di Murtagh”
“Lo ucciderò con le mie mani”
“ Tu farai quello che Ajihad ti ordinerà di fare e nient’altro, è chiaro Eragon? Questo è quello che ci distingue da loro, lo capisci?”
“Sì” mormorò il ragazzo stringendo i pugni.


5. Quando Murtagh si svegliò, ci mise poco più di un minuto per capire dov’era, si allarmò, non era mai successo: il suo sonno solitamente era così leggero da non fargli mai perdere il senso della realtà. Girandosi vide Nasuada addormentata.
Si riscosse immediatamente, poi avvertì un rumore sordo sui vetri delle finestre.
Pioveva, non una pioggerellina sottile e neppure un acquazzone violento di temporale che sarebbe presto cessato, era una pioggia forte e scrosciante che scendeva a catinelle come se dovesse farlo per sempre.
Questo avrebbe frenato i preparativi e l’arrivo delle truppe mancanti.
Si vestì velocemente per recarsi dall’Imperatore.
Lo trovò nella stanza del Consiglio di pessimo umore, i suoi ministri gli scodinzolavano tutt’intorno cercando di rabbonirlo.
“Finalmente sei arrivato, te la sei presa comoda Cavaliere” lo assalì appena ebbe messo piede nella stanza.
Murtagh non rispose, ma abbozzò un cesto di scusa con il capo.
“Questa maledetta pioggia non ci voleva, rallenta tutti i nostri piani”
Nessuno fiatò.
“Questo rende impossibile un attacco lampo come avevo progettato, quei bastardi ribelli avranno più tempo per organizzarsi”
“Il nostro esercito è più numeroso” affermò con sicurezza un capitano.
Galbatorix rimase a lungo assorto nei suoi pensieri.
“Non ci resta che aspettare che smetta di piovere e poi marciare a tappe forzate verso le Pianure Ardenti, ora vi mostrerò la strategia che ho progettato” concluse aprendo una mappa dettagliata del territorio.
Rimasero fino a tarda sera ad elaborare un piano militare che potesse abbattere le resistenze dei Varden.
Anche quella notte Murtagh fece dormire Nasuada nel suo letto, senza mai toccarla.
Era tutto molto strano, lui non fece neppure un gesto verso di lei, non diede nessuna spiegazione, non le parlò; la guardò solo mentre si cambiava e s’infilava sotto il lenzuolo, poi si addormentò. Nasuada invece rimase per ore con il cuore che le batteva in petto, sicura che quando meno se lo fosse aspettata, la trappola che certamente lui stava escogitando, sarebbe scattata. Non riusciva a capire che tipo di trabocchetto potesse essere, ma era sicura che dietro quell’apparente tranquillità, Murtagh stesse tessendo la sua tela pazientemente, come un grosso ragno nero che aspetta e aspetta, senza scomporsi nascosto in un buco, che la sua preda s’invischi nella tela e poi fulmineo esce, la intrappola e le succhia la vita. Si sentiva un moscerino che ben presto sarebbe stato succhiato e la cui carcassa svuotata, sarebbe stata poi gettata via, come un rifiuto ingombrante e fastidioso.


6. Il giorno seguente passò senza che lui si facesse vedere.
La sera quando Murtagh entrò, la sfiorò solo con lo sguardo poi si cambiò d’abito.
Scelse abiti eleganti e raffinati, poi le si avvicinò: “Questa notte potrai dormire tranquilla, ho voglia di donne, donne vere non come te, donne che mi possano scaldare il sangue mentre tu me lo raffreddi. Sono stanco di aspettare che la tua presenza in qualche modo mi possa divertire, passerò la notte nel mio harem”
Stranamente non c’era sarcasmo nella sua voce, una voce vacua come i suoi occhi.
Nasuada non replicò, ma guardando il vuoto negli occhi di lui, provò una stretta allo stomaco.
La notte tutta sola in quel letto che le era sempre sembrato uno strumento di tortura, il suo pensiero continuava ad immaginare cosa stesse succedendo nell’harem.
Pensieri contorti si materializzavano contro la sua volontà: perché Murtagh aveva sostenuto che lei non era una donna vera, che lei non lo eccitava?
Murtagh era andato da altre donne, mentre lei era stata nel suo letto per tre notti in sua balia e lui non era riuscito a combinare nulla. Era così brutta o fredda o repellente da non provocargli neppure un sussulto di desiderio?
“Dovresti esserne felice” si disse “Quel bastardo depravato chissà cosa starà facendo a qualche povera ragazza”
Ricordò la piccola Thea e gli urli di quella giovane che lei aveva sentito nella sua stanzetta.
Con questo pensiero cercò di spazzare via tutte le fantasie, ma un altro pensiero si era intanto insinuato nella sua mente: se Murtagh non la trovava di suo gusto, l’avrebbe data all’Imperatore o peggio a Durza.
Quell’ idea la fece rabbrividire e non valse a nulla che continuasse a ripetersi che uno valeva l’altro e che stare con uno dei tre era comunque una tortura. Il pensiero di divenire preda di Galbatorix la faceva sciogliere dalla paura e il pensiero di Durza le era insostenibile.


7. Quando lui rientrò nel pomeriggio, aveva gli occhi segnati da pesanti occhiaie, si recò nella stanza di Tornac e lei li sentì parlare a lungo.
Quando tornò nella camera, lei si accorse che oltre alle occhiaie, era più pallido del solito.
I servi portarono la cena, ma lui mangiò di malavoglia.
Finalmente le rivolse la parola: “Hai dormito bene senza di me?”
“Sì certo; tu a quanto vedo invece hai dormito poco”
“Hai indovinato, non sono andato nell’harem per dormire, mi sono divertito parecchio” ma il tono della sua voce sembrava contraddire il contenuto delle parole.
Nasuada prese il coraggio a due mani, doveva assolutamente uscire da quell’incertezza: “Che ne farai di me?”
Murtagh la guardò stupito: “Che vuoi dire?”
“Hai detto che non ti soddisfo, devi cercarti i tuoi piaceri da altre e allora cosa farai di me?”
Murtagh rise, una risata strana, quasi triste: “Hai qualche preferenza?”
Nasuada scose la testa: “Siete tutti uguali”
“Preferiresti Durza?” insistette Murtagh.
Nasuada chinò il capo, era stanca, avrebbe voluto addormentarsi per sempre: “Non sono nelle condizioni di decidere il mio destino, se potessi scegliere sarei al fianco di mio padre, pronta per la battaglia e tra me e voi tutti ci sarebbero non parole o minacce, ma solo la lama della spada”
Murtagh ebbe un gesto d’insofferenza: “Non mi hai risposto”
“E neppure ti risponderò” lo provocò Nasuada.
“Ti fa schifo la mia presenza? Dormire con me?” continuò con voce fredda.
Nasuada si sentiva in trappola: “Cosa vuoi che ti risponda, che sono felice della mia condizione?”
“Voglio che tu dica la verità”
“La verità è che non posso dormire con te accanto, perché temo che da un momento all’altro tu mi faccia del male”
Murtagh rimase perplesso, ma non rispose.
Più tardi si coricò e la chiamò nel suo letto.
“Perché vuoi che ti dorma vicino, ormai sono alcuni giorni che lo faccio, che senso ha?” riuscì finalmente a chiedergli lei.
“Semplicemente non ho mai provato a dormire con qualcuno, è una nuova esperienza” rispose velocemente Murtagh.
Durante la notte Nasuada si svegliò all’improvviso. Si accorse che nel sonno Murtagh gli si era accostato e con una mano sfiorava la sua.
Il giorno prima Tornac le aveva rivelato, che Murtagh non aveva mai dormito per tutta la notte così tranquillamente, come da quando dormiva con lei. Di solito aveva sonni agitati, disturbati da continui risvegli.
“Tu lo tranquillizzi” le aveva detto con la sua voce baritonale e per la prima volta Nasuada vi aveva letto un garbo e un rispetto che prima non c’erano.
Lei però non aveva voluto credere a quelle parole, ma guardandolo ora alla luce fioca che penetrava dalla finestra, aleggiava sul volto di Murtagh un’espressione rilassata che gli donava un aspetto diverso. Nasuada si perse in fantasie assurde: se lui fosse stato semplicemente un ragazzo e lei una ragazza, senza titoli, fazioni, storie e passati, stare così accanto a lui avrebbe potuto farle battere il cuore e alleggerirle l’anima. Ma lei era Nasuada figlia di Ajihad capo dei Varden e lui Murtagh figlio di Morzan, Cavaliere dell’Imperatore.
  
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