7)Shock! (sono morta!)
La
mattina dopo è strana.
Sono
bersagliata da occhiatacce sia quando sono con Tom sia quando non lo
sono, ma nessuno fa
nulla, il suo discorso deve avere fatto effetto, qualsiasi cosa abbia
detto
loro.
È
una mattinata tranquilla e l’ora di pranzo arriva quasi
subito, Tom si siede
con me è Isabel.
“Dopo
scuola posso far visita a casa tua?”
Mi
chiede facendomi l’occhiolino.
“Devo
chiedere a mio padre.”
Lui
capisce che mi riferisco a Johnny e annuisce. Sembra eccitato come un
bambino
la notte di Natale.
“Va
bene.”
Io
sospiro, un po’ triste.
È
il mio essere aliena che gli interessa, non me come persona. La
verità è dura
da accettare anche per una come me.
Finita
la scuola porto lui e Izzie alla casa nel deserto, dentro troviamo
Johnny sulla
difensiva.
“DeLonge.”
“Mayer.”
“Come
mai qui?”
“Vorrei
dare un’occhiata ai bozzoli e poi vi ho portato una cosa che
forse vi è utile.”
Johnny
alza un sopracciglio perplesso, io scuoto la testa, Tom si avvicina ai
bozzoli.
Li tasta, li annusa, ne prende un pezzo in mano e se lo ficca in tasca.
“Sono
davvero strani. Sembrano un ibrido fra le uova terrestri e
qualcos’altro.”
“Bene,
ora che ci hai riferito la tua opinione, posso chiederti cosa hai
portato per
noi”
“Sì,
certo.”
Si
fruga ed estrae una pietra esagonale nera, liscia con un simbolo inciso
sopra.
“Ieri,
ho guardato la vostra colonna e mi sono accorto che c’era un
buco che sembrava
coincidere perfettamente con questa. È una pietra che mi ha
venduto un vecchio
indiano l’estate scorsa, sono andato a Roswell per curiosare
un po’, sapete.
L’impatto,
l’area 51…
Ieri
sera l’ho vista sulla scrivania così mi sono
detto, perché non portarla?
Magari
non succede nulla, ma magari succede qualcosa.”
Jo
lo guarda scettico, credo pensi sia solo una perdita di tempo dar retta
a Tom,
ma lo fa per non farmi arrabbiare.
“Va
bene. proviamoci.”
Tom
mi dà la pietra e io la infilo nel buco, è vero
ci sta perfettamente!
Spingo
ancora un po’ e la pietra si incastra con un sonoro
“click!”, poi la
luce invade la stanza lasciandoci
momentaneamente ciechi. Cosa diavolo è successo?
Una
luce che sembra formare uno schermo esce dalla colonna, nel filmato ci
sono un
indiano e una donna vestita di nero dalla testa ai piedi, con tanto di
cappello, veletta e guanti.
“Quello
che ti lascio è di vitale importanza. Deve arrivare alla
principessa e deve
arrivarci al momento giusto.”
“Perché
non glielo porta lei, bella signora?”
“Lo
sai che non posso stare troppo lontana dalla gente, conosci il caos che
regna
su Naftva, ora che gli abitanti di Ioria si sono alleati con gli
Swaahn.
Rischiamo veramente che questa volta ce la facciano a prendere il
potere.”
“
E noi saremmo spacciati.”
“Sì,
per questo devi darla alla persona giusta.”
“Coma
farò a capirlo?”
L’indiano
si rigira la pietra tra le mani.
“Quando
arriverà la persona giusta diventerà calda e
manderà un lieve bagliore.”
Poi
cala il nero sulla scena e poco dopo una donna – la stessa
dama vestita di nero
dalla testa ai piedi – appare, solo che questa volta indossa
un vestito color
panna che sembra scuro se paragonato alla sua pelle.
La
sua pelle è bianca, ma non come quella delle statue, ma
piuttosto come quella
dei cadaveri e bersagliata com’è dalla luce fredda
della stanza sembra quasi
rilucere.
Ha
gli occhi di un azzurro chiarissimo, la bocca di un rosa appena
abbozzato e
lunghissimi capelli bianchi. Somiglia molto a un’albina se
non fosse per le
orecchie che si allungano a mezza testa, come quelle di certi elfi o
pixie.
“Salute
a te Ava, salute a te Rath, sono Nahria.
Ava,
sono tua madre, la regina del pianeta Naftva e sono costretta a
raccontarti in
fretta la tua storia e la tua missione, fuori i bombardamenti e Swaahn
incombono.
Naftva
è un pianeta molto lontano dalla terra, è stato
sempre soggetto a due dinastie
per il comando, gli Aria – la nostra – e quella
degli Swaahn.
Gli
Swaahn sono sempre stati soggetti
inclini
alla violenza e al soffocare ogni forma di malcontento, vessano il
popolo, si
appropriano dei suoi beni e da sempre sono stati detronizzati da
qualcuno.
Noi
siamo la famiglia che regna quando non ci sono loro, non siamo una
dinastia
perfetta, ma il popolo si trova bene sotto di noi e il pianeta
è in pace.
Ora
è in corso una rivolta, gli Swaahn vogliono un potere che
non è loro, tuo
fratello sta combattendo e sono certa che quando ascolterai questo
messaggio
lui li avrà sconfitti e sarà il re meritato di
questo pianeta.
Ora
ti starai chiedendo perché ti ho mandato qui. Su Naftva sei
morta, piccola mia
e non si possono resuscitare i morti, ma si possono creare cloni.
Abbiamo
mischiato il tuo dna con quello dei terrestri e ti abbiamo mandato qui
insieme
a Rath. Era il tuo ragazzo quassù, ma questo non significa
nulla, nella tua
nuova vita sei libera di amare chi vuoi e non sei nemmeno obbligata a
tornare
quassù.
La
tua missione è quella di eliminare gli Swaahn nascosti qui
sulla terra, quando
vedrai questo messaggio due persone verranno ad aiutarvi.
Spero
che la pietra abbia scelto un buon candidato per te, di solito hanno un
buon
fiuto.
Ti
voglio bene, piccola mia.”
La
luce si spegne lasciandomi scioccata, se non fosse per Tom che ha la
prontezza
di riflessi di afferrarmi sarei caduta a terra svenuta.
Ho
visto mia madre, la mia vera madre e ho scoperto che sono morta.
MORTA!
“Mayer,
cosa le sta succedendo?”
Urla
Tom, nella voce ha una sfumatura tra l’isterico e il
preoccupato.
“Non
ne ho idea, DeLonge! Sembra andata in sovraccarico e sia impazzita
momentaneamente!
Aspetta
che ti aiuto a portarla sul divano.”
Da
molto lontano sento John che mi alza le gambe e che mi stanno
trasportando
verso il vecchio divano verde che c’è nella
stanza. Mi depositano delicatamente
e poi si guardano negli occhi senza sapere cosa fare.
Nella
mia testa c’è in corso un bombardamento, rivivo
tutta la mia vita passata. Vedo
i miei genitori, il mio pianeta, John, come ci siamo messi insieme, le
rivolte,
la missione suicida che accettammo di fare.
“Preferisco
morire con te qui e adesso che vivere e vedere il nostro pianeta in
balia degli
Swaahn.”
Questa
è l’ultima cosa che ci siamo detti, poi
c’è solo il dolore che ho provato
nell’esplosione che mi ha ucciso, ma anche fatto saltare in
aria un punto
militare strategico del nemico.
Urlo,
urlo come una matta, urlo fino a perdere le forze, poi svengo.
Finalmente
svengo.
Mi
risveglio dopo quelle che sembrano ore, Izzie è seduta ai
piedi del divano
insieme a Johnny e Tom è seduto in un angolo.
“Bentornata,
cosa ti è successo?”
Mi
chiede Tom.
“Ho
rivisto la mia vita, la mia vecchia vita. Io sono morta, ho visto come
è
morire!”
Esclamo
agitata,Tom si precipita da me e poi mi abbraccia.
“Buona,
non è niente.”
Io
racconto a tutti dei miei ricordi, solo Jo non mi sembra stupito.
“Johnny,
tu sembri conoscere già tutto questo.”
Lui
scuote le spalle.
“Faccio
sogni sul nostro passato da quando avevo quattordici anni.”
“Perché
non me l’hai mai detto?”
“Perché
non volevo scioccarti e poi non sempre capivo in che modo
collegarli.”
“Accidenti,
Johnny!”
“Ma
hai visto come hai reagito ora? Come avresti reagito allora?”
Il
suo ragionamento non fa una piega, ma io sono troppo arrabbiata per
dargliene
atto.
“Erano
anche ricordi miei, dovevi dirmelo!
Ecco
perché ci provavi, per seguire quegli stupidi
frammenti!”
“Ava…”
“NON
CHIAMARMI CON QUEL CAZZO DI NOME!”
John
si zittisce all’istante, non ho mai usato questo tono con lui.
“Tu
sapevi delle cose che riguardano il nostro passato e non mi hai detto
niente!
Pensavo
fossi il mio migliore amico e che non avessi segreti per me,
soprattutto su
queste cose.
Quante
altre cose non mi hai detto, John Mayer?”
“Nessun’altra,
Chia. Giuro!”
“Per
forza! Questa cosa vale come mille!”
Me
ne vado fuori di me, se potessi sbattere la porta nella roccia lo farei
ben
volentieri!
Mi
incammino nel deserto senza sapere bene dove andare e forse non mi
importa
molto saperlo, ho appena scoperto che
il
mio migliore amico mi nasconde delle cose fondamentali.
Potrei
perdermi e non tornare mai più e in fondo non è
così male come prospettiva,
almeno non dovrei preoccuparmi di alieni, amici che non ti dicono le
cose,
sorelle sconvolte e cotte che non riesci a gestire.
All’improvviso
sento chiamare il mio nome e mi volto, Tom sta correndo verso di me,
intralciato dalla sabbia.
Io
lo aspetto con aria cupa e nemmeno quando lui mi raggiunge riesco a
produrre un
piccolo sorriso, nonostante dentro di me il mio cuore stia facendo le
capriole
dalla gioia.
“Dove
stai andando?”
“A
fare un giro, devo pensare. Da sola.”
Lui
scuote la testa.
“Neanche
per sogno, sconvolta come sei rischi di perderti nel deserto e il tuo
amico
potrebbe impazzire!”
Alla
parola “amico” la mia bocca si storce in una brutta
smorfia.
“Posso
ancora definirlo amico dopo quello che mi ha nascosto?”
“L’ha
fatto per proteggerti, ha cercato di fare la cosa giusta.
Non
è che Mayer mi piaccia particolarmente, ma ha cercato di
fare del suo meglio
per proteggerti, credo. Non sono rivelazioni che si possono fare
così alla
leggera, basandosi su un sogno, no?”
Io
sbuffo.
“Io
ho sempre raccontato tutto a John, anche i miei sogni qualche volta,
quando
credevo fossero importanti per quello che siamo, perché lui
non l’ha fatto?”
“Perché
lui è sempre stato quello forte, la tua roccia, ti eri
quella da proteggere.
Non credo ti ami, ma ti vuole un mondo di bene, come se fossi una
sorellina.
Le
sorelline si proteggono, lo sai?
È
istintivo cercare di tenerle fuori dai guai e dalle brutte situazioni o
semplicemente da ciò che può farle
soffrire.”
Io
scuoto la testa.
“Avrebbe
dovuto dirmelo.”
“Sei
testarda. Anche tu non hai cercato di proteggere Isabel?
Dovresti
sapere cosa si prova.”
“Lo
so, ma quello che mi ha tenuto nascosto era una cosa che dovevo
sapere!”
Scoppio
a piangere all’improvviso, come una bambina, come chi ha
tenuto per sé troppe
cose e a un certo punto scoppia.
Lui
mi guarda preoccupato, poi si avvicina e mi abbraccia. Dovrei cacciarlo
– o
almeno così mi suggerisce il mio orgoglio – ma
quello che faccio è abbandonarmi
tra le sue braccia, piangendo più forte che mai e inondando
la sua maglia
arancione di lacrime.
Mi
sento uno schifo, debole, fragile, distrutta e in attesa di essere
ricostruita.
“Avrebbe
dovuto dirmelo, lo sapeva quanto ci tenessi! Ho persino perso un anno
di scuola
per trovare tracce delle mie origini e ora scopro che lui sapeva
qualcosa e non
me l’ha detto.”
Tom
sospira.
“Vai
a casa, fatti un bagno, mangia e vai a letto.
A
mente fresca vedrai le cose diversamente, Mayer dopotutto è
un bravo ragazzo.”
“Anche
tu lo sei, grazie.”
Mi
tende una mano.
“Dai,
vieni. Ti accompagno a casa.”
“Come?”
“Con
la mia macchina, così mi mostri la scorciatoia che hai usato
quando sei
scappata dal bagno.”
Io
rido tra le lacrime pensando a quello strano episodio.
Camminiamo
per un po’ nel deserto, fino ad arrivare al limitare del
parco, scavalchiamo la
recinzione e io mi godo la frescura data dalle piante.
Tom
è in un bagno di sudore.
Ci
sediamo un attimo su una panchina e io gli passo una bottiglietta
d’acqua senza
dirgli nulla, lui beve grato.
Finita
la pausa ci alziamo e raggiungiamo il punto del parco che confina con
la scuola
e scavalchiamo un’altra volta. Lì finalmente
arriviamo alla macchina di Tom,
che mi porta a casa senza dire una parola.
Solo
quando si ferma davanti al vialetto parla.
“Riposati,
cerca di stare bene. Io torno là ad avvisare gli
altri.”
Io
annuisco ed entro in casa, ancora scossa e mi fiondo in camera mia.
Appena
entro una foto attira la mia attenzione: una ragazza dai lunghi capelli
di un
viola accesissimo è seduta sulle gambe di un punkettone dai
capelli arancioni.
Entrambi
sorridono, questi siamo io e Johnny all’inizio del liceo, non
so perché il
cuore mi si stringe e una lacrima solitaria solca il mio viso.
Sembravamo
così forti, uniti, invincibili e invece…
Invece
tra di noi c’erano dei segreti, chi l’avrebbe mai
detto, eh?
Mi
butto sul letto e cado immediatamente addormentata.
Mi
sveglia mia madre per la cena, mi guarda attentamente e mi accorgo che
è
preoccupata.
“Cosa
è successo?”
“Niente,
mamma. Ho solo litigato con Johnny.”
“Non
mi piace quel ragazzo, perché continui a
frequentarlo?”
“Perché
per me è come un fratello.”
Rispondo
stancamente, uscendo con lei dalla mia stanza.
A
cena mangiamo un polpettone, mio padre parla del suo lavoro, ogni tanto
mamma interviene,
io e Izzie siamo un po’più silenziose del solito.
Finita
la cena io salgo in camera mia seguita da mia sorella.
“Come
stai?”
“Come
una che all’improvviso ha visto il suo mondo crollare. Ti
rendi conto che ho
visto mia madre?
Che
Johnny sapeva qualcosa e non me lo voleva dire?”
Lei
sospira.
“Non
essere così dura con Johnny. Quando te ne sai andata voleva
seguirti e solo io
e Tom insieme l’abbiamo convinto che non era una buona idea,
era sconvolto.
Ci
tiene a te, non vuole perderti. Tutto quello che ha fatto
l’ha fatto per
proteggerti, guardati: sei scioccata.”
“Chi
non lo sarebbe?
Ho
sempre saputo di essere la più diversa tra i diversi della
scuola e del
pianeta, ma vedere come avrei dovuto essere… Beh, mi ha
sconvolto, ogni tanto
ho l’impulso di toccarmi le orecchie per vedere se sono
ancora al loro posto o
se si sono abbassate e sono diventate come quelle di un elfo.”
“Chia…”
“E
la missione? Come faccio?
Io
non so controllare ancora bene i miei poteri!”
“Forse
queste persone vi aiuteranno, andrà bene, Chia.”
Io
sospiro e mi si riempiono di nuovo gli occhi di lacrime.
“Mi
sento come se qualcuno mi avesse deposto un fardello sulle spalle e non
so se
sarò in grado di farcela.”
Izzie
non mi dice nulla.
“Forse
è meglio che io me ne vada, non so come aiutarti e forse hai
solo bisogno di
riposo.”
Lascia
la stanza e io mi butto di nuovo sul letto in preda a un pianto
isterico, non
sento nemmeno che qualcuno entra dalla finestra.
“Ehi!”
Alla
voce maschile che si fa viva faccio un salto e mi volto verso di lui:
è Johnny.
“Cosa
ci fai qui?”
“Ti
prego, perdonami.
Ho
fatto una cosa stupida e non la rifarei, ma ho bisogno che tu mi
perdoni, sei
mia sorella.
Mi
fa male averti ferito e mi fa male vederti stare male.”
Io
rimango in silenzio, guardo lui e
guardo
la foto di noi due insieme.
“Perché
l’hai fatto?”
“Perché
non riuscivo a vederci un senso, un nesso, qualcosa che desse senso al
tutto.
Se
ci fosse stato quello te l’avrei detto, te lo
giuro.”
“Mi
manchi, Johnny, ma da te non me l’aspettavo.”
“Ho
sbagliato, scusa, ma giuro, volevo solo proteggerti. Non eri pronta per
quelle
rivelazioni, non sei pronta nemmeno ora. Sei troppo
terrestre.”
“Ancora
con questa storia?”
“Sì,
perché è da lì che ha origine tutto.
Tu
sei terrestre, ma anche un’aliena e ora sai che hai un
obbligo verso la tua
gente, assolto quello tornerai alla tua vita.”
Mi
esce una risata straordinariamente prova di allegria.
“Ti
rendi conto che assolvere quel compito significa attirare su di noi
l’attenzione dell’fbi e che questa volta potrebbero
farcela a prenderci.
Hanno
fallito tredici anni fa, ma se noi iniziamo a muoverci daremo loro
un’occasione
ghiotta, John.
Io
non voglio mettere in pericolo la mia famiglia.”
Lui
non dice nulla.
“Vuoi
ignorare il problema come hai sempre fatto.”
“Meglio
ignorare che nascondere le cose! Fammi un favore, Johnny, vattene!
Sei
venuto qui a farti perdonare o a farmi sentire in colpa?”
“Io…”
Lo
spingo decisa verso la finestra.
“Vattene!”
“Ci
rivedremo ancora?”
La
sua domanda ha una
punta di paura non
indifferente.
“Non
lo so, adesso vattene!”
A
malincuore se ne va, io prendo a pugni il cuscino. Per lui è
facile partire
all’avventura, ha fatto in modo di non crearsi dei legami e
poter partire se
necessario, io no e lui non riesce a capire.
Che
poi una volta finita questa merda di missione, chi ci assicura che ci
lasceranno in pace?
Mi
ributto a letto e cado in un sonno leggero abbastanza da sentire un
rumorino, è
come se qualcosa stesse battendo sul vetro della finestra.
Mi
sveglio e mi affaccio, Tom mi sta tirando dei sassolini.
“Posso
salire?”
Mi
chiede gesticolando, io annuisco.
Poco
dopo è seduto sul letto della mia camera e io gli sto
raccontando della visita
di Johnny, lui ogni tanto annuisce, ogni tanto fa delle smorfie strane.
“Io
penso che tu debba perdonarlo.”
Dice
alla fine.
“Non
è solo quello. È che lui muore dalla voglia di
iniziare questa missione, io no.
Lui non ha ancora capito che se inizieremo a muoversi li avremo addosso
in
breve tempo.
Quando
siamo stati trovati nel deserto tredici anni fa, l’FBI voleva
studiarci e solo
la testardaggine dell’assistente sociale che si occupava del
nostro caso
gliel’ha impedito.
Io
sospetto che ci
tengano d’occhio da
allora e sarebbe un casino se gli dessimo motivi per muoversi. Caccia
all’alieno, cazzo, nemmeno nei film più scrausi si
usa ancora questa trama.”
Esclamo
infuriata.
“E
tu perché non vuoi?”
“La
mia famiglia. La mia famiglia deve stare fuori da queste cose, non deve
essere
messa in pericolo per quello che sono. Loro non hanno colpa, hanno solo
raccolto un’orfana, non , beh, quello che sono. Non
volontariamente almeno.”
“Capisco.”
Rimaniamo
in silenzio.
“Tom…
Rimarresti con me a dormire stasera?
Ho
bisogno di qualcuno vicino.”
“Va
bene, spogliati e fammi spazio.”
Detto,
fatto.
Siamo
noi due sotto le coperte e il mio cuore batte a una velocità
assurda, eppure mi
sento bene.
Forse
non è stato uno sbaglio salvare la vita di questo scemo.