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Autore: mirandas    15/02/2014    3 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scusate se il canto è palloso, compenseremo con il prossimo...quello dei sodomiti!!!!! :D:D:D:D:D:D
Vorrei ringraziare
ThanatoseHypnos per le splendide recensioni che ci scrive per ogni capitolo. Lo apprezziamo veramente tanto :)
Buona lettura!

Canto XIV
 
Dante
 
Mamma mia, che paura quella selva maledetta! Persone che diventano piante, bonsai che sanguinano! Elementi degni della trama di un film horror per vegani…Ma per fortuna con me c’era il mio maestro!...Che mi aveva tirato proprio un brutto scherzo…Ma non l’aveva fatto apposta!...Beh, probabilmente sì…Però solo per spiegarmi più velocemente da dove provenissero i gemiti che stavamo udendo…O forse solo per prendersi gioco di me…
Oh, maestro mio, perché era così difficile leggerti dentro, perché non riuscivo a scrutare a fondo dentro di te come avrei voluto?! Un istante eri irritato col mondo intero, quello dopo con me e poi diventavi tutto gentile e premuroso e ti preoccupavi per me, per le anime, facevi domande al posto mio, ti umiliavi persino a raccogliere rami pur di non farmi sporcare le mie delicate dita da poeta! Più volte mi ero ripetuto che questa tua gentilezza nei miei confronti non significasse nulla, ma ultimamente era sempre più difficile crederlo. O la mia mente, la mia mente! Che mi giocasse un brutto scherzo? Forse tutte queste attenzioni non significavano nulla, del resto Virgilio, si sa, per carattere è timido e riservato, la mia compagnia poteva risultargli fastidiosa o, che so io…forse aveva le sue cose, chi sa.
Ancora una volta, però, mi convinsi ad attendere e a limitarmi ad osservare la mia guida, sperando di comprendere una buona volta cosa nascondevano i suoi gesti, i suoi atteggiamenti così insoliti.
Ma almeno una cosa l’avevo imparata: mai offendere la daga del mio maestro! Chissà perché ci teneva così tanto… Magari si trattava di qualcosa dal grande valore affettivo, un cimelio di famiglia o simili…Ma no, decisi che non avrei più toccato l’ argomento.
E con questo pensiero ben impresso in mente, mi accinsi a seguire la mia guida verso il confine che divideva il secondo cerchio dal terzo.
Dopo aver proseguito in silenzio per un tempo indefinito, mano nella mano, giungemmo in un’arida pianura, dove non cresceva nemmeno una piantina, a differenza della selva dei suicidi. Ma forse questo era un bene. Per il momento non avrei voluto vedere neppure uno stelo d’ erba cipollina. In effetti, ero rimasto abbastanza traumatizzato dopo aver fatto sanguinare il povero Pier.
Il bosco da cui eravamo appena usciti circondava la pianura, proprio come il fossato del fiume che avevamo attraversato in groppa a Nesso circondava la selva. La distesa pianeggiante era ricoperta da arida polvere e null’altro. Sopra di essa folte schiere di dannati nudi piangevano in modo straziante. Il fatto strano era che sembrava che questi, pur trovandosi tutti nello stesso girone, scontassero il loro castigo in maniere differenti: alcuni erano stesi supini a terra, altri erano seduti tutti rannicchiati e altri ancora percorrevano senza riposo lo spazio, andavano e venivano senza sosta.
La schiera più folta era quella che camminava girando in tondo, mentre la meno folta era quella stesa al tormento della pioggia, ma era anche quella che si lamentava di più. Perché…oh, mi ero scordato di dire della pioggia? Diciamo che ne stava cadendo una infernale, in tutti i sensi. Infatti larghe falde di fuoco cadevano a terra con la stessa lentezza dei fiocchi di neve in montagna, in assenza di vento. Ah, quanto mi era mancato usare similitudini! Ma perché non continuare ad usarle?
Come le fiamme che Alessandro Magno aveva visto cadere intatte a terra sopra il suo esercito nelle regioni dell’India: così scendevano quelle fiamme eterne; perciò la sabbia si infuocava, come l’esca sotto l’acciarino, per raddoppiare il dolore…I dannati agitavano le loro mani senza tregua per scacciare il fuoco, come…
“Dante!” L’urlo del mio maestro mi riscosse in un attimo.
“Sì, maestro?” domandai sull’attenti, già chiedendomi cosa avessi fatto di sbagliato stavolta.
L’espressione irritata della mia guida era tornata all’attacco. “Per quanto apprezzi la tua poesia…”
“…Davvero maestro?! Oh, grazie!...”
“…Smetti di usare tutte quelle similitudini e soprattutto di recitarle a voce alta!”
Al suo scoppio d’ira mi zittii praticamente all’istante. Poi ripresi. “Ma…ma le similitudini sono…”
La mia guida mi interruppe di nuovo. “Troppe! Sono troppe! Non puoi costruire un discorso basato solo sulle similitudini! E’ come se io per descrivere il tuo vestito dicessi: - La sua veste era rossa come un’autopompa, la quale viaggiava veloce in strada come un ghepardo pronto ad azzannare la preda, il quale aveva il manto macchiato come un caffè dopo il pranzo della domenica – …”
Le mie gote, già rosse per l’imbarazzo e la vergogna, divennero ancora più scure per l’indignazione, come…No! Basta similitudini!
“Non mi ero accorto di averle pronunciate ad alta voce.” Rivelai al mio maestro, la testa bassa ad osservare con enorme interesse i miei piedi. Che bei piedini…compensano il naso…
Virgilio sospirò e mi riprese la mano che non mi ero accorto avesse lasciato andare. “Senti, siamo persone adulte e mature e possiamo giungere ad un compromesso che non svantaggi nessuno dei due. Tu diminuisci il numero di similitudini, tenendole nella tua testa, ed io non mi arrabbio con te. Siamo d’accordo?”
Ci pensai su un attimo. “Un momento, ma, maestro, tu a che cosa rinunci?”
“Io? Ad arrabbiarmi con te! Pensi che non mi diverta a punzecchiarti? Che lo faccia solo per irritazione?” mi chiese con un sorriso suadente.
Non ero del tutto convinto ma alla fine accettai. Notai che la mano libera della mia guida era rimasta nascosta dietro la sua schiena per tutto il tempo, ma non ci diedi troppo peso.
Fu allora, quando la situazione si fu calmata, che mi accorsi di un particolare ambiguo. “Maestro, tu che sei il mio eroe e che sei sempre riuscito a cavarci dalle situazioni più pericolose, eccetto quando i diavoli ci hanno sbarrato la strada prima di entrare nella città di Dite…” Virgilio, che stava gustando i miei complimenti, fu sul punto di interrompermi non appena nominai l’episodio in cui non era riuscito a dimostrarsi all’altezza della situazione, sebbene avesse deluso solo se stesso, non certo me. Ma prima che mi fermasse, continuai imperterrito a parlare. “Dimmi, ti prego, mio altissimo maestro, chi è quel gigante che sembra steso sulla sabbia sprezzante e torvo, che accetta tranquillamente il fuoco come se si stesse facendo una lampada?” Ah, maledizione, una similitudine! Mi aspettavo una critica, invece vidi un lato della morbida bocca…Non ripensare al bacio!...del mio maestro alzarsi di poco. Evidentemente la mia battuta di spirito gli era piaciuta.
Nel frattempo, non appena si era accorto che io domandavo notizie su di lui al mio maestro, il gigante gridò: “Io sono tale e quale a com’ero da vivo. E sappiate che anche se Giove mettesse tutti al lavoro per fabbricarsi la saetta più saettosa di tutto l’Olimpo per colpirmi, non riuscirebbe a ricevere una vendetta soddisfacente. Io odio tutti gli dei greci ed odio anche i greci e pure i latini già che ci siamo! E i fiorentini non fanno eccezione! Se poi sono guelfi le cose peggiorano pure. Ma tu, nasone, non sai nemmeno da che parte stai, in tutti i sensi. Beh? Cosa avete da guardare? Vi ho distratti dai vostri amoreggiamenti? Perdonate, signorinelle, tornate pure a farvi i vostri porci comodi, a giudicare dalla daga ”- sottolineò la parola “daga”- “del romano dovrei avere interrotto qualcosa…porco Giove, voi la relazione tra maestro e allievo la intendete proprio alla greca, eh? Che poi anche voi romani… Sbaglio o eri tu quello che scriveva le fan fiction su quei due, com’è che si chiamano? Achille e Paride?”
“Patroclo! Achille e Patroclo. Poi no, quella è roba di Omero, i miei, a titolo informativo, sono Eurialo e Niso.” Protestò il mio maestro.
Il gigante continuò imperturbabile. “Quel cane di Zeus sicuramente approva! E scommetto che anche il tuo allievo gode come un matto!”
Mentre il gigante parlava, mi ero rivolto esterrefatto verso di lui. Sicché, quando terminò la sua sequela di ingiurie contro Giove e contro di noi, mi voltai nuovamente verso il mio maestro, attonito, perché non sapevo proprio cosa dire. Quello che vidi mi lasciò sconvolto. La faccia di Virgilio era livida dalla rabbia. Non l’avevo mai visto così furioso. Forse l’unica volta era stata proprio quando i diavoli ci avevano negato l’accesso alle porte di Dite. Eppure nemmeno allora avevo provato così tanto timore nello stargli vicino come adesso, sebbene quella rabbia non fosse rivolta verso di me. Arretrai di un passo.
“Come ti permetti di insultare gli dei, Capaneo?! E i latini e i greci! Noi siamo i migliori a scrivere poesie e gli dei sono sempre stati i nostri personaggi preferiti! E poi non siamo tutti gay! Siamo soltanto molto amichevoli l’uno con l’altro e abbiamo modi particolari per dimostrarlo! Sul serio, brutto idiota, la tua ottusa superbia è già di per se una punizione! Povero te, non vorrei essere nei tuoi panni, disgraziato deficiente! E cosa avresti da ridire sulla mia daga? Tutta invidia, stazza a parte, gigante, io consiglio una capatina dal fabbro, sai com’è, sono certo che la tua, di daga, abbia bisogno di una tempratina!” Ascoltai perplesso la sua ultima affermazione. Ma cosa c’era nell’ inferno, un concorso a chi aveva l’ arma più bella?
Detto ciò, l’ira del mio maestro scomparve com’era venuta ed egli si rivolse a me in tono eccessivamente cordiale. In realtà riuscivo ancora a scorgere la rabbia dietro alle parole gentili che seguirono. Parlava a denti stretti, le labbra tese.  “Benvenuto nel girone dei violenti contro Dio, alias bestemmiatori. Quel piccolo grande troglodita laggiù fu uno dei sette re che assediarono Tebe e, da gran furbo qual è, si mise ad insultare Giove dopo la sua vittoria. E indovina un po’? Giove lo fulminò. La giustizia divina è veramente la migliore. Ora basta parlare e seguimi. Mi raccomando, cammina sempre vicino alla foresta dei suicidi e cerca di non mettere i piedi sulla sabbia rovente, altrimenti le tue calzature andranno a fuoco in men che non si dica.”
Non mi diede nemmeno il tempo per rispondere. Mi trascinò via, quasi stritolando la mia mano nella sua. Le parole di Capaneo dovevano averlo veramente offeso nel profondo. E ancora la daga. Cosa aveva quella daga che non andava?
Mi lasciai condurre in silenzio fino all’esterno della selva, dove scorreva un rigagnolo le cui acque, tanto per cambiare, erano color rosso sangue. Ma perché non poteva esserci un maledetto fiume azzurro? Con l’acqua limpida e magari senza anime inzuppate dentro come biscotti. Ovviamente non era possibile sperare in una cosa simile all’Inferno.
Il corso d’acqua si divideva in due e scendeva per la sabbia, come dalla sorgente del Bulicame…ok, basta similitudini inutili. Promesso!
Il suo fondale ed entrambe le pendici e gli argini laterali erano di pietra e proprio lì si nascondeva il nostro passaggio.
“Guarda, Dante!” disse Virgilio, invitandomi a riportare lo sguardo sul fiume che mi incuteva timore. “Fra tutte le cose che ti ho mostrato da quando siamo entrati all’Inferno, non hai mai visto qualcosa di così eccezionale come quel fiume che riesce a spegnere la pioggia di fiamme!” E lo disse non come una domanda, ma come un’assoluta certezza.
“Ma, maestro, abbiamo visto tante cose! Per esempio le Arpie, i cespugli parlanti, gli eretici arrosto, i lussuriosi volanti, eccetera e, ecco, quel fiume non mi sembra nulla di speciale. Puzza pure. E non mi sembra così strano che il fuoco si spenga cadendoci dentro” Gli risposi, desideroso che si spiegasse. Sperai che, facendogli qualche domanda alla quale sapesse rispondere il suo umore migliorasse. E così fu.
Infatti, Virgilio adorava mostrarmi la vastità della sua conoscenza e semplificarmela affinché comprendessi in tempi veloci, un po’ alla Piero Angela…Argh, similitudini, similitudini ovunque, accidenti a me! “Hai presente Creta?” cominciò. Io annuii, così proseguì. “Bene. In quell’isola sorge una montagna, l’Ida, che ora è abbandonata come una cosa vecchia…”
“Era una similitudine quella, maestro?”
“Chiudi il becco o mi fermo qui!” Quasi mi aggredì.
“Ma avevi detto che non ti saresti più arrabbiato con me quando si parlava di similitudini!” obiettai.
Virgilio alzò le sopracciglia bionde. “Ho incrociato le dita.” Rispose con una semplicità disarmante. Come se avesse programmato tutto fin dall'inizio…Ecco perché aveva tenuto una mano nascosta dietro la schiena!
“Allora continuerò a fare similitudini.” Replicai e aggiunsi “Come se niente fosse. Sì, esatto, era una similitudine”, deciso a non farmi mettere i piedi in testa questa volta. Per nulla al mondo avrei ceduto alle proteste del mio maestro, nemmeno per…
“Non vuoi veramente sapere cosa stavo per dire?” disse in modo allettante il mio maestro. Cominciò a punzecchiarmi il braccio con un dito. “Veramente non vuoi sentire la fine della spiegazione?”
Accidenti! Perché sapeva sempre come raggirarmi?! Conoscenza o dignità: qual era più importante in questo momento?
“Va bene, vai avanti con la spiegazione.” Borbottai. La mia sete di conoscenza aveva vinto di nuovo, maledizione!
Il sorriso splendente del mio maestro fece morire il mio risentimento. Quanto era bell…belligerante quando sorrideva! Sì…belligerante! Un sorriso…ehm…simile a quello del bellicoso dio Ares uscito vittorioso da uno scontro! Merda, un’ altra similitudine.
“Stavamo parlando dell’Ida, giusto?” ricominciò Virgilio. Annuii. “Come sicuramente saprai, Rea, la mamma di Giove, scelse l’Ida per nascondere suo figlio da Crono, l’ amorevole paparino. Così, quando il divino pargolo piangeva, il monte faceva rumori per coprirlo. Quanto sarebbe conveniente per le mamme di oggi! Comunque, per farla breve, dentro l’Ida c’è la statua di un vecchio fatto – e no, non un cocainomane – d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro e di terracotta, un bel patchwork di materiali, ma ora non ti sto a dire dov’è d’oro e dov’è di bronzo perché ci vorrebbero tre terzine per raccontartelo. Dunque, la statua ha alcune fessure, eccetto nella parte d’oro; da esse sgorgano lacrime che, raccolte, perforano la terra fino ad arrivare in questa valle. Esse formano l’Acheronte, lo Stige e il Flegetonte, poi cadono giù per questo stretto canale per poi arrivare infine al Cocito, del quale non parlo perché non lo vedremo per un bel po’.”
Aggrottai le sopracciglia confuso. “Maestro, ma se dici che il fiumicello scaturisce dal nostro mondo, perché lo vediamo solo in questo margine?”
“Sveglia! Noi siamo in un cerchio e finora dove abbiamo sempre svoltato? A sinistra! Perciò non ti sorprendere se ci appaiono cose mai viste prima.”
Ma la mia curiosità non era ancora soddisfatta. “E il Flegetonte e il Lete, maestro? Dove si formano? Hai detto che il primo si forma da questa pioggia di lacrime, ma il secondo non l’hai nemmeno nominato.”
Virgilio sospirò. La sua voglia di spiegarmi argomenti complicati si stava esaurendo. “Dante, per quanto mi faccia piacere rispondere alle tue domande, mi pare di averti dato un’idea abbastanza precisa del Flegetonte con la risposta precedente perché, se noti, anche quest’acqua è rossa, quindi questo è il Flegetonte! Per quanto riguarda il Lete, lo vedrai in Purgatorio. Sempre che ci arriviamo.” Rabbrividii. Virgilio se ne accorse, rise e mi diede una pacca sulla spalla. “Stavo solo scherzando!” Poi tornò serio. “ Ti porterò fuori di qui. Costi quel che costi.” Diede un’occhiata al cielo. “E’ ora di andare. Seguimi e vedi di non inciampare oppure le anime dell’Inferno mangeranno arrosto di aquila a pranzo.”
Ignorai la battuta con chiari riferimenti alla grandezza del mio naso ed accettai la mano che la mia guida mi offrì. “Almeno sono anche acuto come un’aquila.” Replicai, prima di lasciarmi condurre via.
Virgilio alzò un sopracciglio, sollevò gli occhi, come se stesse ricordando qualcosa, e scoppiò a ridere fragorosamente, lasciandomi in preda a dubbi atroci come…Va bene, no, ‘sta volta basta davvero con le similitudini.
  
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