Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |       
Autore: DoctorFez1988    15/02/2014    5 recensioni
La mia prima storia "Fanfiction", dedicata al film di Frozen - Il Regno di ghiaccio. In questa storia, una specie di seguito del film, le due sorelle e i loro incredibili amici saranno protagonisti di un'avventura ancora più incredibile della prima. Spero che la trama possa piacere a tanti.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quando l’infuocato potere che si era scatenato nell'animo di Anna venne placcato in merito ad Elsa, il muro infuocato che aveva bloccato la strada al principe decaduto e le roventi orme lasciate sul piazzale e sul ponte dalla principessa si affievolirono, fino a spegnersi, lasciando solo pochi segni nerastri della loro presenza, e appena in tempo. Infatti, i cristalli purpurei che imprigionavano Kristoff , la sua renna e tutti i sudditi del castello si sprigionarono e si ridussero fino a divenire polvere finissima, che si dissolse nell'aria senza lasciare traccia. Mentre tutti coloro che erano stati imprigionati dal maleficio di Hans si riprendevano da quella brutta esperienza, chiedendosi cosa fosse successo, videro ritornare al piazzale la regina, che abbracciava sua sorella, la quale si aggrappava alla maggiore in cerca di conforto, con il viso segnato dalla sofferenza, dallo smarrimento e dalle lacrime.
 
“Regina Elsa! Principessa Anna! Grazie al cielo, state bene! Temevamo che quel traditore di Hans vi avesse fatto del male, o peggio!” Esclamarono molti sudditi, avvicinandosi alle due giovani danne per prestare loro aiuto. Quando però Anna vide quelle persone che si stavano avvicinando a lei e a sua sorella, chiuse gli occhi e si strinse ancora di più tra le braccia di Elsa, singhiozzando:
 
“Vi.. prego… no… state… Indietro…” i sudditi rimassero sorpresi e sconcertati nel sentire le parole uscite dalla bocca della loro amata principessa. Elsa, sapendo che non era ancora il momento di raccontare ai sudditi cosa era veramente successo a lei e a sua sorella, disse a loro che Hans era venuto qua stanotte, con l’intendo di uccidere sia se stessa che Anna, ma che nonostante abbia fatto un patto con forze oscura, era stato respinto, senza però che la principessa non rimanesse sconvolta da quando era accaduto. Quello che Elsa aveva narrato ai suoi sudditi non era proprio una vera bugia, aveva solo omesso i particolari come il fatto che lei era sul punto di soccombere davanti al principe Hans, del fatto che Anna, risvegliando il potere di fuoco che giaceva in lei, l’avesse salvata da fine certa, cercando poi però anche di annientare il traditore e del fatto che quello che era appena successo questa notte potesse avere un seguito persino peggiore.
 
“Vi assicuro, amati sudditi, che Hans sarà perseguitato per ciò che ha compiuto stanotte e che sarà giudicato, secondo giustizia!” esclamò infine Elsa, rivolgendosi ai suoi sudditi con voce regale e risoluta, rotta solo dalla stanchezza per aver sostenuto il combattimento contro i mostri d’ombra. I sudditi si sentirono un poco più rassicurati, tranne Kristoff e Sven che, scambiandosi tra loro uno sguardo dubbioso, intuirono che c’è era qualcos'altro, oltre a quello che aveva raccontato la regina delle nevi.
 
“Ora vorrei accompagnare mia sorella nella sua stanza, se non vi dispiace…”  chiese gentilmente la regina, stringendo il suo dolce abbraccio intorno a sua sorella. I sudditi, commossi e comprensivi, si fecero da parte, lasciando che Elsa s’avviasse assieme ad Anna verso il castello. Ad un certo punto, quando si ritrovò alla sua sinistra Kristoff e la sua renna, che guardavano preoccupate le due ragazze, Elsa si fermò un attimo, per poi volgere il suo sguardo verso il montanaro con occhi blu gelidi e severi.
 
“Kristoff… dobbiamo parlare… adesso…” sussurrò la regina al biondino. A quelle parole, Kristoff capì che quello che aveva predetto Granpapà su Anna del suo potere di fuoco si era purtroppo avverato. Il giovane allora affidò alle guardie del palazzo la sua amica renna, in modo che la portassero in una stalla per farla riposare e rifocillarla.
 
“Stai tranquillo, Sven. Ci rivedremo presto, e poi di racconterò ciò ora Elsa mi deve dire, promesso.” Sussurrò il ragazzo all'orecchio del suo amico a quattro zoccoli. Anche se le parole appena pronunciate da Kristoff erano state solo sussurrate, raggiunsero le orecchie della principessa. All'udire quelle parole, Anna si sentì tentata di riaprire gli occhi per vedere il suo amato, correrli incontro, abbracciarlo, dirgli che lo amava e che desiderava essere amata da lui. Quel innocente desiderio cosi dolce venne però soffocato a causa del ricordo di ciò che era appena successo, il fatto che aveva appena scoperto di avere poteri simili a quelli di Elsa, con l’eccezione che si trattava del fuoco, un potere l’aveva imprigionata in una tempesta di rabbia, sfruttando il suo rancore verso Hans, e che la stava portando a commettere l’atto di togliere ingiustamente la vita a qualcuno, anche se si trattava del principe decaduto. Era spaventata, confusa e sofferente, soprattutto nel cuore. L’unica cosa che calmava il tumulto di quelle terribili emozioni nel suo animo era lì abbracciò di sua sorella, fatto di tenerezza e comprensione, come un dolce balsamo e non voleva lasciarlo per nessuna ragione al mondo.
 
 
 
Nella camera di Anna, per far passare il tempo in attesa che tornasse la loro amica, Olaf e Lynae stavano giocando a nascondino. Dopo aver contato fino a sessanta con gli occhi coperti, Olaf aveva iniziato a cercare per tutta la stanza la piccola micia. La cercò sotto e sopra il letto, nelle coperte, anche dentro i cuscini. La cercò sulla specchiera e nei cassetti. Anche nell'armadio dei vestiti di Anna provò a stanare la bestiolina. Provò persino a cercarla sotto il tappeto e dentro al vaso con i fiori che si trovavano sul comodino accanto al letto. Niente. Nulla. Nada. Nisba.
 
“Accidenti! Quella piccola peste è davvero brava a nascondersi!” Fu allora che il pupazzo sentì un piccolo starnuto, ma la cosa più strana, era che proveniva… dal suo pancino.
 
“Urca! Sapevo che una pancia brontola quando ha fame, ma che si prendesse il raffreddore mi giunge nuova!” esclamò sorpreso. Dalla pancia di Olaf, saltò fuori miagolando la piccola micia, con la pelliccia color panna chiara ricoperta da pezzetti di neve.
 
“Ecco dov'eri finita, furbacchiona!” disse il pupazzo ridendo, mentre Lynae si leccava le zampine per togliersi la neve che si era attaccata alla pelliccia. In quel momento, la porta della stanza s’aprì. Era stato Kristoff ad aprirla, mentre Elsa entrava nella stanza, sempre abbracciando sua sorella per dargli conforto. La regina chiese a Kristoff di accendere i candelabri, posti sulla parete della camera per illuminarla meglio. Una volta che il biondino ebbe accesso le candele, la camera fu rischiarata. Il pupazzo Olaf e la gattina Lynae, che quest’ultima non era ancora stata notata dalla regina e dal montanaro, guardavano preoccupati il viso sofferto di Anna, che ancora teneva gli occhi chiusi. Olaf si chiese pensieroso cosa fosse successo alla sua migliore amica, che prima di uscire, scoppiava di salute come una leonessa e ora sembrava una cerva che era a stendo fuggita dai cacciatori.
 
“Ehi, ma qualcuno mi dice che successe e che cos'ha Anna?” chiese preoccupato il pupazzo, rivolgendosi a Kristoff. Il ragazzo guardò Olaf, con una sguardo amareggiato. Intanto Elsa sedette assieme ad Anna sul letto, senza che quest’ultima abbandonasse il tenero abbraccio della sorella maggiore. In fondo, anche se spesso era un tipo distratto e pasticcione, Olaf si dimostrava un amico che sapeva tenere un segreto fino a quando era necessario. Quando Kristoff ed Elsa finirono di spiegare cosa fosse veramente successo stanotte, il pupazzo di neve rimase a bocca aperta, guardava incredulo la sua amica principessa, che s’abbandonava all'abbraccio di sua sorella, rimanendo in silenzio, con gli occhi sempre serrati dalla paura, dalla sofferenza e dallo smarrimento. Olaf, avvicinandosi alla rossa, gli chiese preoccupato:
 
“Anna… va… va tutto bene?” Anna aprì timorosamente gli occhi e vide il volto del suo adorabile amico di neve, come se gli volesse dargli un caldo abbraccio per rincuorarla.
 
“Io… non lo so…” rispose gemendo Anna, con le lacrime che iniziavano nuovamente a sgorgare come cascate dai suoi occhi, singhiozzando, quasi sul punto di urlare.
 
“Perché… Perché dove succedere proprio adesso… la nostra vita era diventata bellissima…” Kristoff sapeva bene che parte di quello che era successo era a causa anche di Hans e giurò nei suoi pensieri che se lo avesse avuto tra le mani, anche solo per pochi secondi, altro che il fuoco magico di Anna! Intanto continuando a piangere, la giovane sprofondò la testa nel petto si sua sorella, cercando sollievo nel suo abbracciò. Fu allora che la principessa sentì qualcosa che era balzato sulle sue gambe e, alzando la testa da sua sorella, si accorse che si trattava di Lynae. Fino a quel momento, la gattina era rimasta a guardare la sua padroncina che piangeva, senza però rimanere insensibile alle sue lacrime di sofferenza e, alla fine, con un balzo felino eccezionale per la sua giovane età, era salita sulle gambe di Anna, e ora faceva fusa e teneri miagoli per consolarla. Elsa fu sorpresa di vedere una micia nella stanza di sua sorella e fu allora il turno di Olaf spiegare, raccontando come era finita qua quell'adorabile bestiolina. La regina guardò il pupazzo con sorriso e sguardo pieni di gratitudine per aver fatto un cosi grazioso dono alla sua sorellina. Anna, versando ora lacrime di commozione per l’affetto che Lynae provava per lei, allungò tremando la mano verso il batuffolo di pelo, sperando che stavolta il fuoco magico dentro di se non scoppiasse e l’avvolgesse di nuovo in un vortice di collera indomabile. Speranza non vana, fortunatamente. Infatti, le dita della principessa sfiorarono delicatamente della gattina, che ricambiò con un tenero miagolio. Per la prima volta, dopo quello che era successo in quella terribile notte, Anna finalmente riuscì e sorridere verso la piccola amica felina, che le voleva bene davvero, cosi come ne volevano altrettanto anche Elsa, Olaf, Sven e… Kristoff. Anna si chiese nei suoi pensieri se questi poteri infuocati che si celavano nel suo cuore l’avrebbero permessa di rendere più saldo l’amore con Kristoff o se lo avessero infine consumato come un fiammifero. Si chiedeva poi se sarebbe mai stata in grado di domare questo dono, che rischiava di divenite maledizione e se Elsa l’avrebbe mai aiutata in questo terribile compito. Fu Kristoff a richiamare l’attenzione dei presenti, tossendo un poco. Per un istante, Anna pensò che il ragazzo volesse farsi avanti e fare la proposta che aspettava di sentirsela dire da tanto, troppo tempo. Poi però, guardando lo sguardo del montanaro, la principessa capì che, in quel momento, la sua era solo un’idea campata in aria, soprattutto, vista l’attuale situazione.
 
“Scusate, credo che ci sia una cosa importante che vi devo dire, anzi, mostrarvi” il montanaro allora estrasse dalle sue tasche due oggetti. Il primo era un sacchettino di stoffa, chiuso con una cordicella, mentre l’altro era una pietra ovale, liscia, argentata e con una runa arcana incisa in mezzo ad essa. Kristoff appoggio la pietra in pezzo al pavimento, proprio sul tappeto, poi slegò la cordicella che legava il sacchetto e da esso estrasse una manciata di polvere blu, che luccicava come fosse zaffiro. La pietra era stata posizionata con la runa rivolta verso l’alto. Le ragazze, il pupazzo e la micia guardavano perplessi e incuriositi il singolare rituale che Kristoff stava preparando davanti ai loro occhi. Il ragazzo allora lasciò cadere la polvere blu luccicante sopra la pietra argentata. Non appena il pulviscolo dalle sfumature di zaffiro sfiorò la runa, essa iniziò a risplendere di una luce giallognola e la pietra scoppio in un luminoso sbuffo è, in un turbinio scintillante che s’ingrossava sempre più, lasciando di stucco i presenti, apparve in mezzo alla stanza l’immagine incorporea, eppur nitida, di Granpapà. Tutti i presenti, compresso Kristoff, rimassero ammutoliti per lo stupore.
 
“Ragazzo mio, era ora tu evocassi l’incantesimo del miraggio a distanza! Cos'è, un branco di renne ti bloccava il sentiero?” Esclamò Granpapà, rivolgendo al ragazzo una sguardo e un sorriso severo e ironico allo stesso tempo. Kristoff si grattò la nuca con la mano, sorridendo tenuemente dall'imbarazzo.
 
“Mamma mia! Un fantasmaaaa!” gridò spaventato Olaf, correndo a nascondersi sotto al letto per sfuggire da quella figura semitrasparente.
 
“No, buffo pupazzo! In realtà, io sono sempre tra i viventi, quella che vedete è solo la mia immagine immateriale e in questo momento vi sto parlando dalla Valle dei Troll, tramite un incantesimo per poter parlare a distanza!” spiegava il re dei troll, cercando di rincuorare il pupazzo.
 
“Oh, ma allora fatti abbracciare!” esultò Olaf, uscendo da sotto il letto, e cercando, sorridendo, di abbracciare l’intangibile Troll. Il risultato fu che il pupazzo attraverso l’immagine incantata e di cadere in disteso in avanti, perdendo testa, naso e braccia.
 
“Accipicchia, ancora!” sbottò Olaf, cercando di ricomporsi. Persino le due sorelle sedute sul letto non potevano fare almeno di ridere per un attimo a quella spassosa scena. Olaf aveva il dono di far ridere allegramente la gente, anche nei momenti più tristi e sconfortanti.
 
“Quale parte della parola Immateriale non hai capito, Olaf!” disse Kristoff con tono ironico. Anche la magica immagine del re dei troll rise per la comicità del pupazzo, poi rivolse con un sorriso la sua attenzione alle due fanciulle e fece loro un riverente inchino.
 
“Lieto di rivedervi, Regina Elsa e Principessa Anna, anche se questa non è una visita di piacere.” Il Troll, rialzandosi dal suo inchino, s’accorse dei segni sofferenti ancora presenti nel volto di Anna e intuì, facendosi più serio, cosa potesse essere successo.
 
“Hai appena scoperto il tuo segreto, nascosto nei recessi del tuo cuore, vero principessa?” chiese il Granpapà, con sguardo interrogativo e sapente verso la principessa. La ragazza rispose di si, facendo un leggero accenno con la testa. Il troll notò poi che il capelli rossi di Anna erano divenuti più intensi e luminosi, come se fossero le piume di una fenice.
 
“Vedo che anche i tuoi capelli sono cambiati.” fino adesso, i presenti erano troppo preoccupati per l’esperienza terribile che Anna aveva vissuto per rendersi conto del mutamento della sua chioma.
 
“A-Ancora?” sbottò Anna balbettando, mentre passava la mano tra i suoi capelli per vederne meglio il cambiamento. La principessa si ricordò della ciocca dei suoi capelli che era diventata color platino, a causa di un incidente, in cui sua sorella Elsa l’aveva colpita per sbaglio con la sua gelida magia. Un fatto che era accaduto durante la sua infanzia e che gli era stato rimosso dai suoi ricordi dalla magia del sovrano dei troll per proteggerla, fino a quando i poteri di Elsa vennero rivelati durante il giorno della sua incoronazione, gettando Arendelle in un gelido inverno senza fine. Per non parlare di quando, per sbaglio, sua sorella la colpì con il magico ghiaccio il suo cuore, sbiancando i suoi capelli, con il rischio di rimanere congelata per sempre, se non fosse stato per il suo di vero amore nei confronti di Elsa, salvandola dalla lama del crudele Hans. ed ora, i suoi capelli erano divenuti persino più rossi delle fiamme, e stavolta non per il ghiaccio di Elsa, ma a causa del magico fuoco che si era risvegliato improvvisamente nel suo animo. Il troll riprese di nuovo la parola, facendosi più serio che mai:
 
“Regina, principessa e tutti voi presenti… e anche tu.” Granpapà si stava infatti rivolgeva un tenue sorriso verso la piccola micia, che era saltata dal letto e si era avvicinata incuriosita all'immagine magica, cercando inutilmente di sfiorarla con le sue zampine. Poi il troll, rivolgendo i suoi occhi verso le due sorella disse solennemente:
 
“Per spiegarvi cosa sta succedendo veramente, vi dovrò raccontare una storia secolare, che mi è stata raccontata in sogno dai miei antenati qualche notte fa e che riguarda voi e la vera origine dei vostri poteri.”
 
“Tanto tempo fa, nella terra di Arendelle, viveva un buon re e la sua bellissima regina, il cui loro amore era profondo e sincero ed erano beneamati dalla loro gente. A lungo il re e la regina avevano sperato nella nascita di un erede. Un bel giorno, le preghiere e le aspettative dei due sovrani vennero esaudite, e nacque loro una bellissima bambina. Nel regno ci fu grande festa e giubilo per la nascita della primogenita e tutta la gente gioiva per lei. poco tempo dopo però, accade che, senza nemmeno aver compiuto sei mesi di vita, la neonata s’ammalalo di un male senza nome, che gli portava via la voglia di vivere giorno dopo giorno. I suoi genitori, disperati, si rivolsero ad ogni dotto e sapiente del loro regno per salvarla, prima che fosse troppo tardi. Quei uomini di conoscenza non seppero però come porre rimedio al male che affliggeva la piccola. Non riuscirono nemmeno a dare un nome a quel orrendo male, iniziando persino a pensare che si trattasse di uno spirito maligno. I reali genitori stavano quasi per perdere ogni speranza e la loro creatura era ormai sull'orlo di cadere nel sonno infinito, quando una notte d’inverno arrivò davanti alle porte del palazzo, portato dal vento del nord, un vecchio dalle lunghe vesti grigie, con una lunga barba argentata che quasi si confondeva con gli abiti, reggendo in mano solo un lungo, grosso e nodoso bastone di pino e, nell'altra, una piccola scatola di legno. Il vegliardo errante chiese con solenne umiltà di poter conferire con i sovrani, sostenendo di poter guarire la loro piccina. I sapienti però sconsigliarono al re e alla regina di fidarsi e di far entrare alla corte quel vecchio, che nessuno l’aveva mai visto e che poteva avere intenzioni ambigue. Il re e la regina però non li ascoltarono, perché il loro più grande desiderio e quello del popolo era che la piccola primogenita potesse guarire dal terribile male. Il vecchio fu allora portato nella sala del trono, sotto lo sguardo indignato dei dotti, al cospetto dei due sovrani, che lo accolsero pieni di speranza nei loro cuori. Il vecchio, inchinandosi con sincera umiltà davanti al re e alla regina, si presento come un eremita errante, che aveva votato la sua vita, le sue conoscenze e la sua magia bianca al servizio del bene degli altri, che fossero piante, animali e uomini. L’eremita spiegò che, tramite il sussurro del vento tra gli alberi, era venuto a conoscenza del terribile male che attanagliava la vita della neonata reale e che minacciava di spegnerla come un cero. Infine rivelò di possedere la cura a quel male, un dono caduto dalle stelle che avrebbe aiutato la piccola a guarire. Detto ciò, l’eremita mostro ai presenti la scatola di legno, su cui erano incise rune che sembravano provenire dall'alba dei tempi. Il vecchio allora chiese umilmente ai sovrani di condurlo al cospetto della loro creatura afflitta, senza che li seguisse nessuno. I sapienti e i ministri allora protestarono con feroce indignazione, sostenendo che l’eremita era solo un millantatore, o peggio, che fosse un seguace delle arti oscure e che abbia fatto lui stesso una fattura contro la primogenita. Il vecchio, sentendosi insultare in quel modo, si rialzò di scatto dal suo umile inchino e si levò il cappuccio, rivelando una lunghissima e secolare chioma argentata, con uno sguardo severo e maestoso rivolto a quei saggi e ministri che cercavano di screditarlo davanti ai due sovrani. Gli occhi del vecchio eremita, bianchi come il rigido inverno, misserò a nudo l’invidia, l’arroganza e l’ipocrisia di quegli uomini. Il re e la regina, per il bene della loro bambina, non vollero ascoltare altro e accettarono le condizioni dell’eremita, che intanto si era rimesso in testa il cappuccio per celare il suo antico sguardo. I sovrani accompagnarono il vecchio nella stanza della piccola ammalata, senza che nessun’altro li seguisse. Una volta entrati, il vecchio vide, con tenerezza e apprensione sincere, che la piccola, coricata nella sua culla, era quasi sul punto di appassire come un delicato fiorellino che non era ancora sbocciato. Allora il vecchio, sotto lo sguardo di disperata preoccupazione dei due sovrani, aprì la scatola di legno, nella quale era custodita l’unica cura per salvare la loro creatura dal sonno eterno, e ne mostrò il contenuto. I re e la regina rimassero sorpresi e meravigliati nel vedere che all'interno della scatola c’erano due piccole gemme che splendevano fulgide, come se ognuna di loro celasse al suo interno la luce di una stella. Avevano le dimensioni e la forma di due delicati semi di rosa. Una era azzurra come il ghiaccio ed emanava un fresco confortante. L’altra era rossa simile al fuoco, che emanava un calore che dava speranza. L’eremita iniziò a raccontare ai due sovrani che queste preziose pietre erano scese una notte dal cielo stellato, tramite una dorata come a due code, proprio nella radura di una sperduta foresta e lui stesso le aveva raccolte un attimo dopo, intuendo la loro natura magica e benevola. Il vecchio rivelò infine che, se messe sul petto della piccina, le due gemme si sarebbero fuse nel suo animo e l’avrebbero liberata dal suo terribile male. Detto questo, l’eremita s’avvicinò alla culla della piccolina che, anche era ancora viva, era terribilmente immobile e silente. Il vecchio prese dal piccolo scrigno di legno i due semi splendenti venuti dal cielo notturno e li depositò dolcemente sul petto della piccina. La neonata fu allora avvolta improvvisamente da un aura che si fondeva con il bianco e il dorato e le due gemme incantate penetrarono sotto forma di vapore scintillante nel suo corpo, fino a fondersi con ogni parte del suo essere. I due sovrani rimassero incredibilmente di stucco, mentre laura che avvolgeva la piccola s’attenuava fino a scomparire. Fu allora che dal corpo della neonata fu espulso un miasma nero che prese la forma di un globo sospeso nell'aria, con due rossi che ardevano furiosi per la sconfitta che gli era stata inflitta dall'eremita. Quell'essere nero era infatti il male che aveva minacciato fino adesso di far appassire la vita della piccina. Lesto, l’eremita colpì il globo fumoso e maligno con il suo robusto bastone, mentre recitava una formula in una lingua primordiale. Cosi facendo, l’essere maligno fu per sempre esiliato nella terra delle ombre, dove sarebbe stato imprigionato e non avrebbe mai più minacciare nessuno. La piccola era finalmente guarita e iniziò a ridere allegramente. Il vecchio con un tenero sorriso sulla bocca, prese dolcemente in braccio la neonata, che lo guardavano gioiosamente, come se lo vedesse come una specie di nonno. L’eremita, felice di aver aiutato a salvato la piccina, la consegnò delicatamente tra le braccia dei suoi genitori, che non smettevano di piangere dalla gioia e dalla commozione. I due sovrani ringraziarono caldamente per il miracolo che aveva compiuto per la loro dolce creatura. Il vecchio replicò che in realtà il merita era dovuto alle due gemme che si erano unite nel cuore della bambina per salvargli la vita. I due sovrani insistettero comunque per ringraziare l’eremita, offrendogli di realizzare qualunque desiderio lui volesse. Il vecchio desiderò allora che i due sovrani ascoltassero attentamente quando stava per dire, riguardo proprio alla bambina e alla natura mistica delle due gemme che si erano ormai legate nel suo cuore per tutta la sua vita. L’eremita spiegò infatti che all'interno di ognuno di quei due semi, divenuti ormai essenza vitale per la piccola, custodiva un potere sopito. Uno era l’essenza primordiale del ghiaccio, l’altro del fuoco. In quei due poteri dormienti, uniti e divisi allo stesso tempo, sarebbero stati silenti per tutta la vita della piccina, per poi passare ai suoi discendenti e cosi via, per molte generazioni. Intanto i due poteri gemelli sarebbero cresciuti, senza mai dare segno della loro presenza, almeno fino a quando non sarebbe giunto il momento. Infatti l’eremita profetizzo ai due sovrani che un giorno, dalla discendenza della loro primogenita, sarebbero infine nate due fanciulle, che avrebbero infine risvegliato, ormai pronto, il potere delle gemme di ghiaccio e fuoco. La prima sarebbe nata con il potere del ghiaccio, mentre la seconda con quello del fuoco. Queste due fanciulle, spiegò l’eremita, avrebbero avuto un giorno il compito di respingere un antico male, che sarebbe emerso dalle viscere della sua oscura prigione e avrebbe minacciato di avvolgere nelle spire di una notte senza fine il mondo intero. Solo se le due prescelte avessero combattuto insieme, sarebbero riuscite ad illuminare con ghiaccio e fuoco le tenebre, distruggendo per sempre l’immonda bestia dell’oscurità. Il re e la regina rimassero sbigottiti  spaventati da tale rivelazione, ma l’eremita li rassicurò, dicendo loro che ciò che aveva appena rivelato sarebbero accaduto fra moltissimo tempo e che le due fanciulle della profezia sarebbero state in grado di compiere il loro destino, con il ghiaccio, con il fuoco e con la loro volontà. Poi il vecchio eremita fece promettere ai due sovrani di non rivelare mai a nessuno, nemmeno alla loro bambina di quando avesse profetizzato. Il re e la regina compresero l’importanza della richiesta dell’eremita e giurarono sul loro onore che avrebbero portato questo segreto nel riposo eterno. Poi l’eremita alzò il suo bastone e, pronunciando una misteriosa formula, fece dimenticare a tutti, ovvero agli abitanti del regno, ai dotti, ai ministri, alle guardie e persino alla neonata di quando fosse successo quella notte, eccetto i due sovrani. Questo perché l’eremita aveva fiducia nel loro giuramento e sapeva che non lo avrebbero fai infranto. Tutti, eccetto i due regnanti, dimenticarono l’eremita e persino il male che si era impossessato della neonata. L’eremita disse addio ai due sovrani e augurò lunga vita alla loro figlioletta e ai suoi discendenti, poi evocò il vento del nord, che lo fece sparire dalla stanza della piccina, senza lasciare traccia. Dell’eremita non si seppe più niente, come se fosse sparito dal mondo in quella stessa notte. L’intero regno, per magia dell’eremita, aveva ormai dimenticato del morbo che aveva minacciato la figlia del re e della regina. I Sovrani restarono fedeli alla loro promessa, fino alla fine dei loro giorni, mantenendo il segreto sui due poteri dormienti, legati ormai da un vincolo mistico nell'anima della figliola e dei suoi discendenti, dai quali sarebbero nate due nobili e coraggiose fanciulle che, in nome del ghiaccio, del fuoco e della luce, avrebbero scacciato per sempre le tenebre che avrebbero un giorno minacciato il mondo.”
 
Tutti i presenti restarono stupiti per ciò che Granpapà aveva appena finito di raccontato.
 
“Aspetta… questo vuol dire che la primogenita dei sovrani del racconto era…” iniziò a dire Elsa, con voce sbigottita e incredula, che venne interrotta dal troll dalla criniera scura dorata, con voce solenne e grave:
 
“Si, regina… quella bambina che l’eremita aveva salvato… infondendogli nel suo spirito le due gemme di ghiaccio e fuoco venute dalle stelle… era una vostra antenata…” 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: DoctorFez1988