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Autore: Blue Fruit    16/02/2014    4 recensioni
Kurt Hummel è il ragazzo perso che tutti vedono, ma di cui nessuno si preoccupa.
E' il ragazzo intelligente, ma che non ha nessuna possibilità di dimostrarlo.
E' il ragazzo che non ha un posto nel mondo e nessuna speranza di trovarlo.
La famiglia Anderson deciderà di dargli una possibilità, perchè ognuno di noi ne merita una.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Puck/Quinn
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Buona domenica gente! :D
Ecco qui il primo vero capitolo di The Lost Boy, buona lettura :)


Capitolo I
Il Mio Mondo

 
 
“Buongiorno, Kurt.” Sospirò Derek, nel rivederlo il mattino seguente.
 
Il ragazzo salì in macchina e gli rivolse un sguardo per niente amichevole:
“Credevi veramente che quel tizio mi avrebbe tenuto in casa sua per un po’?!”
 
“No, non ci ho creduto neanche per un secondo. Però l’ho sperato ragazzo, puoi farmene una colpa?”
 
Nella sua voce si poteva perfettamente cogliere il reale dispiacere per Kurt e la sua situazione, ma la reazione di quest’ultimo non riuscì ad essere delle migliori.
Kurt cominciò a sentire una forte sensazione di rabbia montargli dentro e fargli venire voglia di urlare, tirare un calcio a qualcosa o insultare per bene quell’idiota, Derek e il mondo intero.
Chiuse gli occhi e tentò di respirare affondo.
In queste situazioni Kurt non aveva il pieno controllo delle sue emozioni e questo lo faceva stare male, ma non riusciva proprio a fare diversamente.
 
Succedeva ogni volta in cui Derek lo andava a ritirare dall’ennesima casa provvisoria per riportarlo alla comunità.
Kurt pensava che fosse perché, anche se non era stato rifiutato per colpa sua, questa cosa finiva per farlo sentire un fallito.
Era come se non riuscisse mai ad essere all’altezza delle aspettative, come se non riuscisse ad essere abbastanza per nessuno.
 
A forza di essere sempre abbandonato da tutti finisci per pensare di essere diverso dagli altri, e non in senso buono.
 
Kurt si sentiva come se tutto il suo essere fosse nient’ altro che un’accozzaglia di difetti che nessuno avrebbe mai potuto apprezzare.
Ad un certo punto della sua vita, verso i 13 o 14 anni, si era addirittura convinto di essere un errore vivente, ma la cosa più curiosa era che lo raccontasse a tutti con semplicità e filosofia.
Non era mai stata una persona a cui piacesse piangersi addosso, era piuttosto una di quelle che amava le prese di coscienza.
 
Crescendo era diventato molto più sfuggente e pacato, poco incline a raccontare agli altri il suo stato d’animo o i suoi sentimenti.
Mostrava di sé solo ciò che all’occorrenza poteva tornargli utile, andando fiero della sua intelligenza e coltivandola con passione.
 
“Dovresti smetterla di illuderti…” Rispose infine, cercando di dominare la rabbia.
 
“C’è Martha alla Casa questa mattina, ha chiesto di te.” Cambiò prontamente discorso Derek.
 
“Avevamo in programma una discussione su Shakespeare.” Stette al gioco Kurt.
 


 
Una volta riportato lo zaino vicino al suo letto, Kurt scese di sotto con in mano la sua copia di ‘Sogno di una Notte di Mezza Estate’.
Passò nell’ampio salotto per salutare i tre ragazzini più piccoli: Samuel aveva sei anni, Miky sette e Cassidy era ormai prossima a compierne sei.
Stavano giocando sul pavimento con i loro pupazzetti preferiti, ma quando videro Kurt fecero tutti uno scatto verso di lui.
“Ciao Kurt!” I piccoli gli saltarono in braccio.
 
“Ciao ragazzi, come state?”
 
“Perché ieri non c’eri?” Chiese Cassidy.
 
“Eri a casa di qualcuno?” Domandò Samuel.
 
“Sì, ma non era una persona molto simpatica.” Rispose Kurt, dando una carezza ad ognuno.
 
Avrebbe potuto essere definito da tutti come una persona poco affettuosa o ben poco altruista, ma solo perché chi aveva l’obbligo lavorativo di sintetizzare la sua personalità in poche righe aveva scritto questo sulla sua cartella personale, senza conoscerlo affatto.
Kurt invece era una persona profondamente sensibile, solo che non amava mostrarlo a tutti.
Faceva di tutto per rendere la vita di quei bambini la migliore possibile, perché sapeva cosa volesse dire avere la loro età e ritrovarsi senza genitori.
Si prendeva cura di loro come un fratello maggiore e pretendeva di conoscere ognuna delle persone che si offrivano di prenderli in affidamento.
Non erano ancora così grandi, per loro c’era ancora qualche speranza di trovare una nuova famiglia.
 
“Mi aiuterai a finire i compiti delle vacanze? Ieri ho provato a farli, ma erano difficili.” Chiese Miky.
 
“Certo, dopo ti darò una mano. Ora tornate pure a giocare, è sabato mattina e non è il momento di pensare alla scuola.”
Kurt li accompagnò sul tappeto e li lasciò giocare tranquilli.
 
Decise a questo punto di passare a fare un salto anche in cucina, dove di certo avrebbe già trovato Maddy intenta a preparare qualcosa.
 
Maddy era una dolce pensionata sulla sessantina che si occupava di cucinare ogni giorno per gli abitanti della Casa.
Non aveva mai chiesto nulla in cambio e anzi, cercava sempre di rendersi utile in altri mille modi.
Tutti i ragazzi la chiamavamo nonna e lei sembrava non dispiacersene affatto.
L’unico ancora restio dopo così tanti anni a rivolgersi a lei con quell’appellativo era proprio Kurt.
 
“Buongiorno Maddy!” Esordì lui entrando in cucina.
 
“Oh, buongiorno caro! Già di ritorno? Non che mi dispiaccia ovviamente, ma… Bè, speravo che fosse la volta buona.”
 
“Già, non eri la sola. Serve una mano?”
 
“Sei molto gentile, ma c’è già Quinn con me oggi.” Disse la donna, indicando con un cenno la ragazza bionda dietro di loro.
 
“Ehi, Kurt.” Salutò la ragazza.
 
“Ciao.”
 
Kurt sapeva poche cose su di lei, ma i più piccoli amavano averla intorno e a Maddy un aiuto faceva più che comodo, quindi non aveva mai indagato più di tanto.
Ora però era stata lei direttamente a rivolgergli la parola, così pensò di avere in un certo senso il diritto di porle qualche domanda.
 
“Come fai a sapere il mio nome? Di solito voi mi chiamate il ragazzo perso.” Chiese allora lui, riferendosi al nomignolo con cui di solito i ragazzi di Lima della sua età lo definivano.
 
“Non siamo tutti uguali, attento a non generalizzare.” Rispose Quinn, portandosi sulla difensiva.
 
“Chiedevo soltanto.” Minimizzò Kurt.
 
“La prossima volta chiedilo a Puckerman. Anche lui viene spesso qui, no?” Chiese la ragazza con finta non curanza.
 
“Lo farò.” Rispose semplicemente Kurt, cercando di non mostrarsi incuriosito da quella nuova rivelazione.
Come faceva quella biondina a conoscere Puck, e come mai quest’ultimo le avrebbe raccontato della Casa?
Avrebbe di certo chiesto delucidazioni a Noah.
 
“Devo andare, la signora Anderson mi aspetta. A dopo Maddy! Ci si vede, Quinn.” Tagliò corto Kurt, dirigendosi verso il piano superiore.
 
 


 
“Ciao Kurt.” Gli sorrise gentilmente Martha.
La signora Anderson non usava mai sorrisi tirati o di circostanza.
 
“Buongiorno.” Rispose Kurt, muovendo appena i lati delle labbra.
Poteva sembrare un ragazzo sicuro di sé, ma davanti al buon cuore, alla gentilezza e alla cordialità finiva per sentirsi in imbarazzo.
Non era abituato a questo genere di trattamento e aveva dentro di sé il timore di finire per fare qualcosa di sbagliato.
 
“A che punto sei arrivato?”
 
“All’inizio del terzo atto, il punto in cui il gruppo di umili lavoratori si reca nel bosco per dare inizio alle prove dello spettacolo.”
 
“E come ti è sembrata per ora questa lettura?” Chiese curiosa Martha.
Lei adorava ascoltare le impressioni e le idee che la gente si creava leggendo i libri, specialmente quelle di Kurt.
Pensava che solo confrontandosi con altri lettori e condividendo le proprie impressioni con questi si sarebbero potuti realmente cogliere tutti i dettagli e le sfumature di un libro.
Martha adorava ascoltare i pensieri di Kurt perché lui sapeva essere completamente sincero.
Mostrava sempre un’intuizione e una lucidità che non appartenevano a tutti, esprimendo punti di vista innovativi.
 
Di solito i ragazzi di quell’età prima di esprimere i propri pensieri e, perché no? Anche sentimenti, riguardanti un’opera venivano prima infarciti di lunghe spiegazioni degli insegnanti, poi confusi dai vocaboli altisonanti dei libri scolastici.
Nella maggior parte dei casi i ragazzi finivano per studiare a memoria e, cosa ancor più grave, perdersi completamente la vera essenza del libro.
 
“E’ strano.” Iniziò Kurt.
Martha gli sorrise, incoraggiandolo.
 
“Se parli di questo libro con la gente comune quasi tutti ti risponderanno di conoscerlo e ti diranno che è una grandissima opera di Shakespeare, anche se la maggior parte di loro in realtà non l’ha mai neanche letto.”
 
“E’ vero. Questo libro fa parte della cultura di ognuno di noi.” Concordò la signora Anderson.
 
“L’anno scorso però mi ero, come dire… Intrufolato in una classe di letteratura inglese del quarto anno che, casualmente, stava affrontando una lezione su questo libro.
Il professore aveva esordito dicendo che quest’opera viene lodata da tutti, ma che in realtà è una delle opere minori di Shakespeare e che dovrebbe essere accantonata per poter sfar spazio a quelle più mature.”
 
“Penso che tu sia l’unico adolescente che senta il bisogno di imbucarsi ad una lezione di letteratura inglese.” Martha si sciolse in un sorriso molto tenero.
 
“Oh. Ehm, sì… Suppongo di sì.” Kurt arrossì fino alla punta del naso, ma cercò subito di ricomporsi.
 
“Comunque:
Io credo che il passare del tempo, aiutato dal fatto che di questo libro si parli, ma non lo si legga, abbia creato un sacco di discrepanze tra quello che fu il vero intento del libro e l’interpretazione che se ne fa oggi.
Shakespeare, da quello che ho potuto cogliere io, ha voluto creare un’opera comica e leggera, senza però abbandonare il suo genio e le sue grandi capacità letterarie.”
 
“Ottimo punto di vista, Kurt.” Annuì convinta Martha.
 
“E sono convinto che quell’insegnate non abbia mai aperto questo libro, signora Anderson.” Concluse Kurt, in modo volutamente critico e con un tono di disprezzo.
 
La donna rise.
“E’ quello che ho pensato anche io. Però chiamami Martha, per favore. Mi fai sentire più vecchia del dovuto.”
 
“Va bene.” Kurt cercò di abbozzare un sorriso.
 
“Ora perdonami, ma devo scappare. Ho un paio di cose di cui discutere con Derek e il Direttore.” Disse Martha, raccogliendo la sua borsa.
 
“A proposito di cosa?” Chiese Kurt, senza pensarci troppo.
 
“Oh, ma quanto siamo curiosi!” Lo riprese giocosamente la donna.
 
Il ragazzo abbassò lo sguardo:
“Scusi, non era mia intenzione.”
 
“Tranquillo.” Disse Martha, abbassando leggermente il tono di voce e guardandolo negli occhi.
 
Kurt non seppe cogliere il perché di quello sguardo, ma fu così intenso da rimanergli in testa per tutto il resto della giornata.
 

 
L’estate stava ormai giungendo al suo termine, ma alla sera la temperatura nel giardino era ancora piacevole.
Prima di pranzo Kurt aveva parlato con quella testa calda di Will, un ragazzo di 16 anni che combinava almeno un casino al giorno.
Avevano passato il primo pomeriggio a ridipingere la facciata di un edificio che l’adolescente aveva imbrattato la sera prima.
 
“Tu non c’eri e io mi annoiavo.” Si era giustificato Will.
 
“La tua vita non può dipendere da qualcun altro. Sei tu che hai scelto imbrattare questo muro e tu te ne assumerai le conseguenze, non cercare di scaricare la colpa su di me.
Prenditi le tue responsabilità e impegnati, tu sei molto di più di un semplice idiota. Cerca di non dimenticartelo.” Kurt lo disse in tono gelido, ma Will afferrò bene il messaggio.
 
Nel pomeriggio aveva aiutato i più piccoli a finire i compiti, li aveva fatti giocare e aveva aiutato Derek a mettere in ordine alcune pratiche.
Ora che finalmente era sceso il buio Kurt si stava godendo un po’ di riposo, nell’attesa che arrivasse il suo amico Noah.
 
“Ehi, Kurt.” Lo salutò lui.
 
“Ciao. Stavo appunto leggendo di te.”
 
“Eh?!”
 
“In questo libro un personaggio si chiama Puck.” Disse Kurt, sventolando l’ormai sgualcita copia dell’opera di Shakespeare.
 
“Forte! E che tipo di personaggio è?” Puckerman si sedette vicino a Kurt.
 
“E’ un folletto al servizio di Oberon, il Re delle Fate.”
Noah diede sfoggio della sua miglior faccia confusa.
“Non ti facevo un tipo da fantasy.”
 
Kurt rise brevemente.
“Penso che questo sia il miglior commento sull’opera della giornata.
Comunque, ho delle domande da farti.”
 
“Spara!” Disse con fare partecipe Puck.
 
“Tu conosci Quinn Fabray?”
 
Noah si bloccò un secondo, mettendosi sulla difensiva.
“Sì, siamo stati insieme al secondo anno.”
 
“E siete ancora in buoni rapporti?” Continuò Kurt, deciso a prendersi le informazioni che voleva.
 
“Frequentiamo il Glee Club insieme, parliamo e usciamo come normali amici.
Perché tutto questo interessamento?”
 
“Anche lei viene qui.”
 
“Sì, lo so.”
 
“E lei sa che tu vieni qui la sera.”
 
“Dove vuoi arrivare, Kurt?” Chiese Puck, confuso.
 
“Mi avevi detto che nessuno avrebbe dovuto sapere di queste tue visite alla Casa.”
 
“Oh.” Puck finalmente ci arrivò.
 
“Vuoi capire perché lei sa?” Chiese allora Noah, facendosi triste.
Kurt annuì deciso.
 
“Non è la solita bella principessina a cui tutto è dovuto, è molto intelligente e sa cosa vuol dire soffrire.”
 
“Ok, penso che possa bastarmi.”
 
“Quest’anno sarai un po’ più presente a scuola o sarai sempre il solito ragazzo perso?” Cambiò discorso Puck.
 
“Penso che continuerò a farmi gli affari miei.”
 
“Ci servirebbe un nuovo componente al Glee.”
 
“Aaaah, Noah! Non ricominciare con questa storia del Glee Club. Non ho intenzione di prendermi un impegno simile e di mettermi in mostra.”
 
“Ma potresti farti degli amici, essere più partecipe alla vita lì a scuola. Molti non sanno neanche che esisti.”
 
“Ed è quello che voglio Puck, non ti preoccupare per me.
Cantiamo qualcosa per i più piccoli?” Chiese Kurt, indicando la chitarra che Puck aveva portato con sé.
“Certo.”
 
La voce di Puck, potente e piena, contrastava con quella acuta e impegnativa di Kurt, ma insieme si amalgamavano perfettamente.
Quelle poche canzoni portavano sempre ad un vero e proprio karaoke in cui tutti, Maddy e Darek compresi, cantavano allegramente.
 
Tra poco meno di un mese sarebbe di nuovo iniziata la scuola e a quel punto Kurt non avrebbe più potuto dedicare così tanto tempo a quei piccoletti.
 



Voglio ringraziare tanto: Leana, Giin, C h a r l o t e Joan Douglas per aver commentato il capitolo precedente. Il fatto che abbiate recensito dicendomi le vostre impressioni mi ha fatta sentire più sicura e ha scacciato un bel po' di pippe mentali inutili, grazie :)
Ringrazio anche tutte quelle belle personcine che l'hanno inserita nelle seguite, preferite e ricordate, non me lo aspettavo. Grazie per la fiducia :)
In questo capitolo compare la figura di Martha, un personaggio con un cognome molto significativo che avrà un gran ruolo in questa storia. Vi ho descritto anche un'altra parte fondamentale del carattere di Kurt, che più o meno completa la sua personalità in questa storia.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate :)

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Alla prossima domenica gente, buona settimana! :D

   
 
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