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Autore: Luine    16/02/2014    2 recensioni
[…] qualcosa diceva a Bloom che non era così e che la minaccia che stava incombendo su di loro non era terrestre, ma magica e non erano gli Stregoni. Qualcosa di più antico e più familiare. Non sapeva come poteva avere questa sensazione, ma preferiva scoprirlo nelle sembianze di una fata,[...]
Un nuovo nemico minaccia Alfea e la Terra, Roxy è stata attaccata e solo lo Scettro di Domino può salvarla. Cosa accadrà? E chi è il nuovo nemico delle Winx? Scopritelo leggendo!
(Ambientata tra le puntate 13 e 14 della quarta serie)
Fanfiction vincitrice dei premi Best Long Fic e Best Work-In-Progress nel Ventinovesimo Turno di Never Ending Story Awards
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oritel, Roxy, Specialisti, Winx
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 20

L'eredità


Bloom aveva provocato il caos. Il fuoco del drago si era dipanato nell'hangar come un inferno, le fiamme si alzavano e abbassavano e si contorcevano tutto intorno alla grande piattaforma sopra la quale si trovava Maestral, che ne fu avviluppato come da un enorme serpente che inseguiva e inghiottiva ogni cosa tentasse di opporsi ad esso. Alcuni dei soldati furono inseguiti e fuggirono, la maggior parte di loro venne travolto dall'essenza del Drago che Bloom aveva liberato e imprigionato al suo interno, come in una gabbia dalle sbarre di fuoco.

Lei e le sue amiche si ritrovarono libere, Tecna prese di peso Stella; Bloom afferrò Terchibald e Tony il quale, in uno slancio di lucidità e coraggio, prese il comandante Adalhard per le ascelle.

Volarono in alto, schivando le fiamme che i soldati di Flabrum, detentori del potere del Vento, non potevano contrastare.

Maestral, rinchiuso in un anello di fuoco impenetrabile, non riuscì a contrastare il potere del Fuoco del Drago e tutto ciò che riuscì a fare fu di alimentare le fiamme voraci.

Le fate volarono via da tutto quello, di nuovo verso l'esterno, verso la libertà. Avrebbero preso da qualche altra parte una navetta e sarebbero andate a Domino, dove re Oritel le stava sicuramente aspettando da troppo tempo. Bloom si chiedeva quanto suo padre potesse essere preoccupato e anche quanto tempo sarebbe passato prima che tutto tornasse normale, si domandava se Roxy fosse ancora viva, se tutti gli altri stessero bene e come se la stessero cavando con la spia di Alfea. Tutto sembrava dover volgere al peggio. Era in ansia e niente riusciva a farle provare un po' di sollievo, soprattutto perché pensava che Stella era sotto l'influsso di una Furia a causa sua.

Si fermarono su un isolotto che si librava a mezz'aria sulla loro traiettoria, mentre da lontano guardavano le fiamme alte che ancora imperversava sull'altro isolotto. Quello su cui erano finite era una zona boscosa e rocciosa, dove le fronde degli alberi ricadevano come quelle dei salici per nasconderle alla vista.

«Non durerà a lungo.» sospirò Terchibald che Bloom librò con la magia per non buttarlo a terra come un sacco di patate. Lo stesso fece con Tony e Adalhard. «Non possiamo stare qui.»

«Dobbiamo curare le vostre ferite e poi proteggere Stella!» dichiarò Bloom, categorica. Non se ne sarebbe andata senza aver curato il comandante delle guardie e la sua amica.

Ma proprio mentre stava rimuginando su questo, alla magia di contenimento che aveva compiuto Faragonda su Roxy e al modo di farla su Stella, questa si svegliò con un gemito.

«Stella!»

«Stella?» ripeté, stupidamente, Tecna, guardando la sua amica.

La fata del sole e della luna era mezza intontita tra le braccia di Tecna, distesa a terra, sull'erba fresca di rugiada. «Uh?» chiese. «Che è successo? Dove siamo?» si guardò intorno, spaesata, ancora mezza intontita dal sonno indotto.

«Stella!» gridò ancora Bloom e le si gettò al collo, con gli occhi colmi di lacrime per la commozione. «Oh, Stella, credevo che le Furie ti avessero preso!»

«Ehi, Bloom, piano! La mia messa in piega!»

Era Stella e stava benissimo, di questo furono ben presto tutte persuase. Adesso, la fata del sole e della luna guardava verso l'inferno di fuoco e fiamme che era diventato l'hangar dove Maestral aveva fatto quel discorso folle e privo di senso e che ancora si poteva vedere attraverso la muraglia di foglie.

«Ma che è successo?» domandò Stella, confusa. «Quanto tempo sono stata addormentata?» e guardò Terchibald e Adalhard, trovando entrambi particolarmente sconvolti. «Ma quello non è quell'antipatico comandante? Che cosa gli è successo? E voi! Bloom! Sto ancora sognando? Bloom!» si alzò di scatto e sgranò gli occhi. «Ma che... cosa... sto sognando? Ora mi direte che ci sono i saldi e...»

«Ti spiegheremo tutto dopo. Ce la fai a...» Tecna non riuscì a finire di chiederle se ce la facesse a volare che subito Stella si liberò di lei e la guardò come se si accorgesse della sua esistenza solo in quel momento prima di gettarsi tra le braccia di Bloom, stringendola con vigore.

«Bloom tu sei viva!» gridò, tra le lacrime. «Oh, amica mia! Tu sapessi come sono stata in pena! Stai bene!»

«Sì, Stella, sto bene!» esclamò Bloom.

«Stupida amica mia! Ti sei fatta prendere dalle Furie invece di cercare una soluzione! Sciocca sciocca sciocca!» la chiamava così, ma intanto la abbracciava con tutta la foga del mondo e per un po' l'unica cosa udibile fu la sua voce acuta che continuava a dare a Bloom della sciocca. Poi Stella allungò le braccia per guardare la sua migliore amica e capire se era veramente lei o solo un parto della sua mente.

«Mi hai salvata tu, Stella.» le disse Bloom.

«Io?» la fata sembrò piuttosto stupita.

«Sì, mi hai strappato alle Furie proprio quando ne avevo bisogno, con le sensazioni di cui avevo bisogno! Come... come hai fatto?»

Stella si grattò la testa. «Ecco... è una cosa strana.» e dicendo così distolse lo sguardo. «Credevo che fosse un sogno, ma...»

«Che cosa?» si interessò Tecna.

«Beh, ti ricordi quando abbiamo parlato della nebbia che ricopre il pianeta? Tu hai fatto uno dei tuoi soliti blabla, hai detto qualcosa a proposito del Vortice dei Venti e... lo ricordi, Tecna?»

La fata della tecnologia cercò di rimuginare, ignorando il riferimento ai blabla, così come li chiamava Stella. Lei, dopotutto, non parlava a vanvera, ma diceva solo cose logicissime degne di tutte le attenzioni possibili. «E allora?» si limitò a rispondere, quando si rese conto che non vedeva nessun nesso con quello che era successo.

«E allora io credo di essere stata là sotto!»

«Là sotto dove?»

«Sotto la nebbia!» esclamò Stella, come se tutti avessero dovuto capire.

«Tu non sei stata là sotto.» replicò Tecna. «Sei rimasta con noi per tutto il tempo. Sei stata qui.»

Bloom tentò di andare incontro a Stella. «Sì, ma le Furie combattono dentro di noi, giusto?»

«Sì, suppongo di sì.» rispose la fata della tecnologia, non proprio convinta.

«E allora non è possibile che Stella...»

Tecna si grattò il mento, cercando la risposta alla domanda. «In realtà,» disse dopo qualche attimo. «non credo che sia equivalente. Cerchiamo di vederla da un punto di vista razionale: se la Furia entra dentro la mente e il cuore della fata, allora la fata combatte dentro di sé, dunque vedendola sempre dal solito punto di vista, il fatto che Stella dica che è stata sotto la nebbia di Flabrum non ha nessun senso, perché implicherebbe che lei... si è spostata da qualche altra parte.»

«E perché non potrebbe essere?» domandò Bloom.

«Come avrebbe fatto?»

«Non lo so!»

«Appunto non credo lei possa averlo fatto, a meno che non ci sia stato qualcuno che l'abbia aiutata dall'esterno.»

«Per esempio chi?» volle sapere Stella, confusa.

«Stella, sei tu che hai detto che sei stata laggiù...» proruppe Tecna. «Dovresti saperlo tu.»

Ma Stella non sapeva niente e nemmeno aveva capito un'acca di quello di cui parlavano le sue amiche. Il silenzio calò pesante tra di loro e permeò a lungo lo spiazzo erboso. All'esterno, avevano cominciato a suonare degli allarmi che si propagavano attraverso le correnti visibili del pianeta e che sembravano voler riempire tutto il mondo con il loro suono odioso e penetrante.

«Beh,» commentò Bloom, guardando quel cielo così particolare. «è meglio che mi occupi delle ferite del comandante. Se vi viene in mente qualcosa, ditemelo subito!»

Si allontanò per compiere la sua magia di guarigione. Non fu un processo lento, ma parve durare un'eternità. Tecna, mentre pensava a cosa potesse essere successo realmente a Stella, si piazzò in un punto coperto per guardare fuori e capire da dove i nemici sarebbero arrivati, cercando di raccapezzarsi di tutto quello che era successo a loro e a lei. Il capitano Terchibald fu l'unico che seguiva il suo esempio: quell'isola era il rifugio più ovvio dove chiunque si sarebbe nascosto e il primo luogo in cui un inseguitore sarebbe andato a cercare.

Tony si era seduto su una roccia e si teneva le mani nei capelli e i gomiti sulle ginocchia, il viso che tradiva tutta la propria disperazione. «Non mi vorranno mai per il saggio degli Specialisti.» diceva, tra le lacrime. «Sono una frana! Codatorta mi farà espellere alla prima occasione, altro che saggio!»

«Perché dici così?» domandò Tecna, dal suo posto rialzato. «Sei stato coraggioso.»

«Sì, Terchi è sicuramente d'accordo.» replicò Stella, facendo un cenno verso il capitano di Flabrum il quale, sentendosi chiamare in quel modo le lanciò solo una breve occhiata omicida.

«Ma io... non ci saremmo trovati nei guai, se fossi stato un pilota migliore!» protestò Tony. «Codatorta mi diceva che ero bravo, ma con me vicino sembra che le strumentazioni impazziscano. Io faccio di tutto per impegnarmi, ma come mi muovo... puf... faccio un gran pasticcio! Non mi diplomerò mai se continuo in questo modo!»

Tecna sospirò. «Sono certa che, se ti impegnerai al massimo, ce la farai. Devi solo avere fiducia in te!»

Tony arrossì. «Signorina Tecna... tu... tu sei una ragazza speciale.»

«Sì, sì! Specialissima!» esclamò Stella, sogghignando e, per questo, si beccò un'occhiataccia anche da parte della fata della tecnologia. Allora distolse lo sguardo e incrociò quello di Adalhard che, grazie alle cure di Bloom, si stava riprendendo in fretta.

Fu nel guardare lui che ricordò qualcosa, come in un lampo, un sogno che aveva fatto, ma che sapeva non essere altro che la pura verità. Quando era stata presa dalle Furie, aveva liberato tutte e aveva anche incontrato una persona...

«Ragazze!» gridò, improvvisamente, facendo trasalire tutti e beccandosi le maledizioni a mezza bocca del capitano che continuava a guardare fuori sempre più preoccupato. Lei balzò in piedi, nel mentre Bloom era ancora impegnata a rimarginare le ultime ferite di Adalhard, la cui espressione non era cambiata. Era sofferente, ma per altri motivi rispetto a prima, quando aveva prevalso il dolore fisico. «Non c'è un minuto da perdere! Non crederete mai a quello che sto per dirvi!»

Bloom corrugò la fronte, perplessa. «Che cosa? Ti sei ricordata?»

«Sì! Sì! Sì!» esclamò eccitata la fata del sole e della luna.

«Di che cosa parli?» volle sapere Tecna, avvicinandosi anche lei.

«Auster!» gridò Stella, saltellando e guardando però prima Adalhard e poi Terchibald. «La regina di Flabrum è viva!»

Per un momento, quello che seguì a questa frase fu un silenzio sgomento.

«Auster sarebbe...» borbottò poi Adalhard, prima di abbassare lo sguardo sulle proprie gambe distese. «Non è possibile, giovane fata.»

«Non mi sembra un argomento su cui scherzare!» sbottò, invece, Terchibald, molto meno pacato del fratello.

«Stella, che stai dicendo?» domandò Tecna, facendosi severa. «Auster è morta. Credo che il capitano abbia ragione nel dire che...»

«No, no!» Stella scosse la testa. «Mi dovete credere! Io l'ho vista! L'ho vista nella mia testa, cioè... non è così davvero. Mi sono ricordata che c'era lei nel mio sogno e mi diceva che dovevo salvare Zephiro. Era lì, vi dico! Là sotto!» e puntò il dito verso terra, intendendo però sotto la nebbia che ricopriva il pianeta.

Bloom e Tecna si scambiarono uno sguardo preoccupato. Non le credevano, pensavano che fosse ancora confusa per via delle Furie, che avevano distorto la sua realtà.

«Dico la verità!» gridò Stella, esasperata. «Vi dico che Auster è lì!»

Terchibald scosse la testa. «Principessa, credo che tu abbia sentito delle storie che riguardano la morte di Auster. Il corpo della regina fu gettato, in segno di disprezzo, proprio nella nebbia dove tu dici di averla vista.» disse, piano, come se parlando più forte potesse profanare un luogo sacro. «Hai solo rielaborato in un sogno ciò che sapevi nella veglia.»

«Sì, ha senso.» replicò Tecna. «Stella, non sappiamo neanche se ti sei davvero estratta dal tuo corpo. Ti ho già spiegato che...»

«Ci avessi capito qualcosa!» sbottò Stella, irritata. «Vi dico che ho ragione! Vi dico che io sono stata là sotto e che ho visto Auster! Perché non mi credete? Vi dico che ho visto Auster! L'ho vista ed era reale come voi e me in questo momento! Perché non mi credete?» Stella guardò implorante da Tecna a Bloom. «Bloom, ti prego! Ho visto anche Musa e Musa è reale o no?»

Le due Winx si scambiarono un'occhiata.

«Dovremmo provare.» disse la fata del fuoco del drago.

«Ma se fosse un'altra delle magie delle Furie?» domandò Tecna. «Non ne sappiamo abbastanza su di loro e...»

Adalhard prese la spalla di Bloom che lo aiutò a rialzarsi. Il comandante aveva sul viso un'espressione dura e risoluta. «Dobbiamo tentare.» dichiarò, in tono solenne. «Se c'è la possibilità che la regina sia ancora viva, dobbiamo accertarcene personalmente.»

«Ma, fratello,» replicò Terchibald, cercando di assumere un tono ragionevole. «non abbiamo nessuna garanzia che...»

«Che scelta abbiamo?» lo interruppe l'altro. «la principessa di Solaria è sicura! E non dimenticare che Maestral ha conquistato Flabrum e che sta per catturarci. Che altro possiamo fare, prima che ci riprendano e finiscano il lavoro? E se non saranno loro, saranno le Furie, ma finirà sempre nel solito modo: saremo schiavi o morti. Se anche le probabilità che Auster si trovi lì sotto sono minime, se non nulle, che cosa ci costa tentare? Non esiste più nessuna resistenza, non esiste più nessun pianeta da proteggere. Se la principessa di Solaria ha detto il vero, se Auster è viva, allora il pianeta ha una speranza. In caso contrario, niente cambierebbe. Tanto vale provare. Non abbiamo assolutamente niente da perdere.»

«Ben detto, Addy!» esclamò Stella, eccitata.

Sgomenti, i due soldati di Flabrum la squadrarono come se avesse detto qualcosa di scurrile, poi Terchibald sospirò per la disperazione.

«Ha senso.» esclamò Tecna. «E forse capiremo che cosa ha visto Stella, quando dice di essere stata là sotto.»

«Ma non abbiamo idea di cosa ci sia!» replicò Terchibald, che non abbandonava quel suo irritante tono ragionevole. «Per quanto mi ritrovi d'accordo, per quanto io capisca quanto voi che non abbiamo molta scelta, potremmo ritrovarci chissà dove e a dover affrontare chissà cosa! Potremmo anche liberare qualcosa di più terribile delle Furie, per quel che ne sappiamo! Nessuno si è mai avventurato nella nebbia di Flabrum, nessuno sa che cosa nasconda!»

«E' arrivato il momento di scoprirlo!» dichiarò Bloom, risoluta. «Il comandante Adalhard ha ragione, non possiamo rimanere qui senza fare niente. Finché siamo liberi, non possiamo indugiare.»

In quel momento, Tony si alzò mosso dalla solennità del momento, per mettersi di fronte a Tecna. «Signorina Winx, prima che partiamo per questa missione suicida, ti devo dire una cosa!»

Tecna lo guardò appena appena spaventata. «Ehm... forse... forse potremmo aspettare...»

«No!» dichiarò lui. «Signorina Tecna, io... io... io ti... ti...»

«Non c'è tempo!» replicò Tecna, in preda al panico. «Dobbiamo andare e... me lo dirai più tardi, okay?»

«Ma...»

«Glielo potrai dire mentre andiamo.» dichiarò Stella, in tono pratico. «Perché non lo prendi tra le braccia, e lo trasporti? Io prendo Terchi!»

Il capitano sbuffò per quel nomignolo che Stella aveva capito dargli sui nervi.

A Bloom non rimase che stringere tra le braccia il comandante, il più impaziente di tutti di intraprendere quel viaggio che avrebbe avuto del pericoloso.

Si spostarono volando basso tra le piante di quell'isolotto sospeso a mezz'aria verso il punto più distante dall'hangar, in assoluto silenzio, spaventati di poter essere localizzati da un solo respiro. Gli allarmi avevano smesso di suonare, in compenso erano arrivate delle navette dalla forma affusolata che ricordavano vagamente delle gazze in volo e che si confondevano benissimo col panorama dato dalle nuvole e dal cielo azzurro del primo mattino di Flabrum. Rimasero nascosti, sul ciglio del burrone, guardando un po' in alto e un po' in basso, pronti a scattare non appena le navette avessero cambiato traiettoria.

«Quanto durerà la prigione di fuoco, principessa di Domino?» domandò Adalhard, aggrappato a Bloom.

«Quanto basta. Poi, quando saremo laggiù, avrò bisogno di tutto il mio potere per poter fronteggiare qualunque pericolo vi si nasconda.»

Tony deglutì e si avvinghiò con tutte le forze al collo di Tecna. «I-io farò di tutto per proteggerti, signorina Tecna.» dichiarò, anche se sembrava più un bambino tra le braccia della madre che uno Specialista di Fonterossa.

«Ehm... sì, certo.»

«Sarà un bel tuffo.» commentò Bloom, guardando la nebbia in basso che pareva mulinare come il Vortice dei Venti che, implacabile e terribile, si stagliava in lontananza. Tutte quante sentivano lo stesso crescente sentimento di disagio. «Trattenete il respiro, quando saremo prossimi all'impatto, va bene? Non sappiamo che cosa può aspettarci... siete pronte, ragazze?»

Guardò le sue amiche, fece un cenno di assenso per dare loro il via.

«Winx Speedix!» gridarono tutte insieme. Le ali si trasformarono, guizzavano leste in attesa che le loro padrone le spingessero alla massima velocità possibile. Tony cominciò a trattenere il fiato già da subito, gli altri due si aggrapparono alle fate con risolutezza, senza lasciar trapelare alcun tipo di sentimento.

Quando il cielo fu sgombro e le navette si furono allontanate quel tanto che bastava, Bloom uscì allo scoperto per prima insieme con Adalhard. «Ora!» gridò. E l'attimo dopo si buttò in picchiata, spinta dalle ali Speedix, le sue amiche dietro di lei che guadagnavano terreno. Non erano solo le ali a dare loro velocità, ma anche la gravità e a Bloom sembrava di essere in caduta libera. Più si faceva vicina al muro compatto di nebbia, più questo sembrava diradarsi e le permetteva di percepire la presenza di qualcosa che stava oltre di essa, qualcosa che somigliava ad un terreno dal colore scuro.

L'aria si addensava come succedeva quando, sulla Terra, si saliva sulle montagne, le mancava quasi il respiro e seppe ben presto che anche per Adalhard era lo stesso, se non peggio. Gli chiese mentalmente di resistere, mentre si addentrava sempre di più nella nebbia e non riusciva ad aprire la bocca. Aveva creduto che sarebbe stato come tuffarsi in acqua, ma quella in cui si trovava adesso era davvero nebbia, una nebbia densa che le si stringeva addosso e le si attaccava alla pelle. Non riusciva a tenere gli occhi aperti e dovette strizzarli per poter vedere attraverso di essa.

Il terreno si faceva sempre più vicino, benché non riuscissero a raggiungerlo, ma più scendevano più Bloom si rendeva conto di una cosa: che non c'era nessuna preoccupazione, in lei, che la paura se ne andava, che tutto era perfetto e a posto, niente l'avrebbe attaccata. Sapeva anche che non era una sensazione fallace e quasi tutto insieme percepì dell'altro, come una presenza.

Si fermò di botto, le ali si trasformarono di nuovo, le sue amiche erano ognuna ad un suo fianco. Si guardarono tra di loro. Tecna pareva disorientata, mentre anche Tony non sembrava più tanto spaventato. Si guardava intorno e odorava l'aria intorno a loro come per cercare di capire da dove proveniva un certo odore. Stella era l'unica che sorrideva. «E' proprio qui! Sono stata proprio qui!» diceva, elettrizzata. «Venite, ragazze! So dove dobbiamo andare!»

Tecna e Bloom si lanciarono solo un'occhiata, poi si sbrigarono a seguire la loro amica.

Scesero ancora di qualche metro e si ritrovarono dentro una valle nebbiosa la cui polvere era dorata e scintillò non appena vi posarono sopra i piedi. Le fate si liberarono dei loro fardelli e si guardarono intorno, fissarono la nebbia che era sopra di loro e adesso sembrava un cielo grigio e coperto. L'aria era rarefatta come in montagna e Bloom dovette fare dei profondi respiri per riuscire a non sentire come una certa oppressione sul petto.

«Sei già stata qui, Stella?» le chiese, perplessa.

La fata del sole e della luna si guardò intorno. «Sì, ma non proprio qui... era un posto con più montagne... venite, di qua!» indicando, cominciò a muoversi a piedi.

Di nuovo, Tecna e Bloom si scambiarono un'occhiata e la seguirono. Tony afferrò uno dei nastri dell'abito di Tecna e le seguì così, infinitamente più tranquillo di come fosse stato dall'inizio della missione, ma era deciso a non perdere di vista neanche per un istante la fata della tecnologia. Gli uomini di Flabrum, invece, si guardavano intorno e sopra le loro teste con l'aria di non aver mai visto niente del genere.

«C'è questo» disse Terchibald ad un certo punto. «sotto Flabrum?»

«Dentro Flabrum.» lo corresse il fratello.

«E' come essere in quella convergenza delle fate.» dichiarò ancora il capitano, mentre le seguivano da vicino, sulle loro proprie gambe. Per loro era molto meglio che volare. «C'è speranza, in questa terra, e una gioia come non credevo di averne mai provata.»

«Sì.» confermò Adalhard. «E consolazione.»

Tecna, che li aveva sentiti, si ritrovò ad annuire tra sé e sé. In quella terra deserta, con il pulviscolo che scintillava come rugiada colpita dai raggi solari c'era un concentrato così vasto di sentimenti positivi che si chiedeva come le Furie potessero sopravvivere. «Perché non abitate queste terre, ma solo gli isolotti al di sopra della nebbia?» domandò.

«Nessuno si è mai avventurato qua sotto e coloro che l'hanno fatto non sono mai tornati.» disse Adalhard. «Qui dovrebbero esserci migliaia di cadaveri e relitti delle navette che hanno provato a sfidare il Vortice dei Venti, ma non vedo niente. È tutto vuoto, pulito, sebbene l'aria sia decisamente irrespirabile. È un luogo associato alla morte, eppure è così... così bello.»

«Forse è facile entrare ma non uscire.» suppose Bloom, guardando Tecna per una conferma.

La fata della tecnologia, però, sembrava solo molto pensierosa. «E' strano... da quello che ho visto era una nebbia molto normale... dovrò fare delle ricerche per essere più sicura, ma qui... quando ho provato a connettermi alla rete globale di Magix non sono riuscita ad accedere. È come se qui non ci fosse campo.»

«Deve essere colpa del Vortice.» disse Terchibald. «Anche la strumentazione di bordo delle nostre navette o dei nostri posti di comando impazzisce letteralmente quando siamo più vicini al dannato Vortice... per questo alcune delle nostre postazioni sono state spostate. Nessuno dei dati che raccoglievamo era affidabile, ogni misurazione quasi impossibile. È possibile che al di sotto della nebbia la sua influenza sia molto maggiore che al di sopra.»

«E' possibile.» ammise Tecna. «Ma... c'è qualcosa di strano.»

«Cosa?» volle sapere Bloom.

«Pensavo alla natura del Vortice. La Dimensione Magica è stata creata dal fuoco del drago.» ricordò Tecna. «E sappiamo anche che la popolazione della Dimensione Magica si è estesa a partire da Domino, giusto?»

«Perché ti metti a fare storia, adesso, Tecna?» le domandò Stella, quasi disperata. «Ti pare il momento? Al solo sentirla mi viene da sbadigliare!» e sbadigliò davvero, se per ostentare noia o perché la noia le fosse venuta davvero nel sentire parlare della storia di Magix, nessuno seppe dirlo. «Accidenti! Dopo la dormita che ho fatto, avrei dovuto essere arzilla e pimpante! E se adesso mi venissero le rughe perché ho dormito troppo? Sarebbe tutta colpa tua, Tecna!»

«Sì, immagino.» tagliò corto la fata della tecnologia, asciutta.

«Insomma,» disse Bloom, per mettere pace. «che stavi dicendo, Tecna?»

«Stavo dicendo che sappiamo che il Vortice è antichissimo e che forse esiste da sempre, ma come ha fatto a popolarsi Flabrum, se così fosse? Anche se fossero esistite delle navette spaziali in grado di viaggiare non erano lontanamente avanzati come quelle odierne e, anche se lo fossero state, non avrebbero avuto molte più possibilità, più di quante ne ha avute la nostra. Sono stati fatti tanti sacrifici, sono morte molte persone, noi siamo sopravvissute per miracolo! E di tutti i testi di storia di volo che si possono leggere, si parla solo di come gli abitanti abbiano fatto diversi tentativi per uscirne, non di entrare. Quello è successo... dopo. Mi spiego?»

«Tu stai dicendo... che il Vortice potrebbe essere venuto dopo la popolazione di Flabrum?» domandò Bloom, perplessa.

Stella sgranò gli occhi. «Dici... dici che è possibile?»

«Sembrerebbe logico pensarla così.»

«In effetti...» mormorò Bloom. «Ma allora... qualcuno avrebbe creato apposta il Vortice.»

«Apposta per che?» volle sapere Stella. E non seppe di aver centrato esattamente il problema.

Tecna si fermò e guardò i flabrumiani che camminavano dietro di loro e che avevano ascoltato ogni parola. «Comandante, cosa sai dirci a questo proposito?»

Adalhard scosse la testa e così fece anche Terchibald subito dopo. «Abbiamo sempre creduto» disse quest'ultimo. «che la gente di Flabrum sia nata qui. Non ci sono state tramandate leggende in proposito di entrate o uscite. Però, in effetti, è strano.»

«Forse avevano trovato il modo di risalire da qui.» propose Stella.

«E non ci è riuscito nessun altro, dopo?» rispose, in tono retorico, Bloom.

«Potrebbe essere.» mormorò Tecna. «Ma voi ci credete? Mi sembra illogico. Forse questo Vortice è stato creato per qualche motivo particolare. Forse doveva proteggere proprio questa valle e...» ad interromperla fu il grido acuto di Tony.

Tutti girarono lo sguardo prima verso di lui e poi verso il suo dito puntato. Qualcosa di scuro e grosso si stagliava all'orizzonte e fu subito chiaro dal suo profilo decisamente contorto che non poteva essere una montagna. «Sembra...» borbottò Tecna, irritata per non essere riuscita a finire quello che aveva da dire, ma allo stesso tempo curiosa di sapere se quello che vedeva era ciò che pensava oppure no.

«Non sembra. È.» confermò Bloom.

«Cos'è?» volle sapere Stella che aveva posato la mano sopra gli occhi, appoggiandola alla fronte come una vedetta in controsole.

«L'Owl che abbiamo perso...» esalò Tony, incredulo.

Fecero più in fretta che poterono.

Non appena furono nei pressi dell'Owl, videro che era ridotto ad un ammasso di macerie o quasi, non c'era modo di salire senza incappare in qualche lamiera, il portellone di apertura pendeva da una parte, inerte e quasi distrutto. Tecna deglutì nel vedere tutto quello, pensando a quanto poco ci sarebbe voluto per fare loro la stessa fine della navetta, ma la sensazione spiacevole passò presto, insieme con un venticello leggero che, accarezzandola, le portò via ogni sgomento. Era tutto molto strano, per lei, molto illogico, niente di quello che provava aveva senso. Sembrava che l'aria stessa le volesse impedire di essere triste.

La fata della tecnologia si guardò intorno e così fece tutto il resto del gruppo. Si trovavano dentro una sorta di cimitero di navicelle spaziali. Non solo l'Owl di Fonterossa, ma anche altre navette fatte in modo diverso, alcune che provenivano da Zenith, altre da Solaria e anche alcune molto più vecchie, ridotte a lastre arrugginite e ammaccate quasi senza più una forma precisa. Solo gli emblemi tipici dei pianeti, sbiaditi e contorti, riuscivano a far capire qualche fosse la loro provenienza. Parecchi di quelli, comunque, erano di Flabrum stesso.

«E' inutile continuare a stare qui.» disse Adalhard. «Principessa di Solaria, sai dove dobbiamo andare?»

Stella si puntò l'indice sul mento, cercando una via. «Non sono proprio passata di qui... c'erano delle montagne, vi dico!»

Terchibald sospirò. «E' tutto inutile. Il pianeta è vasto e potrebbero volerci dei giorni per riuscire a trovare qualunque cosa stiamo cercando. Le Furie potrebbero aver preso il controllo di tutta la Dimensione Magica.»

«Lo pensi davvero?» domandò Tony, stupefatto.

Il capitano dell'Esercito dei Venti si passò una mano dietro la nuca con un certo disagio. «Sì, voglio dire... prima pensavo di sì, ma questo posto mi fa provare una strana speranza. È strano, non trovate anche voi?»

«Sì, anche io ho notato la stessa cosa.» disse Bloom. Non riuscì a finire di parlare, perché Stella le picchiettò la spalla con la punta dell'indice.

«Ecco... come dire... c'è qualcuno laggiù.» e usò lo stesso dito per indicare il punto in cui diceva di aver visto qualcuno. Era un'ombra che si muoveva nella loro direzione, un'ombra alta di cui non si riuscivano a distinguere bene i contorni, che sembrava avvolta in un mantello dalla testa ai piedi e che non faceva niente per nascondersi. Era sicura di sé, forse proprio per lo stesso motivo per cui lo erano loro e non avevano paura: quel luogo impediva loro di provare qualunque sensazione negativa.

«Le andiamo incontro?» propose Tony.

Tecna sapeva che tutto quello che tutto quello che stava succedendo non aveva un senso logico, ma sentiva che non dovevano temere niente da nessuno, sotto quella coltre nebbiosa che ricopriva il pianeta di Flabrum. Perché come in loro ogni emozione negativa veniva spazzata via, allora anche in tutti coloro che abitavano lì la situazione non doveva essere dissimile. Non dovevano avere niente da temere.

«Eppure... mi sembra di riconoscerla...» mormorò Stella, di nuovo posandosi la mano sulla fronte. Rimase per un lungo momento a osservare con tutta l'attenzione possibile, poi lanciò un grido, anche se non era di paura. Riconosceva la persona che li stava raggiungendo a piedi. «È Auster! È Auster!» strillò e spiccò il volo per raggiungerla prima degli altri, lasciandoli indietro, contenta che non fosse un sogno né una fantasia come avevano supposto che fosse. «Ve l'avevo detto!» gridò, fermandosi di fronte alla donna.

Quello che prima avevano preso per un cappuccio, erano in realtà i suoi capelli lunghissimi che le arrivavano quasi fino a terra, ed erano neri con riflessi bluastri dello stesso colore dei suoi occhi grandi.

«Sapevo che saresti tornata.» le disse, con la sua voce melodiosa, la regina di Flabrum.

«Avevo ragione!» tronfia, la fata del sole e della luna si girò per guardare gli altri che correvano verso di lei, Tecna e Bloom volavano davanti al gruppo, Tony come fanalino di coda, i due soldati che correvano, ma Adalhard con maggiore slancio. Quando si fermarono lì di fronte rimasero tutti ammutoliti per un bel po'. Le fate, i soldati e lo Specialista.

Tutti erano impegnati ad osservare la donna che Stella aveva chiamato Auster.

Bloom pensò che fosse una delle fate più belle della Dimensione Magica, i suoi occhi grandi esprimevano una grande intelligenza e la sua bocca piegata in un sorriso debole le fecero capire che era anche una persona buona.

Poi la vide piegare la testa su una spalla e rivolgersi ai due uomini. «Però, Adalhard, ce ne hai messo di tempo.» disse, in tono leggermente canzonatorio.

Il comandante aprì e chiuse la bocca un paio di volte come se cercasse le parole per dire quello che doveva, poi la richiuse definitivamente e abbassò la testa, evidentemente sconfitto.

«Mia regina,» disse Terchibald. «siete... siete davvero voi? Intendo... non siete una specie di allucinazione data da questo posto?»

«No, capitano. Credo di non esserlo. E tu?» rispose, senza perdere il tono lievemente sarcastico.

«Io...» perdendo del tutto la compostezza militare che gli era stata propria fino a quel momento, il capitano si grattò la nuca. «Io non lo so proprio.»

Auster rise, allegra.

«Maestà,» Tecna si fece avanti. «ci perdonerai se siamo tutti un po' frastornati, ma...»

«Io lo sapevo che eri viva, regina Auster!» dichiarò Stella, con aria d'importanza. «Erano loro gli scettici! E siamo venuti fin qui solo perché io ho insistito!»

Bloom ridacchiò. «In realtà, Stella, ricordo bene che è stato Adalhard ad insistere!»

«Ma solo perché io ho detto che Auster era qui!» insistette la fata del sole e della luna. «Nessuno ci avrebbe pensato, regina Auster! Devi credermi!»

La regina rise a sua volta e le posò una mano sulla spalla. «Sì, Stella, ti credo per certo. Solo con la tua determinazione avresti potuto portare due dei migliori soldati di Flabrum qui sotto. Tu e le tue amiche, certo.» e guardò Bloom e Tecna con un moto di profonda gratitudine. «Grazie, ragazze, per tutto quello che state facendo per la Dimensione Magica e per il mio regno.»

«Ma... mia regina,» balbettò Adalhard, come un bambino. «Io... come hai... tu eri... eri morta.»

Auster si girò verso di lui, lo guardò per un lungo momento a osservare con tutta l'attenzione possibile, poi allungò la mano che aveva appoggiato sulla spalla di Stella per porgergliela. «Prendi la mia mano.» gli chiese e lui, ubbidiente, lo fece. In quel momento, quando le loro dita si incrociarono, lui sollevò di nuovo lo sguardo su di lei e allora Stella ridacchiò.

Prese Terchibald, che era rimasto impalato di fianco al fratello, e lo costrinse a fare qualche passo indietro, costringendolo a protestare per quell'imprevisto. «Ma andiamo.» disse Stella, in quello che doveva essere un tono basso, ma che risultò semplicemente acuto. «Non vedi che quei due sono in un momento intimo? E hai visto che faccia da pesce lesso che ha tuo fratello, Terchi?»

Terchibald invece di guardare il fratello piantò, rosso in faccia, gli occhi a terra e lo fecero anche Bloom e Tecna ed entrambe sentirono il bisogno di sospirare per la meraviglia di quel momento di tenerezza. Tony rimase imbambolato quasi non capisse cosa stava succedendo.

«Tra poco Addy si metterà a sbavare.» disse ancora Stella.

«E' per questo che l'ho sposato.» scherzò Auster.

La fata del sole e della luna trasalì. «Che cosa?!» sbraitò subito. «Lui... vuoi dire che lui è...»

«Il padre di Zephiro, sì.» replicò Adalhard, assorto, lasciando andare la mano della regina. E sospirò, scuotendo la testa come se non potesse ancora credere a quel prodigio che gli aveva messo davanti la moglie.

«Quindi...» Stella guardò Terchibald con un certo disgusto, facendo un passo lontano da lui. «quindi tu... sei suo zio...»

Terchibald sollevò un sopracciglio. «Qualcosa in contrario?»

«Mi chiedevo solo perché non ci ho pensato prima. Avrei dovuto sospettarlo. Avete lo stesso caratteraccio!»

«Regina Auster,» si intromise Bloom, cercando di non ridere. «siamo ancora tutti molto confusi su quello che sta succedendo... vorresti spiegarci dove siamo?»

«Già!» esclamò Stella. «Ben detto! E come mai, tu che dovresti essere morta, sei viva?»

Auster sorrise. «A dire il vero, non credo di essere mai morta.»

«Ma come?» farfugliò Adalhard, perplesso. «Noi... noi ti abbiamo...»

«L'unica cosa che qualcuno ha fatto, ritengo, è constatare che non respiravo più, anche se posso confermarvi che non ero morta. Il mio respiro era molto rallentato perché è quello che succede alle fate quando vengono catturate dalle Furie. Voglio raccontarvi tutta la storia quindi, forse, è meglio se ci sediamo. Mettiamoci in cerchio, venite, così potrò guardarvi tutti. Era così tanto tempo che non vedevo delle persone... che ero così sola, senza la possibilità di fare niente per tornare indietro!»

«Oh, no, di nuovo con la storia!» si lamentò Stella.

Ma dopo essersi beccata una gomitata nel fianco da parte di Tecna, non protestò più. E le fate, lo Specialista e i soldati si ritrovarono ben presto a sedere in cerchio. Tony sgomitò tra Tecna e Stella per mettersi in mezzo; ai lati di Auster si sedettero Bloom e Adalhard. Dopo Bloom ci fu Tecna, dopo Stella Terchibald e il cerchio si chiuse. Allora Auster sospirò.

«In che senso non sei più riuscita a tornare indietro?» domandò Tecna, quando tutti furono seduti. «Non ci sono strade per...»

«No, Tecna, non ci sono, ma lascia che ti spieghi esattamente cosa è successo. Credo di dovervi una spiegazione, e a voi più di tutti, Adalhard e Terchibald.»

I due uomini inchinarono il capo in segno di rispetto. Bloom si ritrovò a pensare che sul pianeta dei Venti avevano davvero un grande culto della regina. Credeva che neanche suo padre e sua madre fossero così venerati come lo era Auster.

La regina parlò: «Dovete sapere che Maestral era il mio fratello maggiore, ma che solo una fata può salire al trono di Flabrum come custode della magia dei Venti. È una legge che risale a tempi molto antichi, a prima ancora della fondazione della scuola di Alfea, forse addirittura ai tempi antichi. Comunque, la legge stabilisce anche che, se la regina non dà alla luce una figlia, può passare il trono al suo figlio primogenito e dare a lui il compito di generare una fata che possa essere custode della magia dei Venti, altrimenti è relegato al posto di comandante dell'Esercito del Vento, la carica che, per mio volere, ricopre Adalhard.»

«Ecco perché Maestral ha parlato di...»

Adalhard annuì, tetro.

«L'ha battuto correttamente in una gara di abilità e intelligenza.» disse Terchibald, orgoglioso più del fratello. «La nostra regina indisse una sorta di gioco per permettere a tutti i soldati diplomati all'Accademia di Magia e a Maestral di gareggiare secondo le più eque regole. Maestral fu sconfitto e così Adalhard prese il suo posto.»

«Non gli è mai andata giù.» capì Bloom, pensando allo spettacolo cui avevano assistito nell'hangar molto sopra di loro.

«No, infatti.» confermò Auster. «Mio fratello è sempre stato un tipo vanesio e incapace di rispetto per i suoi sottoposti. Capii che non sarebbe stato un buon capo, né amato e per questo indissi questo torneo. Fu questo che lo portò ad essere un vero e proprio nemico, quasi. Non voleva in nessun modo capire che non l'avevo defraudato dei suoi diritti, ma glieli avevo tolti secondo giustizia. Forse fu colpa mia che lui divenne pazzo. Pensava che i miei tentativi di aprirmi al mondo di Magix fosse una follia, che tutto quello che i nostri padri ci avevano lasciato, la nostra eredità, fosse quella di preservare questo pianeta, incontaminato, chiuso in se stesso. Non mi capacitavo che potesse essere così terribilmente chiuso a riccio su idee che appartenevano al passato. Ho creduto questo per tanto tempo e avevo una paura incontenibile che potesse fare qualcosa contro Zephiro, più che contro di me. Ero sempre più preoccupata, soprattutto perché faceva proseliti tra i soldati di Flabrum, con le sue idee. Così... quando arrivarono le Furie ero impreparata e vulnerabile. Caddi in preda del buio delle Furie e, quando me ne risvegliai... ero qui. Ho vagato per così tanto tempo in queste terre e quando ho visto per la prima volta questi relitti ho capito.» il suo sguardo vagò malinconico tra le lamiere ammaccate appartenenti a vecchie navette ormai inutilizzabili. «Mi trovavo al di sotto delle nebbie di Flabrum, di quel mondo di cui io ero regina e di cui non sapevo niente... e che qui tutto il mondo era pace, senza preoccupazioni di sorta. Nessun sentimento negativo era permesso, veniva spazzato via non appena cominciava ad aggrapparsi a me. C'è qualcosa, qui, di diverso da qualunque altro posto e pian piano, mentre vagavo, trovai gli spiriti.»

«Gli spiriti?» domandò Tecna, dubbiosa.

Auster fece un cenno col capo. «Sì. Sono qui vicino a noi, gli spiriti sono nella nebbia, sono la polvere, sono l'aria che respiriamo. Qui sotto, gli spiriti camminano da centinaia di anni. La loro voce è debole, ma io ero sola e nel silenzio sono riuscita a rendermi conto di tante cose che prima non mi erano sembrate importanti. Si diceva che il contagio delle Furie fosse cominciato su Flabrum, che io fui la prima a venire contagiata, ma non era vero. Trovai altre persone, disperate, andai nel mondo delle Furie portando con me gli spiriti, ma il mio raggio d'azione era limitato alle persone di Flabrum. Nessuna di loro è stata contagiata a lungo, nessuno dei miei soldati né quelli di Maestral hanno avuto un problema in tal senso... quando succedeva, io me ne accorgevo subito ed ero pronta a debellare il potere. E così cominciai a chiedermi... perché su Flabrum c'è questo potere, questo posto? Più viaggiavo e più capivo. Pensavo alla storia di Flabrum e sul perché eravamo un popolo tanto chiuso. E capivo più che mai che, per quanto le argomentazioni di Maestral fossero folli, avevano un fondamento solido e giusto che non avrei dovuto respingere con tanta forza. I nostri antenati ci dissero di rimanere protetti dalla nostra barriera, dal nostro Vortice dei Venti e io capii che era proprio per questo concentrato di sentimenti positivi. In qualche modo, questi antenati avevano fatto sì che questi venissero imprigionati sulla superficie di Flabrum, rendendola però inabitabile e inaccessibile. O meglio, accessibile, ma solo in un verso.»

Tecna trasalì. «Vuol dire che... il Vortice dei Venti è stato creato quindi dopo che la gente di Flabrum vi si stabilisse!»

«Proprio come dicevi prima!» esclamò Bloom.

«Sì! Stavamo parlando proprio di questo e di come il Vortice si fosse formato nei tempi antichi... avevamo supposto che doveva essere stato creato dopo, ma non capivamo a che scopo... questo... questo mette sotto una luce completamente diversa quello che è successo finora! Vuol dire che il Vortice è stato creato per imprigionare i sentimenti positivi!»

«O per proteggerli.» mormorò Auster. «Non dimenticate che l'equilibrio tra bene e male deve essere preservato. Troppo bene o troppo male, se non adeguatamente equilibrati, possono creare il caos.»

«Sì, è la teoria dell'equilibrio che ci insegnano alla prima lezione del primo anno.» rispose Stella, annoiata. «Ma cosa c'entra con questo?»

«Non capisci?» domandò Bloom, perentoria. «Potrebbe essere la spiegazione per cui tanto tempo fa il Vortice fu creato: per sigillare i sentimenti positivi e non permettere che troppo bene o troppo male divenissero predominanti l'uno sull'altro.»

«Ma scusa... allora noi dovremmo venire distrutte immediatamente!» replicò Stella, indignata. «Perché noi facciamo tanto bene!»

«Ma lo fate per riportare l'equilibrio nel mondo.» rispose Auster. «In fondo, voi Winx agite solo quando una grande catastrofe si sta abbattendo su Magix e, in questo caso, sulla Terra. Le Streghe Antenate, Valtor, lord Darkar... pensateci bene, cosa avete fatto voi, più che contrastare il loro potere, essere guardiane di questo equilibrio?»

«Sì, è vero. È un ragionamento perfettamente logico.» rispose Tecna. «Quindi, ammettiamo che questi sentimenti positivi possano neutralizzare le Furie...»

«Non è una semplicemente possibilità.» dichiarò Auster. «E' esattamente ciò che è.»

«Ma... in questo modo...» balbettò Terchibald. «Noi... noi avevamo la soluzione a portata di mano! L'abbiamo sempre avuta!»

Auster scosse la testa. «Non è così semplice. Il Vortice dei Venti è uno scudo impenetrabile. Niente di tutto quello che entra qui può uscirne. Ci ho provato molto e per lungo tempo. Non esistono correnti ascensionali che posso usare per volare via di qui. C'è come una forza magica e irresistibile che mi riporta sempre indietro. E questo, ritengo, significa che chi ha creato il Vortice nei tempi antichi ha messo in conto la possibilità che i sentimenti positivi, se spinti nella giusta direzione, potevano riuscire a liberarsi, sfruttando una di quelle correnti. Se io fossi riuscita a liberarmi, allora ci sarebbero riusciti anche gli spiriti dei sentimenti positivi.»

«E allora come possiamo fare per liberare questo potere?» domandò Bloom. «Se possiamo salvare il mondo di Magix, allora dobbiamo provare tutto e di più. Auster, so che ci hai già pensato prima di noi! A quale conclusione sei arrivata?»

Auster la guardò intensamente e vide nei suoi occhi il potere del fuoco del drago che ardeva, bisognoso di essere liberato. «C'è una sola cosa che potremmo fare, ma il potere di una sola fata non basta, il mio non basta.» disse.

«Allora agiremo tutti insieme.» dichiarò Adalhard. «Tutti, qui, abbiamo dei poteri.»

E Tony abbassò lo sguardo, arrossendo un po'.

Auster sorrise, gli prese di nuovo la mano, ma guardò ancora una volta Bloom.

«Allora, Auster?» la spronò. «Dicci quello che dobbiamo fare!»

La voce della regina di Flabrum si fece dura e risoluta e fece vibrare le fate come corde di violino. «Dovete distruggere il Vortice dei Venti. Dovete distruggere l'eredità che mi hanno lasciato le mie antenate.»



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Come sempre, grazie a tutti. Non ho molto da dire, se non... siamo agli sgoccioli!

  
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