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Autore: northernlight    16/02/2014    0 recensioni
Spin-off che prende vita dal capitolo 29 di Crying Lightning scritta da Lairygirl, consiglio vivamente di leggerla anche se è comprensibile in ogni caso anche così.
"“Ma cosa cazzo stai facendo, Turner?” gli sussurrò Margaret afferrandolo per il bavero della felpa e trascinandolo dentro, nel piccolo ingresso della sua stanza. Spalle al muro, porta chiusa, continuava a ripetergli silenziosamente quella domanda ma senza pronunciare una sola parola, solo guardandolo negli occhi. Occhi vuoti che guardavano fisso le mani di lei aggrappate alla felpa grigia."
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Turner, Miles Kane, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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It's our last chance to forgive
ourselves.


(piccola nota: è un capitolo interattivo, ho sparso degli allegati nel corso del testo, APRITELI!)




Londra, 28 dicembre 2007.
Margaret era alla fermata dell’autobus per Sheffield, batteva pigramente il piede per terra tenendo il ritmo di You Talk dei Babyshambles, dal loro ultimo e recentissimo album. Faceva dannatamente freddo, la sua sciarpa nera e il suo cappellino di lana a forma di panda evidentemente non erano sufficienti. Prese il cellulare, guardò l’orario: mancava poco più di mezz’ora alla partenza. Decise di mandare un sms.


                                                                Stupido cazzone, mi sto congelando alla fermata dell’autobus.
                                                        Come minimo mi fai trovare un tè bollente e una torta appena sfornata.
                                                                                                       Stronzo.

                                                                               p.s.: salutami quel tesoro della tua ragazza,
                                                                      chiedile perché sta ancora con te e dille di prepararsi
                                                                perché ho intenzione di trascinarla ovunque per fare shopping.
                                                                                                                                                        Margaret



Cercò il numero di Matt e lo inviò; qualche minuto dopo, in risposta giunse la foto del caminetto di casa Helders mentre lui – lo stronzo – vi ci riscaldava beatamente i piedi vicino. Margaret rise di cuore, non vedeva l’ora di rivedere i suoi amici. Matt l’aveva chiamata qualche giorno prima per chiederle se le andava di passare il capodanno a casa sua a Sheffield, niente di impegnativo, giusto una cena con i suoi genitori e qualche amico di vecchia data. L’idea di tornare a Sheffield dopo un sacco di tempo, il terrore di questi fantomatici amici di vecchia data non poterono niente contro la voglia che Margaret aveva di rivedere il suo migliore amico e Delilah con cui aveva legato molto nell'ultimo mese, perciò accettò subito. Erano nel pieno delle vacanze natalizie che Margaret aveva passato con Sara: la sera di Natale avevano organizzato una cena a casa loro invitando alcuni colleghi dei loro rispettivi corsi e il nuovo ragazzo di Sara, Theo, ed il migliore amico di lui – Adam – ovvero i due ragazzi che avevano cantato alla festa di Margaret. Era stata una bella serata tutto sommato, tranquilla, calda ed in quella che lei ormai considerava la sua famiglia. Avevano cenato, bevuto, si erano scambiati i regali e poi si erano seduti accanto al camino ad ascoltare Adam suonare la chitarra e Theo accompagnarlo con la voce. Avrebbero passato anche capodanno assieme ma Theo aveva organizzato una settimana a Berlino con Sara, e Margaret era più che felice di starsene da sola per un po’. L’ultimo mese era stato frenetico soprattutto a lezione, erano finalmente entrati nel vivo del corso e quasi ogni sera era impegnata in facoltà fino a tardi per delle conferenze o cose del genere; l’ultimo mese era stato frenetico soprattutto perché non riusciva a vedere nessun altro oltre a Sara e Theo e Adam quando passavano a trovarle. Adam era molto carino con lei, adorava fare lunghe chiacchierate con lui soprattutto sulla musica, avevano anche deciso di uscire insieme una volta ma avevano capito che funzionavano meglio come amici: Adam era molto pragmatico nei confronti dell’amore mentre Margaret aveva ancora la testa altrove, non poteva dimenticare Miles così facilmente e con una persona così diversa da lui e fin troppo uguale a se stessa. Quindi ora era lì, alle dodici e trenta di mattina nel freddo londinese, il cielo grigio che minacciava una abbondante nevicata da un momento all’altro e tre belle ore di viaggio in autobus verso Sheffield davanti. Si guardò attorno valutando l’idea di trascinare se stessa e la sua valigia nella caffetteria più vicina ma praticamente le si era congelato il sedere sulla panchina e non aveva proprio voglia di smuovere il micro clima che le si era creato tra la pelle e i vestiti caldi. Si accese una sigaretta e decise che avrebbe chiamato Matt che rispose dopo un paio di squilli.

“Hey!”

“Helders” rispose lei a metà tra l’essere arrabbiata  e l’essere davvero molto innervosita.

“C-cosa c’è?”

“Non sento più il culo, Helders.”

“Se ti aspetti una risposta seria credo tu abbia sbagliato numero, Margaret, perciò farò finta che tu non abbia detto l’ultima frase” disse Matt che ormai le stava provando tutte per non scoppiare a ridere sapendo che Margaret era davvero nervosa.

“Matthew, non ridere.”

“Non sto ridendo e non chiamarmi Matthew.”
Margaret tirò profondamente dalla sigaretta, sentire Matt la tranquillizzava.

“Il tuo culo invece pesa, Helders, potevi benissimo venire a prendermi tu. Avremmo passato qualche giorno qui visto che Delilah adora Londra e poi saremmo ripartiti” asserì Margaret spegnendo la sigaretta.

“Non è che mi pesa il culo, è che sto bene dove sto ovvero accanto al caminetto, con la mia ragazza che dorme con la testa poggiata sulle mie gambe e una bella tazza di cioccolata calda vicino.”

“Con i marshmallow?” chiese innocentemente Margaret.

“Con i marshmallow” confermò il batterista.

“Spero che tu non tenga così tanto al tuo cuore perché te lo strapperò dal petto appena ti vedo, maledetto stronzo.”

“Ti voglio bene anche io, tesoro. Tra quanto arrivi? Così veniamo a prenderti alla fermata dell’autobus.”

“Non sono cazzi tuoi, Helders, ciao.”
Margaret chiuse la conversazione e poi scoppiò a ridere, mandò un sms a Matt per dirgli l’orario di arrivo previsto e chiedendogli di lasciarle da parte qualche marshmallow per dopo. Nel frattempo era arrivata altra gente, mancavano dieci minuti alla partenza. Margaret si alzò, sistemò le sue cose pronta a caricare la valigia non appena l’autobus fosse arrivato. Come previsto, iniziò a nevicare leggermente. Stava per rimettersi le cuffie quando una figura vestita di nero la affiancò: dedusse fosse un uomo, media altezza, molto magro, jeans scuri e un cappotto nero; aveva il cappuccio tirato su e il viso – eccezion fatta per gli occhi che gli si vedevano a malapena – interamente coperto da una sciarpa nera. Margaret guardò stupita il soggetto arretrando di qualche passo, la figura borbottò qualcosa ma la ragazza non riuscì a capire niente.

“Cosa?” chiese lei.

“Margaret!”
Il losco figuro si tolse il cappuccio e abbassò la sciarpa.

“A-Alex!” esclamò sorpresa Margaret. Alex sorrise sistemandosi almeno il cappuccio visto che la neve iniziava ad aumentare.

“Ciao, bel cappello” mormorò lui quasi timidamente, constatò Margaret toccandosi istintivamente ciò che portava sulla testa. Alex non riusciva a mantenere il contatto visivo con lei troppo a lungo, la guardava di sfuggita, rubando piccoli frammenti della sua figura. Margaret parve rinsavire, distogliendo lo sguardo dalle mani del ragazzo che cercava di accendersi una sigaretta.

“Oddio, Alex! Ma cosa cazzo ti passa per la testa?” disse Margaret assestandogli un pugno sul braccio.

“Ahia! Ma cosa ho fatto adesso?!” chiese lui con la sigaretta tra le labbra mentre faceva scattare l’accendino.  

“Ma queste uscite a sorpresa te le studi la notte?”

“Ma non ho fatto niente. Sono un cantante e devo coprirmi se voglio portare a casa la pagnotta e non essere pestato dai fan.”

“Certo, per questo sei legittimato a vestirti da stupratore dei vicoli bui? Complimenti.”
Margaret si rese conto che non erano insieme nemmeno da cinque minuti e già battibeccavano come due adolescenti. Lo guardò mentre aspirava dalla sigaretta e improvvisamente il ricordo di tutto quello che era accaduto il mese prima alla sua, in parte disastrosa, festa di compleanno le si scaraventò addosso senza colpo ferire.

“Alex, c-cosa ci fai qui?” chiese la ragazza timorosa.

“Quello che stai facendo anche tu, presumo: sto tornando a Sheffield per capodanno” rispose lui tranquillamente concedendosi il lusso di guardarla direttamente negli occhi. Alex notò in quel momento quanto Margaret fosse cambiata in quel mese in cui non si erano visti. Era dimagrita molto, intuì da sotto il parka verde che le aderiva perfettamente addosso, riuscì a scorgere i sottili polsi da sotto le maniche, avvolti da uno spesso maglione color panna; i jeans, già di per sé stretti, le andavano un po’ larghi. Il suo sguardo era spento, i suoi capelli morbidi e setosi non sembravano più brillare di luce propria, le labbra erano screpolate. Alex cercava di ignorare che, molto probabilmente, il fatto che Margaret fosse in quelle condizioni era colpa sua perché sapeva che lei e Miles avevano rotto dopo la festa. Gliel’aveva detto Miles quella sera stessa quando era andato a parlare con lui nell’albergo dove Matt l’aveva portato: avevano parlato, discusso, si erano urlati contro cose indicibili ancora una volta. Alex si era incazzato con Miles perché aveva lasciato Margaret da sola alla festa, Miles si era incazzato con Alex per… beh, per tutto. Alla fine, però, entrambi erano stanchi di discutere sul nulla e avevano deciso di comune accordo che continuare a scannarsi e a rinfacciarsi cose non avrebbe portato a niente. Pian piano avrebbero ricominciato e in quel momento, ad un mese di distanza, le cose erano tornate quelle di prima tranne il fatto che Miles voleva stare lontano da Margaret e lo faceva controvoglia, Alex lo sapeva, lo vedeva da come il suo amico si comportava.

“Perché ti stai facendo questo, Miles?” gli aveva chiesto una volta mentre erano a fare colazione insieme qualche settimana prima.

“Devo uscire dalla vita di quella ragazza, Al, altri casini non sono quello di cui ha bisogno.”

“Non è vero e nemmeno giusto, lo sai.”

“Dio, Alex, sta’ zitto e mangia quella cazzo di torta” tagliò corto Miles mettendo finalmente a tacere Alex che però continuava a guardarlo con quegli occhioni da cucciolo da sopra la tazza del suo tè, esasperando Miles. Era colpa sua e Alex lo sapeva, era l’unica certezza della sua vita ma, in quel momento, non osò tirare fuori l’argomento con Margaret. Aveva fatto fin troppi danni.

“Stai… sei cambiata” disse il ragazzo non riuscendo proprio a trattenersi guardandola socchiudendo gli occhi.

“Già.”

“Sei dimagrita.”

“Già.”

“E hai tagliato i capelli.”

“Già.”

“E hai anch-…”

“Dio, ma quella ciabatta la chiudi ogni tanto, Al? L’autobus è in ritardo, si può sapere quando cazzo arriva?”
Era nervosa, aveva cambiato atteggiamento verso Alex: se all’inizio era davvero sorpresa di vederlo, ora invece era pensierosa, titubante e soprattutto diffidente. Margaret inspirò ed espirò profondamente cercando di allontanare la solita sensazione che l’attanagliava quando Alex si trovava nei paraggi: l’ansia.

“Alex?” chiese Margaret poco dopo.

“Mh?”

“Alex, cosa vuoi? Perché sei qui e mi parli?” chiese Margaret.

“Te l’ho detto, sto andando a Sheffield. E ti conosco, il saluto non lo nego a nessuno. Se non ti va di parlarmi puoi semplicemente smettere e girarti dall’altra parte, non ti imporrò mai più la mia presenza.”
Margaret notò l’enfasi con la quale il cantante pronunciò le ultime quattro parole di quella frase. Abbasso lo sguardo, persa nei suoi pensieri poi improvvisamente l’idea di passare tre ore accanto a quel ragazzo in uno spazio ristretto come poteva essere un autobus, la gettò nella disperazione.

“Alex?”

“Mh?”

“Che posto hai in autobus?” chiese Margaret. Alex frugò nelle tasche in cerca del biglietto.

“Diciannove, tu?” lesse il ragazzo, Margaret sospirò molto profondamente e Alex si sentì un po’ offeso per quel sospiro di sollievo che poteva significare solo una cosa.

“Quarantadue” rispose soddisfatta la ragazza. L’autobus era in ritardo di un quarto d’ora, decise di avvisare Matt per sicurezza e perciò gli mandò un altro sms.

“Viene a prenderti Matt?” chiese Alex innocentemente.

“Sì, con Delilah” confermò Margaret. Alex sospirò.

“Quella ragazza deve odiarmi molto profondamente, mi risponde male ogni volta che ci parlo. Chissà cosa le ho fatto” rifletté il cantante.

“Forse esisti, Alex, questa è la tua colpa più grande” disse Margaret imitando due occhioni dolci in direzione del ragazzo che fece una smorfia a metà tra il timore che tutto ciò fosse vero e il divertito.

“Chi viene a prendere te, invece?”

“Jamie e Louise” rispose Alex senza pensarci.

“Chi?”

“Jam-…” iniziò a dire il cantante.

“So chi è Jamie, Alex. Intendevo chi è Louise.”

“Ehm, Louise… è una, ehm, mia amica. Americana. Dell’America. Degli Stati Uniti” rispose Alex arrossendo.

“Hai intenzione di elencarmi tutti i sinonimi per gli States, Alex?”

“No, ho finito, scusa.”

“Beh, deve essere un’amica molto importante se riesce a farti arrossire così” concluse Margaret mettendo a tacere il ragazzo. La conversazione finì lì anche perché finalmente l’autobus arrivò. Alex la aiutò a caricare la valigia e si misero in coda per entrare.

“Vieni a casa mia a capodanno” sentenziò Alex.

“Cosa? Sei pazzo. Oggi è la giornata dei coglioni? Tra te ed Helders al telefono prima…”

“Margaret, sono serio” disse lui guardandola negli occhi e prendendole le mani.

“Alex, io… non toccarmi, ti prego” scongiurò Margaret liberandosi dalla morbida presa di Alex. Lui, dal canto suo, sembrava aver ricevuto un calcio in piena faccia: guardava la ragazza stralunato pensando a quello che aveva appena detto.

Ha paura di me’ pensò Alex tra sé e sé. La fila davanti a loro diminuiva, presto sarebbero saliti su un autobus dove la conversazione sarebbe stata impossibile e, una volta arrivati, sebbene Matt e Alex abitassero a pochi minuti l’uno dall’altro, sarebbe stato impossibile vedersi.

“Un tè. Domani pomeriggio” propose lui all’improvviso.

“Cosa?”

“Vieni a casa mia per un tè domani pomeriggio, ti prego, almeno questo puoi concedermelo?” chiese lui guardandola negli occhi.

Che stronzo’ pensò arrabbiata Margaret ‘usa quei fottutissimi occhi come se fossero una cazzo di lama. Ma è solo un tè e ci sarà altra gente in casa quindi dovrebbe essere okay…

“Sei peggio di una piattola. E va bene, domani alle cinque sarò da te!” rispose esasperata Margaret mentre saliva sull’autobus. Si voltò un attimo verso di lui prima di andare a sedersi, il viso a due centimetri da quello di Alex, occhi negli occhi.

“Se osi venire a disturbarmi mentre viaggiamo, giuro che ti faccio davvero pentire di essere nato, Turner.”
Alex deglutì sonoramente più per la vicinanza di Margaret che per altro, il suo profumo era buono come lo ricordava.

“Signorsì signora, afferrato” rispose il cantante in un sussurro.

“Bene, ci vediamo a Sheffield.”
Margaret andò a sedersi e ringraziò il cielo che fosse Alex quello davanti perché non sarebbe mai riuscita ad affrontare quelle ore di viaggio con lo sguardo del ragazzo piantato sulla nuca. Sistemò le sue cose e mandò un altro messaggio a Matt.


                                                                                                      Partita.
                                                              Indovina chi c’è su questo dannatissimo autobus di merda.



In risposta:


                                                                 Lo sapevo già, ma non pensavo vi sareste incrociati.


Margaret scosse la testa, scrisse una breve risposta acida e mise su un po’ di musica. Si addormentò poco dopo sulle note di una ballad che adorava tantissimo. In quelle ore di sonno sognò di investire ripetutamente Alex con una macchina rossa, lui continuava a rialzarsi imperterrito senza nemmeno farsi male e lei si arrabbiava. Fu svegliata proprio da Alex che la scuoteva gentilmente e la chiamava.

“Margaret?”

“Ma cosa vuoi? Ti ho detto di lasciarmi in pace!” mormorò lei strattonando il braccio dove Alex continuava a toccarla.

“Margaret, siamo arrivati. L’autista mi ha mandato a chiamarti dato che ci ha visti parlare prima di salire” rispose Alex inacidito “raccatta la tua stupida roba e porta il culo giù da questo autobus se ci tieni a restare a Sheffield, sennò tornatene da dove sei venuta il che sarebbe anche meglio.”
La ragazza si alzò di scatto notando che erano davvero arrivati a Sheffield e Alex era andato da lei solo per svegliarla visto che sull’autobus erano rimasti solo loro due. Si stropicciò gli occhi, infilò rapidamente il cellulare nella borsa e seguì Alex lungo il corridoio del mezzo.

“Alex, fermati un attimo” lo chiamò lei, lo afferrò per un polso appena l’ebbe raggiunto. Alex guardò le dita di Margaret ancorate al suo polso, poi spostò lo sguardo negli occhi di lei che sembrava davvero dispiaciuta.

“Io… scusami, non volevo rispondere così” disse la ragazza guardandosi i piedi. Alex sorrise impercettibilmente ma subito tornò ad essere imbronciato.

“Non fa niente.”

“Al…”

“No, Margaret, Al un cazzo. Ficcati in testa che non voglio farti del male, voglio sistemare le cose e non mi aiuti se mi guardi ogni volta come se stessi per piantarti un paletto nel cuore da un momento all’altro, non mi aiuti se mi rispondi male ogni volta senza motivo. Okay?”
Alex la guardò per un istante e poi proseguì scendendo dall’autobus, Margaret si sentì in colpa per come l’aveva trattato, in fondo, in quel momento non le aveva fatto niente. Annuì con la testa ma lui non poteva vederla, lo seguì e scese anche lei. Sheffield era coperta di neve, un manto di soffice bianco ricopriva ogni cosa; Margaret sgranò gli occhi per lo stupore, non aveva mai visto così tanta neve in vita sua. Si strinse nel cappotto, cerco di non scivolare e cadere sui gradini. Alex le tese la mano per aiutarla a scendere, il suo sguardo si era un po’ addolcito rispetto a qualche momento prima e Margaret si sentì leggermente sollevata e gli sorrise. A qualche metro da loro li aspettavano i loro amici, recuperarono la valigia di Margaret e li raggiunsero. C’erano Matt e Delilah, la ragazza del suo migliore amico reggeva un bicchierone fumante di quella che lei sperava fosse cioccolata calda; accanto a loro c’erano Jamie e Katie e una ragazza dai capelli rosso fuoco che Margaret associò immediatamente alla fantomatica Louise. Matt corse ad aiutare Alex con la valigia di Margaret mentre lei si precipitò a salutare ed abbracciare Delilah.

“Dimmi che quel bicchierone di brodaglia fumante è per me o sarai vedova ancora prima di sposartelo” disse Margaret abbracciando la ragazza facendo attenzione a non rovesciarle il bicchiere addosso. Delilah rise rumorosamente come solo lei sapeva fare, riempiendo l’ovattato silenzio e quiete che li circondava.

“Sì, l’ho costretto a fermarsi in caffetteria prima” rispose la ragazza porgendole il bicchiere che Margaret scoprì essere della cioccolata calda con panna e cannella. Si rigirò il bicchiere bollente tra le mani riprendendo sensibilità nei polpastrelli, fu raggiunta dall’altra metà del gruppo, Matt e Alex compresi. Salutò e abbracciò Jamie e Katie poi Alex li interruppe con un colpo di tosse: era vicino alla ragazza con i capelli rossi e le cingeva la vita con un braccio. Il cantante la stringeva a sé, fianco contro fianco; Alex non era altissimo ma lei era un bel po’ più bassa di lui e molto minuta. Il ragazzo sorrise guardando Margaret.

“Ehm, Margaret, lei è la mia amica Louise” esordì lui. Louise sorrise avvolta in un cappottino blu notte, le tese la mano.

“Ciao, piacere di conoscerti.”

“Piacere mio, Louise” rispose Margaret “allora, dove hai avuto il piacere di incontrare il nostro Alex?”
Matt si lasciò sfuggire una risata già prevedendo dove sarebbe andato a finire quel discorso. Alex parve un po’ disorientato dall’improvviso slancio amichevole di Margaret e preoccupato mise in guardia la sua amica.

“Lou, se c’è una cosa che devi sapere di Margaret è che spesso parla troppo. Quindi non ti sentire in dovere di accontentarla.”

“Ma no, perché non posso risponderle? Non mi ha mica chiesto di donarle un rene, Turner, stai tranquillo” rispose pungente la rossa. Margaret guardò stupita Alex non avendo previsto una risposta di quel genere da quella bambolina di ceramica che minacciava di frantumarsi da un secondo all’altro.

“Bravo, Alex, sta’ tranquillo” rincarò la dose Margaret sfottendolo. Rimasero lì fuori a chiacchierare per un po’ e Margaret scoprì che Louise aveva qualche anno più di Alex, era una pittrice e si erano conosciuti a Soho a metà settembre ad una mostra di fotografia musicale di un amico di lei.

“Stavamo guardando entrambi una foto di Johnny Cash e lui canticchiava She Used To Love Me A Lot e gli ho fatto i complimenti per la voce e tutto sebbene trovassi pessima la sua pronuncia e che no, strascicare le parole com’è solito fare non lo rendeva sexy ma semplicemente incomprensibile” precisò Louise facendo sorridere tutti. Da lì poi avevano commentato insieme tutte le foto della mostra e poi Alex le aveva chiesto se le andava di bere qualcosa insieme. Margaret provò una strana sensazione mentre ascoltava Louise parlarle di Alex e non era gelosia, era solo rammarico: lei e Alex, per qualche assurdo e strano motivo, non avevano mai vissuto tranquillamente la loro vita insieme. Lei e Alex non avevano mai avuto la possibilità di uscire per una birra insieme, per una passeggiata nel parco, per una mostra fotografica senza correre il rischio di picchiarsi dopo dieci minuti. Eppure… eppure, per lo stesso assurdo e strano motivo, non riuscivano a stare lontani, che fosse come amici o come altro. Osservò Alex mentre la ragazza parlava, era tranquillo, quasi rilassato e Margaret non l’aveva mai visto così, soprattutto con lei. Che stessero insieme o meno, da quel poco che vedeva, Louise riusciva a tenere a bada Alex come lei non aveva mai fatto in tutti quegli anni. Per un istante incrociò lo sguardo di lui, il tempo e lo spazio attorno a loro parvero fermarsi: le stava chiedendo davvero scusa per tutto quello che era successo, per loro due, per Miles, per la festa, per quel bacio, per se stesso. Margaret annuì, senza un motivo preciso e Alex le sorrise nascondendo il viso tra il rosso dei capelli di Louise e lasciandole un bacio sulla testa.

“Okay, linguaccia, penso tu li abbia storditi abbastanza. Stai solo parlando ininterrottamente da dieci minuti” la interruppe Alex mettendole una mano a coprirle la bocca.

“È logorroica, per questo quando usciamo la porto sempre a cena così è impegnata con altro” spiegò loro il cantante ridendo. Matt disse loro che dovevano andare perché Jill, sua madre, li aspettava per il tè delle cinque insieme; il batterista invitò anche gli altri ma Alex disse che avevano già altre cose in programma e che si sarebbero visti la sera dopo, magari per bere qualcosa insieme. Alex non mancò di ricordare a Margaret il loro incontro per il pomeriggio seguente. Si salutarono e ognuno andò per la propria strada. Margaret era tranquilla e rilassata mentre passava il tempo con i suoi amici: passarono il resto della giornata a casa parlando e abbuffandosi di dolci e cioccolata calda visto il freddo polare fuori. Quella sera poi si limitarono ad ascoltare Matt che raccontava dell’ultimo mese con la band, di idee future e ascoltarono Margaret parlare dei suoi corsi e di quello che aveva in mente per la sua futura professione. La mattina dopo dormirono fino a tardi, Margaret si svegliò in contemporanea con Delilah ed entrambe aiutarono la signora Helders a preparare il pranzo mentre quel bradipo di suo figlio dormiva ancora in camera sua. Margaret era distratta, non era concentrata su quello che gli altri le dicevano perché pensava a quel pomeriggio e a cosa Alex avesse intenzione di dirle. Poco prima di andare da lui, mentre si metteva il cappotto, Matt la prese in disparte.

“Stai bene?” le chiese sistemandole la sciarpa attorno al collo.

“Matt, smettila di sistemarmi la sciarpa, non ho dodici anni e non sei mio padre” gli disse ridendo “comunque, sì, sto bene. Mi accompagni? Lilah, ti dispiace se mi accompagna da Alex?”
La ragazza scosse la testa e storse il naso al nome del cantante. Margaret rise di gusto.

“Stasera mi spieghi cosa ti ha fatto Alex per meritarsi così tanta acidità perché mi piace davvero molto che tu riesca a trattarlo così” chiese Margaret.

“Ma non mi ha fatto niente, semplicemente… non lo so, a momenti mi sta sul cazzo” rispose piccata Delilah facendo ridere gli altri due.

“Finalmente una persona su cui Alex non esercita il suo potere” affermò Matt “dai, su, andiamo!”
Guidò attentamente fino a casa di Alex e lasciò lì Margaret con la promessa di chiamarlo in qualsiasi caso soprattutto se il suo amico avesse iniziato a fare il coglione. Margaret scese e si avviò verso casa Turner: da lontano doveva sembrare una condannata a morte che si recava al patibolo perciò si riprese un attimo e poi bussò ma chi andò ad aprirle non era il capellone che si aspettava di vedere.

Miles” sussurrò Margaret a malapena incrociando lo sguardo del ragazzo sulla porta.

“Oh, wow” esclamò lui davvero stupito. Ci fu qualche secondo di silenzio in cui Miles si perse ad osservare la bellezza di Margaret, lo lasciava sempre senza fiato.

“C-c’è Alex?” chiese lei dopo un po’.

“Ehm, no. È uscito poco fa, l’hai mancato di qualche minuto appena.”

“Va bene, allora vado. Chiamo Matt e mi faccio venire a prendere, scusa il disturbo.”
Margaret salutò con la mano e fece qualche passo indietro prima di voltarsi e ripercorrere il vialetto.

“N-non vuoi entrare un attimo? Fa freddo. Puoi aspettare Matt dentro, se vuoi” chiese lui timidamente.

“Miles, non mi sembravi molto contento di vedermi, ‘oh,wow’ non mi sembrava molto entusiasta come cosa” affermò la ragazza. Stava ricominciando a nevicare, grossi fiocchi di neve iniziavano ad incastrarsi tra i suoi capelli portati sciolti.

“No, s-scusa. È che non sapevo fossi a Sheffield e non mi aspettavo proprio di vederti.”

“Nemmeno io sapevo che tu fossi a Sheffield sennò…”

“Sennò cosa? Non saresti più venuta, qualsiasi cosa tu sia venuta a fare qui?” chiese Miles nervoso.

“No, sennò ti avrei riportato la roba che hai lasciato a casa mia e che non sei più venuto a riprendere.”
La voce le morì in gola, ma non riusciva a smettere di guardarlo: indossava un paio di jeans scuri e un maglioncino nero sotto il quale si intravedeva una camicia bianca.

Margaret.”
Il tono con il quale pronunciò il suo nome non l’aiutava a rimanere lucida, non l’aiutava a rimanere fuori da quella casa anche a costo di prendersi un raffreddore epocale.

“Margaret, ti prego, entra.”
Non se lo fece dire due volte come non esitò ad insultarsi da sola, ad insultare la sua patetica e flebile forza di volontà. Fece dietrofront verso casa di Alex ed entrò; sfiorò a malapena Miles entrando e, nonostante i numerosi strati di vestiti, sentiva quella parte del corpo pungere come se ci fosse stata una scarica elettrica. Miles chiuse la porta dietro di sé.

“Vuoi, ehm, vuoi darmi il cappotto?”
Margaret annuì e gli porse cappotto, sciarpa e cappello che vennero appesi accanto la porta d’ingresso.

“Okay, puoi venire di qua, il salotto è da questa parte” disse il ragazzo facendole strada verso un accogliente sala dove troneggiava un bel camino e un albero di Natale enorme. Al calore della casa, i fiocchi di neve imbrigliati nei capelli della ragazza iniziavano a sciogliersi inzuppandola dalla testa ai piedi. Margaret rabbrividì.

“Dio, devi essere congelata” mormorò Miles preoccupato per lei.

“Miles, s-sto bene.”

“No, non stai bene, hai i capelli zuppi d’acqua” insisté lui prendendole una ciocca di capelli tra le dita, un gesto che era solito fare quando erano insieme. Margaret sussultò per quel movimento inaspettato.

“S-scusa, non volevo” borbottò lui “puoi, ehm, puoi metterti qui vicino al caminetto? Sono più tranquillo se sei seduta vicino ad una forte fonte di calore così almeno ti asciughi.”
Margaret obbedì stupita del fatto che lui continuasse ancora a prendersi cura di lei, si accoccolò su una morbida poltrona proprio accanto al camino.

“Vuoi una tazza di tè?” chiese lui.

“Sì, se lo prendi con me sì” rispose lei sorridendo appena, non le andava giù che dovesse preparare qualcosa solo per lei.

“Va bene, ti faccio compagnia. Vado di là a mettere su l’acqua, tu resta pure qui tranquilla.”
Margaret annuì e si guardò attorno. Era già stata in quella casa, anni fa, tornarci adesso le provocava un marasma di ricordi infiniti che da un lato la rendevano triste e dall’altro la rallegravano. Ma non ebbe granché modo di pensarci perché Miles fece ritorno subito dopo con un vassoio pieno tra le mani.

“Io lo uccido, io gli taglio la gola” mormorava Miles mentre poggiava il carico sul tavolino tra la poltrona e il divano e si sedeva per terra sul tappeto accanto al fuoco.

“Miles?”
Il ragazzo le porse un bigliettino, riconobbe subito la scrittura di Alex ed ebbe un tuffo al cuore.


Miles, probabilmente dopo questa cosa dovrò rifugiarmi in Messico per sfuggire alla tua rabbia però non ce l’ho fatta a resistere, dovevo farlo. Margaret è a Sheffield, ieri abbiamo fatto il viaggio per tornare qui nello stesso autobus e… e non è più Margaret, Miles. Dovevo fare qualcosa, perciò l’ho invitata per il tè delle cinque. Oggi. Lei si aspetta me, al massimo anche Louise solo che io e Louise saremo fuori di casa poco prima del suo arrivo. Il per sempre non è per tutti, amico, chiedetevi se il per sempre è per voi in questo caso perché io sono sicuro di sì. Ho preparato il tè e la torta al limone, devi solo portare tutto di là e affrontare le cose insieme come avete sempre fatto. I miei sono fuori fino a domani, noi non torneremo presto. Avete tutto il tempo che volete a disposizione. Vi prego, ti prego: parlate. Vi voglio bene, Alex.


“Che piccolo bastardo” sussurrò Margaret distogliendo lo sguardo dal biglietto di Alex.

“Già” confermò Miles. Cadde il silenzio rotto solo dal crepitio del fuoco nel camino. Il ragazzo prese ad armeggiare con tazze, teiera, piatti e posate riempiendo quel pesante silenzio.

“Margaret, s-se vuoi andare via ti capisco. Aspettavi lui e lui non c’è e invece ci sono io, quindi se vuoi andare via non ci sono proble-…”
Margaret scivolò a sedere accanto a Miles, gli bloccò le mani che continuavano a spostare inutilmente cose sul vassoio visto che era già tutto ordinato e sistemato.

“Miles, calmati, è tutto okay.”
Il ragazzo la guardò negli occhi e constatò che Alex aveva ragione: mancava qualcosa in quello sguardo, non era la Margaret che ricordava, il viso non più pieno.

“S-sei dimagrita” si lasciò sfuggire lui.

“Ma cos’è, perché siete tutti ossessionati dal mio peso? Anche Alex ha fatto lo stesso commento ieri” sbuffò la ragazza poggiando la schiena contro la poltrona dov’era seduta prima e raccogliendo le ginocchia al petto.

“Scusa, non volevo offenderti.”
Margaret non rispose, continuò a guardarlo imbronciata.

“Visto che sono così sotto peso, che ne dici di darmi una fetta di torta, Kane?”
Miles sorrise, un po’ per quel Kane buttato lì per caso com’era solita fare in passato e un po’ perché Margaret voleva stare lì con lui. Il ragazzo tagliò un pezzo di torta e le versò una bella tazza di earl grey fumante e fece lo stesso per lui. Per un po’ rimasero in silenzio rimestando nelle proprie tazze, addentando la propria fetta di torta al limone.

“Allora, come stai?” chiese infine Miles.

“Mh, bene. Tu?”

“Margaret, io sto bene però… però intendevo come ti vanno le cose, come stai davvero.”

“I corsi mi piacciono, lo sai. E Sara… Sara si è fidanzata, sai? Con uno dei due ragazzi che cantavano alla festa, Theo. Ora dovrebbero essere a Berlino, lui le ha organizzato una settimana lì per capodanno e tutto il resto.”

“Margaret.”

“Miles?”

“Mi stai parlando di Sara e, non fraintendermi, mi manca moltissimo ma non voglio parlare di lei.”
Margaret rimase in silenzio, soppesando le parole da dirgli. Posò per terra il piattino della torta che stava mangiando e lo guardò intensamente negli occhi, incrociando le braccia sul petto e drizzando la schiena

“Vuoi parlare? Bene, parliamo” buttò lei fuori ad altissima voce “sto una merda, Miles, tutto attorno a me si muove ma io sono ferma a quella sera. Sono ferma su quelle scale dove mi hai lasciata senza possibilità di spiegazioni, sono ferma nel momento in cui mi hai voltato le spalle e non sei più tornato da me. Matt mi ha riportata a casa e mi ha messa a letto ed è rimasto con me finché non mi sono addormentata.”
Miles sussultò a quelle parole, non era pronto ad una confessione del genere e pensare a Margaret in quelle condizioni lo faceva sentire ancora peggio, lo faceva sentire indegno dell’essere il destinatario dell’affetto di quella ragazza.

“Hai baciato Alex. L’Alex che conosci da una vita, se l’hai fatto è perché era quello che volevi” affermò Miles rabbuiandosi ancora di più.

“Quel bacio non è stato niente, non significava e non significa niente. S-sai cosa? Sai cos’era? Mancanza. Niente di più. Non c’è mai stato niente tra me e Alex, non c’è mai stato niente di fisico tra noi due e quel bacio è stato il risultato di quei mesi di lontananza. In quel momento mi sono aggrappata ad Alex perché mi era mancato, Miles, e lo sai anche tu. Mi sono aggrappata a lui perché sì, è parte importante della mia vita e sì, pensavo sarebbe scomparso da un momento all’altro lasciandomi da sola di nuovo.”
Miles rimestava silenziosamente il cucchiaio nella tazza, non aveva coraggio di guardarla, Margaret era un fiume in piena in quel momento.

“Un mese, Miles, un mese” proseguì Margaret “tu non sei Alex, tu non hai bisogno di riprendere in mano la tua via perché tu sei padrone della tua vita. Non hai bisogno di sparire per mesi per capire cosa vuoi quindi ho accettato la cosa, me ne sono fatta una ragione e sono andata avanti, come sempre. Sono abituata, lo sai, tutti prima o poi vanno via. Mi sono convinta che non mi volessi più e basta.”
La ragazza si fermò un attimo, ricacciando indietro le lacrime e provando a mandare giù il nodo che le si era formato in gola.

“Cosa? Tu eri e sei davvero convinta che io non ti voglia più?” chiese Miles guardandola intensamente, Margaret annuì.

“Margaret, io… tu non hai idea di quante volte io ti abbia sognata questo mese, ti ho sognata quasi ogni notte accanto a me così vicina da poterti quasi sfiorare. Non hai idea di quante volte ero lì lì per telefonarti o per passare a trovarti a casa o in facoltà ma non l’ho fatto e non so ancora se pentirmene o meno.”
Si avvicinò a lei, ancora poggiata alla poltrona che si tormentava l’anellino che era solita portare. Miles sciolse quelle braccia dalla morsa in cui stringevano le ginocchia e prese la sua mano tra le sue: era ghiacciata.

“Io… io ho scritto una canzone, in questo mese. Per te, su di te.”

“Tu cosa?” chiese Margaret sbalordita.

“Se vuoi sentirla, vado in camera di Alex a recuperare una chitarra e te la faccio sentire.”
Margaret annuì energicamente, emozionata all’idea di sentire Miles cantare solo per lei. Lui le lasciò un inaspettato bacio tra i capelli e andò al piano di sopra. Fece ritorno qualche minuto dopo con una chitarra acustica.

“Sei la prima che l’ascolta, sii clemente col tuo giudizio dopo.”
Miles iniziò a suonare. Non era la prima volta che Margaret lo vedeva con una chitarra in mano però c’era qualcosa di diverso in lui: la voce era limpida ma tradiva un’emozione fortissima, non distoglieva lo sguardo dalle mani che pizzicavano le corde mentre lei, dal canto suo, lo fissava rapita. Le dita del ragazzo accarezzavano dolcemente la chitarra dando vita ad una ballad semi-lenta, la voce era calda e piena come sempre. Quando finì di suonare, Margaret sospirò pesantemente asciugandosi velocemente una lacrima sfuggita al suo trattenersi davanti a lui.

“Miles, è bellissima. Io... io non so che dire.”
Miles sorrise, gli piaceva l’idea di averla lasciata senza parole. Poggiò la chitarra accanto a lui e tornò serio, dovevano finire di parlare.

“Non ti ho più chiamata perché non sono quello di cui hai bisogno, Margaret, devi volermi fuori dalla tua vita perché, come hai visto, porto solo guai” affermò lui sorridendo appena, ingenuamente “tu… tu sei una ragazza, una donna meravigliosa e mi hai regalato quattro dei mesi più belli della mia vita. Non sono mai stato così tranquillo, così rilassato e così energico. Hai cambiato il mio modo di vivere, il mio approccio alla vita. Sai, quando stai con una persona che è molto diversa da te, prima o poi cambi anche il tuo modo di vedere le cose e prendi tutto da una prospettiva diversa ed è quello che tu hai fatto a me e non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi fatto questo onore.”

“Il problema non sei tu, Miles, il problema è Alex. Quel bacio non significava niente, per nessuno dei due: Alex non mi ama, Alex non mi ha mai amata e lo sai anche tu. Hai avuto tutte le ragioni del mondo per andare via e hai tutte le ragioni del mondo per non credere ad una sola parola di quello che ti sto dicendo anche perché io non sono solita implorare nessuno ma devi credermi. Non mi sto giustificando, non mi pento di quello che ho fatto e non lo rifarò mai più, con Alex ho sistemato tutto ciò che c’era da sistemare.” Margaret lo guardò negli occhi, si perse nel caldo marrone di quello sguardo che non l’aveva sfiorata per così tanto tempo e che ora la divorava lentamente, saziandosi fino a riempirsi.

“Io avevo scelto te, Miles, da molto prima di quella sera in albergo. Dalla prima volta in cui mi hai chiesto come stavo dopo un lite con Alex in Francia. Se penso a te penso a casa, penso al profumo dei tuoi vestiti, penso ad un faro nella notte che mi riporta al sicuro. Se penso a te penso alla famiglia, a quel qualcosa di vero ed importante che non ho mai avuto in tutta la mia vita. Se penso a te penso all’amore, all’amore quello puro ed innocente ed incondizionato di due persone che finalmente hanno trovato come incastrarsi e vivere bene in un mondo frenetico e di merda.”

“Hai detto ‘amore’…” notò Miles.

“Già.”

“Quindi io sono un coglione” affermò lui serio.

“Che? Cosa, scusa?” chiese Margaret sbalordita.

“Perché sono andato via dalla persona che amo e che mi ama senza pensarci due volte.”
Margaret rimase in silenzio assaporando quella frase che fino a qualche ora fa non avrebbe mai pensato di poter sentire, tantomeno da quel ragazzo.

“Tu eri lì mentre Noel suonava” disse Margaret all’improvviso.

“Sì, e non sai quanto avrei voluto entrare ed abbracciarti e farti smettere di piangere” si rammaricò il ragazzo “sono andato via poco prima che terminasse l’outro perché non mi sembrava giusto rubare quel momento.”

“Quella canzone aveva un senso, l’ho scelta perché avevo solo te in mente e il tuo sguardo mentre ti allontanavi da me. Eri arrabbiato.”

“Non ero arrabbiato, Margaret, mi sentivo impotente. Mi sentivo bloccato in un circolo vizioso senza fine, ho sbagliato ad andare via ma ora sono qui. Okay, ora dirò delle cose che mi fanno sentire un perfetto idiota, uno zero su una scala da uno a dieci, un bambino” disse Miles tutto d’un fiato.

“Kane, respira” gli ricordò Margaret vedendolo diventare paonazzo. Miles sorrise.

“Margaret, io voglio solo tenerti per mano e coccolarti e baciarti in pubblico e comprarti un gelato quando e se ne hai voglia. Voglio sentire le farfalle nello stomaco. Voglio guardare la tv con te e ridere fino a vomitare. Voglio costruire qualcosa con te e stare svegli fino a tardi a raccontarti qualsiasi cosa di me dal mio cibo preferito ai miei segreti più nascosti. Voglio litigare, urlare, voglio sistemare le cose e non voglio arrendermi. E voglio sapere tutto di te, voglio conoscere e memorizzare ogni centimetro della tua pelle, voglio sentire le tue mani tra i miei capelli e voglio sentirti dire il mio nome mentre facciamo l’amore. Io voglio tutto questo e lo voglio con te, che sia per un altro mese o per tutta la vita.”

La tirò a sé e la baciò, Margaret sgranò gli occhi per la sorpresa per poi arrendersi alle labbra di Miles che sapevano di limone e tè caldo. La mano sinistra di Miles si attorcigliò delicatamente attorno al collo di Margaret, un gesto possessivo molto forte che la ragazza non si lasciò sfuggire. Sorrise contro le labbra del ragazzo, mordendole appena.

“Sai” disse Margaret una volta staccatasi da lui “ad Alex hai detto che io non sono di nessuno, non appartengo a nessuno. Però non mi dispiacerebbe.”

“Cosa?”

“Pensare di appartenere a te.”

“Sei mia?”

“Se non mi vuoi posso tranquillamente andare via” disse lei provando ad alzarsi dal pavimento.

“Tu non vai da nessuna parte.”
Miles tirò di nuovo giù la ragazza che, ridendo, gli cadde addosso. Margaret si stese poggiando la testa sulla coscia di Miles.

“Sei mia anche domani o solo stasera?” chiese lui accarezzandole delicatamente il viso.

“Accontentiamo Alex, proviamo ad adattare quel per sempre anche a noi” rispose Margaret tirando Miles a sé e baciandolo ancora e
ancora.

                                                                                                       ***

Alex e Louise tornarono qualche ora più tardi, pensavano che la casa fosse vuota non udendo nessun rumore ma Alex notò il cappotto di Margaret appeso dietro la porta. In silenzio passarono per il salotto e Alex si bloccò di scatto: Miles dormiva sprofondato nella poltrona accanto al camino con Margaret accoccolata su di lui, addormentata anche lei, le mani intrecciate, il naso contro il collo del ragazzo, il volto disteso e tranquillo. Alex sorrise e strinse a sé Louise, le diede un bacio a fior di labbra.

“Finalmente siamo tutti a casa” sussurrò il cantante con un gran sorriso sulle labbra. 

 
  
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