Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    16/02/2014    3 recensioni
L'amicizia è un sentiero che scompare nella sabbia se non lo si rifà senza posa (proverbio africano).
E’ passato quasi un anno e mezzo da quando Ben ha lasciato il Distretto. Semir ha una nuova collega e Ben una nuova vita, lontano, lontanissimo da Colonia. Ma episodi drammatici ed inaspettati sconvolgeranno i nostri due eroi, mettendo in pericolo le loro vite e quelle di molte altre persone. Riusciranno i due amici a ricostruire il sentiero della loro amicizia per salvare il loro mondo? E quanto conteranno in questa storia antichi sentimenti mai sopiti?
Questa fan fiction costituisce il seguito di “Gioco mortale"; come sempre è consigliabile, ma non strettamente indispensabile, aver letto la prima parte.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie d'amore e di amicizia'
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Ora o mai più

Kim Kruger uscì dall’ufficio del Procuratore e si diresse di corsa, con i mandati di perquisizione in mano, verso la sua auto.
“Quei due sono impossibili, appena si avvicinano fanno scintille come i poli negativi e positivi” disse pensando a quanti guai  succedevano non appena  Gerkan e Jager stavano vicini. Ma lei sapeva anche che erano i due poliziotti più bravi che avesse mai incontrato e che nonostante tutto si completavano a vicenda. E doveva anche ammettere che da quando Jager aveva lasciato il distretto, per quanto la sua gastrite avesse subito un notevole miglioramento, così non era stato per  l’indice di efficienza dell’ufficio. Gerkan senza Jager in  fondo era stato in quel periodo come una  mela a metà, almeno nel suo lavoro.
Salita in macchina si mise subito in contatto con l’ufficio.
“Susanne novità?” chiese subito alla segretaria.
“No Commissario, ancora nulla, il cellulare di Semir è ancora irraggiungibile e non riesco a tracciarlo.”
“Riprovi ancora. Sto arrivando dobbiamo organizzare le squadre per le perquisizioni, ho ottenuto i mandati” disse concitata mentre cercava di svicolare il più velocemente possibile nel traffico cittadino
Appena arrivata venne accolta dall’intera squadra già in febbrile attesa.
“Allora signori abbiam nove siti da controllare fra fabbriche e magazzini, dividiamoci e mi raccomando cercate di non dare nell’occhio. Se Jager è tenuto prigioniero in uno di questi posti potrebbero ucciderlo se ci vedono arrivare. Il fattore sorpresa è determinante” informò subito Kim.
La riunione venne però bruscamente interrotta dall’entrata di Susanne.
“Commissario il cellulare di Semir è stato appena riacceso…” fece trafelata la bionda segretaria.
“E’ nella zona di Huber Strasse” continuò.
Kim lanciò un’occhiata alla mappa che aveva disteso sul tavolo.
“Lì c’è uno dei magazzini da controllare… Jenny Dieter ed Hartmut con me” fece uscendo di corsa  dall’ufficio.
 
 

Ben arrivò alla zona della vecchia fonderia e parcheggiò la BMW parecchio distante, in modo da non rischiare di essere visto.
Appena arrivò nelle vicinanze udì voci concitate che urlavano ordini e si  nascose dietro un muro diroccato che fungeva  un tempo da muro di cinta.
Gli uomini di Levi stavano caricando  delle casse sui camion in  attesa sul piazzale, le stesse casse che Ben aveva visto prelevare dai campi in Tanzania. Tutto intorno c’erano cadaveri sparsi dovunque: gli uomini di Vaskovets.
Ben rimase immobile a guardare. Ora si rendeva conto della sua impossibilità  a fare qualsiasi cosa. Era solo, senza neppure un’arma e probabilmente la sua scelta di lasciare Semir legato nel magazzino non  era stata proprio oculata. Ma in quel momento non riusciva ad agire in modo razionale, seguiva solo l’istinto.
“Ok abbiamo finito” disse uno degli uomini facendo cenno all’autista dell’ultimo camion di avviare il motore.
Proprio in quel momento Ben vide Levi e Nina, accompagnati da un uomo in camice bianco, uscire dalla fabbrica. L’uomo teneva fra le braccia una valigetta metallica.
“Allora avviatevi. Ci vediamo fra ventiquattro ore al punto di ritrovo stabilito a Berlino. Ricordate questo momento: farà la storia. Molte vite saranno sacrificate oggi, ma per uno scopo superiore” ordinò Levi.
Tutti camion in fila si avviarono verso l’uscita posteriore della fabbrica.
Levi, Nina e il tecnico in camice  si avvicinarono invece alla berlina scura parcheggiata poco distante.
“Quanto tempo ci vorrà dall’innesco per la esplosione?” chiese Nina pallidissima
“Ho tarato il timer ad un’ora. Basterà per allontanarci dalla zona più esposta alle radiazioni” rispose  il tecnico salendo con gli altri in auto
 Anche la berlina scura si avviò alla uscita.
Ben rimase senza fiato. Bomba… radiazioni… quei folli avevano intenzione di far esplodere una “bomba sporca”, con un  piccolo nucleo radioattivo. Avrebbero ucciso migliaia di persone.
Terrorizzato si voltò per tornare alla BMV e seguire la berlina.
Mentre correva quasi cadde in terra inciampando in qualcosa. Con orrore si avvide che era un cadavere, uno degli uomini di Vaskovets. Ansimando recuperò un po’ di lucidità. Prese dalle mani dell’uomo la pistola che ancora impugnava e poi lo perquisì, trovando quello che cercava:  un cellulare.
Svelto salì in macchina e si mise all’inseguimento della berlina con Levi a bordo.

 
 
Semir aveva praticamente perso la voce a furia di urlare, ma il posto era isolatissimo e sicuramente Ben era ormai lontano.
Era letteralmente furibondo per quello che aveva fatto il ragazzo, non era mai stato così arrabbiato con qualcuno in vita sua.
“Se lo prendo gli cambio i connotati a furia di schiaffi” pensò, ma il pensiero che invece  poteva non rivederlo mai più gli stringeva il cuore come una morsa di ghiaccio.
“Maledizione Ben, aspetti un figlio… un bambino  ha diritto crescere avendo un padre vicino…” pensò mentre le lacrime gli salivano agli occhi.
“Ehi qualcuno mi sente???” riprese ad urlare
 

 
Kim e la squadra arrivarono al piazzale antistante il magazzino e parcheggiarono discretamente, non sapendo cosa avrebbero trovato.
Silenziosi  tutti gli uomini si avvicinarono di soppiatto, nascondendosi dietro alberi e muri, sino a che Jenny non mise il piede vicino a  qualcosa di metallico che attirò la sua attenzione. Si chinò a raccoglierlo e lo mostrò senza dire una parola alla Kruger: il cellulare di Semir.
Sempre silenziosi come gatti il gruppo si avviò verso l’entrata del magazzino  mentre iniziavano a sentire  flebili urla dall’interno
“Ehi… c’è qualcuno?? Qualcuno mi sente???”
Kim e gli altri si guardarono con gli occhi spalancati: quella era la voce di Semir.
Più veloci che potevano si diressero nella direzione da cui provenivano le urla, al piano seminterrato e fecero irruzione nella stanza.
“Semir!!” esclamò la Kruger nel vedere  l’ispettore legato alla sedia.
“Il Signore sia ringraziato!!” fece Semir con un sorriso di sollievo mentre li vedeva entrare.
 
“Quell’imbecille, stupido, deficiente..” imprecò ancora una volta Semir contro Ben, mentre si liberava  del tutto delle corde che lo tenevano legato e raccontava l’accaduto ai colleghi.
“Beh non mi pare che lei sia poi tanto diverso, le avevo ordinato di rimanere a casa” gli rispose beffarda Kim, mentre gli porgeva il telefono che avevano trovato.
Semir non le rispose e si avviò di corsa su per le scale. “Non c’è tempo da perdere. Faccia andare tutti alla vecchia fonderia”
 

 
Ben seguiva a distanza di sicurezza la berlina di Levi.
Il sangue gli si gelò nelle vene quando capì la direzione della berlina: l’aeroporto!!
Con le mani tremanti compose il numero del cellulare di Semir pregando Dio che Kim e gli altri avessero già trovato l’amico … che stupido che era stato a lasciarlo lì e a venire da solo incontro a Levi.. cosa credeva di fare?
Dopo quattro o cinque squilli, finalmente udì la voce di Semir.
“Semir… sono io..”
“Ben!! grazie a Dio, dove sei? Non ti muovere, stiamo arrivando alla vecchia fonderia…” Semir urlava come un matto
“No, lì non c’è più nessuno vivo Semir..  Levi e gli altri sono diretti all’aeroporto di Colonia- Dusseldorf, credo che vogliano far esplodere una bomba… una bomba sporca, per questo avevano bisogno dei missili di Vaskovets, hanno prelevato un nucleo da lì”
Ben sentì chiaramente Semir trattenere il fiato per lo spavento.
“Ok.. non ti muovere, non fare nulla di stupido, aspetta che arriviamo…”
Ma ormai erano arrivati al parcheggio dell’aeroporto e Ben vide la berlina parcheggiare.
“Non c’è tempo Semir, ormai siamo arrivati, scoppierà entro un’ora…io li seguo…”disse e subito dopo chiuse la chiamata.
 
 “Ben!! Ben!!” urlò Semir nel  telefono senza ottenere risposta alcuna.
“Mapporca… non posso neppure richiamarlo, il numero è segretato” imprecò guardando il display
Kim e gli altri in auto lo stavano scrutando con aria terrorizzata. Avevano sentito tutto con il viva voce.
“Una bomba sporca??” mormorò Jenny
“In che raggio  si spargeranno le radiazioni?” chiese Kim a Hartmut che seduto sul sedile posteriore con Jenny era diventato più  bianco di un lenzuolo
“Non lo so dipende dalla potenza del nucleo; se lo hanno prelevato da un missile a corto raggio direi più o meno quaranta cinquanta chilometri per le radiazioni letali e circa duecento per gli effetti più lievi a lungo termine” balbettò
Nell’auto piombò un silenzio terrorizzato.
“Forse potremmo far  sgomberare la popolazione..” disse Jenny anche lei sempre più pallida
“Tutta Dusseldorf?? Impossibile far sgomberare  completamente solo l’aeroporto in così poco tempo” rispose Kim mentre invertiva la direzione di marcia dell’auto e si dirigeva a tutta velocità all’aeroporto.


 
Ben parcheggiò la BMW e più veloce che poteva seguì i tre all’interno dell’aeroporto.
Lo scalo era affollatissimo, uomini, donne, di ogni razza e colore, bambini di tutte le età.
Ben cercò di non pensare che fra un’ora potevano essere tutti morti.
Chissà dov’era Laura… se era a distanza di sicurezza. Se era a casa di Semir forse poteva cavarsela. Ma suo padre e sua sorella…la villa distava pochi chilometri dall’aeroporto.
Cercando di farsi forza, tenne di vista, ma a distanza di sicurezza, i tre sino a quando non sparirono all’interno della zona charter.
Cercando di mimetizzarsi entrò anche lui nell’ampia zona separata dal resto dello scalo da porte e vetri. Sempre a distanza li vide uscire, digitando un codice di sicurezza alla porta, sulla pista e poi entrare in un magazzino.
“Ma certo, il magazzino del BMZ” pensò .
Sfruttando il tempo di chiusura delle porte sgaiattolò nella stessa direzione.
 
Più silenzioso che poteva si avvicinò mantenendosi a distanza di sicurezza per non essere visto, mentre Nina digitava il codice sul display di accesso al magazzino.
I tre guardandosi sospettosi intorno entrarono.
Ben correndo curvo e a testa bassa, arrivò anche lui alla porta di ingresso del magazzino. Conosceva il codice di accesso, era sempre lo stesso per tutti i magazzini aereoportuali del BMZ e Ben sperò ardentemente che nessuno avesse pensato a cambiarlo.
Con le dita tremanti compose il numero sul display e magicamente la serratura scattò.
Pistola in pugno, Ben entrò nel magazzino e si nascose dietro una delle casse.


 
 
“Mimetizzatevi, se scoppia il panico non riusciremo mai a trovarli” ordinò Kim alla squadra. La SEC aveva mandato altri uomini di supporto e il servizio di sorveglianza era stato avvisato.
Semir si avviò all’interno con gli altri, mentre il cuore gli batteva forte in gola.
C’erano migliaia di persone, trovare Levi era come cercare un ago in un pagliaio.
“Dividiamoci.”  propose Semir.
E lui Hartmut e Jenni presero la direzione opposta a quella della Kruger
 
 

   
Ben avanzava nascosto dietro le casse nella direzione in cui sentiva parlottare le voci.
Erano entrati nella seconda parte del magazzino, quella a chiusura ermetica. I medici ed i ricercatori del BMZ  vi conservavano, sino allo smistamento, il materiale biologico pericoloso, quello utilizzato per sintetizzare i vaccini.
“Ok fatto, ho armato il nucleo, possiamo andare” disse il tecnico armeggiando nella grossa valigetta.
Anche da lontano Ben poteva vedere che Nina era pallidissima ed ansimante.
Per un attimo Ben pensò di chiamare Semir per chiedere aiuto, ma non c’era tempo, doveva agire: ora o mai più.
Prese un respiro forte e si augurò di non aver perso il suo istinto di poliziotto.
“Fermi, mani sulla testa.. tutti!!” urlò.
Levi  rimase  immobile, mentre  la sorpresa gli si dipingeva sul volto.
“Non è possibile, brutta cretina sei stata tu vero?” sibilò conto Nina, che guardava impietrita Ben.
“Ho detto mani sulla testa..” urlò di nuovo Ben avvicinandosi.
I tre alla fine obbedirono.
 
“Avanti tu, disinnesca quell’aggeggio!!” ordinò Ben al tecnico, ma lui restò immobile fissando Levi in cerca di aiuto.
Levi continuava invece a fissare Nina.
“Che hai fatto eh? Hai lasciato la porta aperta?? Hai voluto salvare il tuo amichetto?” chiese  con gli occhi scintillanti d’odio.
Subito dopo Levi si avventò contro Nina e la colpì con un violento schiaffo in viso.
La mossa distrasse Ben per un attimo. Un attimo fatale.
Il tecnico si girò all’improvviso con in mano una grossa chiave inglese.
Colpì Ben alla nuca ed immediatamente il ragazzo cadde in terra privo di sensi.
“Ben fatto…” sogghignò Levi
Prese la pistola dalle mani di Ben e gliela puntò alla testa”
“Un attimo che fa’? Il colpo ci farebbe piombare tutta la polizia dell’aeroporto addosso in meno di un minuto..”  obiettò il tecnico
Levi si fermò a ragionare.
“Ok chiudiamolo dentro e blocchiamo la apertura. Sarà il primo a godersi i fuochi d’artificio”  fece maligno.
“Con te facciamo i conti dopo” disse Levi spingendo Nina fuori dalla stanza.
I tre uscirono dal laboratorio e quando le porte a vetri si chiusero tagliarono i fili del display all’ingresso.
“Andiamo l’aereo privato ci aspetta” disse Levi mentre correva fuori seguito dagli altri due.     
 

 
“Bisogna bloccare tutti i voli in entrata ed in uscita. Certamente  si saranno creati una via di fuga.” ordinò la Kruger al suo collega della Polaria.
“Ma si rende conto? Non posso boccare centinaia di voli. Ci sono aerei che girano sulla nostra testa in coda per l’atterraggio ed altri già pronti sulla pista di decollo” obiettò isterico il poliziotto.
“Forse non ha capito quello che le ho detto. Abbiamo fondati motivi per ritenere che  stia per scoppiare una bomba. Deve far allontanare gli aerei che ancora devono atterrare. Li dirotti su di un altro scalo.” La voce della Kruger era durissima.
Il collega la guardò perplesso. “Devo chiedere l’autorizzazione..”
“Faccia quello che vuole, ma non aggiunga altre persone  a quelle che già sono presenti qui.”
Kim sentiva che il cuore le batteva  in petto, furioso come mai in vita sua.
 “Signore ti prego fa’ che li troviamo…”
Kim non era una persona religiosa, non lo era mai stata, ma si ritrovò a pregare come quando era bambina.
“Ok…  stiamo bloccando tutti i voli anche in uscita. Devo diramare l’ordine di evacuazione?”
Kim annuì, era giunto il momento, non si poteva fare altrimenti, anche se ben consapevole che probabilmente la misura sarebbe stata inutile.
Se la bomba scoppiava nessuno lì avrebbe avuto il tempo di allontanarsi tanto da non subire  l’effetto delle radiazioni.


 
Ben riemerse  dallo stato di incoscienza lentamente, con un dolore lancinante alla testa.
Cercò di vincere il senso di nausea che lo opprimeva e si guardò intorno.
Non c’era più nessuno nel laboratorio. Solo la valigetta sul tavolo aperta, con dei numeri lampeggianti.
Ben li guardò con orrore. Segnavano 32 minuti  e pochi secondi, e man mano le cifre diminuivano.
Andò alla porta a vetri e cercò di aprirla, ma come si era immaginato fu tutto inutile. Compose il codice di accesso più volte e poi tentò di aprirla a mano. Ma i vetri rimasero immobili. Era inutile anche tentare di romperli; Ben sapeva che erano antisfondamento.
Disperato si guardò in giro in cerca di una soluzione, fino a che la mano non sfiorò la tasca. Il cellulare. Non glielo avevano tolto.
Fremente compose il numero di Semir.


 
 Semir Jenny e Hartmut correvano come matti in giro per i vari gates. La ricerca era frenetica e disperata. Lo scalo era enorme e avevano ben poche le speranze di trovare Levi o Ben.
Mentre si aggiravano come un pazzi fra i vari ambienti l’altoparlante lanciò l’allarme
“Signore e Signori, per problemi tecnici sarà necessario chiudere temporaneamente lo scalo. Vi preghiamo di avviarvi con calma verso le uscite e seguire le istruzioni che vi darà il personale dell’aeroporto…”
Come prevedibile l’annuncio scatenò immediatamente il panico. La gente si  diresse in modo scomposto e di corsa verso le uscite, mentre urla e vocii si alzavano fitte.
Semir e gli altri cercarono di orientarsi fra la folla in fuga, senza risultato.
A stento Semir sentì il cellulare che gli vibrava nella tasca della giacca.
“Ben… dove sei??” urlò  sentendo la voce dell’amico e cercando di sovrastare il chiasso.
“Semir, dovete venire al magazzino del BMZ all’hangar 19. E porta Hartmut. Deve aiutarmi a disinnescare la bomba”  rispose concitato l’amico.
  
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