CAPITOLO UNDICESIMO: LA RIUNIONE DORATA
Dopo un giorno in
cui non arrivavano notizie dall’Egitto il Grande Sacerdote, che non riusciva
più ad avvertire i cosmi di Gemini e di Capricorn,
decise di convocare uno straordinario consiglio di sicurezza, preoccupato per
il deterioramento dei rapporti con le dimenticate divinità del Nilo.
Proprio adesso! Mormorò Shin,
stringendo il bracciale del trono con il pugno stanco. Proprio adesso che
l’ombra è così vicina! Che gli Dei non vogliano che giovani vite debbano essere
sacrificate inutilmente! Sospirò, dando ordine ad Arles
di convocare i Cavalieri d’Oro.
“Che si riuniscano
tutti i presenti al Grande Tempio al Chrysos Synagein! Accorrete alla Riunione Dorata! Affinché io possa
illustrarvi le direttive della nostra azione, mirata a risolvere questa crisi
con l’Egitto, mostrando agli antichi Dei che Atene non dorme, e non brama
guerra alcuna, sempre che non siano loro a proporla!” –Esclamò, con tutta la
grandezza cui la tarda età gli permetteva.
Era la prima
volta, da quando era divenuto Grande Sacerdote, che Shin
convocava il Chrysos Synagein,
la riunione per eccellenza dei Cavalieri d’Oro, poiché per la prima volta, dopo
due secoli e mezzo, il Grande Tempio aveva nuovamente dodici Cavalieri d’Oro al
suo servizio. Il regolamento interno, emanato dai primi Sacerdoti millenni
prima, aveva subito poche modifiche nel corso del tempo e prevedeva periodiche
riunioni tra i supremi difensori della Terra, con il fine di stabilire
strategie di azione, per fronteggiare eventuali minacce e favorire
l’integrazione e la reciproca conoscenza degli stessi. Il Chrysos
Synagein era invece una convocazione ufficiale, la
cui presenza era tassativamente imposta dal Sacerdote stesso, ed era convocato
soltanto per motivazioni straordinarie, quale poteva essere un pericolo
imminente di assalto al Grande Tempio.
Non passò neanche
un’ora che gli otto Cavalieri d’Oro presenti al Grande Tempio giunsero alla Tredicesima
Casa, nella stanza chiamata Sala d’Oro, dove da tempi immemori i Custodi Dorati
si riunivano nelle loro adunate generali. Era chiamata anche molto
familiarmente Sala dello Zodiaco, poiché al suo interno era ricreato un
planetario, raffigurante il sole e i pianeti del sistema solare, circondato da
dodici colonne sormontate da statue simboleggianti i segni dello Zodiaco. Tali
statue, ricoperte da polvere di stelle, iniziavano a brillare quando il
Cavaliere del segno corrispondente entrava all’interno della Sala d’Oro, in uno
scintillio capace di ricreare lo splendore delle stelle.
Per primi
arrivarono gli ultimi due Custodi, rappresentanti i Dorati Pesci in cui
Afrodite e il figlio Eros si tramutarono per sfuggire al mostruoso Tifone
quando questi invase l’Olimpo millenni prima, e il Versatore Dorato, o
Portatore d’Acqua: Afrodite di Fish e Camus di Acquarius,
il primo circondato da un vortice di rose rosse e il secondo glaciale e
silenzioso come era solito comportarsi. Seguirono i custodi delle Case
centrali: il meditativo Shaka di Virgo e l’impetuoso Milo di Scorpio,
Custodi della Sesta e dell’Ottava Casa. Per terzi giunsero i due fratelli dei
segni di Fuoco: Micene di Sagitter e Ioria del Leone, presso la cui casa Micene si
trovava al momento della convocazione. E ultimi, per ragioni di tempo
impiegato, i custodi delle case più basse, la quarta, presieduta
dall’irrequieto Death Mask di Cancer,
e la seconda, custodita dal corpulento Aldebaran
del Toro.
“Poiché Mur è in missione, siamo al completo!” –Esclamò il
Sacerdote, entrando nella Sala d’Oro. Al
suo ingresso, i Cavalieri si inchinarono in segno di rispetto, ma il Sacerdote
li pregò di rialzarsi subito, tanto grave era la situazione da evitare
qualsiasi salamelecco che potesse far perdere tempo. –“Ascoltate, giovani
Cavalieri d’Oro! Come qualcuno di voi saprà, due giorni or sono avevo inviato
due vostri parigrado, i Cavalieri di Capricorn e di
Gemini, in missione diplomatica presso le divinità egizie, per ottenere
spiegazioni valide e convincenti riguardo all’assalto che il Grande Tempio ha
subito ad opera di soldati dalle vestigia egiziane!”
“Assalto?!”
–Balbettarono stupiti Scorpio e Fish.
“Che, non avevate
sentito?” –Li rimbeccò Cancer, con la sua solita aria
di sfida. –“Hanno ucciso una ventina di soldati semplici e ferito il Cavaliere
del Tucano!”
“Incredibile!”
–Mormorò il Cavaliere di Fish, a cui Scorpio fece eco. –“Avevo sentito cosmi inquieti esplodere
nel Grande Tempio, ma mai mi sarei aspettato una simile spiegazione!”
“Ne dovrete fare
di strada, Cavalieri d’Oro!” –Li derise Cancer, prima
che l’Oracolo lo richiamasse.
“Non vi ho riuniti
per schernirvi tra di voi, Cavaliere di Cancer!”
–Precisò, riprendendo il suo discorso. –“Dopo tale evento, decisi quindi di
inviare Gemini e Capricorn in Egitto, ma da ieri ho
perso completamente ogni traccia del loro cosmo! Non riesco più a comunicare
con loro!”
“Che cosa?!”
–Sgranarono gli occhi i Custodi. Uno dei primi insegnamenti, che qualunque
Cavaliere riceveva, era quello di prendere conoscenza con il cosmo dentro sé e,
nel caso dei Cavalieri d’Oro, tale facoltà era ulteriormente accentuata,
rendendo loro possibile percepire energie cosmiche, seppur minime o nascoste,
anche da grande distanza. Era sorprendente, per tutti loro, che l’Oracolo non
riuscisse a rintracciare le scie cosmiche di due Cavalieri, che ben conosceva
da anni.
“È vero!”
–Intervenne il Custode della Sesta Casa. –“Neppure io riesco ad avvertire i
loro cosmi!”
“Cosa sei tu,
forse Dio, Cavaliere di Virgo?” –Brontolò Ioria, guardando con occhio torvo il suo parigrado. –“Per
permetterti un simile atto di presunzione!”
“Umpf…” –Il Custode della Porta Eterna neppure lo ascoltò,
rivolgendosi al Sacerdote. –“È come se un’ombra fosse scesa sull’Egitto,
un’ombra che impedisce ai miei poteri di penetrare i segreti del Grande
Deserto, perdendomi nelle tempeste di sabbia, senza trovare traccia alcuna dei
cosmi dei miei compagni!”
“Qualcosa di
spiacevole sta accadendo in quel regno, Cavalieri! E temo che Gemini e Capricorn, se impossibilitati a comunicare con il Santuario,
abbiano bisogno di aiuto!”
“Aiuto?!” –Incalzò
Cancer. –“Mio signore, Gemini e Capricorn
hanno bisogno di un esercito che li sostenga! Se due Cavalieri come loro, il
cui spirito e il cui cosmo è stato temprato dalle battaglie e dalle esperienze
sostenute in passato, non riescono a mettersi in contatto con il Grande Tempio,
questo significa che sono stati attaccati e probabilmente sopraffatti dal gran
numero di nemici che si sono trovati di fronte! Dobbiamo agire, adesso! O
potrebbe essere tardi per salvarli!”
“È la volontà di
salvare due compagni che ti spinge ad essere così impetuoso Cavaliere di Cancer o il desiderio di scendere in battaglia, poco
importa le cause per cui si lotti?” –Gli domandò seccamente Acquarius,
fissandolo con i suoi freddi occhi blu.
“Armiamo un
esercito e partiamo oggi stesso verso l’Egitto! Non lasciamo ulteriormente
l’iniziativa ai nostri nemici!” –Continuò Cancer a
perorare la sua causa. –“Non lasciamo a loro la possibilità di uccidere Gemini
e Capricorn e di muovere quindi guerra a noi! Ad
Atena!”
“Questo non
accadrà!” –Parlò finalmente Micene, inginocchiandosi di fronte al Sacerdote,
che tirò un sospiro di sollievo. –“Mio
Signore! Conceda a me, questa volta, di andare in Egitto, ad accertarmi
dell’accaduto! Troverò Gemini e Capricorn e li
riporterò ad Atene sani e salvi!”
“Farai la stessa
fine di quegli altri due stupidi! Così dovremo preparare tre bare anziché due!”
–Sogghignò Cancer, ma non ebbe il tempo di
ridacchiare troppo che un violento calcio lo raggiunse in pieno petto,
spingendolo indietro, fino a farlo schiantare contro una colonna della sala.
“Non osare
offendere nuovamente mio fratello!” –Ringhiò Ioria,
stringendo i pugni delle mani.
“Ioria!!!” –Lo rimproverò Micene, fulminandolo con lo
sguardo, di fronte agli occhi carichi di dissenso di Scorpio,
Acquarius e Fish, e
probabilmente anche di Virgo, per quanto li tenesse
chiusi.
“Micene....
io....” –Mormorò Ioria, cercando di spiegare il gesto
che lo aveva spinto a reagire.
“Se molto aneli di
combattere, giovane Leone, allora accompagnerai tuo fratello in Egitto! Chissà
che questa esperienza non sia per te formativa!” –Esclamò il Sacerdote, tirando
un rapido sguardo al Cavaliere di Sagitter, che
annuì, intuendo ciò a cui si riferiva. –“Cancer! Vuoi
andare anche tu?”
“Sì, signore!” –.
E in quell’affermazione mise tutta la sua determinazione e voglia di
combattere.
“E sia allora,
scenderai in Egitto con Ioria e Micene! Ma sappi che
non potrai agire di tua iniziativa!” –Precisò il Sacerdote. –“E che al Cavaliere
del Sagittario dovrai rendere conto delle tue azioni! Lui soltanto coordinerà
in mio nome, e in nome di Atena, i vostri movimenti e i vostri comportamenti,
che siano di pace, come spero, o di guerra, come invece temo! Hai capito, Cancer?”
“Ss… si!” –Annuì Cancer, senza
molta convinzione.
Poco importa! Rifletté rialzandosi e incrociando lo
sguardo torvo di Ioria. Non starò certo dietro a
quel ragazzetto! Saprò farmi strada da solo, nel deserto africano! E ucciderò
tutti coloro che mi si porranno di fronte! Per realizzare la volontà di Atena,
Dea della Guerra!
“E noi, Grande
Sacerdote?!” –Domandò Scorpio.
“Voi resterete
qua, e presidierete le Dodici Case dello Zodiaco! Con Mur
in missione, e ben cinque Cavalieri d’Oro fuori Atene, non posso inviare nessun
altro! Se nemici ci attaccassero adesso ci sarebbero soltanto cinque Custodi,
il Toro, la Vergine, lo Scorpione, l’Acquario e i Pesci, a difendere il Grande
Tempio, e non possiamo ridurre ulteriormente le nostre difese!”
“Come comanda…” –Si inchinò Scorpio. Lo
stesso fecero gli altri Cavalieri d’Oro, congedandosi a poco a poco dal
Sacerdote, lasciando solamente Micene di Sagitter di
fronte all’Oracolo di Atena.
Uscendo, Ioria e Cancer si tirarono
l’ennesima occhiataccia, e soltanto l’intervento di Scorpio
impedì loro di picchiarsi nuovamente.
“Affido questa
missione a te, Micene di Sagitter! Sarà la prova
finale!” –Commentò il Sacerdote.
“La... prova
finale?!”
“Certamente! La
prova di fiducia di cui Atena ha bisogno per sceglierti come Oracolo!” –Sorrise
Shin. –“Solamente un uomo giusto ma deciso saprà
risolvere la crisi egiziana e io credo fermamente che tu sia quell’uomo,
Micene! Uno spirito indomito e coraggioso, che non esiterebbe a sacrificare se
stesso per le persone che ama, e capace di discernere l’opzione giusta
nell’ampio ventaglio che una questione simile possa porti di fronte!”
“Io… sarò degno della vostra fiducia!” –Affermò Micene,
prima di allontanarsi dalla Sala Dorata.
Ne sono certo,
Cavaliere di Sagitter! Ne sono certo! Commentò Shin,
osservando il giovane dalle ampie spalle e i vivaci capelli castani uscire
dalla stanza. Nobile cuore il tuo, grande e generoso! Prego Dio che non ti
conduca alla morte! Sospirò infine, lasciandosi cadere sullo stanco trono.
Abbandonata la Tredicesima
Casa, i sette Cavalieri d’Oro si incamminarono verso le rispettive case,
scendendo senza parlare la Scalinata dello Zodiaco. Nonostante fossero
coetanei, ed ognuno di loro avesse trascorso gli ultimi sei anni allenandosi
singolarmente, per sviluppare il cosmo dentro di sé, proprio come i suoi
compagni avevano fatto, non vi era dialogo tra di loro, non vi era desiderio di
approfondire la loro reciproca conoscenza. Non vi era comunanza di interessi,
quella sensazione di vivere lo stesso destino, di vivere nello stesso attimo,
alla ricerca di un frammento di eternità che avrebbe dovuto unire i più
valorosi combattenti della Terra, suprema difesa di Atena e delle libere genti.
E di questo Shin sembrava essere cosciente,
nonostante avesse avuto modo di parlare con ciascuno di loro soltanto per poco
tempo, e ne era profondamente dispiaciuto.
Lasciandosi cadere
sullo stanco trono, il Grande Sacerdote sospirò ripensando ai suoi vecchi
compagni: i Cavalieri d’Oro al cui fianco aveva combattuto più di due secoli
prima nella Guerra Sacra contro Ade. Li ricordò tutti, da Albafica
dei Pesci a Sisifo del Sagittario, sforzandosi di
richiamare alla memoria i loro visi, i loro sorrisi, le loro espressioni
impavide dinanzi alla morte. Erano cresciuti insieme e avevano avuto modo di
conoscersi l’un l’altro, arrivando a rispettarsi, pur nelle diversità dei loro
caratteri, e a credere nelle loro capacità e nella loro unità.
Lo stesso
respiro, ricordò Shin, assaporando le sensazioni che aveva provato in quel
secolo lontano, quando era un diciottenne baldanzoso, chiamato a difendere la
Terra contro l’avanzata del male.
“Non
sottovalutarti!” –Gli aveva detto il suo maestro, con un gran sorriso. –“Non
sei soltanto un ragazzino, Shin! Non lo sei più da
quando hai indossato quell’armatura! Forse oggi non comprendi completamente
tutto ciò che sta accadendo, ma posso assicurarti che il tuo ruolo è di
primaria importanza! Viviamo in un’epoca buia, dove le demoniache costellazioni
di Ade sono tornate a oscurare la lucente volta stellata, dopo il sonno che
Atena aveva imposto loro, al termine della precedente Guerra Sacra! Ma il
sigillo che teneva prigioniera l’oscurità ha perso efficacia, vinto dal tempo
che aveva segnato la sua prigionia, ma anche la sua speranza di redenzione!”
“E perché non è
stato posto un nuovo sigillo prima che scadesse?” –Aveva domandato Shin.
Il maestro aveva
sorriso alla spensierata semplicità del ragazzo e gli aveva spiegato che il
tempo doveva fare il suo corso e il mondo conoscere nuove guerre, perché il
continuo scontro tra bene e male, tra luce ed ombra, costituisce la base stessa
della vita, in un dualismo perfetto e infinito.
“Le Guerre Sacre,
combattute tra gli Dei, iniziarono molto tempo addietro, all’alba del mondo,
quando la superficie terrestre si presentava diversa da come oggi appare, Shin! Fu Nettuno, Signore dei Mari, il primo a dichiarare
guerra ad Atena, e dalla violenza dello scontro che ne seguì persino Atlantide
si inabissò! Da allora il mondo non ha mai conosciuto la pace, ma un alternarsi
di ere, come nella vita di un uomo, intervallati da momenti di guerra, tristi
ma ineluttabili!”
“È la guerra
dunque a dominare il Mondo, Maestro?”
“Sì, Shin! La guerra che forgia gli uomini, rendendo pavido il
debole e adulto il ragazzo! Perché essa, pur nella sua crudeltà e violenza,
insegna a credere in qualcosa e a combattere per la propria fede. Insegna al
padre a essere un buon genitore, rischiando la vita per difendere i figli.
Insegna alle donne a non essere flaccide, ma a saper impugnare una spada in
caso di necessità. E soprattutto la guerra irrobustisce i legami, familiari e
affettivi. Cosa è infatti che gli uomini temono maggiormente dalla guerra se
non la possibilità di perdere la propria vita, separandosi quindi dai loro
cari? Ed è per difendere le persone a loro care, i genitori, gli amici, le
donne, che gli uomini si rialzeranno e combatteranno sempre! E i Cavalieri non
sono da meno, uomini come tutti, ma segnati da un’incombenza maggiore, poiché
nelle loro mani, nelle nostre mani, è il destino della Terra intera!”
E aveva ragione! Rifletté Shin,
ricordando quel lontano insegnamento. Per quanto quel giorno non lo avesse
compreso, ritenendolo il maschilistico desiderio di lottare di un uomo, durante
la Guerra Sacra il significato di quel messaggio gli era apparso chiaro.
Combattendo fianco a fianco con gli amici di addestramento, osservando i volti
di coloro che amava versare lacrime amare per la perdita dei propri affetti, Shin e i Cavalieri d’Oro erano riusciti a stabilire un
profondo legame tra loro, capace di vincere il tempo ed essere forte ancora due
secoli dopo. Il sentimento di vivere in un interregnum,
dove i destini di dodici uomini si fusero insieme, divenendo uno solo.
Vorrei che
questo accadesse anche oggi! Mormorò,
per quanto ritenesse dubbia la cosa. I caratteri dei nuovi Custodi Dorati, lo
sentiva, erano poco inclini al compromesso e caratterizzati da un forte
individualismo, che nel caso di alcuni poteva diventare mera superbia e rendere
difficile qualsiasi legame, di amicizia o di semplice rispetto, tra loro. Forse
questa guerra li aiuterà a superare le loro differenze, avvicinandosi l’un
l’altro! Rifletté, prima di abbandonarsi a un inquieto sonno. O forse li
dividerà per sempre! Aggiunse, profeticamente. Possono in fondo le
aquile volare con i gabbiani?!
Quando Micene
raggiunse la Quinta Casa, raccontando a Galan
della missione che gli era stata assegnata, l’amico non sembrò troppo sorpreso,
avendo percepito che la convocazione di un Chrysos Synagein potesse significare qualcosa che richiedeva
l’intervento dei Cavalieri d’Oro.
“Non preoccuparti
per me, Galan! Sono piuttosto resistente! Dovresti
saperlo!”
“Non è di te che
mi preoccupo, Micene! Non soltanto, voglio dire!” –Esclamò Galan,
prima che la loro conversazione fosse interrotta da Ioria.
Il ragazzo
raggiunse infatti i due amici al centro del salone, incitando il fratello a
partire per l’Egitto, desideroso di avventurarsi nella sua prima missione.
“Non sia
avventato, signorino! Non sappiamo quali pericoli nascondono le sabbie del
Sahara!”
“Ehi! Non sono
mica uno sprovveduto!” –Brontolò Ioria, prima che
Micene gli sorridesse.
“Ci troviamo
all’Arena tra pochi minuti! Voglio fare un discorsetto a Cancer
prima di partire! Non voglio grane in Egitto!” – E si allontanò, lasciando Ioria e Galan nel salone della
Quinta Casa.
“Siate prudente!”
–Si limitò a dirgli Galan, accennando un sorriso. Ioria, inizialmente indisposto, abbassò per un momento le
sue difese, rendendosi conto che in fondo a quel ragazzo, l’amico d’infanzia di
suo fratello, voleva bene. E ricambiò il sorriso.
“Non credere di
essere il padrone di questa Casa!” –Ironizzò. –“Ti concedo di usare la vasca
grande, ma solo per quest’occasione!”
“Prima di
andarvene c’è una visita per voi!” –Aggiunse Galan,
fermando Ioria con un colpetto di tosse, a cui sembrò
seguire una risata di bambina, che fece voltare istantaneamente Ioria. Tirò un’occhiata alle colonne laterali del Quinto
Tempio e vide una figura minuta sporgersi da una di esse, una folta chioma rossiccia
che ridacchiava. Il volto era coperto da una maschera bianca, ma Ioria, e anche Galan, immaginò
che la bambina stesse sorridendo al di sotto di essa.
“Ehi... ma… tu…” –Esclamò Ioria, incamminandosi verso il colonnato laterale.
“Poi fatevi
spiegare come ha fatto a arrivare fin qua!” –Ironizzò Galan,
allontanandosi e lasciando i due da soli, nella penombra del colonnato,
rischiarato dalla luce che filtrava dalle finestre in alto.
“Castalia!” –La
riconobbe Ioria. –“Cosa fai qua? Non dovresti essere
alla scuola per Sacerdotesse?”
“Ih ih...”
–Ridacchiò la fanciulla, sbucando da dietro la colonna e mostrandosi a Ioria. Aveva indosso una cotta protettiva scheggiata in più
punti, probabilmente a causa del duro allenamento, che le aderiva delicatamente
al corpo, per quanto minuto e esile fosse quello di una bambina di nove anni.
“Un giorno sarò
una Sacerdotessa, Ioria!” –Scherzò Castalia,
avvicinandosi. –“Ma oggi sono solo una bambina e vorrei giocare con te!”
–Aggiunse, afferrando il ragazzo per mano e cercando di tirarlo via, senza però
smuoverlo, considerata la sua maggiore mole e il peso dell’Armatura d’Oro.
“Non posso giocare
con te! Sono un Cavaliere, e sto andando a combattere!” –Rispose Ioria, cercando di non essere troppo brusco, ritenendo che
in fondo fosse soltanto una bambina.
Castalia si fermò,
lasciando cadere la mano di Ioria e rimanendo in
piedi davanti a lui, a fissarlo per qualche minuto in silenzio. Sospirò,
preparata a quella risposta, avendo udito la conversazione tra Micene e Galan pochi minuti prima, e si avvicinò nuovamente a Ioria, pregandolo di ritornare.
“Non farti
uccidere! Ci sarà tempo per quello!” –E allungò il viso per baciarlo su una
guancia. Ma Ioria la scansò schivo, pregandola di non
preoccuparsi. E si incamminò verso l’uscita del Quinto Tempio, brontolandola
per essere scappata dalla scuola di Sacerdotesse e aver violato la legge del
Grande Tempio che vietava il suo accesso alle Case dello Zodiaco, lasciando la
bambina da sola, a mani giunte, al centro della Casa del Leone, con il cuore in
gola e gli occhi lucidi. Prima di scendere la scalinata esterna, il ragazzo si
voltò verso l’interno e le sorrise.
“Ci sarà ancora
tempo per giocare!” –E se ne andò, riflettendo sullo spirito di iniziativa
della bambina, che non aveva esitato a lasciare tutto, rischiando di essere
punita o addirittura espulsa, solo per venire a salutarlo. Scosse la testa,
cacciando un sorriso malizioso sul suo volto e si incamminò a passo svelto
verso l’Arena, per incontrare Micene e gli altri compagni d’avventura.
Quando i Cavalieri
di Atena arrivarono in Egitto trovarono un’immensa distesa di sabbia ad
attenderli, un vasto deserto solcato da impetuose tempeste cariche di oscura
energia, che impediva loro di procedere ulteriormente usando i loro poteri,
obbligandoli ad usare i piedi.
“Ecco!” –Esclamò
Micene di Sagitter. –“Qua termina il nostro facile
spostamento! Oltre questo deserto esiste un potere molto grande, ancestrale e
oscuro, che limita i nostri movimenti, come la Divina Volontà di Atena
impedisce di usare il teletrasporto alle Dodici Case dello Zodiaco!”
“Poco importa!”
–Aggiunse Cancer. –“Una corsa è l’ideale prima di
menar le mani!”
“Cerca di
controllarti, Cancer! Non sappiamo ancora se dovremo
combattere!” –Lo chetò Micene.
“Non credo siamo
venuti fin qua per farci offrire un bicchiere di ambrosia!”
“Ma non
necessariamente per insanguinare queste immense distese di sabbia!” –Intervenne
una terza voce, facendo voltare i due Cavalieri d’Oro.
Oltre a loro
infatti, e al giovane Ioria, il Grande Sacerdote
aveva inviato Albione di Cefeo, Eurialo del Dorado
e Niso del Tucano, lasciando ai
Cavalieri d’Argento il compito di proteggere il Grande Tempio. Le condizioni
del Cavaliere del Tucano non erano ottimali, essendo sempre provato dalla
ferita della Spada del Sole, ma quando aveva scoperto che Eurialo era stato scelto da Albione come compagno per la
missione egiziana aveva insistito più volte per essere presente al fianco
dell’amico.
“Umpf… Albione di Cefeo! E credi
di poter essere utile con i tuoi catenacci?!” –Ironizzò Cancer,
osservando l’Armatura d’Argento, dal colore blu acceso, dotata di due catene
affisse ai bracciali.
“Smettila, Cancer! Siamo tutti sotto lo stesso sole!” –Esclamò Micene,
dando indicazioni ai cinque compagni. –“E dobbiamo restare uniti e procedere
insieme!”
“Come tuo
fratello?!” –Ironizzò sarcastico Cancer, facendo
voltare Micene e gli altri.
Ioria infatti si era incamminato da solo nel
deserto, scegliendo di procedere in linea retta. Detestava perdere tempo in
noiose e interminabili discussioni, preferendo agire, per quanto avventate
fossero spesso le sue azioni.
“Ioriaaa!!!” –Lo chiamò Micene, correndo dietro al fratello,
presto seguito da Cancer, Albione, Eurialo e Niso. –“Fermati!
Aspettaci! Non puoi andare da solo!”
“Perché no?”
–Brontolò Ioria, avanti rispetto al fratello di un
centinaio di metri. –“Non dobbiamo forse scoprire cosa sta accadendo a Tebe? E
non è Tebe davanti a me?” –Mormorò, sollevando lo sguardo avanti, verso sudest,
dove contava di veder spuntare la città egiziana.
Improvvisamente
una violenta tempesta si sollevò sul deserto, scuotendo le sopite sabbie
africane e travolgendo i sei Cavalieri di Atena, impetuosamente, con violenza,
al punto da limitare loro di vedere a causa del fitto turbinio di sabbia che
disturbava i loro occhi, impedendo persino di trovarsi tra di loro, per quanto
vicini fossero. Micene si accorse a fatica che Ioria
si era allontanato ancora, ma la violenza della tempesta era implacabile, tale
da rendergli difficile soltanto fare un passo.
“Urgh!” –Strinse i denti Sagitter.
–“Di natura divina è questa tempesta! Certo non naturale!”
“Sono....
d’accordo!!” –Rispose a fatica Albione, sempre a fianco di Micene.
“Ioriaaa!!!” –Urlò ancora il ragazzo, ma il fratello parve
non udirlo continuando ad avanzare nella tormenta, grazie anche all’aiuto di
una speciale visiera inserita nell’elmo dorato del Leone che rendeva meno
difficoltoso per lui sopportare quella tempesta di sabbia.
Approfittando di
quel momento di spaesamento anche Cancer, stufo delle
stupide direttive buoniste di Micene, scomparve, decidendo di agire
autonomamente, e questo turbò non poco l’animo del Cavaliere di Sagitter, doppiamente preoccupato.
“Maledizione!”
–Mormorò Micene, continuando a chiamare Ioria in
quella devastante tormenta di sabbia. –“Non dobbiamo perderci! Dobbiamo restare
uniti!!!”
“Tu pensa al
Cavaliere di Cancer! Mi occuperò io di tuo fratello!”
–Esclamò Albione, strizzando l’occhio al ragazzo e lanciando le catene nella
tormenta, dietro alla debole scia del cosmo di Ioria.
Micene sospirò per un momento, ma non ebbe neppure il tempo di ringraziare il
Cavaliere di Cefeo che una violenta folata lo spinse
indietro, sollevandolo persino da terra e sballottandolo in aria, obbligandolo
a spiegare le dorate ali della sua corazza e librarsi nel vento. Quando riuscì
ad atterrare nuovamente a terra, scoprì con orrore, ed enorme dispiacere, di
essere rimasto da solo.
Ioria e i suoi quattro compagni erano scomparsi, e
adesso si trovavano divisi in una terra straniera, che non conoscevano, ed
egli, che avrebbe dovuto condurli sotto la sua guida, aveva fallito.