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Autore: Water_wolf    17/02/2014    18 recensioni
ATTENZIONE: seguito della storia "Sangue del Nord".
Il martello di Thor è stato ritrovato, Alex e Astrid sono più uniti ed Einar non è stato ucciso da Sarah. Va tutto a gonfie vele, giusto? Sbagliato.
Alex ha giurato che sarebbe tornato ad aiutare Percy contro Crono, anche a costo di disobbedire agli ordini di suo padre. Quanto stanno rischiando lui e gli altri semidei?
I venti non sono a loro favore, ma loro sono già salpati alla rotta di New York.
«Hai fatto una grande cazzata, ragazzo» sussurrò, scuotendo la testa. || «Allora, capo, che si fa?» chiesi, dando una pacca sulla spalla al mio amico. «Se devi andare all’Hellheim, meglio andarci con stile»
// «Sai cosa?» dissi. «Non ti libererai facilmente di me, figlio di Odino. Ricordatelo bene.» || «Allora ce l’avete fatta!» esultai. Gli mollai un pugno affettuoso contro la spalla. «Da quando tutti questi misteri, Testa d’Alghe?» lo stuzzicai. «Pensavo ti piacesse risolvere enigmi, Sapientona» replicò, scoccandomi un’occhiata di sfida.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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ATTENZIONE: Questa storia è scritta a quattro mani da Water_wolf (autrice pubblicante) e AxXx ( http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=218778 ). Alcuni
concetti principali verranno ripresi. Buona lettura!


Venti del Nord


Litigo con mio padre

•Alex•

La sveglia suonò, riportandomi alla realtà. Che cavolo, il giorno prima avevo dovuto affrontare un gigante a due teste che mi stava attaccando al centro commerciale e, ovviamente, la sveglia, mi doveva strappare dai miei sogni di riposo.
A proposito, vi ricordate di me? Sono Alex Dahl, il figlio di Odino che l’ultima volta si è quasi fatto ammazzare usando il martello di Thor contro un esercito di zombie.
Dopo un po’ di tempo ero tornato a casa da mia madre Dana. Un appartamento ad Oslo con due camere, cucina, e bagno. Nulla di particolare, mia madre riusciva a pagare l’affitto con il suo lavoro da commessa al centro commerciale, ma sapeva di casa, di posto a cui tornare.
«Tesoro, devi alzarti, è mattina» mi scosse lei, con un sorriso.
«Ah… altre cinque ore» sbuffai, tirandomi le coperte fin oltre i capelli.
Era passato solo un mese dalla mia impresa e il solo pensarci mi faceva tornare in mente la fatica. Avrei potuto dormire per tre giorni di fila.
«E va bene… Quindi non vuoi proprio venire a salutare la tua amica Astrid che è venuta a trovarti?»
Parolina magica in arrivo; mi rizzai a sedere e mi vestii in fretta, raccogliendo i primi vestiti che mi capitarono sotto mano: un paio di pantaloni della tuta e una maglietta nera a maniche corte.
La mia stanza era un campo di battaglia, con jeans, calzini e mutande sparsi ovunque. C’erano, persino, i resti di una lancia spezzata in un angolo – sono un semidio, in questa casa ci sto solo tre mesi all’anno, non ho tempo di pulire quando i goblin cercano di uccidermi nel sonno.
Astrid era la mia migliore amica al Campo, era una figlia di Hell, ma questo non le aveva certo impedito di essere una bellissima persona. Era intelligente e astuta, oltre che una grande combattente. Il mese prima aveva compiuto con me una grande impresa e avevamo riportato insieme il martello di Thor al proprietario. Da quel giorno il nostro legame si era fatto molto più solido e bello.
Avevamo passato insieme molte giornate, ignorando il fatto che i nostri genitori si odiavano. Avevo anche una sua foto che tenevo chiusa nella mia borsa a tracollo. Appena mi detti un’aria decente, mi fiondai in cucina, dove Astrid stava già prendendo cucchiaiate di Mußli dalla sua tazza di latte, mentre mia madre le mostrava le foto di quando ero piccolo e addentavo un soldatino di plastica: il mio primo nemico giurato. Dèi immortali, quanto era imbarazzante!
«Comandante!» mi salutò lei divertita, mentre cercava di non ridere. «Come va?»
Arrossii fino alla punta dei capelli, mentre mi sedevo accanto a lei, addentando una merendina.
«Tutto a posto, negli ultimi due giorni ho affrontato un solo gigante e due Ettin*.»
Lei rise, ormai impossibilitata a trattenersi. Era quella la vita di noi semidei: i mostri erano capaci di fiutarti anche se ti mettevi tre chili di balsamo sotto le ascelle e, se lo facevano, allora potevi considerarti già morto. Io, poi, ero un figlio di Odino, quindi il mio potere si faceva sentire da chilometri di distanza.
«Volete qualcos’altro? Ho una focaccia, del pane… nutella?» chiese mia madre, aprendo il frigo.
Era sempre premurosa e, dato che raramente avevamo ospiti, le piaceva mostrare la sua perfetta cura da padrona di casa.
«Io un po’!» intervenne subito Astrid, alzando la mano; c’erano cose a cui non riusciva proprio a resistere.
Mentre la serviva, mia madre mi lanciò un sorriso allusivo, ma non maligno. Sembrava volermi dare la sua approvazione e io sapevo riguardo a cosa. Avevo più volte specificato che Astrid era “solo un’amica”, ma mia mamma aveva un buon intuito e non gli era certo sfuggita la mia foto o il mio improvviso interesse per le video-chat e i cellulari.
«E al Campo? Notizie dalle altre orde?» chiesi, appena finii di mangiare, assicurandomi che la spada fosse ancora in tasca.
Il sorriso di lei morì, tramutandosi in un espressione abbattuta e dispiaciuta.
«Mi dispiace, ma nessuno è molto convinto. Alcuni delle altre orde sembrano interessati, però senza il favore degli Dèi, non riusciamo ad avere il sostegno dei loro capi.»
«Dritt» imprecai, cercando di mantenere le fiamme della rabbia sotto controllo.
Dovete sapere, infatti che gli Dèi Norreni non sono gli unici ad essere vivi. Esistono anche Dèi Greci che, adesso, vivono in America e hanno cambiato il loro modo di essere. Tuttavia, il mese prima, mi ero ritrovato al campo dei loro semidei e un ragazzo di nome Percy, mi aveva dato una mano con la faccenda del martello di Thor. Avevo promesso che, in cambio, l’avrei aiutato nella guerra contro Crono, ma mio padre non voleva immischiarsi. La rivalità tra lui e Zeus era profonda e sospettavo che Odino avrebbe preferito veder crollare l’Olimpo.
«Dannazione, devo ritentare» sospirai, abbattuto.
«Devi, proprio, Alex?» domandò mia madre, in ansia.
Aveva sempre vissuto con la paura di perdermi, ma adesso era diverso: si trattava di una guerra. Lei era terrorizzata all’idea che io non facessi ritorno, ma sapeva anche che non avevo altra scelta. Ero un semidio, i semidei non hanno vita facile. Muoiono presto e quasi sempre combattendo.
«Mamma… Mi dispiace, devo mantenere una promessa. L’hai detto tu che le promesse vanno mantenute. Devo farlo, non mi sentirei in pace con me stesso.»
Dana sospirò. Non mi stupirò mai abbastanza: nonostante tutti i problemi che le avevo procurato, i disastri e le sofferenze, lei mi voleva bene, voleva la mia felicità ed era disposta anche a lasciarmi andare per la mia strada. Non avrei potuto desiderare di meglio, nella mia vita. Mi abbracciò e mi augurò buona fortuna.
Quando varcai la porta per tornare al Campo, con la borsa in spalla, sentii il suo sguardo puntato su di me. Gli occhi minacciavano di lasciar andare le lacrime per i sensi di colpa, ma riuscii a trattenerle. Non volevo farla soffrire, ma questa era la vita dei semidei.
Vesa ci attendeva fuori, sul viale con le macchine che scorrevano e i pedoni che la ignoravano. Mi chiesi cosa vedessero i mortali al posto di un mostro alato grande come una macchina. Un furgone? Un elicottero personale con guardie armate di spade? Non ne avevo idea, ed era meglio non interrogarsi su certe cose.
Salimmo in groppa e lei prese il volo. Astrid aveva ancora qualche problema a controllare le vertigini, dato che solo con Vesa e me era a suo agio. Nei posti chiusi – quali aerei o altro– era ancora molto agitata. Si strinse a me per non cadere e appoggiò la testa alla mia spalla. Era una bellissima sensazione saperla vicina, mi faceva sentire rilassato, lo stomaco mi si chiudeva e ogni mio neurone si concentrava sul suo calore corporeo. Peccato dovessi tenere le briglie della mia viverna. Avrei voluto tanto poterla abbracciare anche io.
Nemmeno pochi minuti da Oslo ed ecco il Campo Mezzosangue, con i cinque forti, i quindici templi e il Grande Forte di comando. Casa nostra, quando dovevamo scappare dai mostri. Un luogo dove ogni semidio norreno poteva allenarsi per essere pronto ad affrontare i pericoli all’esterno. Eravamo i discendenti dei vichinghi, i più valorosi e sanguinari guerrieri della storia. Il mare e la battaglia erano la nostra casa.
«Alex!» mi avvertì Astrid, indicando alla mia destra.
Un rumore mi mise in allarme e, grazie al duro allenamento e ai miei sensi sviluppati, riuscii ad intravedere due viverne che si dirigevano verso di noi a velocità folle. Vesa compì una virata bruschissima, tanto che per poco, non disarcionò anche me, mentre altre due viverne sfrecciavano accanto a noi. Sui loro dorsi vi erano un ragazzo ed una ragazza, entrambi vestiti con le maglie rosso sangue del Campo Nord. Lui era coperto da un armatura leggera, in cuoio e in mano al fianco aveva allacciata la spada.
I capelli biondi, come grano riscaldato al sole, incorniciavano il duro volto non del tutto spigoloso; gli occhi azzurri come il cielo limpido d’estate – Lars, figlio di Eir. La ragazza, invece, la conoscevo bene: era Nora, mia sorella di parte divina. Aveva corti capelli biondi, occhi grigi come i miei, un’aria vispa e sicura. Il corpo snello e slanciato, irrobustito dagli anni di allenamento. Anche lei indossava jeans e la maglietta del Campo, in mano la sua lancia.
«Ehi, fratellone!» mi salutò la bionda, alzando la sua arma. «Ti trovo bene, andiamo a fare le chiappe a strisce a Crono?»
«Certo che sì! La nave è pronta?» chiesi, rispondendo al saluto, scuotendo la mano.
«Ovviamente. Comandante, ci sarebbe anche un problema. Hermdor vuole parlarti» mi informò Lars con il suo solito tono formale.
Era un tipo a posto, piuttosto freddo e distaccato, uno dei miei secondi. Abile con la spada ed un ottimo comandante. Era molto difficile da capire, dato che stava sempre impettito e con lo sguardo freddo come i ghiacciai del nord. Era molto fedele, anche se un po’ noioso, dato che non apprezzava l’umorismo.
«Grandioso» sbuffò Astrid, scuotendo la testa.
Aveva assunto un colorito verde che ricordava la nausea. Probabilmente ancora stordita dalla brusca manovra precedente.
«Andiamo. Io devo fare una cosa, prima» risposi, inclinando la mia cavalcatura, abbassando quota.
Una volta atterrati, condussi Vesa nel box, affiancato dai miei compagni. Astrid si diresse verso il forte dell’Orda del Drago radunare i suoi bagagli.
All’esterno si stavano riunendo una quarantina di ragazzi, ognuno dei quali armato e rifornito per combattere. Le asce, le spade e le lance erano molto utilizzate, ma c’erano anche una decina di archi, quasi tutti figli di Skadi e Loki. La metà di loro aveva anche dei cavalli, ma, essendo una missione con poco, avevamo deciso di non portarli. Le viverne ci avrebbero seguito in volo.
Astrid fu rapida a dirigersi verso i suoi alloggi e la cosa non mi sorprese, dopotutto stavamo per partire. Due ore e poi saremo andati tutti in America a combattere, non in gita. Già, forse voi non lo sapete, ma negli Stati Uniti c’erano un sacco di problemi.
Gli Olimpici erano in difficoltà estrema, stavano combattendo contro il loro antico nemico: Crono, Re dei Titani, deciso a riprendersi il trono che gli spettava. Il mese prima il loro più potente eroe, Percy Jackson, figlio di Poseidone, mi aveva aiutato e io avevo promesso che sarei intervenuto in suo favore. Così la mia orda era sul piede di guerra. Non ero riuscito, però, a convincere né gli dèi, né le altre orde, anche se qualche loro membro si era unito a noi, come Nora.
Io, di mio, avevo altro a cui pensare. Lasciai aperto il box, in modo che le viverne potessero volare al momento della partenza e mi diressi al Forte, scortato da mia sorella. Lungo la strada alcuni semidei mi guardarono male. C’era stata una vera lotta e, ultimamente, l’Orda del Drago era considerata la pecora nera del Campo, dato che ci eravamo messi apertamente contro il volere degli Dèi di rimanere neutrali. Ma a me non importava.
Davanti al cancello, mi attendeva una mia vecchia conoscenza: Einar, figlio di Loki. Aveva preso parte all’impresa precedente sotto mentite spoglie, prendendo il posto di un mio secondo: Sarah, la quale si era dimostrata molto furiosa di questo, minacciando di tagliare i genitali del povero ragazzo.
«Allora, capo, vuoi proprio che ci provi?» chiese, sapendo bene a cosa mi riferivo.
«Ho dato la mia parola. Non ti ucciderò per quello che hai scoperto, se tu me la porterai» ribattei freddamente.
Sapevo che un furto al Castello del Comando poteva riuscire solo ad un figlio di Loki e, per quanto Einar mi facesse saltare i nervi, era l’unico di cui m fidavo.
«D’accordo. Te la porterò alla nave. Anche se temo che sarà l’ultima volta che metteremo piede al Campo.»
Lo ignorai e, mentre lui faceva il giro, io entrai. Hermdor mi aveva convocato, ma il mio compito era anche quello tenere l’attenzione su di me, mentre Einar portava a termine la sua missione. Se ci avessero scoperti non sarebbe stato per niente bello.
La stanza circolare delle assemblee me la ricordavo bene: non era cambiata dall’ultima volta, quando mi dettero l’impresa, solo che, questa volta, era molto più affollata. Oltre ad Hermdor, c’era anche nostro Odino.
«Padre» sussurrammo io e Nora insieme, inchinandoci al suo cospetto.
Era pur sempre il Re degli Dèi, anche se come padre lasciava un po’ desiderare. Lui, per tutta risposta ci guardò dall’alto in basso, con il suo unico occhio buono e si sedette.
«Alex, Nora. Vi ordino di smetterla con il vostro assurdo piano! Gli Olimpici sono finiti, state solo andando in contro alla fine, e con voi quaranta semidei di grande valore» ci intimò, senza nemmeno sprecarsi in un: “Salve, figlioli, come va? Avete passato una buona estate?” o “Avete massacrato qualche gigante?”
Meglio così, però, avevo molta attenzione su di me ed Einar aveva bisogno di tempo.
«Non mi interessa quello che hai da dire, padre. Ho già preso la mia decisione, andremo, con o senza la tua benedizione» protestai, alzandomi.
I miei pugni erano così stretti che le nocche erano sbiancate.
«Tu non lo capisci, vero? Mugin, vieni qui!» sbottò il Re, verso la finestra.
Subito uno dei suoi corvi apparve ed iniziò a gracchiare. Anche se, essendo tutti figli di Odino lo capivamo benissimo.
«Argh! Tifone è vivo, si è risvegliato. Gli Dèi dell’Olimpo sono in difficoltà, riescono solo a rallentarlo!»
«Visto? Il gigante Tifone è la più potente creature della mitologia Greca. Un gigante alto come le mura di Asgard, in grado di comandare i venti e padre dei mostri greci. Non vincerai mai una battaglia senza di noi! Inoltre ho ordinato a Njordr di scuotere i mari per non farvi partire. In più, potrei anche decidere di non accogliere i tuoi compagni nel Valhalla» minacciò Odino, stringendo Gungnir come se volesse spezzarla.
«Già, potresti intervenire, invece ti nascondi dietro le mura di Asgard, costringendoci a rimanere qui! Sembra che tu abbia paura di combattere» commentai allusivo.
Sperai di non essermi spinto troppo oltre: stavo accusando un dio consacrato alla guerra di codardia. E non era bello. La temperatura della stanza si abbassò fin sotto zero, letteralmente. Iniziai ad avere i brividi di freddo e l’aria sembrava essersi caricata pronta ad esplodere.
«Non osare rivolgerti a nostro padre con quel tono» ordinò Hermdor, in un chiaro tentativo di calmare gli animi del Re, che, però, lo redarguì alzando una mano.
Nora mi osservava con uno sguardo colmo di terrore, come se temesse di vedermi trasformato in un mucchio di gelatina. Cosa che, probabilmente, sarebbe accaduta. Odino mi squadrava con il suo unico occhio grigio, acceso come un fulmine in mezzo ad una tempesta. All’esterno sentivo tuonare e le nuvole si agitavano come il suo sguardo. Pregai qualche altra divinità di intervenire in mio favore, ma avrei preferito che non lo facesse quella che apparve.
Loki si palesò con una colonna di luce degna di una palla di vetro di una discoteca. Questa volta indossava abiti molto provocanti: jeans neri attillati e maglietta nera con su scritto AMA LOKI con, accanto, stampate un paio di labbra di donna rosso fuoco che mandavano un bacio.
«Ciao, Odino! Come va?» domandò, con un sorriso così finto da sembrare rifatto.
La sua comparsa così inattesa colse tutti di sorpresa, compreso il Re degli Dèi.
«Loki, cosa vuoi?» chiedemmo tutti sospettosi.
C’era sempre qualcosa sotto quando lui si mostrava. L’avevo imparato a mie spese.
«Oh, stavo pensando che, dato che vostro figlio vuole proprio andare… be’, diciamo che potreste trovare un accordo» cominciò il dio degli inganni, sedendosi accanto al suo signore, sfoggiando un sorriso allusivo.
Subito la stanza sembrò riempirsi di una dolce musica rilassante, con un sottofondo di malinconia e i miei pensieri iniziarono a dirmi di fidarmi di lui. Scossi la testa. Conoscevo gli intrighi della lingua ingannatrice di Loki, non dovevo abbassare la guardia o rilassarmi. Rischiavo di rimanere sotto il suo malefico influsso.
Tuttavia mio padre non era pronto: ancora furibondo per la mia sfuriata, cadde nella trappola.
«Che tipo di accordo?»
«Dato che lui vuole andare e non sembra intenzionato a ragionare, credo che meriti una punizione. Nella tua immensa saggezza, considererai tali parole come un insulto. Un tradimento verso Asgard. La cosa migliore è punirlo, dopotutto i soldati che andranno con lui non sono in loro. La loro lealtà sarà premiata, ma solo a condizione che al loro comandante venga inflitta una punizione…» fece una pausa ad effetto e poi emanò la sua sentenza. «… esiliando la sua anima dal Valhalla.»
Sentii improvvisa la paura farsi strada nelle mie viscere come un serpente carnivoro che mi consumava con il suo veleno. Mi resi conto che stavo tremando. Essere esiliati dal Valhalla era una punizione terribile, che nessuno avrebbe voluto. La dannazione eterna nelle profondità dell’Hellheim, costretti a servire la dea abissale, fino all’ultimo giorno in cui sarei stato costretto a combattere Asgard.
Mio padre, però, sotto l’influsso della sua rabbia verso di me e delle parole melliflue di Loki si lasciò convincere.
«Così sia! Alex Dahl, figlio rinnegato, hai un ultima possibilità di tornare indietro. Se andrai, dannerò la tua anima alle eterne pene dell’Hellheim, mentre i tuoi guerrieri saranno perdonati! Se rimarrai, ti perdonerò» annunciò il Re degli Dèi, alzandosi in piedi, con aria decisa.
Toccava a me prendere la decisione definitiva. Potevo rimanere, mantenere la mia anima intatta e attendere la mia morte sapendo che sarei stato accolto nelle bianche sale. Ma mi resi conto che, se lo avessi fatto, non sarei stato in pace con me stesso.
«Io andrò!» sbottai, cercando di non farmi prendere dal panico.
Odino non sembrò sorpreso. Mi guardò deluso, dopodiché sparì in una colonna di fuoco.
«Che tu sia maledetto, Loki» ringhiò mia sorella, alzandosi per inveire contro il dio degli inganni che, però, per nulla sorpreso, ci fece l’occhiolino per poi sparire.
Hermdor era rimasto in silenzio per tutto il tempo, osservandoci tristemente.
«Hai fatto una grande cazzata, ragazzo» sussurrò, scuotendo la testa.
E aveva ragione, ma non mi sarei arreso. Sarei sopravvissuto e sarei tornato vivo, da quell’impresa.

koala's corner.
*scoppiano fuochi d'artificio*
Ed eccoci di nuovo qui, con il seguito di "Sangue del Nord", il nostro incrocio tra semidei greci e norreni. Per chi fosse nuovo, i concetti generali verranno ripresi alla larga, ma sarebbe meglio se leggeste la storia originaria ^^ Comunque, io sono il koala! Passiamo alla (ri)presentazione degli autori!
Noi siamo Pippo...
e Palla...
due amic-
Stop! Soni bastati i fuochi d'artificio, la sigla da cartone animato non serve.
Ok, io sono AxXx e, come al solito, scriverò qua sotto in rosso e i miei POV sono quelli di Alex e Percy.
Mentre io sono Water_wolf, scriverò in occhi-verde-percy-che-non-c'è-su-efp-ma-uffa e i miei POV sono quelli di Astrid e Annabeth. Dobbiamo davvero ripetere questa solfa?
Sono felicissimo di ricominciare questa bellissima storia! Crediamo sarà migliore della precedente, dato che ci saranno più semidei norreni e fusioni tra i personaggi.
Oh, e per chi se lo stava chiedendo e ve lo stavete chiedendo tutti, ci saranno anche più momenti di coppia *3*
Fateci sapere cosa ne pensate con una recensione, se avete delle supposizioni, noi siamo curiosissimi di conoscerle. Alla prossima!

Soon on Venti del Nord: POV di Astrid, momenti Alrid (*-*) e un mezzo di trasporto un po' originale per NY City.
 
  
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