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Autore: Luke987654321    18/02/2014    5 recensioni
Questa fan fiction sarà diversa: ci saranno più punti di vista (non solo dei tributi). Ogni tributo ha una sua storia, una sua caratteristica, una sua strategia, per questo è giusto analizzare ognuno nel dettaglio. La psicologia umana è complessa, ogni scelta che facciamo può modificare un qualcosa, innescando un meccanismo inarrestabile. Spero che vi piaccia, buona lettura😄✌️📖
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Beatrice Pevensie (distretto otto)


Terrore. È la prima emozione che sento, mi provoca uno strano dolore alla pancia, inizio a respirare velocemente. Cerco di calmarmi, faccio un profondo respiro.
"Le probabilità che estraggono il mio nome non sono alte" mi ripeto. In effetti ho solo cinque tessere e in quella boccia ci saranno decine di migliaia di nomi.
Rimango qualche minuto fissando il soffitto. Provo a non pensare a nulla, ma è letteralmente impossibile. Decido di alzarmi, sollevo una gamba dal letto e scivolo direttamente nell'unico paio di scarpe. Sono un po' consumante ma ancora sfruttabili. Stiracchio le braccia preparandomi per un altra orrenda giornata.
È consuetudine vestirsi eleganti per la mietitura, come se indossare un bell'abito riduca le possibilità di essere scelto. Prima di prepararmi vado a fare colazione, la pancia al solo pensiero inizia a brontolarmi, quasi istintivamente porto la mano nel ventre e spingo verso l'interno.
Lascio aperta la porta per cambiare l'aria. Percorro il piccolo corridoi e mi dirigo velocemente in cucina.
<< Buongiorno >> mi saluta la mamma sorridendomi quasi spensierata.
Ricambio il saluto e sforzo un piccolo sorriso.
<< Non dovresti essere nervosa >> papà mi abbraccia baciandomi in fronte.
Ci sediamo pronti a fare colazione. Mamma sta spalmando la marmellata in un panino mentre domando: << voi eravate nervosi? >> domando incerta.
Papà ha un sussulto << per cosa tesoro? >> ha un tono nervoso ma finge di essere rilassato.
<< Per la vostra mietitura >> rispondo ancora più incerto << insomma sono cinquantasei anni che ci sono gli Hunger Games anche voi, dunque, avete partecipato >> aggiungo.
<< Io devo andare >> mamma si alza dal tavolo, appoggia il bicchiere nel lavello e velocemente esce dalla stanza.
<< Non avrei dovuto chiederlo >> sospiro. Immergo il filtrino del the e lo schiaccio col cucchiaio, sono un po' arrabbiata con mamma, anche se mi sarei dovuta aspettare una reazione così. Non credo che parlerò con fierezza della mietitura con i mie figli. 
<< Eravamo terrorizzati >> inizia papà. Alzo gli occhi stupefatto e rimangono a fissarlo per tutta la durata del discorso.
<< Ogni anno mi svegliavo con vari incubi >> fa una breve pausa per poi riprendere distogliendo lo sguardo e fissando il soffitto << era orrendo, ma obbligatorio >>.
Distolgo lo sguardo dai suoi occhi sentendomi in colpa per la mia sciocca domanda.
<< Tutti abbiamo perso almeno un parente o un amico durante la mietitura >> si strofina gli occhi lucidi << e la parte più brutta è il fatto che si resta fermi immobili, consapevoli di vederli per l'ultima volta >> fa una lunga pausa sospirando << certo, alcuni tornavano, ma la maggior parte morivano e  non potevi fare niente, potevi solo sperare che non chiamino mai te >>.
Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti, tutto ciò che ha detto rimane impresso nella mente. Questo è ciò che portano gli Hunger Games: paura. E la paura uccide ogni speranza diceva sempre mio nonno.
Ma non possiamo farci nulla, siamo troppo deboli e così siamo obbligati a inginocchiarci e mandare i nostri figli al macello per intrattenere i poveri e annoiati capitolini.
<< Forse è meglio che tu vada a prepararti >> si alza dal tavolo e mi da un bacio sulla guancia. 
Vado in bagno, dove mi aspetta un bel bagno. L'acqua è ghiacciata ma non posso pretendere più di tanto, molte famiglie qui al distretto 8 non hanno nemmeno da mangiare, la nostra famiglia si ritiene molto fortunata.
Mamma attribuisce la nostra fortuna all'aiuto divino. Non ho mai creduto in Dio, anche se da piccola ero obbligata ad andare nell'unica chiesetta del distretto.
Mi strofino velocemente ma accuratamente il sapone nella pelle togliendo via lo sporco e il sudore accumulato. 
Lascio sciolti i capelli ed entro in camera. Dentro trovo mamma con in mano un vestito appena comprato. È verde acquamarina, senza spallucce e con un fiocco blu nella vita.
<< Non avresti dovuto prenderlo >> la guardo con uno sguardo quasi di rimprovero.
<< Se vuoi, posso riportarlo in negozio >> risponde con un sorrisetto.
<< Beh, è carino e ormai l'hai preso >> ammetto.
Scoppia a ridere, appoggia il vestito sul letto e va a prepararsi. Guardo il vestito sentendomi un po' in colpa. Infilo il vestito e indosso un paio di ballerine nere, anch'esse appena comprate.
Quando esco mamma e papà sono pronti come loro. La mietitura inizia verso mezzogiorno, mancano solo qualche minuto perciò usciamo senza troppi convenevoli.
Arrivati nella piazza centrale mi dispongo in fila per la registrazione. Di solito la piazza è il luogo del mercato da piccola adoravo venire qui e giocare con le mie amiche a campana o a saltare la corda. Gli Hunger Games hanno rovinato anche questo posto, perchè anche se la piazza in queste occasioni è addobbata da splendidi festoni e sgargianti nastri, l'atmosfera è da funerale.
I cameraman sono già arrivati così come la signora (o meglio signorina) Jessie Balcom, che devo dire è vestita in una maniera tale da sembrare una tartaruga. Saltella e sorride sopra il palco provando il microfono. L'entusiasmo non li manca, almeno, ricorda una bambina il giorno di Natale.
È il mio turno, con un ago mi bucano l'indice sinistro, poi lo pigiano su un foglietto bianco.
<< Nome prego >> il tono di voce del ragazzo sembra quasi robotico.
<< Beatrice Pevensie >> rispondo velocemente. 
Finita la registrazione tutti i ragazzi e le ragazze vengono divisi in base alla loro età, ogni settore diviso da grosse funi.
Lo spazio diventa ristretto di minuto in minuto. Inizia a salirmi l'ansia. Le mani diventano sudaticce e inizio a respirare a fatica. Guardare il palco non mi aiuta. Sopra di esso Jessie parla col sindaco Stoner, la mia attenzione ricade sulla boccia piena di foglietti. Cerco di rilassarmi pensando che le probabilità che venga estratta una delle mie tessere è molto bassa, eppure l'ansia non scende e mi provoca anche mal di pancia.
Il sindaco Stoner si dirige a piccoli passi al centro del palco << è il momento del pentimento e del ringraziamento verso Capitol City >>.
Fa partire un filmato, guardarlo mi fa calmare. È sempre lo stesso filmato, ormai lo conosco praticamente a memoria. Finito il video sulla guerra e la definitiva e totale distruzione del distretto 13, il sindaco presenta Jessie.
Scattante e sicura di se si dirige verso la pedana. 
<< Benvenuti, benvenuti sono lieta di presentare la mietitura qui al distretto otto >> fa una breve pausa, chiude gli occhi e fa un respiro profondo.
Muoviti, penso. Via il dente via il dolore, queste pause mi mettono solo ansia.
<< Come sempre prima le signore >> annuncia energica, ci rivolge un sorriso poi si dirige verso la boccia. Cinque su migliaia, cinque su migliaia, non prenderanno me, non possono prendere me.
Alza la mano destra e la tuffa velocemente dentro la boccia, mescola tutti i bigliettini e estrae la mano. Torna lentamente verso il microfono, il piccolo biglietto stretto. 
Respiro rumorosamente, l'ansia mi divora.
Con fare teatrale apre il piccolo foglietto, si schiarisce la voce e con tono deciso pronuncia.
<< Ester Hutton >>. 
Non sono io, penso. È come se mi si fosse tolto un peso, dirigo lo sguardo verso mamma e papà, si sono tranquillizzati anche loro. 
Una ragazza di circa sedici anni cammina quasi meccanicamente verso il palco. I lunghi capelli corvini legati in due trecce. La conosco, l'ho già vista a scuola, ma non ci siamo mai parlate. Non posso negare di essere felice per non essere stata scelta. 
Una volta salita nel palco, Jessie abbraccia Ester dopo di che si dirige verso la boccia dei ragazzi, compie gli stessi movimenti e con lo stesso tono deciso legge.
<< Augustus Cooper >>.
Un ragazzo di tredici anni si dirige tremante nel palco, viene incontrato da Jessie che lo abbraccia sussurrandoli qualcosa nell'orecchio.
Ester e Augustus si stringono la mano e si posizionano ai lati di Jessi che conclude.
<< I tributi del distretto otto Ester Hutton e Augustus Cooper >>. 
Un debole applauso parte dalla folla, si sente un grido, molto probabilmente di una madre che sa di aver appena perso il proprio figlio. Ma è troppo tardi, Capitol City si è appena portata via altri due ragazzi e io non posso negare di essere contenta per il fatto che non sono una di quelli.
Cinque su migliaia penso, per quest'anno sono ancora salva.




Angolo scrittore: ci ho messo un po' per la scrittura del primo capitolo, ringrazio coloro che hanno già iniziato a recensire (il vostro sostegno mi aiuta). Spero che vi piaccia come inizio, buona lettura e se vi va recensite :)   
  
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