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Autore: jessystorm    19/06/2008    3 recensioni
Tiva. Post 5x18 Judgment Day. Gibbs è riuscito a riunire il team, ma purtroppo Ziva non può farne parte...che soluzione ecogiterà per farla tornare in America?
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 5-Due padri in uno

"Tony?" disse Mcgee che era appena uscito dall'ascensore chiacchierando amabilmente con un uomo. "C'è una visita per te."

L'agente più anziano scrutò il signore con il quale era arrivato il suo collega. Non ricordava di averlo mai visto prima. Era alto, con un'espressione cupa sul viso. "Le dispiace lasciarci soli?" disse rivolto a McGee. Il ragazzo se ne andò senza fiatare. Non lo avrebbe mai ammesso ma quell'uomo gli incuteva un pò paura.

Una volta rimasti solo loro due annunciò: "Sono Yoel David, il padre di Ziva."

Tony all'improvviso fece fatica a deglutire. 'Oh merda! Dove diavolo era Ziva?' Si ricordò improvvisamente che era fuori con Gibbs ad indagare su un caso. 'Doppia merda! Su Dinozzo calmati...che sarà mai? Al massimo ti farà in mille pezzi per aver osato sposare la sua bambina' si disse.

"Ziva è fuori in questo momento..." iniziò una volta che ebbe riguadagnato un pò di lucidità. "Ma non credo che sia venuto per lei..." concluse con un mezzo sorriso spaventato.

"No infatti. Mi farebbe piacere fare quattro chiacchiere. Che ne dice del bar qua sotto?"

'Bè almeno lo invitava su un territorio neutrale.'pensò.
Malgrado avesse tanta voglia di rifiutare, replicò: "Benissimo, andiamo."

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La conversazione era iniziata piena di tensione, ma poi Tony si era rilassato e aveva scoperto che l'uomo che gli stava di fronte non era poi così cattivo come se lo era immaginato. O almeno così sembrava. Ad un certo punto si rese conto che doveva stare attento perchè se era bravo tanto quanto la figlia, la sua poteva essere una tattica per poi colpirlo al momento giusto. Decise allora di attaccarlo per primo.

"Qual'è il vero motivo di questa visita, direttore David?"

L'altro non potè fare a meno di fare un mezzo sorrisetto. "Non lo immagini?"

"Oh si...molto bene. Ora arriverà una conversazione del tipo: 'giù le mani da mia figlia, altrimenti dovrai vedertela con me'!" replicò Tony facendo la voce grossa.

"Niente di tutto ciò" Yoel bevve un sorso di thè. "Ziva è sempre stata perfettamente capace di vivere la sua vita. No, più che altro sono preoccupato per te."

"Per me?" replicò Tony alquanto sorpreso.

"Mia figlia è sempre stata brava a fingere...immagino che ti abbia fatto credere di amarti per poi fare in modo che tu la sposassi."

Il ragazzo lo guardò prima confuso, poi scoppiò in un grassa risata che non riuscì a trattenere. "No.." disse tra le risate. "Assolutamente no!"

"Allora che ha fatto?" cominciò a domandare l'altro spazientito. "Ti ha fatto credere di essere incinta?"

La risata di Tony si intensificò, poi notando lo sguardo omicida dell'altro, si fermò capendo che stava giocando con il fuoco. "Senta...qualunque cosa lei possa credere Ziva non ha usato nessun giochetto per indurmi a sposarla."

"Ne sei sicuro?" gli domandò l'altro con un guizzo negli occhi. "Tu non la conosci come la conosco io."

"Può darsi...ma forse la conosco meglio."

"Che cosa te lo fa credere?"

Tony gli sorrise e semplicemente gli disse: "Il mio istinto."

"Prima o poi se ne andrà" aggiunse l'altro. "Non la tratterrai in eterno. Lei appartiene ad Israele."

Il ragazzo girò la testa di scatto e disse con fermezza: "Lei appartiene solo a se stessa." 'E forse un pò a me' aggiunse dentro di sè. Magari era egoista pensarlo, ma dopotutto non era illegale sognare, no?
Distolse lo sguardo dall'altro uomo e guardò la tazza di caffè vuota sul tavolo. "Non mi convincerà a divorziare" disse seriamente.

"Nemmeno se ti minacciassi?"

Tony alzò lo sguardo sicuro. "No" poi pagò il conto e si alzò dalla sedia. Aveva decisamente bisogno di un pò d'aria. "E' stato un piacere parlare con lei" disse ironico. Poi uscì dal bar.

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"Dimmi esattamente per filo e per segno che cosa ti ha detto" Ziva stava armeggiando con i fornelli nervosamente in un vano tentativo di preparare la cena.

Tony la guardò divertito appoggiato al tavolo da cucina, con le braccia conserte. "Te l'ho già detto.. ha cercato di farti passare per una poco di buono in modo che io ti lasciassi. Ma come vedi non ha funzionato" concluse facendole un grosso sorriso.

"Ah" disse lei cominciando a tagliare duramente le carote. "Dovevo aspettarmelo! Figurarsi se si accontentava di quello che gli aveva detto Michel! Eh no...doveva venire a controllarmi come al solito!"

"Sei sicura di star bene? Non vorrei che ti tagliassi un dito..."

Ziva alzò in alto il coltello e gli lanciò uno sguardo omicida. "Stai insinuando che non sono più capace di usarlo?"

"No, più che altro che non mi alletta l'idea di uno stufato al sangue" poi le si avvicinò e cercò di toglierle il coltello di mano, ma lei gli fece resistenza.
Dopo una breve lotta glielo tolse e l'abbracciò.

"Non sono una bambina" replicò lei cercando di divincolarsi dalla sua stretta. "Sto bene Tony davvero!"

"No, non è vero. Rilassati..." le disse accarezzandole i capelli. Il profumo di lui le invase le narici e lentamente lo abbracciò di rimando. Lo odiava perchè la faceva sempre sentire debole. Non voleva mostrarsi così davanti a lui, ma dovette ammettere che era piacevole.

Il telefono squillò e Ziva prese la palla al balzo per cercare di scappare, ma Tony la trattenne.
"Potrebbe essere importante!" protestò lei.

"Nah..c'è la segreteria telefonica. Lasceranno un messaggio."

Ziva si riaccoccolò contro la sua spalla mentre una voce maschile invase la stanza: "Ciao scansafatiche, sono tuo padre in caso tu te lo sia dimenticato. Volevo dirti che mi risposo questa domenica. Vedi tu se venire o no. Oh a proposito ho saputo che anche tu hai deciso di fare il grande passo. Mettile bene in chiaro però che non avrà un centesimo dei miei soldi."

Tony si irrigidì all'improvviso e il suo sguardo si fece immediatamente carico di odio e distante. Ziva si allontanò da lui e lo guardò negli occhi. "Che c'è? E' per tuo padre? Mi dispiace che..."

Lui non le lasciò il tempo di terminare la frase. Si diresse nell'ingresso, prese la giacca e aprì la porta. "Non mi aspettare per cena"

Se ne andò mentre Ziva rimaneva pietrificata e incapace di dire niente se non: "Tony"

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Lo aveva cercato dappertutto. Aveva telefonato a McGee e a Abby sapendo che sarebbe potuto andare da loro, ma niente. Aveva setacciato tutti i night club della città, e ora stava facendo lo stesso con i bar.
Era davvero preoccupata. Si era chiesta più volte che cosa lo avesse spinto ad avere quella reazione.
Sapeva che suo padre era uno stronzo, no? Dubitava che una semplice telefonata potesse averlo scosso così tanto...no c'era decisamente dell'altro ed era decisa a scoprirlo appena lo avesse trovato.

Si addentrò a Georgetown e vide il bar dove aveva conosciuto Michael. Il suo istinto le disse che era lì. Infatti appena entrata lo vide non troppo lucido al bancone, a bere whisky.

Gli si avvicinò. Senza nemmeno alzare lo sguardo Tony disse: "Ce ne hai messo per trovarmi!"

Ziva sorrise. "Pensavo che non volessi parlarmi dato che sei andato via di casa in quel modo."

"Sul momento ero troppo arrabbiato" replicò bevendo un sorso del liquido nel suo bicchiere. "Ma ora ho decisamente bisogno di compagnia. Vuoi qualcosa anche tu?"

"No" scosse la testa. "Uno di noi due è meglio che rimanga in sè, altrimenti dubito che arriveremo a casa sani e salvi."

Tony ridacchiò. "Con la tua guida dubito che ci arriveremo comunque."

"Che ti succede?" gli chiese seria.

"Mmh..vuoi dire che non è normale per me reagire in quel modo ad una delle solite telefonate piene di affetto di mio padre?"

"Esatto."

"Bè..credo che tu abbia ragione" ironizzò, poi si fece serio. "E' l'anniversario della morte di mia madre domenica" Ziva gelò. "Quel farabutto si sposa il giorno in cui è morta mia madre, anche se dubito che se ne ricordi."

"Mi dispiace Tony"

Lui le sorrise e le scostò i capelli dalla fronte. "Lo so"

Ziva distolse lo sguardo prima che le venisse voglia di baciarlo e prendendogli la mano, pagò il conto e si diresse insieme a lui verso l'uscita. "Andiamo a casa"

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Una volta varcata la soglia, Ziva si accorse che Tony stava sanguinando ad una mano. Seguendo la direzione del suo sguardo lui replicò: "Dalla rabbia ho colpito con un pugno il muro di un edificio."

Lei non disse niente. Gli fece cenno di mettersi sul divano e andò a prendere una benda e del disinfettante.
Lo curò con la massima cautela mentre lui la osservava affascinato. Finita la medicazione, Ziva alzò lo sguardo soddisfatta incontrando quello pieno di desiderio di Tony.

"Come farei senza di te" le disse, poi fece per baciarla, ma lei spostò la testa di lato. Non poteva accadere. Non così. Non con lui mezzo ubriaco. Non in quella situazione.

Ma Tony era di un altro avviso. Le prese il viso tra le mani e la baciò appassionatamente. Ziva rimase immobile per un momento, ma lentamente le sue difese cedettero e ricambiò. Lo amava e questo era tutto ciò che contava.

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La luce flebile dell'alba inondò la camera da letto. Tony si svegliò con un leggero mal di testa dovuto alla sbornia della sera prima. Si girò nel letto cercando Ziva, ma non la trovò. Le lenzuola sapevano ancora del suo profumo, mischiato a quello di lui. Era stata una notte fantastica. La sua semi sbornia non gli aveva impedito di apprezzarne ogni singolo passaggio, ogni singolo bacio, carezza. Avevano fatto l'amore diverse volte, sempre in modo più appassionato per recuperare il tempo perduto.
Ma ora lei non c'era.

Si alzò, cercò i boxers e se l'infilò. Poi si diresse in cucina dove trovò Ziva seduta al tavolo. Sorrise. Era veramente bellissima. Le si avvicinò e si sedette nella sedia accanto. Chissà se sarebbe riuscito a convincerla a tornare a letto con lui? Oppure fare la doccia insieme.
Si questa forse era l'idea più eccitante.

D'un tratto la sua euforia si attenuò vedendo che Ziva non si era voltata a guardarlo. Continuava ad osservare il muro di fronte a lei con un'espressione seria e pensierosa.

"Qualcosa non va?" le chiese con una punta di apprensione.

"Voglio il divorzio"

  
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