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Autore: Sherlocked_Alien    18/02/2014    3 recensioni
Il blogger attraversò il salotto e si sedette di fronte a lui, sprofondando nei cuscini. Sherlock, al contrario, era composto, con la schiena perfettamente dritta, i gomiti appoggiati ai braccioli, le gambe incrociate elegantemente e i palmi delle mani uniti, gli indici appoggiati alle labbra e i pollici sotto al mento, come a volerlo sorreggere. John seguì la linea delle labbra, le lunghe dita e incrociò il suo sguardo con quello di Sherlock. Due iridi color ghiaccio lo fissavano, ma lui non riusciva a cogliere alcun messaggio. Sospirò.
Genere: Erotico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I’d be lost without my blogger.

-Per l’amor del cielo, Sherlock.. sono le tre di notte!-
-La tua perspicacia aumenta sempre di più, John. Devo pensare che sia dovuto alla mia influenza?-
-Ma come fai ad essere così?!- sbottò l’uomo.
Sherlock Holmes era vicino alla finestra del salotto; indossava una vestaglia da notte stretta in vita. Sulla spalla, il violino aveva smesso di suonare, interrotto da John. Abbassò lo strumento, fece correre lo sguardo su Baker Street. Tutto era tranquillo, ordinario.
-Così come?- chiese, e si voltò per guardare il dottore.
John Watson sospirò, rassegnato dall’ostinazione del suo coinquilino. Era appena sceso dal piano di sopra perché aveva sentito il detective suonare il violino. Aveva trovato la porta dell’appartamento aperta, come al solito. Sherlock era illuminato dalla debole luce della lampada appoggiata sul tavolino, vicino alla poltrona.
-Così ostinato! Abbiamo un contratto ben definito con la signora Hudson e uno dei punti prevede nessun rumore molesto dopo le 23.00 di sera. Ti è passato per la testa di guardare un orologio?!-
-Suvvia, John.. so benissimo che ore sono. Avevo solo bisogno di pensare-
-E non puoi pensare come un normale essere umano?- chiese, nonostante conoscesse già la risposta.
Il dottore si allacciò la vestaglia in vita e appoggiò un gomito allo stipite della porta, poco più in alto rispetto alla sua testa, senza distogliere lo sguardo da Sherlock.
-Sono sicuro che ti ricordi il primo giorno che ci siamo visti, quando ci siamo conosciuti..- iniziò Sherlock.
John aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia al petto, aspettando che l’altro continuasse. Appoggiò con cura il violino e l’archetto sulla scrivania e si sedette sulla poltrona, facendo cenno a John di fare la stessa cosa. Il blogger attraversò il salotto e si sedette di fronte a lui, sprofondando nei cuscini. Sherlock, al contrario, era composto, con la schiena perfettamente dritta, i gomiti appoggiati ai braccioli, le gambe incrociate elegantemente e i palmi delle mani uniti, gli indici appoggiati alle labbra e i pollici sotto al mento, come a volerlo sorreggere. John pensò che assomigliava ad un padre severo che stava per fare una predica al figlio. Seguì la linea delle labbra, le lunghe dita e incrociò il suo sguardo con quello di Sherlock. Due iridi color ghiaccio lo fissavano, ma lui non riusciva a cogliere alcun messaggio. Sospirò.
-Si, me lo ricordo- John non dimenticava mai niente che avesse a che fare con Sherlock Holmes –Eravamo nel laboratorio di Molly-
-Esatto. Ti dissi che quando penso, suono il violino. Non puoi lamentarti dal momento che ti avevo avvisato-
-Mi dicesti anche che, a volte, non parli per giorni.. perché non è ancora successo?- chiese.
Sherlock sorrise.
-Notevole, John. Dico sul serio. Ti ricordi bene..-
-Io ricordo, ma tu non mantieni la parola-
-Probabilmente non ne ho ancora avuto la necessità di stare in silenzio così a lungo..-
-Hai firmato un contratto con la signora Hudson! Non puoi comportarti così!- esclamò l’uomo, sporgendosi verso di lui.
Sherlock appoggiò le mani sulle gambe, batté le palpebre un paio di volte e si alzò, allontanandosi. John chiuse gli occhi e sospirò di nuovo, rassegnato. Si alzò a sua volta e lo raggiunse in cucina. Prese una bottiglia d’acqua e bevve un sorso abbondante. Una goccia scivolò fuori dalle sue labbra e la asciugò malamente con la manica della vestaglia.
-La musica è poesia- affermò Sherlock.
-Scusa?- chiese John, non avendo afferrato il concetto.
-Stavo componendo. La musica è come la poesia.. non puoi definire quello che stavo facendo come “rumore molesto”. Era arte-
-Sherlock.. sarà anche arte, ma la signora Hudson è al piano di sotto che dorme. Sopporta ogni giorno noi due, Lestrade che piomba in casa con Anderson e gli altri.. sopporta gli occhi nel microonde e i cadaveri nel frigorifero.. non pensi che, almeno di notte, dovremmo lasciarla in pace?-
Il detective portò nuovamente gli occhi su di lui, lo scrutò a fondo e gli si avvicinò. John respirò a fondo e, inconsciamente, sistemò la sua postura, su ordine del soldato che era stato.
-Hai ragione, John. Avevo solo bisogno di riflettere..-
La statura imponente di Sherlock incombeva su John, che però non si spostò di un millimetro.
-Ho svegliato anche te, scusami..-
Le parole che uscirono dalla sua bocca bloccarono John. Il detective Sherlock Holmes si era appena scusato. Gli occhi del dottore indugiarono per un attimo sulle labbra del detective. Si spostò, e andò ad appoggiarsi al piano della cucina. Fissò il pavimento per qualche secondo, poi guardò l’altro.
-Mi dici a cosa stavi pensando?- buttò lì.
-Non penso ti possa interessare- sentenziò lui, portandosi nuovamente di fronte a lui.
Il mezzo metro che li divideva sembrava avere una consistenza propria, pesante e densa.
-Viviamo nello stesso appartamento, mi svegli in piena notte a suon di violino. Ho il dovere di sapere il perché-
Questa volta fu Sherlock a sospirare.
-Te l’ho già detto, John. Stavo pensando-
-A cosa?- chiese incrociando le braccia al petto.
Il viso di Sherlock era illuminato debolmente dalla luce della strada, ma John ne vedeva e percepiva ogni dettaglio.
-Ma perché non ci arrivi? Io sono un detective, tu un blogger.. scrivi su di me, su quello che faccio. I miei comportamenti antisociali permettono al tuo sito di avere più visualizzazioni! E’ tutto a tuo favore!-
-Sherlock, non mi interessa niente del blog in questo momento.. dimmi le cose come stanno-
Il viso del detective cambiò espressione, John lo notò. Ormai aveva imparato a riconoscere ogni sua singola espressione.
-Io.. io stavo pensando a te, John- esalò.
Il dottore spalancò gli occhi, leggermente stupito.
-Avresti potuto aspettare il mattino e parlarmi a quattr’occhi- rispose.
Provò un forte impulso, quello di abbracciarlo. Era lì, di fronte a lui. Nonostante la sua notevole altezza sembrava piccolo e indifeso.
-Sei l’unica persona di cui ho piena fiducia, mi hai reso una persona migliore-
John sorrise leggermente. Allungò una mano e afferrò la vestaglia dell’amico e lo tirò a sé, abbracciandolo.
-Sherlock, ormai non mi stupisci più..-
Dopo il primo momento di titubanza, ricambiò l’abbraccio.
-Tu, dottor Watson, mi hai reso una persona migliore-
Il cuore dell’uomo perse un battito. Si sentì importante, ma non si era mai reso conto fino a quel momento di quanto lo fosse Sherlock per lui. La sua mente era intorbidita, annebbiata. Provò sentimenti contrastanti che andavano dalla gioia alla paura. Non voleva lasciarlo andare, avrebbe voluto approfondire quell’attimo in cui c’erano solo loro due. Sherlock si mosse, appoggiò la fronte a quella del dottore. John abbassò gli occhi, incapace di sostenere la tensione.
-Ti devo molto, John. Sei una persona fantastica. Mi hai insegnato molto-
Le parole fluttuarono nell’aria, sospese e invisibili. John sorrise dolcemente.
-Non sono ancora riuscito a fare una cosa però..-
-Cosa?- chiese Sherlock, non in grado di dedurla.
-Le tue capacità d’interazione con le persone non sono cambiate, sei sempre il solito strafottente disumano senza cuore..-
-No, hai ragione.. sono uno stronzo, me ne rendo conto- confessò, sorridendo a sua volta –Non so neanche cosa si dovrebbe fare in una situazione del genere..-
-Beh, io un’idea ce l’avrei. Se dovessi fare qualcosa che non ti va, fermami. Ok?-
John passò le dita tra i capelli ricci di Sherlock e si stupì della loro morbidezza. Sfiorò il suo orecchio e gli zigomi. L’altra mano finì dietro la sua schiena, esercitando poca pressione, come se Sherlock potesse rompersi da un momento all’altro.
-Qualsiasi cosa tu faccia, John, è perfetta. Sarei perso senza il mio blogger..-
I loro occhi si incrociarono, e il dottore fece la sua mossa: azzerò la distanza tra i loro volti e appoggiò delicatamente le sue labbra su quelle di Sherlock. Il dottore percepì il sussulto di sorpresa del detective. Sherlock si fece più vicino, facendo aderire il suo petto a quello del soldato. Le loro labbra si movevano insieme, lente e timide. Entrambi erano in balia di emozioni incredibili, impossibili da descrivere. Prendendo coraggio, John inumidì il loro contatto, facendo rabbrividire dall’emozione l’altro.
-Sh-Sherlock.. sicuro che vada bene?-
-Non fermarti..-
John prese alla lettera le sue parole. Si slacciò la vestaglia e la fece cadere a terra. Sentendosi intraprendente, ma senza chiedersene il motivo, Sherlock fece lo stesso. Il loro bacio non accennava a fermarsi, e sembrava aumentare d’intensità ad ogni secondo. La mano di John si insinuò delicata sotto la maglia del pigiama del coinquilino. Sentì la pelle fredda fremere al suo tocco. Il dottore si tolse la maglia, aiutando poi Sherlock a togliere la sua. Rimase fermo per qualche istante ad ammirare la figura snella e longilinea del coinquilino per poi fargli fare qualche passo all’indietro verso il tavolo da pranzo. Ci volle poco e Sherlock entrò in contatto con la superficie di legno e, aiutandosi con una mano, si sedette sopra di essa. Le sue braccia si legarono attorno al collo di John, che cercò nel modo più delicato possibile di togliere i pantaloni dell’altro. Sentì Sherlock ridere. Quando questi, seguiti dai boxer, raggiunsero il resto degli indumenti sul pavimento, John si prese un secondo per squadrarlo. La pelle bianca, i muscoli appena accennati, le ossa che si intravedevano contribuirono ad aumentare il suo desiderio per troppo tempo rimasto represso.
-John, i tuoi pantaloni..- sussurrò in evidente imbarazzo.
Il medico non aspettò altro: li calò fino alle ginocchia, esponendosi completamente a lui. Si mangiarono con gli occhi per quella che parve un’infinità. Sherlock lo tirò a sé e appoggiò la schiena al tavolo, sdraiandosi. John gli baciò il petto, allungando una mano indecisa verso il membro del detective. Questo iniziò a fremere, inarcando la schiena e mordendosi il labbro inferiore. La mano esperta del dottore scivolò tra le sue natiche e le sue dita iniziarono a prepararlo, lentamente, cercando di rendere il tutto il meno doloroso possibile. Ci volle poco perché Sherlock si sentisse a suo agio e chiedesse a John di cominciare.
-Farò piano.. se vuoi fermarti..-
-Ti prego, John. Lo desidero. Ti desidero-
Le sue parole fecero crescere la libido di John. Lo penetrò, ed entrambi ebbero un gemito di piacere. Le spinte erano lente, calme e cariche di passione. Fu Sherlock ad incitare John a fare più forte. I loro gemiti di piacere si trasformarono ben presto in grida non abbastanza soffocate, che sfociarono poi in un orgasmo sfiancante.
Lì, sul tavolo della cucina del 221B di Baker Street, i due si accasciarono l’uno sull’altro, respirando affannosamente.
-Questo non finirà sul blog, te lo prometto- disse John ridendo.
-Sarà meglio per te..- rispose l’altro fingendo di minacciarlo.
John si appoggiò sui gomiti, con il corpo di Sherlock sotto di sé. Gli prese il viso con le mani, giocando con i suoi capelli. Il loro sguardo non si staccava più, ormai. Dopo qualche minuto passato a perdersi negli occhi del dottore, Sherlock parlò.
-Ci dovremmo definire ancora “non gay”?- disse sorridendo, come solo lui riusciva a fare.
-Ovviamente..- rispose il blogger, stando al gioco.

Al piano di sotto, la signora Hudson si rigirò nel letto. Era sveglia da quando Sherlock aveva iniziato a suonare il violino. Aveva sentito John scendere le scale. Li aveva sentiti discutere. Poi il silenzio. Stava per riaddormentarsi, quando un altro tipo di rumore la tenne sveglia. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Lo sapeva meglio di loro. Era contenta. Sorrise e si sistemò la coperta fin sopra le spalle. Chiuse gli occhi e si chiese se avrebbe dovuto aumentare il loro affitto per via dei rumori molesti in piena notte.

  
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