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Autore: MJBlack    19/02/2014    0 recensioni
[A real life in New York City GDR]
[A real life in New York City GDR]« Il nostro patto non comprendeva tutto questo » La voce gli uscì di due toni più bassa del normale, ma non poteva farci nulla, era la sua presenza e la consapevolezza di essere circondati dai suoi leccapiedi a parlare per lui. « Me ne tiro fuori. E dovresti anche tu, questo piano è troppo grande perché tu riesca a compierlo. »
Non ricevette nessuna risposta. L’ombra aveva semplicemente inclinato appena il viso, come se stesse studiando una potenziale preda. Divertito dalla sua inquietudine, non faceva che giocare al gatto con il topo.
Lui fremeva di ottenere una risposta, un assenso, un segno di ascolto. Se avesse saputo cosa avrebbe portato da lì a poco quel leggero accenno, probabilmente avrebbe preferito non ottenere nulla. Delle braccia forti lo presero, impedendogli l’accesso alle armi di cui era portatore.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2:
No witches, no party.

 
« Il nome dell’uomo che avete trovato è Jonathan Redfollow, ed era il nostro istitutore »

Erano tornati all’istituto. Non sarebbe stato sicuro aprire un dialogo nello stesso luogo del combattimento, sarebbero potuti arrivare altri demoni e far ripartire i festeggiamenti e loro erano stati troppo indeboliti per contenere un nuovo attacco. Avevano chiesto poco o niente, lì, per strada, giusto le informazioni base per sapere almeno chi avessero di fronte. Stefan ed Isabel ponevano le domande, il biondino e il moro rispondevano; la ragazza restava in silenzio, con un volto impenetrabile.
Chris la osservava, la osservava e lei fingeva di non accorgersene. Non sapeva esattamente se fidarsi o meno, di questi tizi comparsi improvvisamente dal nulla, guarda caso proprio nel momento del bisogno. Certo, sarebbe potuta essere una fortuita coincidenza, ma lui non credeva alle coincidenze. C’era l’un percento di possibilità che fosse stato tutto un caso. La faccenda avrebbe richiesto ulteriori indagini da parte sua. A quanto pareva, i tre venivano da Washington DC e i genitori di Ian e della ragazza - Elizabeth? – si occupavano dell’istituto della città. Non aveva ben capito che collegamento avesse l’altro ragazzo con loro, magari era un loro cugino o una cosa del genere. Sinceramente, non era al top nella sua classifica delle domande a cui avrebbe piacevolmente voluto una risposta. Al primo posto c’era senz’altro: “Cosa ci fate nella mia città, bitches?”, ma sarebbe stato troppo pretenzioso. Quindi si era limitato ad un “Perché siete qui?”, seguito da un’ancora più ironica risposta.
“Ti abbiamo salvato il culo e ancora ti lamenti?”
Quell’Ian si era beccato un posto nella sua lista nera.
Comunque la risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare, ma non da lui, bensì dalla sorella. Forse era la prima volta, da quando il fratello l’aveva presentata, a parlare. Se era la morte del Nephilim ad averli portati qui, allora non poteva far altro che fidarsi di loro. Infondo avevano informazioni sul suo conto che non avrebbero potuto scoprire, così, su due piedi. Lo sapeva perché anche Isabel aveva fatto un paio di ricerche, senza risultati.

« È sempre stato un uomo pacato e gentile. Non il tipo da addentrarsi in situazioni pericolose, almeno non senza avere un piano per uscirne.»

Erano seduti al tavolo della sala da pranzo, l’unico posto in cui potevano accomodarsi senza sporcare eccessivamente tutto di liquido nero bavoso. Gli istituti erano strutture costruite appositamente per ospitare cacciatori e, per questa ragione, arrivavano a contenere più di cento stanze. L’entrata nell’edificio era possibile grazie al sangue di Shadowhunter, quindi solo chi ne aveva nelle vene poteva, tecnicamente, entrare. Tuttavia, questi cavilli erano stati spesso violati nel corso degli anni, ma era successo anche qualche giorno fa quando quel Pretor Lupus lo aveva riportato a casa. Bastava letteralmente del sangue di Shadowhunter per entrare, quindi bastava una piccola ferita dalla quale sgorgasse un po’ di sangue per superare le porte dell’entrata.
Effy – così voleva essere chiamata, non Elizabeth – continuava interrottamente a scroccarsi le dita, mentre parlava di quell’uomo. Doveva essere qualcuno a cui aveva tenuto molto, altrimenti non avrebbe avuto una ragione quella rabbia repressa e lui, di rabbia repressa, ne sapeva qualcosa. O era una grande attrice, o davvero non aveva niente a che fare con tutto questo.

« Ma da un po’ di tempo a questa parte continuava a comportarsi in modo strano: si chiudeva nel suo ufficio e…»

La sua voce si chiuse piano, smettendo di dire ciò che aveva in mente. Aveva lo sguardo perso verso qualcosa di non definito e la bocca rivolta lievemente verso il basso, in modo quasi impercettibile. Drake, il biondino dall’aria concentrata, continuò il discorso al posto suo.

« Sentivamo dei rumori, provenire da lì dentro. Quando chiedevamo spiegazioni, diceva che erano solo piccoli esperimenti e poi… Spariva per giorni. Questa è stata la prima volta che temevamo il peggio, ma non potevamo dire non aspettarcelo»

Il silenzio si fece pesante nella stanza. Nessuno sembrava propenso ad aggiungere altro: quella era la storia, fine. Niente domande, niente risposte, questo era tutto ciò che serviva di sapere.

« Sifilide demoniaca »

Improvvisamente, tutti gli occhi della stanza erano puntati su Chris, guardandolo come se fosse leggermente uscito fuori di testa.

« Cosa? »

« No, sono serio. La sifilide demoniaca ti fa trasformare in un orrendo vermone verde! In pratica diventi tu stesso un demone! »

« Penso che qualcuno si sarebbe accorto se si fosse trasformato in un vermone verde. – rispose prontamente Stefan – Avete visto un vermone
verde aggirarsi per il vostro istituto, di recente? »

« No… Niente del genere »

A rispondere era stato Drake, non prima che, naturalmente, i tre nuovi ospiti si fossero lanciati uno sguardo tra lo “staranno scherzando” e lo “scappiamo di qui, sono pazzi”. Chris scrollò le spalle e storse il naso, come se tutte le argomentazioni di Stefan (che non facevano una piega, come sempre), non avessero un fondamento reale e lui continuasse a stare nel giusto.

« Probabilmente si è trasformato solo qui e qualcuno ha pensato bene di ucc… »

« Non è sifilide demoniaca. Punto. »

Chris si lasciò andare sulla sedia con aria affranta. Sarebbe stato divertente, una volta tanto, se avessero ascoltato le sue teorie sulla sifilide demoniaca. Doveva ancora incontrare qualcuno che aveva contratto questa malattia, ma un giorno l’avrebbe trovato e fatto così tante foto da poter
mettere a tacere Stefan per tutta la sua vita, perché per una volta lui avrebbe avuto ragione e suo fratello no.

« Il corpo è stato ritrovato pieno di quelli che sembrano morsi di vampiro. Ne sapete qualcosa? »

L’argomento della conversazione era tornato ed essere serio e noioso. Anche se fossero stati i vampiri, non c’erano delle vere e proprie prove contro di loro, quindi sarebbe stato comunque inutile tentare di incolparli. Erano furbe creature, i vampiri, soprattutto quelli anziani, che avevano vissuto sulla terra più tempo di quanto il loro viso sembrasse conferirgli. Il loro mito era diventato famoso tra i mondani grazie al romanzo di Bram Stoker, “Dracula”; ora il fenomeno del vampirismo veniva rivolto verso degli strani soggetti che brillavano di luce propria, quando esposti al sole. La più grande cazzata che esistesse al mondo: anche i bambini sanno che, se esposti alla luce, prendono fuoco come niente. Alcuni storie narravano di una creatura affetta da questa malattia demoniaca, che resisteva al calore del sole. Questi esseri venivano chiamati “Diurni”, ma fino a quel momento erano solo una leggenda, come il mostro di Loch Ness e affani.

« Abbiamo già contattato il capo del locale clan di vampiri, dovrebbe arrivare qui a momenti » disse Isabel.

Capo locale, capo locale, capo locale… C’era qualcosa che avrebbe dovuto dire a Isabel, qualcosa di importante. Sapete quando dovete dire qualcosa che avete sulla punta della lingua ma non ci riuscite? Ecco, esattamente. Poi, come se qualcuno gli avesse appena acceso una lampadina, esclamò « A proposito, tua madre mi ha detto di avvisarti che la nostra ospite è arrivata e che, se non ti fossi data una mossa per a raggiungerla, avrebbe cominciato ad interrogarla senza di te.»

« E me lo dici ora? » Si sentì addosso lo sguardo infuocato della ragazza. Se gli sguardi avessero potuto avere il potere di uccidere, Stefan avrebbe

dovuto essere già in cortile a scavargli una fossa. Già immaginava la lapide: “Christopher Howard Hallowstark: amico, fratello e figlio. Si era dimenticato di riferire un messaggio ad una donna”.

« Mi sono dimenticato »

E per un istante, un istante unico lungo e senza finale, temette di ritrovarsi le mani di Isabel intorno al collo. Probabilmente avere tutti quei testimoni sarebbe stato di aiuto, in un improbabile processo, e lo avrebbero aiutato a salvarsi la vita in caso di attacco di un animale pronto al balzo. Invece, l’animaletto in questione si era alzato poco garbatamente dal tavolo, prendendo la strada per scendere nei piani più bassi dell’istituto. Sospirò, contento di essersela scampata.
Stefan aveva ripreso a parlare con i tre tipi, anche se ormai, per Chris, la conversazione aveva perso ogni tipo di interesse. Si erano scambiati le informazioni che gli servivano, sapevano chi era quell’uomo e che non si trattava di un interessante caso di morte per sifilide demoniaca.
Probabilmente, il suo caro fratellone, doveva averli invitati a restare con loro per la notte. Grandioso, insomma, tre tipi che non avevano mai visto prima che se ne andavano gironzolando per la loro dimora. Ma, in fin dei conti, quello era per prima cosa un istituto, e non avrebbero potuto sbattere la porta in faccia a tre Nephilim in cerca di una doccia e un letto, per la notte.

« Mi puoi mostrare la mia camera? »

Effy, si era evidentemente rivolta a Stefan, per quel semplice lavoretto. Soprattutto perché era con lui che aveva scambiato più parole, nel corso della serata; Chris si era limitato a fissarla, cercando di capire cosa nascondesse dietro quell’espressione, dall’apparenza, priva di emozioni. Stava di fatto che, da grande gentiluomo qual’era, Stefan si alzò dalla sedia, e lasciò la stanza, seguito dalla ragazza. Stava per seguire il loro esempio: aveva bisogno di una bottiglia di scotch, di una doccia calda e di un letto sul quale riposare fino a pomeriggio inoltrato. Meglio dimenticare la prima parte della sua lista di bisogni primari, i genitori di Isabel avevano cambiato la postazione dei liquori tenuti in casa, ed erano più che sicuri di non volerla rivelare. Una volta che fu a sua volta in piedi, si accorse degli sguardi dei ragazzi rimasti con lui. Ironia della sorte, non si era accorto per niente della loro presenza. Naturalmente, Stefan faceva da galantuomo e lui si ritrovava a trovare le stanze per gli altri due. Sbuffò, abbastanza infastidito dalla situazione.

« Muovetevi, ho da fare »

Detto questo, fece loro segno di alzarsi e seguirlo. Se si fossero persi tra i corridoi dell’edificio, poi, non gli sarebbero stati per niente sulla coscienza.

*

Isabel percorse il lungo corridoio che la separava dallo studio di sua madre correndo come se dovesse vincere una corsa a ostacoli. Sua madre era dell’opinione che i Nephilim minorenni non dovessero mai occuparsi degli affari che riguardavano l’istituto, il Conclave e il consiglio. In effetti era opinione comune, tant’è che nessuno al di sotto dei diciotto anni aveva il permesso di partecipare alle riunioni del Conclave.
Per Isabel però, la sua unica figlia, era disposta a fare un’eccezione ogni tanto, se non altro per cercare di responsabilizzarla. Inutile dire che lei era felicissima di essere presa in considerazione, ma in quanto a responsabilità continuava a scarseggiare.
Arrivata di fronte alla porta dell’ufficio bussò con decisione due volte e attese la voce di sua madre che la invitava ad entrare.
La stanza era illuminata solo dalla luce che proveniva dal grande lampadario appeso al centro del soffitto a volta. Sua madre era seduta dietro la sua scrivania piena di scartoffie e di fronte a lei, in piedi, ferma come una statua, c’era il capo di uno dei clan di vampiri più importanti del paese, forse del mondo intero: quello di New York City.
Lady Diana Malroy(1) era un vampiro di stupefacente bellezza, con lunghi capelli biondi e una pelle candida come la neve, così perfetta da sembrare fatta di porcellana. Si riconosceva la sua natura vampiresca da chilometri di distanza. Non che avesse niente a che fare con lo stereotipo del vampiro, non erano i canini o gli occhi rossi a rivelare la sua vera essenza, ma il suo abbigliamento ampiamente fuori moda.
Indossava abitualmente abiti pomposi, del genere che si addice a una dama del millesettecento, a volte colorati, ma molto più spesso neri. Non passava inosservata agli occhi di nessuno, Nephilim compresi.
Nessuno sapeva quanti anni avesse, ma chi viveva a stretto contatto con lei, giurava che potesse avere fra i cinquecento e i seicento anni. Una quantità di tempo spropositata, che l’aveva resa forte, indipendente e assolutamente letale. Il clan di New York era suo da decine e decine di anni e nessuno aveva mai osato usurpare il suo “trono”.

« Scusate il ritardo, sono stata avvisata solo ora del suo arrivo Lady Malroy. »

A Isabel non piacevano i titoli e soprattutto, non amava rivolgersi ai nascosti con tanta riverenza. Ma c’era qualcosa in quel vampiro, che non faceva altro che incutere timore. Non aveva paura di lei, non aveva paura di nessuno, ma quello sguardo le faceva gelare il sangue nelle vene.
Lo sguardo, accompagnato dal sorriso agghiacciante che le rivolse subito dopo.

« Nessun problema, vostra madre e io stavamo per iniziare a discutere di quanto accaduto di recente. »

A differenza degli altri nascosti, i vampiri non potevano varcare la soglia dell’istituto in nessun modo. Essendo non morti ed essendo ogni istituto costruito su suolo consacrato, gli era negato questo privilegio. Tuttavia, vampiri potenti come lei, avevano altri modi per mostrarsi.

« Un ologramma. »

Avrebbe dovuto immaginarlo non appena Chris le aveva detto di raggiungere sua madre nel suo ufficio, non ci sarebbe stato altro modo per incontrarla all’interno di quelle mura.

« La cosa vi sorprende? » Esattamente come il suo abbigliamento, il modo di parlare rievocava epoche antiche in cui, per rispetto, si dava sempre del voi a chiunque.

« No, mi domando solo perché non si mostra mai in carne ed ossa, tutto qui. »

Diana, senza muoversi di un millimetro, assottiglio lo sguardo in un’espressione, se possibile, ancora più agghiacciante.

« Ho sentito dire che un attivo membro del Preator Lupus è stato qui di recente. » rispose, o meglio non rispose, alluse.

« Oh capisco, allora questo è il motivo per cui.. »

« Isabel, non siamo qui per parlare di questo. »

Il tono di voce perentorio di sua madre le bloccò in gola il vomito di parole. Succedeva sempre, quando percepiva qualcosa di sbagliato o di strano in una persona, non riusciva a trattenere l’impulso di dire quello che pensava, anche se si trattava di sputare sentenze sul vampiro più inquietante che avesse mai visto.

« Perdoni l’arroganza di mia figlia Lady Malroy, mia figlia deve ancora imparare a trattenere la lingua. »

« Non vi preoccupate, questi giovani Shadohunters sono pieni di passione, il fuoco stesso del paradiso brucia dentro di loro. Qualcosa di oscuro si sta abbattendo su questo mondo, avremo bisogno di tutto quel fuoco quando sarà il momento. »

Non era la prima volta che sentiva quelle parole. Stefan le aveva riferito quello che Liam Lanter gli aveva detto la sera in cui aveva riportato a casa suo fratello. Il mondo delle ombre era in subbuglio per qualcosa di oscuro che sarebbe successo di lì a poco, ma nessuno sembrava saperne di più.
La cosa la faceva infuriare come non mai. Erano circondati da oscurità, i pericoli erano all’ordine del giorno e scatenare panico e paura senza le giuste motivazione non portava niente di buono. Voleva delle risposte, come tutti.

« E’ proprio per questo che abbiamo voluto un incontro. Il ritrovamento del cadavere di un Nephilim non rientra nella vostra sfera di competenza, tuttavia sul corpo sono stati trovati segni di lotta evidenti con dei vampiri. »

« Sono a conoscenza di questo spiacevole inconveniente, ma posso assicurarvi che nessuno dei vampiri del mio clan avrebbe mai commesso un simile abominio. »

“ Si certo, come no!” pensò Isabel con uno slancio di feroce ironia. I vampiri erano protetti dagli accordi, esattamente come gli altri Nascosti, ma non per questo si potevano considerare tutti buoni.
Anzi, la maggior parte di loro erano malvagi sotto mentite spoglie.

« Il suo corpo è stato trovato completamente prosciugato. Nemmeno una goccia di sangue scorreva nelle sue vene. »

« Mi rincresce, ma è evidente opera dell’uomo. Nessun vampiro avrebbe compiuto un lavoro così approssimativo. »

Il modo in cui si pavoneggiava e difendeva le abili capacità della sua specie di succhiare il sangue umano, faceva accapponare la pelle a Isabel. Tuttavia, doveva ammettere che le sue parole avevano un senso.

« Capisco. - disse sua madre passandosi una mano sul volto evidentemente stanco - Suppongo che non ci sia altro di cui parlare. Finché non verremo a capo di questa storia, saranno intensificate le ronde, specialmente dopo la battaglia di stasera. Confido nella sua collaborazione Lady Malroy. »

« Come sempre, sarà un piacere rendermi utile in qualsiasi modo.»

Il suo tono di voce suonò così falso da far tentennare perfino la signora Maplechild, l’immagine della severità fatta persona.

« Grazie, questo è molto importante per noi. Mi rincresce, ma finché non troveremo prove che attestino il contrario, l’omicidio di questo cacciatore
sarà considerato opera di un vampiro. Non metto in dubbio la sua parola, ma è la procedura. »

« Capisco perfettamente. »

Il suo sguardo si perse in lontananza, come se stesse guardando oltre le mura dell’istituto. Un incomprensibile alone di rabbia si insinuò nei suoi occhi, come se riuscisse a vedere al di là degli eventi che si erano appena compiuti.

« State attenti Shadowhunters, ci rivedremo molto presto. »

Esattamente come era apparsa, scomparve senza lasciare traccia del suo passaggio.
Isabel si lasciò andare ad un profondo sbuffo di noia. « Che mare di stupidaggini! »

« Tu queste le chiami stupidaggini - Il tono che usò sua madre e lo sguardo paralizzante che le lanciò non lasciavano spazio agli scherzi. - Pensi che
questo sia solo un gioco? »

« No, certo.. certo che no. »

« Bene, perché simili comportamenti di fronte a esponenti di rilievo del mondo dei Nascosti non saranno tollerati ulteriormente. »

« Non posso crederci, adesso facciamo da galoppini ai nascosti? »

Sua madre si alzò, afferrandole con forza un braccio e fissando lo sguardo in quello di sua figlia, costringendola a ritrarsi per la forza di quello sguardo.

« Non si tratta di fare i galoppini Isabel, non siamo una razza superiore, ma devi imparare quando è il momento di parlare e quando è il momento di chiudere la bocca e lasciare che siano persone più esperte di te a decidere le sorti del nostro mondo. »

« Se non posso parlare e dire la mia, perché continui a farmi assistere a questi incontri inutili? » rispose portando la conversazione sullo stesso livello e scrollandosi la sua mano di dosso.

« Perché spero sempre che in questo modo riuscirai a modellare il tuo carattere impossibile. »

Lo sapeva Isabel e lo sapeva anche sua madre, che non si trattava solo di una questione di carattere. Lei era nata per essere una guerriera, non per stare rilegata dietro una scrivania. Sua madre sperava con tutte le sue forze che un giorno la guida dell’istituto sarebbe passata a lei, ma ad Isabel non passava nemmeno per l’anticamera del cervello l’idea di restare chiusa lì per sempre.
Sorrise sarcastica, aprendo le braccia e lasciandole ricadere lungo il corpo.

« Sempre la solita storia, quello che faccio non è mai abbastanza. »

« Quello che fai è sconsiderato.. »

« E’ la mia vita mamma! - ribatté urlando, ormai presa dalla rabbia più cieca - Siamo nati per combattere, è questo che siamo e se tu sei troppo codarda per farlo, non voglio per nessuna ragione al mondo essere come te. »

Non sentì subito il dolore, era abituata a sopportare dolori peggiori, ma la forza dello schiaffo che le colpì il viso le fece comunque voltare la testa verso destra. Si era spinta troppo oltre dandole della codarda, ma non aveva saputo trattenersi. Era quello che pensava e Isabel Maplechild non conosceva filtri. Non aggiunse altro, si guardarono ancora con sguardo truce e poi si voltò per uscire dalla stanza. Ripercorrendo la strada al contrario verso il grande salone dove la attendevano i suoi compagni, si massaggiò la guancia ricacciando indietro le lacrime.
Uno Shadowhunter non piange mai.

 
*

« Perché "Effy"? »

« Perché non mi piace essere chiamata Elizabeth »

Era strano il modo di fare di quella ragazza. Poco prima gli aveva dato l'impressione di una per cui il silenzio è d'oro, mentre ora, Stefan, riusciva a tenere una normale conversazione con lei. Aveva degli occhi di un azzurro intenso, vispi ma allo stesso tempo cupi, come se avessero visto più orrore di quanto volessero mostrare; ciocche scure di capelli, ancora raccolti in una treccia, ricadevano scomposti sulla fronte, facendo da contrasto con il colore chiaro del viso. L'aveva osservata, ci sapeva fare per essere una ragazzina. Perché è questo che era, non le dava più di sedici anni, o diciassette, ad essere gentili. Il suo metronomo per l'età era andato un po' a male, conoscendo Isabel e Chris: la prima ne aveva quasi diciotto, di anni, ma sarebbe potuta benissimo passare per una ventenne; stessa cosa valeva per suo fratello, tutto sembrava tranne che avesse appena compiuto sedici anni. Non che lui stesso sembrasse così giovane, eh. Un po' per l'agglomerato di muscoli che si ritrovava, un po' per la sua altezza da armadio, dimostrava facilmente più anni di quanti ne avesse. Probabilmente era la loro vita, quella da Shadowhunter, a rendere necessario l'apparire più grandi e forti di quanto realmente fossero.

« Non mi piacciono i soprannomi. Continuerò a chiamarti Elizabeth »

La vide sbuffare irritata, senza però controbattere. Cosa c’era di male nel nome “Elizabeth”? Era così bello, davvero non riusciva a comprendere la ragione per cui avrebbe dovuto sminuirlo, limitandolo a solo quattro lettere. I nomignoli e i soprannomi, non gli sono mai andati a genio. Forse perché giocando con il suo, veniva fuori qualcosa come “Stefanuccio” o “Stef” e, a quel punto, era meglio il suo nome per intero. Era pur vero che nomi come “Elizabeth” e “Christopher” erano un tantino formali, ma se usava quello intero per suo fratello non vedeva ragioni per non farlo anche con lei.

« Questo è il tuo alloggio - disse aprendo la porta sulla sua sinistra – Mettiti pure a tuo agio, io ti vado a prendere degli abiti puliti e degli asciugamani, in caso volessi sfruttare la nostra acqua calda »

Gli scoccò un’occhiata enigmatica, che non si fermò a comprendere, varcando l’uscita. I corridoi dell’edificio si intrecciavano gli uni con gli altri, creando una specie di labirinto in cui era impossibile orientarsi, almeno per chi non vi fosse abituato. Ognuno, lì, si era preso la camera che più gli aggradava, ma senza allontanarsi troppo dalle zone abitative degli altri. Ad esempio, lui e Chris dormivano in stanze che erano posizionate sullo stesso corridoio, ma non erano collegate o l’una di fronte all’altra. Isabel, invece, viveva più vicina agli alloggi dei suoi genitori, appena svolto quell’angolo lì, infondo al corridoio. Aveva deciso di dare alla loro ospite una camera relativamente vicina alla sua, in modo da poterla tenere d’occhio ma senza sembrare troppo invadente.
Quando tornò di fronte alla stanza, bussò. Era sicuro di aver bussato. Aveva chiuso la mano a pugno e la aveva sbattuta sulla porta, in modo da annunciarsi.

« Ti ho portat…  »

Anche se non poteva vedersi allo specchio, era sicuro di essere arrossito, più per l’imbarazzo che per altro. Elizabeth era in piedi, davanti a lui, completamente nuda. Doveva aver preso troppo sul serio il suo invito a mettersi a suo agio. Si era sciolta i capelli, che ora ricadevano sulle spalle e sui seni, coprendoli leggermente. Quando era entrato era girata di spalle, segno che non l’avesse sentito, probabilmente, o almeno così preferiva pensare che fossero andate le cose.

« Dovresti metterti qualcosa indosso »

Non aveva un’idea precisa di dove tenere lo sguardo, perché se avesse anche solo guardato il  suo viso, con la coda dell’occhio avrebbe visto anche il resto e questo avrebbe resto impossibile lo spostare lo sguardo, il che, a suo parere, era del tutto sconveniente.

« Sarebbe inutile, visto che tra poco mi infilo sotto la doccia. E poi essere nuda non mi da fastidio »  »

Alzò le spalle e chinò la testa di lato, come se l’essere nuda ed osservata da un semi-sconosciuto fosse del tutto normale. Le nuove generazioni stavano totalmente perdendo il senso del pudore, o forse era lui a continuare a conservarne troppo.
Si mosse nella sua direzione, sinuosa ed elegante come una pantera che ha scovato una preda. Quando fu a un palmo di naso da Stefan, gli sfilò dalle mani ciò che le aveva portato

« Grazie » aggiunse, poi, con un tono di voce decisamente basso, allontanandosi subito dopo.

« Ehm… Buonanotte »

Prima di questa risposta, ovviamente, c’erano stati dei borbottii da parte dell’interessato che scatenarono l’ilarità della ragazza, che però si limitò a sorridere, senza risate di scherno o roba simile. Aveva davvero un bel sorriso, si ritrovò a pensare Stefan, avrebbe dovuto sorridere di più. Si appuntò mentalmente di ripeterglielo l’indomani, quando sarebbe stata presentatibile e, soprattutto, vestita.

« Sembra che qualcuna ti abbia mostrato le vie per il paradiso »

Nel corridoio, proprio davanti alla porta della sua camera, aveva trovato quell’idiota di suo fratello che, naturalmente, non perse l’occasione di stuzzicarlo un po’. Anche se non lo stava guardando, era sicuro che stesse ghignando.

« Christopher – disse passandosi una mano sul viso - vai a dormire, per cortesia »

 
*

Il mattino dopo, Isabel si svegliò molto presto, o forse sarebbe più opportuno dire che non chiuse praticamente occhio tutta la notte. Era tormentata da incubi pieni di morte e disperazione, così vividi da farle quasi esplodere il cuore dal petto. Forse era solo una sensazione, ma si sentiva bruciare il petto proprio lì dove era collocata la runa dei parabatai. Forse, era condizionata dal fatto che nei suoi sogni vedeva sempre Stefan in un mare di sangue, accanto ad altri corpi che a malapena riusciva a distinguere tanto era il sangue che li circondava.
Si alzò dal letto e guardandosi allo specchio si rese conto di somigliare molto a una prostituta minorenne, come l’aveva definita Chris. La sera prima non si era scomodata a struccarsi o a darsi una parvenza d’ordine prima di andare a dormire, quindi fra il trucco colato, i capelli assurdi e i residui di sangue di demone fra essi, sarebbe tranquillamente potuta passare per una di loro.
Prima di scendere per la colazione, si concesse una lunga doccia ristorante.
Al grande tavolo del salotto era seduta sua madre, intenta a leggere le ennesime scartoffie e a sorseggiare un caffè nero fumante. Mormorò un ciao e non la degnò nemmeno di uno sguardo. Si affrettò a passarle accanto e si diresse in cucina per prepararsi la colazione da sola. Saranno state più o meno le sette del mattino e supponendo che tutti stessero ancora dormendo, non sprecò tempo a preparare del the in più. Intinse la sua bustina diverse volte nella tazza fumante di acqua bollente e attese che acquistasse la giusta intensità di sapore al the verde. Forse sarebbe stato meglio concedersi un caffè, dato che a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti, ma non le era mai piaciuto molto.

« Buongiorno, Isabel... giusto?»

Alzò lo sguardo dalla tazza e si ritrovò davanti la nuova ragazza, quella che sembrava aver attirato molto le attenzioni dei maschi della casa. Era stupido da parte sua, ma sentiva insinuarsi dentro di lei una punta di gelosia. Una cosa del tutto insensata, dato che non provava assolutamente niente per Chris e quello che provava per Stefan era qualcosa che andava al di là dell’amore. Anche volendo, due parabatai non potevano stare insieme per legge, era considerato contro natura, quindi perché affannarsi tanto? Stava di fatto che comunque, era abituata ad essere l’unica a ricevere attenzioni all’istituto, che fosse anche solo un reciproco punzecchiarsi, quindi dover condividere quelle attenzione con qualcun’altra la destabilizzava non poco. Tuttavia, c’era la possibilità che tutto quel caos si sarebbe risolto alla svelta e i nuovi cacciatori venuti da Washington, sarebbero tornati a casa loro. Era meschino pensarla così, ma Isabel era asociale per natura, non poteva farci niente. Chiunque intaccasse il suo bozzolo di felicità in qualche modo, era considerato un nemico.

Fece un cenno con la mano «Giusto. Buongiorno a te Effy – disse indicando poi il ripiano della cucina – Serviti pure di quello che preferisci per la tua colazione.»

Non si alzò e non diede cenno di volerla aiutare in alcun modo. Oltre che asociale, era anche piuttosto ostile e non tentava nemmeno di nasconderlo.

« Prendo solo una tazza di caffè e tolgo il disturbo. » rispose lei, accigliandosi.

Era evidente che aveva capito al volo l’antifona. Isabel sbuffò sonoramente, rendendosi conto che agitare le acque non sarebbe servito a sopportare meglio la loro permanenza all’istituto, quindi decise che per il momento, sarebbe stato meglio sotterrare l’ascia di guerra (ascia che aveva estratto esclusivamente lei, fra l’altro) e mettere da parte questa insana gelosia.

« Scusami, sono solo stanca. Siediti pure, sono sicuramente più di compagnia di mia madre, anche di prima mattina. »

Quella battuta, debole tentativo di fare conversazione, riuscì comunque a strappare un sorriso ad entrambe.
Effy si versò il caffè nella tazza e si sedette di fronte a lei, osservandola attentamente.

« Più che stanca sembri decisamente a pezzi. »

« Non dormo da un po’ di giorni, niente di preoccupante. »

Non erano certo i sogni a preoccuparla, ma la vita reale. Troppi enigmi da risolvere, troppi misteri, troppe persone nuove nella sua vita. Odiava questo aspetto dell’essere un cacciatore, non sapeva mai cosa aspettarsi. Per questo si buttava a capofitto nelle cose, perché fermarsi a riflettere significava perdersi in un mare di domande. E tutto quello che voleva erano solo certezze e gettarsi nelle braccia della morte le sembrava una certezza piuttosto plausibile.

« Spero che questa situazione si risolva presto, così potremo tornare tutti alla nostra vita di sempre.»

Per un attimo, rimase stupita dalle sue parole. Era la prima volte che le capitava che una ragazze riuscisse quasi a leggerle nel pensiero. Sempre per i motivi prima elencati, aveva un pessimo rapporto con il mondo femminile. Forse l’aveva giudicata troppo in fretta, forse poteva quasi decidere di aprirsi e fare amicizia.

« Non che le nostre vite di sempre siano meno piene di morte e distruzione.» rispose con un sorriso ironico. Ma solo quando sentì il suo “Già” secco e deciso si rese conto della gaffe che aveva appena fatto.

« Scusa, non ho pensato al fatto che avete appena perso il vostro istitutore. Immagino che nessuno si sia preso la briga di chiedervi come state.»

Non era proibito soffrire nel loro mondo, ma era opinione comune che la sofferenza rendesse deboli e che fosse necessario riprendere subito in mano la propria vita e continuare a combattere. Era quello che facevano tutti, quello che faceva anche Isabel ogni volta che anche la più stupida cosa le faceva venire voglia di piangere. Effy, invece, le sembrava molto più risoluta, come se la sofferenza non facesse proprio parte della sua persona, ma forse era solo una maschera.

« Non mi va di parlarne.» fu tutto quello che ricevette come risposta e si ritrovò a pensare che non sapeva davvero cosa ci fosse dietro quella maschera di fredde e calcolate espressioni, ma in questo era comunque molto simile a lei. Faceva poche domande e si limitava a dirti quando non voleva rispondere. Era una “dote” che apprezzava.
Pochi istanti dopo, dalla porta della cucina vide sbucare una testa bionda e due occhi azzurri piuttosto vivaci.

« Buongiorno, Isabel giusto? – Devono avere evidenti problemi di memoria – Tua madre ti cerca.»

« Buongiorno a te Drake, mi madre sa perfettamente dove sono. »

« Allora forse è più corretto dire che vuole che tu la raggiunga in salotto?»

Avrebbe voluto rispondere che poteva anche alzare il culo e venire lei stessa a chiamarla, ma si limitò decorosamente ad annuire e alzarsi, portandosi dietro la tazza, seguita a ruota dai due. La trovò esattamente dove l’aveva lasciata, la testa china su quegli stramaledetti fogli e la fronte corrucciata.

« Mi cercavi?» le uscì con tono fin troppo scocciato. Addison Maplechild non ci fece nemmeno caso.

« Si, tuo padre vuole che andiamo ad Idrs il più presto possibile, ha disposto che ci muoviamo in fretta e che contattiamo Pollux(2) per farci aprire un portale.»

Ottimo, un viaggio ad Idris era proprio quello che ci voleva per riprendersi dalla bruttissima serata. Soprattutto, non vedeva suo padre da giorni, impegnato come era con gli affari del Conclave e non vedeva l’ora di riabbracciarlo. I sentimenti, erano il tallone di Achille di Isabel.

« E…?»

« E pensi di essere in grado di andare a chiedere questo servigio a Pollux senza cacciarti nei guai? Ho un sacco di faccende da sbrigare prima di partire.»

L’irritazione le salì alle stelle, perché se odiava essere umiliata da lei, ancora di più odiava essere umiliata in presenza di sconosciuti. Si costrinse a restare in silenzio stringendo i pugni così forte da farsi male con le sue stesse unghie.

« Si, sono perfettamente in grado di farlo.»

« Bene, allora è deciso. Ci rivediamo qui fra un’ora, non un minuto di più.»

Non attese altre istruzione e fece per incamminarsi verso l’uscita, quando la bloccò di nuovo.

« E Isabel… – non se ne rendeva conto, ma l’apprensione sul viso di sua madre era palpabile – porta i nostri ospiti con te.»

 
*

Il sonno di Chris era stato tormentato da tremendi incubi. Non si svegliava tremante e madido di sudore da un sacco di tempo, almeno da quando aveva cinque o sei anni. Eppure quei sogni erano così realistici da impedirgli quasi di distinguere la realtà dalla finzione. Solo quando ha sbattuto le palpebre un po’ di volte, rendendosi conto di trovarsi in camera sua e non su un campo di battaglia insanguinato, è riuscito a calmare i battiti del suo cuore.
Quando è sceso per la colazione e ha trovato Isabel intenta ad indossare la sua amata giacca per uscire, con tanto di novellini al seguito, ha colto al volo l’occasione per dare fastidio. Probabilmente, fosse stato per lui, avrebbe nominato “Dare fastidio a Isabel” sport nazionale.

« Issy, che ci fai in piedi a quest’ora? Porti gli ospiti a vedere le meraviglie di questa città?»

«No sapientone, stiamo andando da Pollux.» gli rispose lei con fare annoiato, senza fermarsi a perdere tempo.

« Da Pollux? Hey frena..- disse tirandola per la manica della giacca – Vengo con voi. Fammi solo prendere un caffè e sono dei vostri.»

Isabel ritirò il braccio e sbuffò sonoramente. « Non c’è tempo. Ci serve un portale per Idris, a quanto pare c’è stato un altro attacco e il Conclave è in subbuglio.»

Chris strabuzzò gli occhi e imprecò sottovoce. Per quella mattina, niente caffè.

 
*

Pollux era il più importante e conosciuto stregone dell’East End, sommo stregone di Brooklyn e particolarmente conosciuto per le sue feste pittoresche e per il suo modo stravagante di vestirsi. E beh, anche per gli occhi. Aveva degli inquietanti quanto affascinanti occhi da rettile, segno evidente della percentuale di sangue demoniaco nel suo corpo.
Ogni volta che avevano bisogno di uno stregone, i Nephilim dell’istituto di New York si rivolgevano a lui. Non senza un compenso chiaramente, Pollux faceva pagare profumatamente i suoi servigi.
Quando bussò alla sua porta, il quartetto aveva già tirato giù una serie di interessanti teorie sull’accaduto, una meno probabile dell’altra. L’unica cosa su cui tutti e quattro erano concordi, era che l’omicidio sembrava opera dei figli della luna, i lupi mannari.
Il che non aveva senso, ma non sembrava avere senso nemmeno la morte dell’istitutore dei ragazzi di Washington per mano, o meglio per bocca, di un vampiro, perciò non facevano altro che brancolare nel buio.
Come prevedibile, Pollux aprì la porta in una sgargiante e costosissima vestaglia di seta rosso fuoco, i piedi nudi e i residui di quello che sembrava eye-liner glitterato argento sugli occhi. Probabilmente la ronda al Pandumonium aveva fatto perder loro una festa interessante, tanto che Chris mugugnò sofferente per questo.

« Perché quando suonano alla porta a quest’ora è sempre qualcuno di voi piccoli Shadowhunters petulanti?»

« È un piacere anche per noi vederti Pollux.»

« Si certo, come sempre... Entrate e tu…- aggiunse facendosi da parte e indicando Chris con fare accusatorio - Non toccare i residui di cocktail rosa che trovi in giro, non ho nessuna intenzione di vederti finire come l’ultima volta.»

“L’ultima volta”, Chris, se la ricordava molto bene. Aveva buttato giù un cocktail verdognolo, particolarmente gustoso, che poi si era rivelato essere uno dei preparati speciali delle fate. Aveva iniziato a ridere come un cretino per tutta la serata e non riusciva a smettere in nessun modo. Conoscendo le fate in questione, se i cocktail rosa di cui parlava Pollux erano di loro invenzione, avrebbero addirittura potuto trasformarlo in un fenicottero, quindi meglio dargli ascolto per una volta.

« Allora – disse il mago accendendosi un sigaro e sedendosi sul divano al centro del suo grande salotto accavallando le gambe – Posso sapere a cosa devo il piacere? »

Fu Isabel a parlare. Gli spiegò l’attuale situazione e gli fece la loro richiesta. Pollux parve accigliarsi, poi spostò lo sguardo su Drake e sorrise, come se lo vedesse per la prima volta da quando erano entrati.

« Lui è il mio compenso?»

Chris soffocò a fatica una risata, mentre Drake e Effy si guardarono a vicenda sorpresi.

« Io sarei cosa?» chiese Drake confuso, molto vicino all’arrossire violentemente.

« Pollux, sei uno spasso.»

« Non sono uno spasso, sono serissimo.» rispose lui alzando le spalle e continuando a guardare il biondo come se fosse un piatto prelibato. Le guance di Drake si fecero improvvisamente scarlatte, nessuno lo aveva mai guardato in quel modo.

« Oh smettila di ridere! » intervenne Isabel riprendendo Chris, ma nascondendo un ghigno divertito. Poteva darla a bere a chiunque, ma non a lui.

Sapeva perfettamente che anche lei era divertita dalla cosa. Ma era normale, conoscevano Pollux da anni e si erano abituati ai suoi apprezzamenti e Drake sembrava decisamente il suo tipo. Al contrario, Pollux non sembrava il tipo di Drake, perché iniziava ad avere un’espressione infastidita.

« Ci serve solo questo portale, al pagamento ci penserà mia madre come sempre. »

Pollux sospirò in maniera piuttosto teatrale, anche se si sarebbe potuto dire che era davvero amareggiato da quella notizia.

« Il mio cuore aveva mai amato? Occhi rinnegateloperché non ha mai conosciuto la bellezza fino ad ora

Li lasciò con questa frase e si diresse verso il corridoio che presumibilmente portava alla sua camera. Era il suo sottile modo di far capire che stava andando ad indossare abiti consoni ad un’uscita pubblica.

« Ma che diavolo ha detto? »

« Ha citato Shakespeare.» rispose Chris a Drake, che lentamente tornava ad assumere un normale colorito roseo.

« Chi? »

« William Shakespeare, l’unico e il solo. Ho fatto cadere ai miei piedi un milione di ragazze con questa tattica.»

Lo sguardo perso di Drake e la testa piegata leggermente da una parte gli fece capire che non aveva afferrato il concetto. In effetti, come poteva? I Nephilim non studiavano letteratura o filosofia o musica, erano solo passatempi. Per questo probabilmente, Drake non sapeva niente di Shakespeare, un po’ come Chris stesso non sapeva niente dei telefilm mondani che piacevano tanto a Isabel o di quello sport, il football, che invece piaceva a suo fratello.

« Lascia perdere.» aggiunse agitando una mano, proprio mentre Pollux tornava vestito di tutto punto, un pantalone blu e una giacca lunga al ginocchio dello stesso colore in velluto a coste. Diciamo che l’idea di “abiti consoni ad un’uscita pubblica” di Pollux era lievemente diversa da quella degli esseri umani normali. Ma c’è da dire, che la sua stravaganza faceva parte del suo fascino.

 
*

Sulla strada del ritorno, Chris si era auto-incaricato di spiegare, a grandi linee, l’attuale situazione a Pollux. Ma questi sembrava più interessato al fondoschiena di Drake, che gli dava le spalle, parlando a passa voce con Effy. Isabel era a capo del gruppo, camminando con passo fermo e deciso in direzione dell’Istituto. Il portale sarebbe stato aperto nel giardino, altrimenti si sarebbe creata troppa confusione negli spazzi domestici.
Al loro arrivo trovarono sua madre, Stefan e Ian già in tenuta da battaglia; Isabel trovava piuttosto inutile stare lì ad aspettarli, quando sia lei, che Chris avrebbero dovuto equipaggiarsi ancora per la partenza. Chissà, poi, cosa avrebbero fatto gli altri ospiti, in seguito alla loro partenza: sarebbero tornati all’Istituto di Washington, o sarebbero andati anche loro ad Alicante? Era più probabile la seconda opzione. L’unica cosa certa era che non sarebbero rimasti da soli al loro, di Istituto.

« Oh, Addison, perché ogni volta che ci incontriamo il Conclave si trova sempre in spiacevoli circostanze? » esclamò Pollux, emergendo da dietro le spalle di Isabel e cominciando a guardarsi intorno, studiando il luogo con estrema acutezza.

« Cause di forza maggiore, suppongo » rispose prontamente la donna. Si poteva dire tutto, di sua madre, tranne che non fosse capace di tenere testa ad un uomo, qualunque fosse la sua razza, il suo modo di vestire o l’evidente orientamento sessuale.
Non era una cosa carina, Isabel soprattutto non approvava, come la maggior parte delle leggi del Conclave, ma c’era questa stupida convinzione che essere omosessuali fosse male, un disonore, una macchia indelebile sul curriculum di uno Shadowhunter. Osservanze ridicole, ma purtroppo molte famiglie erano ancora ferme all’età della pietra.

« Bene mamma, allora io e Chris andiamo a prepararci per il viaggio e… » La voce le si spense nel vedere lo sguardo complice che si stavano scambiando sua madre e Stefan. Li guardò con fare indagatore, perché era palese che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa di piuttosto grosso. Inoltre, il viso contratto di Stefan, rivelò un ulteriore dettaglio: qualunque cosa avessero in mente, non sarebbe andata a genio né a Isabel, né a Chris, il quale era invece troppo occupato ad osservare cosa stava facendo Pollux.

« Isabel, questo portale porterà ad Iris solo me, Stefan e Ian »

« E come veniamo, allora, io e Chris? » chiese con fermezza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Si rese conto dopo aver già parlato, che in realtà non erano stati solo lei e Chris ad essere stati dimenticati, ma anche i nuovi ragazzi.

« Tesoro, voi non verrete con noi » E, boom, ecco la bomba che si stava aspettando. Lo aveva capito appena erano arrivati che li avrebbero esclusi dai giochi, che non avrebbero avuto una spiegazione razionale a ciò che stava accadendo. Per la miseria, lei aveva quasi diciotto anni, poteva partecipare alle faccende del Conclave!

« Mi stai punendo per ciò che ho detto ieri, vero? »

« No, Isabel, voglio solo che tu rimanga qui a controllare l’Istituto. Le riunioni del Conclave non sono faccende per bambini »

Non aggiunse altro e dal suo tono di voce non sembrava propensa a sentire ragioni. Isabel sentì montare dentro di sé una rabbia cieca, verso sua madre e verso Stefan, che non l’aveva difesa né cercato di convincerla a lasciarla partecipare.

« Che sta succedendo? » Chris si inserì nel discorso, capendo dai toni di voce che avevano usato che c’era qualcosa che non quadrava. Intanto Pollux aveva quasi terminato gli incantesimi necessari ad aprire il portale.

« Ci lasciano qui, ecco che succede! » Isabel non se ne accorse, ma aveva urlato. Ed anche piuttosto forte. La rabbia le faceva venire voglia di distruggere tutto e tutti, se avesse avuto qualcosa in mano, in quel momento, l’avrebbe lanciata contro qualcuno. Sentendo, però, gli occhi cominciare a pizzicarle, entrò in casa, lasciando la porta aperta.

Dopo poco, anche Effy entrò in casa sbattendo la porta alle spalle. Aveva evidentemente a sua volta, litigato con il fratello per la sua scelta di andare senza di lei. Quando entrambe le ragazze furono dentro, Pollux terminò il suo lavoro, creando dal nulla il portale che li avrebbe condotti ai confini di Idris. Chris e Drake rimasero, seduti in silenzio sui gradini all’entrata, a vedere i tre attraversarlo, seguiti poi dal mago, per poi sparire. Non ci furono saluti, né altre parole.

 
*


« Muoviti, andiamo a Idris »

Drake era rientrato, lasciando da solo Chris steso beatamente sulla verde erba del piccolo giardino che circondava la struttura. Erano passate un paio di ore da quando, quella mattina, suo fratello aveva deciso di pugnalarlo alle spalle e partire senza di lui. Prima che partisse non gli aveva detto nulla, né un saluto né qualcosa che riguardasse ciò che aveva fatto. Era rimasto deluso e aveva preferito restare muto a fissarlo. Tanto Stefan aveva capito perfettamente ciò che gli balenava in testa, ne era certo.
I raggi del sole colpivano prepotentemente ciò che trovavano sul loro cammino, tanto da costringerlo a tenere gli occhi chiusi. Tuttavia non fu difficile sentire la presenza di Isabel alle sue spalle. Probabilmente era lì già da un po’ prima che si accorgesse della sua presenza, ma preferì incolpare i suoi sensi arrochiti dal pisolino che si era concesso.

« E come intendi fare, di grazia? L’unico stregone di nostra conoscenza è sparito con loro »

Aprendo gli occhi ci mise un po’ a mettere a fuoco ciò che lo circondava, un po’ a causa della luce, un po’ per il sonno che rendeva pesanti le sue palpebre. Quando vide il viso di Isabel, però, sperò quasi di essere ancora mezzo addormentato. Lo guardava, infatti, come se lui fosse la chiave per avere accesso ad un altro portale. Come se fosse facile trovare un portale in giro per New York City. Di ufficiali ce ne dovevano essere uno o due, per quanto ricordasse, ma erano entrambi tenuti sotto controllo dal Conclave, quindi attraversarli era sinonimo di mega punizione.

« Hai ancora il numero di quella streghetta che ti portavi a letto? » disse con una punta di sottile stizza nella voce nel pronunciare le parole al letto.

Ah, ecco perché.

« Non ci pensare nemmeno. – Con uno scatto, si alzò in fretta dalla sua posizione, tornando in piedi. – E anche se volessi non posso, sai che vive a Idris  e non dietro l’angolo. »

A grandi passi era quasi arrivato alla porta di casa. Non gli piaceva affrontare l’argomento, soprattutto con Isabel, e fortunatamente non doveva farlo, essendo più veloce di lei. Ma, a quanto pareva, questa volta non lavorava da sola. L’entrata era bloccata dalla signorina Anderson.

« Ci serve quel numero. Adesso. »

Una ragazza davanti ed una indietro, sarebbe stato l’inizio di una bellissima storia, in altre circostanze. Ma quelle fanciulle lo importunavano per ragioni che andavano al di là delle sue fantasie e, vedendo le loro espressioni propense ad uccidere, fu costretto a cedere. Stupide ragazzine testarde.

« Forse, potrei mandare un messaggio nel fuoco. » Si arrese sbuffando. Odiava darla vinta agli altri.

 
*

L’arrivo della strega impiegò più tempo di quanto credessero. Probabilmente non avrebbero dovuto lasciar firmare a Chris, il messaggio, visto che non avevano ottenuto neanche una risposta. Nella sua versione della storia lui e questa tipa si erano conosciuti ad una festa di Pollux, avevano ballato, scopato e poi aveva messo un freno alla cosa. Isabel gli aveva creduto, ma non si spiegava il comportamento tenuto quel pomeriggio. Se non ci fosse stato qualcosa sotto non avrebbe dovuto temere di mandare a chiamarla, giusto?
Dall’avvenimento di quella mattina aveva cercato diversi modi per calmarsi: si era fatta un paio di ore di intenso allenamento, si era concessa un bagno caldo, ora era passata al ridefinire il suo guardaroba per la partenza. Non sapeva quanto si sarebbero dovuti fermare lì ad Alicante, meglio tenersi pronti. Aveva preso anche qualche vestito in più per i loro compagni di viaggio, visto che non avevano nulla con loro se non le armi e la tenuta da battaglia.
Quando, finalmente, Euthalia(3) (sì, questo era il suo nome) si era decisa a comparire, era passata da poco la mezzanotte.

« Oh, non ditemelo, ho fatto di nuovo confusione con gli orari! – Si guardò intorno, soffermando solo per un secondo lo sguardo su Chris, passando poi oltre. Sembrava vagamente delusa. - Niños, mi aspettavo una festa al mio arrivo! »

Dopo ore di attesa si aspettava anche la festa. Questo era il colmo. Isabel cominciava ad averne davvero le tasche piede dei nascosti.

« Non ce n’è stato il tempo, sai com’è »

Sembrò ignorare il mio commento. Indossava un abito bianco molto, molto scollato, con una pelliccia di visone che le copriva le braccia.  Aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in alto, in stile molto simile a quello usato dalle donne negli anni ’70. Si potevano notare facilmente le orecchie da felino ai lati della testa, sembrando quasi finte.

« Fammi capire bene, juanito, devo aprire un portale per tornare esattamente da dove sono venuta? »

Probabilmente stava parlando con Chris, visto che era girata verso di lui e che, beh, lui aveva alzato le spalle, come solo lui sapeva fare quando voleva risparmiare parole. Euthalia percorse più volte avanti ed indietro la stanza, mormorando quelli che Isabel credeva fossero insulti spagnoli. Drake sorrideva; doveva conoscere la lingua.

« Voglio un compenso più alto e… – aggiunse guardandoci ad uno a uno – …La mia casa non vi farà da Bed&Breakfast » aggiunse agitando teatralmente le dita.

« Va bene, qualunque cosa sia un Bed&Breakfast »

Sancì il patto con un accenno della testa. Era dentro. Si mise all’opera, aprendo, dopo pochi istanti, il suddetto portale.

« Prossima fermata: Alicante! »




(1): Diana Malfoy. Abbiamo cambiato il cognome essendo troppo rivolto alla saga di Harry Potter.
(2): Daniel Groove. I nomi degli stregone sono (e saranno) sempre cambiati, perché i loro sono più particolari rispetto a quelli dei normali nascosti.
(3): Deborah Rodriguez.

 
Scusate se ci abbiamo messo un po' di tempo in pià a pubblicare questo capitolo, ma è stato a causa di "forza maggiore".
Speriamo che fino ad ora la nostra storia vi piaccia e che vi stia attirando, altrimenti fottetevi!
No, scherziamo, anche i pareri negativi sono ben accetti, infondo sono le critiche a far crescere (?).
Al prossimo capitolo, vi si ama ♥

- Manu& Jules. ♥
 
   
 
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