Piangere
non sarebbe
servito a nulla, ma non riusciva comunque a smettere , era
più forte di lei,
uno sfogo del quale non sarebbe riuscita
a farne a meno. Le lacrime scendevano sul suo viso ed ogni
stilla salata
racchiudeva un dolore indescrivibile, eventi diversi, pieni di terrore
e paure.
–Questo dolore non
passerà mai- si
diceva, sillabando ogni parola, che rimaneva nel cuore come un
tatuaggio
indelebile. Continuava a piangere sempre più forte. La
stanza era illuminata
solo dai raggi della luna e tra le lacrime calde si lasciò
cadere sul suo
morbido cuscino ormai stremata dal troppo dolore e dalla sensazione di
colpa
per non aver fatto di più, per aver mollato, per essersi
arresa quando avrebbe
potuto essere forte e rialzarsi dopo la caduta. Ma non sapeva o non
voleva
ammetterlo che aveva fatto quanto possibile e lei non poteva opporsi al
destino, sarebbe stata una cosa oltre che difficile anche impossibile.
17
anni. “È il compleanno
più bello che io abbia mai passato!”
affermò Samantha mostrando il suo
fantastico sorriso. Era felice e niente al mondo avrebbe potuto portare
nel suo
cuore paura e terrore. I festeggiamenti continuarono tra urla e risate.
“La
torta!!”gridò Matt
tirando la mamma per la lunga gonna blu che indossava. Matt era il
fratellino
di 10 anni di Sam. Era un bambino molto dolce ma anche molto testardo.
“Si
tesoro solo un
attimo.” Gli rispose la mamma, ma il piccolo non voleva
aspettare e continuò ad
urlare ma in quella confusione nessuno fece tanto caso ai suoi lamenti.
Ad
un tratto il papà
abbassò le luci e nel buoi della stanza si intravide un
grande vassoio bianco
su cui c’era una torta magnifica, fatta di panna e
cioccolato. La mamma la posò
sul tavolo di fronte a Sam. Tra la canzoncina “tanti auguri a
te” Sam espresse
il suo desiderio. A volte però bisogna stare molto attenti
ai desideri perché
potrebbero avverarsi, ma non sempre come vogliamo noi.
Con
un forte soffio le
spense tutte e diciassette, chiuse gli occhi per un istante e poi
tagliò la
torta mentre suo padre riaccendeva le luci che illuminarono tutta la
stanza.
Finita
la torta, Stephen,
il padre di Sam e Matt, chiamò la figlia in cucina.
“Ho
deciso di portarti in
un luogo fantastico, dove ti portavo da bambina quando eri arrabbiata e
non
volevi ascoltare nessuno e proprio qui ti calmavi e tornavi a
sorridere. Era
bello vedere nei tuoi occhi quella innocenza infantile. Eri una bambina
meravigliosa.”
“Dove
pensate di andare
voi due a quest’ora?” ci chiese la mamma, che aveva
sentito tutto ciò che papà
mi aveva riferito.
“Torneremo
presto, tu
intrattieni gli ospiti e per le nove saremo a casa. Promesso!”
La
mamma annuì, papà la
baciò teneramente.
Ma
all’improvviso Sam ebbe
paura. Ebbe come un sussulto nel cuore. Sapeva che quella sera sarebbe
accaduto
qualcosa, ma cosa? Continuava a chiedersi. La felicità era
svanita come per
magia. Aveva avuto un brutto presentimento. Aveva paura. I suoi occhi
si spensero
e mille pensieri la avvolsero. Pensieri spaventosi. Pensieri
terrificanti. Il
cuore le batteva forte. Sentiva che l’aria cominciava a
mancarle. Il respiro si
fece affannoso. Le sue guance si arrossarono. Stava per piangere anche
se non
riusciva a comprendere il motivo di quella sensazione così
strana.
“Sam!
Sam! Tutto bene
tesoro?” la strattonò suo padre.
Lei
si voltò
verso di lui. Lo guardava dolcemente. Voleva bene
a suo padre.
Con
quel poco fiato che le
rimaneva riuscì solo ad affermare un debole si.
Salutò
tutti prima di
andare.
“
Mi raccomando non fate
tardi e state attenti.” Le disse sua madre.
“Si
non ti preoccupare!”
affermò suo padre dirigendosi verso la porta. Sam lo
seguì con la testa
abbassata. I capelli color miele le coprivano il viso. Suo padre si
affrettò
per le scale che sembravano non finire mai. Ma Sam camminava piano,
sapeva che
ogni gradino che percorreva non avrebbe fatto altro che farle provare
paura.
Arrivarono alla macchina, parcheggiata troppo lontano perché
sua madre potesse
vederla. Sam salì senza dire una parola. Il suo viso non
brillava più di quella
luce così accesa, così splendente.
“Tesoro
qualcosa non va?”
Le disse suo padre, che si era accorto della sua espressione
così cupa.
“No
papà, sto benissimo.”
Rispose, cercando di abbozzare un sorriso.
Poi
appoggiò la testa al
finestrino. Guardava la strada sotto di lei. Non riusciva sempre a
vedere tutte
le strisce bianche disegnate per terra che passavano veloci, e la sua
testa
cominciò ad affollarsi di ricordi. Ricordi belli. Ricordi
brutti. Ricordi pieni
di nostalgia. Ricordi passati e dimenticati. Tanti ricordi.
Ad
un certo punto chiuse
gli occhi e cadde in un sonno profondo. Cominciò a sognare.
Era
tutto buio. Camminava
leggera e non riusciva a distinguere le ombre che scorgeva da lontano.
Ma ad un
tratto provò tanta paura. Era spaventata e ad un certo punto
vide una grande
luce che illuminava i suo grandi occhi verdi, pieni di lacrime. Si svegliò di
soprassalto, guardava suo padre
spaventata. Poi si toccò il viso e si accorse che stava
piangendo.
“Sam
tutto bene tesoro?”
le chiese suo padre, rallentando leggermente.
Lei
lo guardò. Non
riusciva a proferir parola così si limitò ad
annuire con la testa.
Poi
continuò a guardare la
strada. In cuor suo sapeva che non andava tutto bene. Niente sarebbe
andato
bene quella sera.
Arrivarono
al grande
acquario. Sam aveva sempre adorato quel luogo, adorava gli animali,
adorava i
delfini e le balene. Adorava il mare e tutto ciò che di lui
faceva parte. Per
quella mezz’ora che era intenta a guardare e a sorridere
dolcemente agli
animali non aveva pensato al suo sogno, non aveva paura.
“Qui
ti portavo sempre e
tu avevi l’espressione che hai adesso.”
Lei
sorrise. All’ora di
chiusura ritornarono alla macchina e quella brutta sensazione
l’avvolse di
nuovo.
Lui
si accorse che
qualcosa aveva scosso sua figlia. Sapeva che qualcosa la turbava.
Arrivarono
alla macchina.
Un violento soffio di vento mosse i morbidi capelli di Sam. Lei
guardò il cielo
sfiorandoli con le dita, il sole non era ancora completamente sparito
tra le
montagne e lasciar spazio alla notte ma il suo cuore batteva forte e
non voleva
saperne di smettere. Abbassò la testa, salì in
macchina e decise di calmarsi.
Ripeteva a se stessa che non sarebbe successo niente, che andava tutto
bene,
che lei e suo padre
sarebbero tornati a
casa sani e salvi. Suo padre premette sulla frizione,
ingranò la marcia, poi
premette sull’acceleratore e la macchina partì.
Con un po’ di difficoltà ma
partì. La macchina correva sulla strada nella notte buia, il
semaforo che
distava di qualche metro da essa brillava di un verde intenso.
Quell’ incrocio
distava ormai pochi metri. La macchina blu scura procedeva e
superò il
semaforo, senza rendersi conto che ciò avrebbe per sempre
cambiato la vita di
Sam e della sua famiglia.
Gli
occhi della ragazza
improvvisamente si riempirono di terrore. Iniziò ad urlare e
una forte luce
illuminò il suo viso. L’ultima cosa che
riuscì a sentire fu il suono delle
sirene dell’ambulanza e della polizia. I suoi occhi si
spensero e poi nulla.
Nessun rumore. Nessun sentimento. Nessuna paura. Bastarono pochi minuti
a
cancellare tutto. Pochi minuti per portare via la cosa più
preziosa che lei
aveva. Pochi minuti per non sentire più niente.
Passò
una settimana, più o
meno, da questo tragico evento ed era esattamente 20 maggio. Una data
indimenticabile. Una data che avrebbe portato gioia e tristezza.
Gli
occhi di Sam si
aprirono, si guardò in giro e vide accanto al suo letto
macchine che
monitoravano le sue funzioni cerebrali, i battiti del suo cuore e
alcuni tubi
la aiutavano a respirare. Allora capì che era in una camera
d’ospedale.
Poi
guardò vicino al suo
letto e vide sua madre con le mani poggiate sulle gambe e la testa su
un lato
del letto. La donna, che aveva un’aria stanca e stremata,
alzò la testa vide la
figlia sveglia e con gioia chiamò il dottore. Il dottor Buch
controllò Sam e
affermò con gioia che andava tutto bene e che in pochi
giorni sarebbe tornata
la ragazza sana di un tempo. Sua madre era felice. Abbracciò
e baciò la figlia
mentre Matt teneva una mano della sorella e al confronto la sua era
molto
piccola.
Dopo
qualche minuto Sam guardò
la mamma e disse:” Papà?”
“No
tesoro, lui…” ma le
parole furono soffocate dalle lacrime che cominciarono a scendere sul
viso di
sua madre. A quelle parole Sam si sentì persa e soffocare.
Matt le guardava e
abbracciò la mamma cercando di mostrarsi forte. Ora era lui
l’uomo di casa,
doveva essere forte.
Dopo
qualche giorno
tornarono a casa. Matt corse nella sua camera, la mamma andò
in soggiorno e lei
rimase vicino alla porta d’ingresso. Si guardava attorno. I
ricordi invasero la
sua mente. Aveva quattro anni e proprio in mezzo al corridoio di quella
casa,
che adesso sembrava troppo grande, giocava felice col suo
papà. Si
rincorrevano, si trovavano, si nascondevano. Poi chiuse gli occhi e
cominciò a
salire le scale che portavano alla sua camera. Entrò dentro
e poi chiuse la porta
facendo attenzione a non far rumore. Si sdraiò sul letto e
abbracciata
all’orsetto che le aveva regalato suo padre quando aveva
cinque anni, cercò di
addormentarsi. Dopo
poco si addormentò e
cominciò a sognare. Ma
i suoi sogni non
erano altro che il ricordo di quella sera. Vedeva suo padre, la grande
luce che
abbagliò i suoi occhi, suo padre accanto a lei immobile.
Sentiva il suono
dell’ambulanza e della polizia. Poi si svegliò.
Era sudata, il cuore le batteva
forte. Si alzò e scese al piano di sotto. Sua madre era al
telefono.
“Mamma
lo so anche io che è
difficile ma adesso non posso darti una risposta devo prima superare
tutto
questo e badare ai miei figli.” Sentii di sfuggita.
Prese
qualcosa da bere e
andò in soggiorno. Si sedette sul divano accanto a suo
fratello. Ad un certo
punto lo abbracciò forte. Lo guardò e
pensò –cavoli non mi sono mai accorta ma
sei uguale a papà. Mi ricordi lui.-
“ahio
mi fai male,
smettila di stringere così forte.”disse Matt.
Lei
lo guardò di nuovo e
lo strinse ancora più forte. Le lacrime cominciarono a
scendere e i ricordi
riaffiorarono tutti nella sua mente.
Poi
lo lasciò.
“Scusami!”
sussurrò e poi
corse su per le scale lasciando sul viso di suo fratello
un’aria perplessa.
Le
ora passarono piano. Sam
si sentiva soffocare. In quell’angolo buio della sua
cameretta continuava a
pensare e ad accusarsi si tutto. –È tutta colpa
mia. Se non fossi uscita quella
sera non sarebbe successo niente.- continuava a ripetere a se stessa.
Il giorno
più bello della mia vita, il giorno del mio compleanno
è stato il giorno della
fine. Mio fratello ha perso suo padre. Un punto di riferimento. Un
aiuto
durante il percorso della sua adolescenza. Mia madre ha perso la
persona che
ama, l’unica che sapeva farla sorridere, l’unica in
grado di farla sentire
speciale. Ed io…beh io ho perso mio padre, una persona
straordinaria. Il mio
migliore amico. L’unico che riusciva a trovare la perfezione
in ogni mio
difetto. L’unico uomo che non mi avrebbe mai tradita.
Passò
circa una settimana
dal tragico evento e Mary, la mamma di Matt e Sam, prese la sua
decisione.
Riuniti tutti in soggiorno cominciò a dire.
“Ho
una bella notizia per
voi. Che ne dite di andare a stare per un periodo dalla nonna. Lei
è sola e ha
bisogno di noi e penso che sia la decisione migliore anche per
noi.”
Sam
pensò ai suoi amici,
alla scuola, alla sua vita che sarebbe improvvisamente cambiata.
Pensò a suo
padre. Lui adorava questa casa, adorava questo posto e la gente che lo
abitava.
Ma era meglio, pensò, che andassero a vivere dalla nonna e
incominciassero a
vivere. E nel momento stesso in cui pensò ciò,
guardò la mamma e annuì alla sua
proposta. Solo Matt cominciò a fare i capricci.
“Io
non voglio andarmene.
Qui ho i miei amici, la mia vita. Papà non vorrebbe
questo.” Si alzò di scatto
dal divano e corse di sopra, sbattendo la porta della sua camera da
letto.
Dopo
due settimane Mary
aveva deciso che era il momento di partire. Le valige erano pronte
davanti la
porta di casa. I mobili erano tutti in viaggio sui camion di trasporto
L&S
TRANSPORTER e la loro destinazione era ormai decisa.
Matt
tra sbuffi e capricci
salì in macchina, guardando la mamma in cagnesco.
Sam
invece guardava quella
casa attentamente, come se volesse imprimerla nella mente. Guardava con
malinconia.
Ogni angolo le ricordava suo padre. Anche lei come Matt non voleva
andarsene ma
a differenza del fratello sapeva che per ritornare a vivere era meglio
allontanarsi dal dolore.
Erano
le 8:00 in punto
quando Mary premette sull’acceleratore e partì per
un luogo che avrebbe
rivelato un mistero incredibile.
“Sai
chi abita vicino casa
della nonna?” Mary si rivolse alla figlia, cercando di
rompere il silenzio.
“No,
non mi ricordo.
Dimmelo tu.” Rispose Sam, non mostrando alcun interesse per
quella conversazione.
“
Ma come non ti ricordi?
Il tuo amico Andrew.” Disse Mary, questa volta cercando di
cogliere
l’attenzione di Sam, e sembrò esserci riuscita.
“Andrew?”
Sam si sforzò di
ricordare chi fosse ma non gli venne in mente nessuno, tranne quel nome
che gli
sembrava molto famigliare.
“Era
il tuo migliore
amico. Giocavate sempre insieme. Eravate inseparabili.” Mary
cercò di aiutare i
ricordi di Sam.
“Andy
Collins.” Il nome lo
aveva ricordato ma l’immagine di lui era molto distorta dalla
realtà.
Il
discorso andò avanti
ancora per un po’, mentre Matt si era addormentato. Dormiva
beato. Il dondolare
della macchina gli aveva sempre provocato questo effetto.
Salve a tutti sono Monica, spero vi sia piaciuto questo primo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate con tantissime recensioni!!!