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Autore: syontai    19/02/2014    9 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 24
Il labirinto di spine

“Tu continui a nascondermi qualcosa!” sbottò Lena, andando avanti e indietro con pile di lenzuola candide per sistemare le stanze degli ospiti. “Uff…queste visite inaspettate significano solo più sudore e fatica per noi” aggiunse dopo, stendendo il lenzuolo bianco, mentre Violetta apriva le finestre per far prendere aria alla stanza. “Ma si può sapere chi deve arrivare?” chiese la ragazza, incantandosi ad ammirare fuori il tranquillo panorama. La splendida visuale del giardino, offuscata da alcune nuvole vagabonde, veniva bruscamente interrotta dalle spesse mura, che le davano sempre più la sensazione di essere in una gabbia dorata. “Il Brucaliffo viene a fare visita alla Regina di Cuori. Sta facendo il giro di tutti i regni per l’Anniversario del Liberatutto. Il suo viaggio inizia con Fiori, poi Picche, Quadri, e si conclude proprio alla Reggia di Cuori, dove la stessa Alice aveva dimorato”. Lena si concentrò sul suo lavoro, ma poi si riscosse, ricordandosi di una cosa all’improvviso: “Ehi, ma tu stai cercando di cambiare discorso!”. “Io? Non lo farei mai! E chi sarebbe questo Brucaliffo?” domandò ancora Violetta, sudando freddo. Erano passati ormai dei giorni dal suo ultimo strano ed inquietante sogno, ma la melodia di quella canzone risuonava ancora nella sua testa quando meno se l’aspettava. Era come un tormento che non l’abbandonava, così come la voce di Leon che cantava la canzone, bassa e potente, dal fascino irresistibile. Non fosse che la realtà smentiva duramente la dolcezza con cui Leon la guardava in quel sogno. “Non puoi non conoscere il Brucaliffo, è una delle personalità più eminen…l’hai fatto di nuovo. Vuoi distogliere la mia attenzione di nuovo” la riprese Lena, fin troppo furba per cadere due volte nello stesso tranello. “Dai, a me puoi dirlo…” la supplicò, sedendosi su un angolino del letto appena sistemato e studiandola attentamente. “Thomas mi ha promesso che mi avrebbe aiutato a fuggire” disse infine Violetta, nascondendo però il più grande dei suoi tormenti: non voleva certo che venisse fuori tutta la storia con Leon, Lena l’avrebbe certamente disapprovata e rimproverata, ricordandole i suoi continui avvertimenti di stare lontana dal principe. “Continuo a pensare che sia una follia; nessuno è mai riuscito a uscire di qui senza il consenso di Jade in persona…e non penso che te lo darebbe tanto facilmente”. “Ma questo non è un posto adatto a me!” cercò di convincerla Violetta. “Perché non vieni via con me?”. “Non posso, il castello è tutto ciò che ho…non sono coraggiosa come te, Violetta”. Il silenzio accompagnò quell’ultima affermazione, e le due compagne rimasero a fissarsi negli occhi. Sembravano così simili, ma allo stesso tempo così diverse: Lena appariva forte, ma era troppo legata alla sua condizione, incapace di vedere una valida alternativa; Violetta era più fragile, eppure aspirava ad azioni che potevano sembrare sconsiderate. “Se anche dovessi cercare di fuggire, mi prometti che non dirai nulla a nessuno?” chiese la ragazza, ottenendo in tutta risposta un bagliore d’orgoglio negli occhi della bionda. “Non tradirei mai una mia compagna…”. L’aveva detto con serietà, eppure l’incertezza aleggiava. Il dubbio si stava insinuando in entrambe: si potevano veramente fidare l’una dell’altra?
“Perché le hai raccontato tutto?” la interrogò Thomas, lisciandosi i baffi nervosamente. Già il piano di per sé risultava rischioso, ma coinvolgere addirittura persone esterne poteva essere una condanna a morte. “Lena manterrà il segreto, credo…” cercò di giustificarsi Violetta con lo sguardo basso. “Credo?! Con i credo non ci facciamo un bel niente! Oh, poveri noi! Siamo rovinati…”. Il Bianconiglio saltellava qua e là senza fermarsi, in preda al panico. “Se racconta tutto a Jade, io…non ci voglio nemmeno pensare!”. “Smettila con questa storia, e dimmi piuttosto se hai scoperto qualcosa di utile per lasciare questo castello” lo riprese, cercando di mantenere basso il tono di voce. Il ragazzo si fermò, incerto se parlare o no. “Ho studiato i cambi delle guardie…non lasciano molti buchi, e quei pochi durano una manciata di minuti. Sembra una roccaforte, senza contare che l’unico modo per attraversare le mura e uscire è passare per l’entrata principale, ed è impossibile. Quella è costantemente sorvegliata” spiegò, evitando di entrare nel dettaglio. “La nostra unica speranza è quella di cercare una mappa dettagliata in biblioteca e studiarla nella speranza di trovare passaggi alternativi”. “Quindi la probabilità di uscire da qui è quasi nulla?” chiese lei, passando dallo speranzoso ad uno stato d’animo più arrendevole. Un battito di mani alle loro spalle li fece raggelare. “Ma bene, ma bene…una fuga romantica?” si intromise Leon, con un sorriso crudele. “Niente di tutto ciò” rispose a tono Violetta, scostando lo sguardo, per non dover incrociare quello del principe. Thomas al suo fianco tremava come una foglia, temendo già il peggio. “Dovrei farvi impiccare, o meglio ancora decapitare. Amo il tonfo delle teste che rotolano. Soprattutto se dotate di orecchie” disse il giovane dagli occhi verdi, sfiorando le morbide e pelose orecchie del Bianconiglio, il quale quasi saltò fino al soffitto a quel tocco. “Ti conviene saltare via, coniglio, o potrei riferire a Jade dei tuoi…progetti. E non penso che la prenderebbe bene” concluse fingendo uno sbadiglio annoiato. Il coniglio si drizzò terrorizzato, e mormorando delle scuse scattò lungo il corridoio. Violetta fece per andarsene, ma Leon le afferrò con forza il braccio. I due si guardarono per qualche istante, rapiti, mentre i ricordi del loro primo incontro, di quando Leon l’aveva trascinata per la prima volta nel castello con la stessa stretta, riaffiorarono pian piano. Il principe sembrava stranamente scosso da quel contatto, che interruppe subito dopo, abbassando lo sguardo, intimorito. “Con il vostro permesso andrei…ho delle faccende di cui occuparmi” sibilò Violetta, infastidita da quella situazione. Non voleva stare più vicino ad una persona tanto ignobile e ripugnante, che l’aveva illusa per poi trattarla alla stregua di un animale. “Aspetta!” la implorò alzando il tono di voce. Tutto si immobilizzò all’istante: Leon la guardava intensamente…all'improvviso le venne in mente quello strano sogno, e immaginò Leon avanzare, per poi cingerle la vita e rivolgerle parole d’amore. Peccato che fosse una squallida illusione, che già l’aveva tratta in inganno una volta. Leon era incapace di amare, lo aveva dimostrato, e ormai aveva imparato la lezione. “Perché vuoi andartene da qui?” domandò Leon, recuperando il contegno che si addiceva al suo lignaggio. “Non so a cosa vi stiate riferendo” rispose lei con cortesia, facendo un piccolo inchino. Al principe quell’atteggiamento di sottomissione dava solo sui nervi; voleva delle risposte, non degli stupidi inchini. “Rispondi, ho detto” insistette serrando i pugni. “Cosa vi succede, principe? Volete farmi imprigionare, per una sciocchezza come questa? Penso che ne sareste capace, ma non saprete nient’altro da me”. Lo stava prendendo in giro, lo raggirava come niente con le parole, colpendolo a ripetizioni con acute frecciatine. E il bello è che non poteva nemmeno prendersela apertamente, visto che gli stava mostrando rispetto e devozione. Finto rispetto. Devozione che celava solo disprezzo…era sempre stato circondato da persone del genere, ma non poteva accettare che Violetta facesse parte di queste. Lei era diversa, gli aveva fatto vedere le cose in modo diverso, perché doveva ora diventare come tutti? “Spero tu non lo faccia per me. Io…non ti disturberò più, lo prometto. Ma non andartene a causa mia, qui al castello hai la possibilità di…”. “Di fare cosa? Di servire la famiglia reale di cuori? Di servire gente che non rispetto? Di servire sua maestà, il principe?”. Le parole arrivarono taglienti come lame, e come lame ferirono la sua anima, già di per sé provata. “Questo potrei considerarlo un affronto, ritieniti fortunata se ti lascio vivere” mascherò il suo dolore con una freddezza ancor più innaturale. “Un giorno spero vi renderete conto di quello che avete fatto. Nessuno si può avvicinare a voi senza rimanerne mortalmente ferito…e una spada farebbe meno male al confronto. Ma in fondo vi piace essere temuto, no? Vi piace questo tipo di rispetto…ed è tutto ciò che avrete da me, ma non di più. Con permesso”. Con un rapido inchino la ragazza si voltò e si diresse verso il salone principale, lasciandolo di sasso. Aveva ragione, e questo lo infastidì ancora di più. Qualcuno lo raggiunse con aria supplichevole, e il principe sbuffò. “Cosa vuoi?” domandò per nulla desideroso di ottenere una risposta quella volta. “Principe Vargas, non merito di essere trattata in questo modo. Io non vi ho mai chiesto nulla in cambio…sono sempre rimasta al vostro fianco, sono stata fedele, e il vostro rifiuto mi ha ferito” disse Lara tutto d’un fiato, stringendogli la manica della maglia. Con una sola occhiata severa del ragazzo, mollò la presa, senza però demordere. “Pensate a quella serva che vi ha tradito? E’ subdola, mio signore. Non lasciatevi ingannare di lei di nuovo. Ci tengo alla vostra incolumità e ritengo che dovreste starle lontano!”. “Non penso sia una questione che ti riguardi, o sbaglio?” la corresse Leon, altamente scocciato. Adesso ci mancava anche la serva che continuava a ricordargli quella terribile situazione! Sapeva benissimo di non doversi più avvicinare a Violetta, eppure era più forte di lui, non ci riusciva a trattenersi; aggiungendoci le parole di Humpty e lo strano sogno fatto, le sue difese erano crollate ancora prime di essere erette. Stava tentando pietra dopo pietra di rinforzare il muro che lo separava dal mondo esterno, ma ogni macigno gli sembrava fin troppo pesante, e la sua barriera rimaneva estremamente debole e sottile. Era stato facile innalzarla di nuovo, fin troppo facile, era bastato lasciarsi nuovamente guidare dagli insegnamenti della madre, dubitare della buona fede della ragazza che si stava rendendo conto di amare, per allontanarla, convinto così di potersi risparmiare un sentimento tanto angosciante quanto pericoloso, come solo l’amore poteva essere. Si rendeva conto però di essere in trappola, che l’amore l’aveva già raggiunto suo malgrado, e non poteva più evitarlo…o forse semplicemente non voleva. Ripensò a tutti i bei momenti passati con Violetta, e il suo cuore si addolcì all’istante: le parole piene di veleno di Lara apparivano lontane, un semplice eco destinato a perdersi nel nulla. Un sorriso impercettibile si formò sul suo volto, ricco di malinconia e di rimpianto. Era ancora in tempo per cambiare tutto? Violetta avrebbe mai perdonato un suo gesto tanto ripugnante? “Voglio solo il vostro bene, in qualunque modo possibile…e continuo a mettervi in guardia…” concluse Lara, prendendo fiato, pronta a ricominciare. “Le tue sciocchezze mi hanno stancato, e fatto venire solo sonno. Ti prego di non rivolgermi parola se non sei stata interrogata espressamente” sbottò il principe, voltandosi dall’altra parte. Cominciò poi a camminare lentamente, lasciando sbigottita Lara con l’indice ancora alzato pronto ad accusare Violetta, e la bocca spalancata in attesa di sputare altre cattiverie. Qualcosa non stava funzionando nel suo piano per riconquistare Leon, e aveva bisogno di un’idea per eliminare definitivamente la contendente per il cuore del giovane Vargas. Proprio mentre stava passando una sentinella, le venne in mente un piano per incastrare Violetta. Un piano che non avrebbe potuto fallire, e che le avrebbe assicurato la sua testa su un piatto d’argento. Letteralmente.
Violetta entrò stanca morta nella stanza. Era passata da poco l’ora di pranzo, e già non ce la faceva più. Inoltre l’ultima conversazione avuta con Leon l’aveva resa strana, più pensierosa del solito. No, doveva essere arrabbiata con quel mostro, non poteva continuare a perdonargli tutto. Aveva perdonato anche fin troppo, ad essere sinceri, ed era giunto il momento di porre fine a quella storia, che non faceva altro che procurarle dolore. Sul comodino posto tra il suo letto e quello di Lena, era appoggiato un foglietto piegato accuratamente. La ragazza si avvicinò e la prima cosa che avvertì fu un profumo di rosa che aveva un non so che di inquietante e familiare. Il messaggio sembrava essere stato scarabocchiato ed era poco leggibile: ‘Pensi di conoscere davvero Leon Vargas? Sai cosa muove il suo odio? Se vuoi conoscere ogni risposta, fatti trovare al centro del labirinto del giardino’. La curiosità si accese all’istante di fronte a quelle parole enigmatiche. Voleva davvero sapere qualcosa in più sul misterioso mittente, ma allo stesso tempo ricordò quello che le aveva detto Thomas: l’entrata era tempestata di rose rosse, che indicavano divieto di accesso per la servitù. Si morse il labbro inferiore, facendo avanti e indietro per la stanza. Il cielo si rannuvolò ci colpo, mentre il vento cominciò a soffiare ululando adirato; questo la fece per un momento desistere, non fosse che non riusciva a stare ferma con le mani in mano, quando la chiave di tutto quel mistero la stava aspettando, in attesa solo di illuminarla. Prese un respiro profondo, e ripose il foglietto nella tasca della gonna: aveva preso la sua decisione.
Mentre camminava velocemente, per poco non si scontrò con Jackie che le rivolse un sorriso di circostanza, che mal celava un ghigno compiaciuto. Le pareti scorrevano, poi le porte si aprirono, lasciando il posto al giardino, la cui luce era stata quasi completamente inghiottita da scure nuvole cariche di piogge. Rabbrividì, mentre il vento graffiava la sua pelle, penetrando i vestiti; più avanzava, più le sembrava una follia, ma ormai non riusciva a tornare indietro sui suoi passi. Anche se aveva deciso di non avere più nulla a che fare con Leon, questo non le impediva di cercare di scoprire la verità sul suo conto, giusto? Non era un tentativo di avvicinarsi, di cercare di capirlo, era solo pura curiosità. E per pura curiosità stava affrontando quel preavviso di tempesta. Stava cercando di prendersi in giro? Prima che potesse rispondersi, cercando probabilmente di celare il suo vero stato d’animo, raggiunse l’entrata del labirinto. Le rose rosse venivano disturbate dai soffi di vento, e sembravano quasi parlare scosse qua e là; alcune ghignavano maligne, altre semplicemente muovevano i petali, come per avvertirla di non entrare. Alcune poi diffondevano il loro profumo intenso, lo stesso del biglietto, cercando di attirarla. Un fruscio la fece illudere che qualcuno fosse all’interno di quel dedalo verde, quindi mosse qualche passo avanti. “C’è nessuno?” quasi urlò, cercando di sovrastare quegli ululati provenienti dal nulla. Finalmente oltrepassò il varco, trovandosi catapultata in un altro mondo, fatto solo di rovi e larghi corridoi, le cui pareti erano talmente alte da sembrare infinite; le siepi infatti erano state curate solo in parte, e il loro lato selvaggio si manifestava in quell’estremo e disordinato tentativo di raggiungere il cielo. I rovi spuntavano dalle siepi, ricoprendo il terreno, e andando in alcuni casi a intrecciarsi. “Ma che razza di posto è?!” esclamò, evitando una grossa radice, nascosta dall’erba alta. “Ehi, sono venuta come da accordo!” strillò poi, cercando di attirare l’attenzione del misterioso informatore. Continuava a camminare senza meta, sperando in qualche indicazione per raggiungere il centro di quel mostro vegetale, che si richiudeva intorno a lei come una mortale trappola. Ad ogni passo si sentiva sempre più inghiottita, e quando si voltò dopo qualche minuto con l’intento di tornare indietro, era ormai troppo tardi: si era persa. Una goccia le cadde sulla punta del naso, scivolando poi fino a raggiungere il terreno, che l’assorbì avidamente. “Non riesco a raggiungere il centro, non potresti darmi una mano?” chiese terrorizzata, cominciando a tremare per il freddo. Avrebbe dovuto coprirsi di più, ma dall’esterno il labirinto non sembrava così grande, non avrebbe mai pensato di perdersi. Un rumore di passi la fece voltare di scatto, ma il personaggio che si trovò di fronte la lasciò perplessa. “Stregatto! Ma allora sei stata tu a mandarmi quell’avviso!” disse, avvicinandosi a Camilla, che prese subito a fluttuare, attenta a non farsi ferire dai rovi. Il suo sorriso enigmatico e sornione non rimase intaccato da quell’affermazione, ma la ragazza scosse la testa: “Sciocca ragazzina, sei caduta nella trappola”. Trappola? Improvvisamente cominciò a tremare più forte, mentre le gocce scendevano più velocemente, picchiettandole le spalle e la testa. “Ma di che stai parlando? E se non sei stata tu a mandarmi quel messaggio, che ci fai qui?” chiese Violetta. “Ad avvertirti, anche se in fondo non sono io a decidere come andrà avanti questa storia…attenta alle persone di cui puoi fidarti. C’è chi trama all’interno del castello, qualcuno assetato di potere che non aspetta altro che la giusta occasione per ottenerlo” disse la ragazza, allargando sempre di più il suo sorriso. “Non capisco nulla! Parla chiaro, io ho un appuntamento”. Camilla scoppiò a ridere, mentre le gocce di pioggia le attraversavano il corpo, che stava lentamente svanendo. “Oh, qualcuno ti ha dato un appuntamento? Spero per te che sia un appuntamento galante, anche se non credo proprio, Violetta Castillo” disse, prima di scomparire del tutto. Le sue parole però rimbombarono nell’aria: “Ti vogliono decapitare. Fuggi, ragazza, se non vuoi vedere la tua testa rotolare”. Alcune urla che dedusse provenire dall’ingresso del labirinto, ormai lontano, rimbombarono come dei lampi: “La serva si è addentrata nel labirinto. Trovatela!”. Un rumore di lance e di armature cigolanti le mise addosso il panico: era stata ingannata. Che sciocca era stata a fidarsi! Cominciò a correre, senza una meta, mentre la pioggia si fece sempre più fitta, impedendole una visuale chiara. Forse fu per quel motivo che non vide una grossa radice sbilenca che si allungava lungo il passaggio, facendola inciampare, o forse fu per l’improvvisa paura che non le aveva permesso di ragionare lucidamente. In ogni caso cadde affondando le mani nel terreno per evitare di ferirsi gravemente. Un dolore lancinante proveniente dalla caviglia adesso sanguinante, ferita da una spina piuttosto grossa, le fece scappare un piccolo lamento, che venne attutito da un tuono in lontananza. Le lacrime di sofferenza e di paura si fusero alla pioggia, rigandole il viso, impedendole di vedere una mano tesa verso di lei. Una voce calda però la fece riscuotere: “Alzati, dobbiamo scappare”. Alzò lo sguardo e per poco non le scappò un verso di stupore. Leon, completamente bagnato dalla testa ai piedi, con i capelli attaccati lungo la fronte, e un’espressione preoccupata, le stava ancora tendendo la mano, mentre gli occhi saettavano continuamente qua e là. Violetta annuì, troppo confusa e terrorizzata per fare domande, ma quando cercò di alzarsi ricadde a terra: la caviglia le doleva troppo, e non riusciva a stare in piedi più di qualche secondo, figurarsi se poteva camminare o peggio ancora correre. “Non ci riesco” esclamò, afflitta. Leon schioccò la lingua sul palato, come se se l’aspettasse, quindi si chinò verso di lei, fece passare un braccio sotto le gambe, e con l’altro le cinse la schiena; quindi la prese in braccio e si rialzò, con grande disappunto e imbarazzo di Violetta. Ma il clangore sempre più vicino le fece dimenticare ogni possibile forma di orgoglio. Si strinse con le braccia intorno al collo del giovane, che non la guardò nemmeno per un istante, intento a trovare un percorso per evitare le guardie. “Forse ce la facciamo. Manca poco” disse con un sorriso trionfante. Accelerò per quanto possibile il passo, e sentì il braccio muscoloso tendersi di più, cedendo alla fatica. Quando raggiunsero un determinato pezzo del percorso, Leon si fermò, rivolgendosi quindi verso le siepi. La raggiunse, e Violetta sentì le foglie della siepe solleticargli la caviglia sana. “Ma sei impazzito? Non vorrai attraversarla?”. Leon non disse nulla, ma sorrise ancora di più, con aria furba, quindi avanzò impavido, e la siepe quasi si scostò al suo passaggio, mentre lui sibilava qualcosa a bassa voce. “E’ un passaggio segreto” le spiegò con calma, mentre la siepe si richiuse dietro di loro, con un piccolo risucchio. “E come avresti fatto ad aprirlo?” disse mentre la pioggia ormai le faceva aderire i vestiti al corpo, cosa che non sfuggì al giovane principe, che per qualche istante la guardò incantato, prima di distogliere lo sguardo. “Dovremo aspettare un pochino che il pericolo sia passato. E comunque questa è erbicante, una pianta speciale, che risponde a determinati ordini in una lingua segreta. E’ il motivo per cui riesco a muovermi facilmente in questo labirinto” spiegò sedendosi a terra, incurante del terreno bagnato, e facendola mettere sulle sue gambe. “Questo è il centro del labirinto, e non c’è nessun modo per raggiungerlo, se non facendo spostare l’erbicante, per cui siamo al sicuro” soffiò, riprendendo fiato. Era un piccolo giardinetto circolare, cinto tutto intorno dalla erbicante, come l’aveva chiamata Leon. Violetta si rese conto di avere ancora le braccia avvinghiate intorno al collo del giovane, quindi sciolse la presa in fretta, rendendosi conto di quanto già tutto fosse alquanto assurdo. “Come mi hai trovata?” chiese a bassa voce, quasi sperando che non la sentisse. “Me l’ha detto Humpty…ha sentito Lara parlare alle guardie e rivelargli che tu eri al labirinto, senza il permesso della regina. Sei stata avventata, si rischia la pena massima per un gesto del genere” disse Leon, sfiorando con la mano destra l’erba intrisa d’acqua, totalmente preso da quell’azione. “Mi era arrivato un biglietto anonimo che mi chiedeva di presentarmi qui se volevo…”. Le parole le morivano in gola, quindi prese un respiro profondo, per poi continuare: “Se volevo scoprire qualcosa sul tuo conto, sul motivo per cui ti sei allontanato da me”. Leon la guardò dritto negli occhi: “Deve essere stata Lara…era l’unica a sapere che fossi qui. Meno male che Humpty ha sentito tutto, e che ti ho trovato in tempo”. “Sei stato gentile a salvarmi, ti devo la vita. Ma ancora non capisco perché mi hai ferito in quel modo, Leon”. Come un gesto riflesso, Leon le accarezzò piano la guancia, dove prima vi era stato impresso il segno della sua crudeltà, quindi la ritirò di colpo. “Ecco…ho pensato che tu avessi rotto il busto di mio padre, ma adesso non ha importanza, davvero”. “Non sono stata io, Leon,te lo giuro! Non ti avrei mai nascosto un errore così grande, soprattutto sapendo che avrebbe potuto ferirti”. Era talmente sincera che il principe annuì senza pensarci due volte. “Hai ragione, non avrei dovuto trattarti in quel modo. Sono un mostro” commentò lui, abbassando lo sguardo. Violetta non riusciva a credere al fatto che Leon si stesse scusando. Leon, che metteva sempre il suo enorme orgoglio in primo piano, le stava umilmente porgendo le sue scuse, e sembrava realmente pentito. Non sapeva cosa pensare, ma le sue mani tremanti per il freddo agirono per conto proprio, posandosi sulle guance del giovane, e alzandogli il viso. “Non so perché ma non riesco a non perdonarti…Sono una sciocca, ma non ci riesco”. Leon si illuminò di colpo, quindi tornò nuovamente serio, osservandola rapito. I loro volti gocciolanti erano vicini, mentre la pioggia continuava a battere sui loro corpi. “Mi perdoni davvero?” sussurrò, incerto. Pensava di stare sognando, di essere preso in giro, non credeva fosse veramente possibile mettere tutto da parte come se nulla fosse successo, anche dal canto suo. “Si, Leon, non so cosa mi spinge a farlo, ma voglio perdonarti. Lo desidero” rispose chiudendo lentamente gli occhi mentre le loro labbra rese bagnate dalle gocce d’acqua si sfiorarono, prima di combaciare. Leon chiuse gli occhi, mentre le mani di Violetta scivolarono fino alle sue spalle, per poi cingergli nuovamente il collo. Gli venne naturale accarezzargli timidamente la schiena, mentre la stringeva a sé. Violetta smise di avere freddo, al sicuro tra le braccia del principe, e quel bacio ardente le scaldava persino l’anima. Era molto diverso dal loro primo bacio, in cui Leon si era mostrato controllato; in quell’istante sembrava essersi lasciato andare, essersi lasciato guidare unicamente dai sentimenti che lo muovevano. Muoveva ora lentamente, ora con più vigore, le labbra sulle sue, assaporandone la consistenza come un cibo prelibato, con la stessa avidità di un viandante affamato. Violetta socchiuse appena la bocca, quel tanto per continuare quel gioco sensuale, e subito si ritrovò la lingua calda di Leon percorrerle il palato, provocandole uno strano solletico, per poi sfiorare la sua. Non si era mai chiesta quale potesse essere il sapore che avesse Leon, e si rese conto di non riuscire a classificarlo in alcun modo, mentre ci provava: era semplicemente qualcosa di inebriante, che la stordiva, impadronendosi dei suoi sensi. Si stavano baciando da troppo tempo ormai, il loro fiato non poteva reggere ancora a lungo, e difatti si separarono, continuando a lasciarsi piccoli baci intensi, come se sentissero di non poter stare l’uno senza l’altro. Riaprirono gli occhi, increduli, quindi senza aspettare un altro secondo, non appena sentirono il respiro regolarizzarsi nuovamente, ripresero a baciarsi con maggiore foga. I loro corpi finirono per aderire per la pioggia, e questo li fece rabbrividire ancora di più. Violetta ansimò, quando sentì Leon mordergli affettuosamente il labbro inferiore, lo stesso che si era morsa per l’indecisione prima di presentarsi al labirinto. Non avrebbe potuto prendere decisione migliore; nonostante i pericoli corsi, aveva trovato il suo cavaliere, e non poteva chiedere altro. “Non riesco a smettere di baciarti” sussurrò il principe, sfiorando nuovamente le sue labbra, ansioso. “Prometti che d’ora in poi ti fiderai di me?” disse lei tirandosi piano indietro con aria divertita, leggendo nel suo sguardo la delusione per essergli stata negata la possibilità di un altro bacio. Gli accarezzò i capelli dolcemente, mentre attendeva una risposta, ma gli occhi di Leon sembravano essersi incatenati alla sua bocca e non erano in grado di pensare ad altro. “Allora?” chiese lei, non ottenendo risposta. Il ragazzo si riscosse con un tremito, quindi si avvicinò nuovamente, questa volta con un sorrisetto. “Non ti prometto un bel niente, senza un premio…sono pur sempre un principe e pretendo uno scambio equo” disse leccandosi le labbra, già bagnate per la pioggia, con fare malizioso. “Voglio un altro bacio” aggiunse in un soffio, baciandole delicatamente la guancia. Nel frattempo aveva smesso finalmente di piovere, e il vento aveva placato la sua irrefrenabile ira, mentre un pallido sole cercava di ristabilire il suo regno di luce. I fili d’erba scintillavano come diamanti, così come i loro capelli e i loro visi. “Mi sembra corretto…” disse lei, arrossendo, mentre si lasciava cullare da quelle carezze e attenzioni. Senza attendere oltre, Leon esclamò con voce roca in fretta e furia un ‘Te lo prometto’ per poi prendersi avidamente il premio. Adesso che il tepore del sole rendeva tutto così piacevole nessuno dei due aveva una gran voglia di allontanarsi dal piccolo paradiso, ma la loro assenza avrebbe potuto alla lunga destare sospetti, e non era il caso, visto che quell’episodio aveva dimostrato fin da subito una certa ostilità di qualcuno nei confronti della loro relazione. Inoltre Leon non si sentiva pronto per rendere pubblico il suo amore ormai manifesto, per timore della reazione della regina, e per la differente condizione sociale. “Per ora sarà meglio fare tutto in segreto” spiegò dopo aver espresso quelle considerazioni a Violetta sperando di essere compreso. Lei annuì, per poi lasciargli un timido bacio sulla guancia. “Ma prima o poi voglio che il mondo intero lo sappia. Tutti devono sapere come sono felice, e chi mi ha reso tale” concluse, facendo sfiorare i loro nasi, e sorridendo come un bambino.
“Penso di poter camminare adesso!” esclamò Violetta, mentre Leon usciva dal labirinto, con lei in braccio. Il ragazzo scosse la testa, facendo scendere alcune gocce d’acqua. “Non ci penso nemmeno, hai preso una storta, e voglio che disinfetti prima la ferita. “D’accordo…non ti ho mai visto così preoccupato” scherzò lei. “Non mi era mai importato tanto di qualcuno, prima” rispose con semplicità Vargas, lasciandola senza parole. Quando raggiunsero la sua stanza, fortunatamente senza incontrare nessuno, cercò di mettersi in piedi, ma una debolezza improvvisa, la fece quasi cadere di colpo. Leon la prese al volo, e le sentì la fronte: “Non hai la febbre, ma credo che tu sia un po’ debole. Ti disinfetto la ferita e poi sarà bene che ti riposi”. La fece sedere, e la intimò di non muoversi, mentre si muoveva in giro per la stanza. Prese una caraffa d’acqua, vi intinse una fascia bianca, quindi la passò lentamente sulla ferita. Violetta gemette di dolore, a contatto con l’acqua fredda, ma un sorriso di Leon fu in grado di rassicurarla. Fece un nodo intorno alla caviglia, quindi guardò soddisfatto il risultato ottenuto. “Ecco fatto, e ora sotto le coperte!” le ordinò. Violetta obbedì senza riuscire ad evitare di fare battutine a proposito, ma non appena si fu messa sotto le coperte venne scossa dai brividi. “Avresti dovuto prima cambiarti d’abito…adesso hai bagnato tutto il letto” la rimproverò sedendosi sul bordo del letto. La ragazza non rispose, ma si limitò a battere i denti, mentre il corpo continuava a tremare. Leon sospirò, quindi si tolse la maglia, rimanendo così a torso nudo. In quel modo non avrebbe peggiorato ancora la situazione; si mise sotto le coperte al suo fianco, e la abbracciò dolcemente cercando di trasmetterle il calore del suo corpo. “Va un po’ meglio?” le sussurrò apprensivo. Violetta era rimasta troppo sconvolta per quel gesto per dire qualunque cosa, quindi si limitò ad annuire, poggiando il capo sul petto caldo, e sentendo il suono dei battiti del suo cuore cullarla come un’antica sinfonia che celava chissà quali segreti. Tra le braccia di Leon sentì la stanchezza farsi strada, mentre le sfiorava il braccio accarezzandolo con il pollice. Lentamente chiuse gli occhi, con un sorriso stampato sul volto, mentre Leon le baciò in modo protettivo la fronte. “Non ti lascerò andare mai più. D'ora in poi ci sarò io per proteggerti”. 








NOTA AUTORE: prima di tutto, buonasera xD Seconda cosa, perdonate il ritardo, ma con l'università mi è stato difficile aggiornare con facilità :) Terza cosa: LEONETTA! Ecco, andavano commentati come si deve. Ah, ho provato con un nuovo tipo di carattere, perché faceva molto professionale, ma se vi sembra troppo piccolo/quello che vi pare ditelo che torno all'originale xD Detto ciò...Leon finalmente lascia perdere tutte quelle storie, e salvando Violetta trova l'occasione giusta per dirle ciò che sente...E AMORE FU. Grugwuihef, quella scena è la mia morte, io lo dico subito :3 Tra parentesi per chi non lo avesse capito (ma nei prossimi capitoli verrà specificato), è stata Lara a cercare di incastrare Violetta, mandandola nel labirinto con quel biglietto e avvisando poi le guardie...ma quest piano le si ritorce contro, e la stessa Jackie le farà una lavata di capo alla serva ingenua e sciocca :P E ringraziamo tutti Humpty <3 Comunque tanto amore per tutti, e un bel momento Leonettoso finale per concludere tanti scleri...ah, tenete in considerazione l'arrivo del Brucaliffo, perché sarà abbastanza importante :D
Dal prossimo capitolo torneremo alla storia di Maxi...un nuovo personaggio, ossia un apprendista mago piuttosto particolare, si unirà al gruppo, e si comincerà a fare vivo un nuovo pericolo, che potrebbe scatenarsi in seguito a un terribile tradimento. E io vi lascio così perché sono una persona buona :D (non ammazzatemi xD)
Grazie a tutti per le bellissime recensione, e per continuare a seguire questa 'storia' (ormai non so più come definirla :P), e alla prossima! Buona lettura :D 
  
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