Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    19/02/2014    3 recensioni
L'amicizia è un sentiero che scompare nella sabbia se non lo si rifà senza posa (proverbio africano).
E’ passato quasi un anno e mezzo da quando Ben ha lasciato il Distretto. Semir ha una nuova collega e Ben una nuova vita, lontano, lontanissimo da Colonia. Ma episodi drammatici ed inaspettati sconvolgeranno i nostri due eroi, mettendo in pericolo le loro vite e quelle di molte altre persone. Riusciranno i due amici a ricostruire il sentiero della loro amicizia per salvare il loro mondo? E quanto conteranno in questa storia antichi sentimenti mai sopiti?
Questa fan fiction costituisce il seguito di “Gioco mortale"; come sempre è consigliabile, ma non strettamente indispensabile, aver letto la prima parte.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie d'amore e di amicizia'
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 In attesa

Semir istintivamente  strinse gli occhi.
Gli passarono davanti le immagini di tutta la sua vita ed il suo ultimo pensiero fu per le sue figlie… fortunatamente loro erano a Monaco si sarebbero salvate.
I secondi passavano e non succedeva niente e così si decise a riaprire gli occhi.
“Il timer si è fermato…” annunciò con un filo di voce Ben.
Tutti presero a ridere istericamente, guardandosi increduli e felici.
Dopo alcuni secondi Hartmut riprese lucidità.
“Ben chiudi il coperchio, fai presto” intimò preoccupato
“Ben…” chiamò Semir iniziando a spaventarsi.
Ma il ragazzo rimaneva immobile. Era diventato pallidissimo ed ansimava appoggiato con le braccia al tavolo per non cadere
“Ben devi chiudere il coperchio, così sei esposto alle radiazioni…” urlò Hartmut
“BEN!!” urlò  anche Semir sempre più terrorizzato. “Che gli succede??”  chiese ad Hartmut
“Non lo so, forse l’effetto delle radiazioni, all’inizio creano disorientamento e confusione mentale”
“Ben…” provò ancora a chiamare Semir, battendo i pugni sulla porta a vetri senza alcun risultato
“Apri questa porta..” intimò ad Hartmut
“Semir… se la apriamo con il nucleo esposto contaminiamo  un’area di almeno quattro o cinque chilometri… tutte le persone che sono ancora dentro all’aeroporto….”
“Non me ne frega un cazzo… apri!! Dobbiamo tirarlo fuori di lì” urlò Semir sempre più disperato
“Ok ok sto bene, sto chiudendo…” disse finalmente Ben con un filo di voce.
Lentamente prese il coperchio e cominciò a riavvitare i bulloni.
Ansimava e si vedeva che ormai era verde in volto  nel tentativo di trattenere la nausea.
Dopo minuti  che a Semir sembrarono ore, finalmente Ben finì di sistemare l’ultimo bullone.
Sfinito si lasciò  scivolare seduto in terra e chiuse gli occhi.
“Ok ora apri… lo vado a prendere” intimò Semir ad Hartmut che era paonazzo in volto
“Semir, la stanza è piena di radiazioni, sei senza protezioni rischi di contaminarti anche tu… dobbiamo chiamare il centro operativo e farci mandare delle tute protettive”
“Ma sei impazzito? Quanto tempo ci vuole per farle arrivare? L’hai detto anche tu che se resta  troppo tempo lì dentro esposto alle radiazioni…”
“Sì ma…”
 “Niente ma, Hartmut apri!!” urlò Semir quasi ringhiando
E Hartmut ebbe netta la sensazione che se non l’avesse fatto il piccolo turco sarebbe stato anche capace di sparargli.
“Entra ed esci subito…” disse mentre armeggiava al display per riattaccare i fili
 

“Decolla, decolla” urlava Levi mentre si alzava dal suo sedile per raggiungere la cabina di pilotaggio.
Ma, nonostante tutto, l’istinto di conservazione del pilota ebbe il sopravvento. All’improvviso Levi sentì i motori del veivolo perdere potenza e poi l’aereo lentamente si fermò.
“Maledetto idiota, ora moriremo tutti…” sussurrò sconvolto Levi
“Beh, l’hai detto tu, a volte sono necessari sacrifici per il bene superiore…” gli disse beffarda Nina

 
Semir entrò nella stanza appena le porte gli permisero di passare e le sentì richiudersi immediatamente alle sue spalle.
Corse verso Ben con il cuore in gola e lo afferrò sotto le ascelle…
“Ben… dai.. ora usciamo di qui….” lo incitò, ma non ottenne alcuna risposta dal ragazzo, ormai completamente incosciente.
Cercò di non pensare alle condizioni dell’amico, alla ferita che gli faceva un  male dannato, o all’aria avvelenata di quella stanza mentre lo trascinava via.
Quei pochi metri gli sembrarono chilometri, ma alla fine si trovò oltre la porta, che Hartmut  richiuse immediatamente.
 
“Ben… svegliati dai… ti prego…”
Semir non smetteva di chiamare l’amico, dandogli anche qualche schiaffetto sulla guancia, ma lui continuava a restare ad occhi chiusi, con il respiro affannato.
“Le ambulanze stanno arrivando…” disse Jenny chiudendo la chiamata al suo cellulare
“Dai Ben ti prego, resisti… pensa a me… pensa a Laura… stai per avere un bambino, maledizione…”  sussurrò Semir nell’orecchio dell’amico nella vana speranza  di farsi sentire.
Ringraziò tutti i Santi del cielo quando i medici fecero irruzione nel magazzino.
Poi venne brutalmente separato dall’amico e fatto salire anche lui in una ambulanza.

 
“Scendete dall’areo con le mani alzate… siete in arresto…” urlò Kim puntando la pistola. In lontananza vedeva le auto della polizia che si avvicinavano a sirene spiegate.
Passarono alcuni minuti senza che succedesse nulla, nel più totale immobilismo.
Poi con un rumore metallico il portello di accesso dell’areo si aprì facendo discendere la scaletta.
Dal portellone sbucò Levi con le mani alzate ed un sorriso ironico sul volto.
“Bene , ci avete fermati, ma non riuscirete a fermare le nostre idee. Fra un po’ saremo tutti morti, morti per il bene comune…” urlò invasato.
“Mi dispiace deluderla...” sorrise Kim chiudendo la chiamata di Hartmut al cellulare
“I miei uomini hanno trovato la bomba e l’hanno disinnescata e per il bene comune lei ed i suoi compari passerete tutta la vostra vita in galera” gli sibilò trionfante mentre, in malo modo, lo girava e gli metteva le manette.
“Ho l’immunità diplomatica non potete arrestarmi…”  urlò Levi mentre veniva trascinato via, verso le auto, insieme agli altri.
Kim ancora una volta non potè trattenere un sorriso di trionfo.
“Penso che il suo paese le negherà persino la cittadinanza  quando saprà le accuse…” 


 
Andrea cercava freneticamente un parcheggio, ma l’ospedale era un vero e proprio caos con quello che era successo. I malori, veri ed immaginari, della popolazione  si erano  decuplicati nel giro di poche ore e la fila alle porte del pronto soccorso era infinita.
Laura non diede però il tempo alla amica neppure di fermare l’auto, appena arrivò in vista dell’ingresso scese di corsa ed entrò.
Sentiva che le gambe non erano in grado di reggerla.
Le poche parole che le aveva detto Hartmut al telefono l’avevano gettata nel panico assoluto.
Con il fiatone, neppure avesse corso la maratona, si avventò sul tecnico non appena lo scorse, appoggiato al muro del corridoio del reparto di isolamento. Jenny gli stava vicino e gli cingeva le spalle con un braccio
Laura non li salutò neppure.
“Quanto tempo?” chiese a bruciapelo
Hartmut la guardò interdetto.
“Quanto tempo è stato lì dentro esposto alle radiazioni??” il tono di voce di Laura si alzò di almeno due ottave
“Non lo so… più o meno dieci dodici minuti” balbettò Hartmut
“Quanti sievert[1] ?
“Forse due o tre…” sussurrò ancora Hartmut.
 La notizia sembrò calmare un po’ Laura, che si appoggiò anche lei al muro del corridoio.
“Il medico ha detto che appena  possibile ci facevano sapere…” disse Jenny sentendosi tremendamente stupida nel cercare di consolare.
“E Semir?” chiese ancora Laura
“Lui pare stia bene, è stato dentro poco. Ora sta finendo la decontaminazione e poi  può andare a casa” Hartmut finalmente sorrise leggermente.
“Scusa Harty, non volevo aggredirti” sussurrò Laura
“Ma figurati… siamo tutti agitati, è stata una giornata dura…”
 I tre rimasero in silenzio sino a che, dopo poco Semir uscì da una delle porte scorrevoli.
Aveva tutti i capelli bagnati ed indossava un camice ospedaliero
“Semir…” Laura gli corse incontro  lo abbracciò stretto. “ Come stai? Andrea sta arrivando con i vestiti di ricambio…” Laura riuscì a fare un timido sorriso
“Io sto bene… avete notizie di Ben?” chiese ansioso lui
Laura e gli altri scossero la testa
“Ancora nulla” mormorò Hartmut.
Proprio in quel momento finalmente Andrea entrò anche lei nel reparto.
I due coniugi si guardarono per un breve attimo prima di correre l’una nelle braccia dell’altro.
“Amore mio…”  mormorò Semir prima di baciare appassionatamente la moglie.
Dopo un attimo infinito Andrea si decise a liberarsi dall’abbraccio
“Stai bene?” chiese ansiosa guardando il marito quasi incredula di averlo vicino sano e salvo
Semir annuì con le lacrime agli occhi
“Io sì, ma non sappiamo ancora nulla di Ben… ho paura Andrea, quando  l’hanno portato via in ambulanza era ancora incosciente…”
Andrea cercò di tranquillizzare il marito.
“Non è stato dentro molto, giusto? Vedrai che starà bene…”
Come se qualcuno avesse  letto loro il pensiero dalle porte uscì un medico in camice verde.
“I parenti del sig. Jager?” chiese il medico a gran voce.
 

[1] Sievert: unità di misura  dell’avvelenamento da radiazioni
  
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