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Autore: SusanTheGentle    19/02/2014    10 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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11. La notte, il giorno, il sogno del Re e il Mondodisotto
 
 
Tu sei la ragione per cui credo nell'amore
Sei la risposta alle mie preghiere da lassù
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno siamo noi due

I miei sogni si sono avverati grazie a te
Io ti amerò finché vivrò
Da questo momento in poi…


 
Un battito di ciglia, fosse nemmeno, ed era accaduto qualcosa che nessuno dei presenti seppe spiegarsi. Nessuno tranne Shira. Il falchetto si alzò in volo e gridò a gran voce agli altri animali di portare in salvo il Re e la Regina.
La baraonda di zoccoli e zampe e voci non riuscii però a penetrare nella mente di Susan. Le orecchie udirono il suo nome pronunciato più volte, ma il cervello non reagì.
La maledizione. La maledizione. La maledizione… Solo queste due parole riusciva a capire.
Rimase immobile a fissare il lupo davanti a lei, nel punto esatto dove un attimo prima c’era Caspian. Allungò una mano tremante verso di lui. L’animale era immobile, gli occhi sempre chiusi.
Quando però le sue dita furono a pochi millimetri dal folto e lucido manto, le ritrasse di scatto.
Non era...no, non poteva essere… morto.
Provò a pronunciare il nome del Re, ma senza riuscirci.
Quel che avvenne dopo accadde tanto rapidamente che quasi non si accorse di nulla, finché non si ritrovò faccia a faccia con Rabadash.
“Prendeteli!” ordinò alle guardie, che già intrappolavano gli animali con reti e funi. “Non deve mancarne nessuno!”
Il principe torreggiava sulla ragazza e sul lupo, osservandoli con odio sempre maggiore.
Possibile che nemmeno adesso riuscisse a separarli?
Intuendo le intenzioni del nemico, Susan si sdraiò quasi completamente sopra il lupo, percependo la morbidezza del manto setoso, il tepore del suo corpo. Sotto i palmi delle mani sentiva il dorso che si alzava e abbassava ritmicamente.
Respirava. Era vivo.
Grazie a Dio, era vivo!
Svelta come un gatto, afferrò il suo arco e cercò d’incoccare la freccia, senza mai allontanarsi da Caspian. Doveva proteggerlo!
Purtroppo, Rabadash fu più svelto e le tolse l’arma di mano colpendola al braccio con cui la reggeva. Susan cercò di recuperarla, ma il principe del Sud l’afferrò e l’allontanò dal lupo, gettandola tra le braccia di due soldati che la tennero stretta e le legarono le mani dietro la schiena, portandole via anche il corno d’avorio.
Rabadash non degnò Caspian di uno sguardo, invece avanzò e posò un piede sopra l’arco di Susan, schiacciando con lo stivale e premendo con forza, spezzandolo.
La Regina Dolce provò come una fitta al cuore, un brivido le attraversò la schiena.
Il suo arco... Il suo fedele compagno di mille avventure e battaglie. Uno dei Doni, il cui potere latente dipendeva dalla fede. La sua fede.
Improvvisamente, udì le parole di Babbo Natale mentre glielo metteva tra le mani: “Fidati di questo arco, e difficilmente fallirà”
Fidati…
Fiducia.
Fede.
Fidati e difficilmente fallirà.
Difficilmente, significava che avrebbe fallito nel momento in cui avesse smesso di credere di potercela fare. I momenti in cui sbagliava mira non sempre avvenivano per sua disattenzione, ma perché dubitava di sé stessa.
Questo era il segreto. Questo era la chiave di tutto. La fede.
Stupida, pensò, disprezzandosi. Sei una stupida all’ennesima potenza Susan Pevensie, e lo sarai sempre.
Capendo il suo sconvolgimento interiore, Rabadash represse un ghigno.
Che gran soddisfazione era per lui vederla così indifesa, così insicura di sé. Peccato non poter assistere anche alle reazioni di Caspian…
Il principe sorpassò il lupo e l’arco, e le si parò davanti.
Susan si ritrovò il volto di lui a un centimetro dal suo. Lui la fissava, quasi che volesse imprigionarla nel suo sguardo cupo, ma gli occhi azzurri della Regina Dolce erano già scattati di nuovo verso il lupo.
Rabadash le afferrò il viso in una mano e le fece voltare di nuovo la testa dalla sua parte.
“Guardami!” ringhiò.
La ragazza avvertì la presa delle guardie farsi più forte e il braccio ferito mandò una fitta acuta.
Rabadash imprecò tra i denti, mostrandoli come un predatore rabbioso per intimidire la preda.
Ma lei non aveva paura. Non di lui.
“Portate la Regina al castello e rinchiudetela nelle sue stanze” ordinò il principe ai suoi uomini. “E catturate i fuggiaschi”
Susan cercò con lo sguardo i suoi amici.
Lord Rhoop, Pennalucida e Briscola erano stati immobilizzati. Shira non si vedeva; Cornelius, Tara e Clipse nemmeno. Susan sperò fossero riusciti a mettersi in salvo con Aurora e raggiungere un luogo sicuro. Ma Miriel, dov’era?
Poi il bagliore accecante delle fiamme.
Inizialmente, ella credette si trattasse di un incendio appiccato dai calormeniani, ma non era così.
Miriel!
La Driade stava al centro del caos. Attorno a lei erano cresciuti decine di fiori scarlatti grandi come il palmo di una mano. I petali mandavano bagliori, scie di luce e fiamme che investirono i nemici.
I calormeniani lasciarono andare gli animali, alcuni per mettersi in salvo, altri correndo a cercare acqua per estinguere il fuoco.
I soldati che tenevano ferma Susan la trascinarono lontano, non permettendole di conoscere l’esito del nuovo scontro.
La separavano dagli amici, da Caspian.
Lei tentò ancora di guardarsi alle spalle e quel che vide le gelò il sangue nelle vene.
Rabadash si avvicinava al lupo, la scimitarra alzata, la cui lama ricurva brillò sinistramente al riverbero del fuoco. Il muro di fiamme si alzò e i due ne vennero avvolti proprio mentre il principe menava un deciso il fendente verso il lupo.
“NO!!! Caspian!!!” urlò la Regina, tentando con tutte le sue forze di liberarsi e tornare verso il bosco.
Non poteva essere accaduto veramente! Caspian doveva essere riuscito a spostarsi in tempo, o qualcuno era accorso in suo aiuto. Forse entrambe le cose.
Sì, era così. Non doveva e non poteva essere altrimenti.
Completamente stordita dalla scena cui aveva appena assistito, una volta dentro le mura del castello si sentì chiamare ed impiegò qualche secondo per capire di chi si trattava. Si volse, e vide i volti spaventati di Clipse e Tara. Le due ancelle corsero da lei.
Si lasciò abbracciare, lo sguardo perso nel vuoto. Non poté ricambiare il loro abbraccio a causa delle mani immobilizzate, ma cercò di rassicurarle come poteva con qualche parola stentata, allo stesso tempo rassicurando sé stessa. O almeno provandoci.
“Siete sconvolta” osservò Tara. “Mio Dio, Maestà, che cos’avete?”
“Va tutto bene. Andrà tutto bene” mentì sfacciatamente Susan.
Non poté agire diversamente. Non avrebbe mai ammesso la sconfitta. Mai. Così come non l’avrebbe mai fatto Caspian.
Lui è vivo. E’ vivo e sta bene. E io non devo più deluderlo. Non posso assolutamente deluderlo! Avrà bisogno di me quando ci ritroveremo e io dovrò essere forte. Alza la testa Susan Pevensie: sei una Regina di Narnia!
La voce di Aslan risuonò nella sua mente: “Quando si è Re o Regina di Narnia, si è sempre Re o Regina”
Aslan…
Perdonami.
“Maestà, il dottor Cornelius è in salvo” la informò poi Clipse a voce bassissima. “Ci hanno pensato gli spirti degli alberi”
“Oh, ne sono felice”
“Cosa accadrà ora?” chiese ancora Tara.
Susan non riuscì a rispondere, l’immagine di Rabadash che calava la spada su Caspian apparve con prepotenza davanti ai suoi occhi. Serrò le palpebre e cercò di rimanere salda, almeno di fronte alle ragazze.
“Basta con tutte queste smancerie!” le interruppe il principe del Sud, irrompendo dentro il castello e separandole di nuovo.
“Maestà! Maestà!” gridarono ancora le altre, ma erano già sparite dietro la curva di un corridoio.
Susan volse lo sguardo attorno a sé, tremante.
Disperazione, terrore, incredulità, confusione, orrore. Tutto questo era Susan in quel preciso istante.
Il suo sguardo cadde sulla spada del principe, macchiata di sangue ancora fresco. Vacillò e per poco non svenne. Se le guardie non l’avessero tenuta ancora per le braccia, sarebbe crollata a terra.
No, Caspian non poteva essere… No, non lo avrebbe creduto finché non l’avesse veduto coi propri occhi.
Volse nuovamente lo sguardo attorno a sé. Non c’erano volti amici, ma un pullulare di soldati in divise bianche e rosse, armati fino ai denti, molti dei quali si fermarono interessati a fissarla.
Susan alzò la testa e ricordò a sé stessa di non abbassarla mai. Com’era accaduto una volta sull’Occhio di Falco, passò in mezzo agli uomini senza battere ciglio, il passo sicuro. Le due guardie che l’avevano in custodia non furono costrette a sospingerla. Gli occhi fissi sulla scalinata principale, Susan iniziò a salire un gradino dopo l’altro, lasciandosi alle spalle gli apprezzamenti poco lusinghieri di quei barbari dai volti olivastri.
Quando arrivarono alle stanze reali, Rabadash fece cenno alle guardie di andarsene. Poi aprì la porta e Susan vi entrò.
Immediatamente, dopo lo scatto dell’ uscio che si chiudeva, il principe l’afferrò per la vita e la voltò verso di sé.
“Se vi libero starete buona?” le chiese.
Si fissarono un momento soltanto: lei non rispose; lui strinse gli occhi in due fessure.
“Mi farete perdere la pazienza, prima o dopo, ma sul serio” disse l’uomo, e poi le slegò i polsi.
Allora, Susan prese a colpirlo con una raffica di schiaffi, pugni e calci, inveendo contro di lui con parole che mai si sarebbe sognata di pronunciare in vita sua.
Rabadash accusò e parò, con un’espressione compiaciuta sul volto. “Siete adorabile anche quando siete furiosa”
Lei non avrebbe voluto dare adito a nuovi scherni e umiliazioni, ma non riuscì a trattenersi e gridò ancora più forte.  “Maledetto bastardo! Voi avete ucciso Caspian! Avete ucciso Caspian! Avete…ucciso…”.
La voce d’un tratto le venne meno, così le forze, e si accasciò in ginocchio, il respiro corto per aver urlato tanto, le girava la tesa. Pianse, di disperazione e di rabbia.
Rabadash la fissò senza emozioni, cercando di organizzare i suoi pensieri.
Dirle o non dirle che Caspian era vivo?
Il principe ripensò al momento in cui aveva alzato la spada per colpire il lupo. Sulle prime l’aveva fatto per spaventare Susan, poi quando era stato ancora una volta testimone dell’infinito amore che la Dolce aveva per il Liberatore -tanto da spingerla a proteggerlo riparandolo con il proprio corpo- la tentazione di ucciderlo per davvero si era fatta fortissima. Quale altra occasione migliore di quella gli si sarebbe presentata? Mai il Re di Narnia era stato così indifeso e debole di fronte a lui.
Ma così facendo avrebbe reso nulli tutti i piani e gettato all’aria anni di lavoro per realizzarli, per giungere a quel giorno da lui tanto atteso. Per la prima volta in vita sua, Rabadash aveva esitato. Infine, calando la lama verso il basso, l’aveva fermata a pochi centimetri dal corpo del lupo. Era rimasto immobile a fissarlo un istante, cercando di dominare il suo odio.
In seguito era stato attaccato da una tigre enorme, un daino e una volpe, dei quali si era sbarazzato in poco tempo. E quando Susan aveva visto la sua spada intrisa di sangue aveva creduto fosse quello di Caspian.
Perché non continuare a farglielo credere, dunque, almeno per un po’?
“Abituatevi a quest’idea: vostro marito e i vostri figli sono morti, la foresta è bruciata con dentro i vostri amici. Non avete più nessuno. Vi rimango soltanto io”
Susan vacillò di fronte a quelle parole. Iniziò a respirare più forte, il cuore batteva impazzato gridando il suo silenzioso dolore. Immagini di lei e Caspian le attraversarono la mente come lampi impazziti: il loro incontro nella foresta, i loro primi istanti alla Casa di Aslan, i gesti impacciati, il suo timido corteggiamento, il primo litigio, il primo bacio, la loro prima volta, lui che le posava il fiore blu tra i capelli; e l’addio e il ricongiungimento, le numerose battaglie nel viaggio verso la Fine del Mondo, i litigi e le promesse, il matrimonio sull’Isola delle Rose, il momento di gioia nel sapere che aspettavano un figlio; e ancora, i giorni spensierati durante il viaggio di ritorno sul Veliero dell’Alba, la loro prima notte a Narnia, la nascita di Rilian e Myra; lei e Caspian che tenevano le loro manine mentre tentavano di farli camminare, i primi passi dei bambini, le prime parole, le loro vocette stentate e poi più sicure che chiamavano mamma e papà; crescerli insieme a lui, insegnar loro a leggere e scrivere, a star dritti in sella al primo pony; e i giochi, le corse, i castelli di sabbia, i bagni estivi nell’Oceano, le giornate piene di serenità, interi pomeriggi a chiacchierare seduti all’ombra dei grandi alberi del giardino, dove lei e Myra s’intrecciavano i capelli a vicenda, e Caspian e Rilian facevano la lotta sul prato.
Cercò di trovare un barlume di ragione in quella pazzia, ridestandosi dai suoi pensieri e dallo stato di shock nel qual era piombata d’improvviso.
“Pagherete per tutto il male che avete fatto!” esclamò infine la Regina, allontanandosi da lui.
“Sono io che dovrei dirlo. Mi avete quasi ucciso, mia dolce signora” disse lui con un nuovo sorrisetto sarcastico. “Voi stessa avete visto il suo sangue” rincalzò l’uomo, alzando la propria spada e mostrando le strisce vermiglie che la coprivano.
Susan represso un grido e volse il capo di lato per non guardare. “Io non vi credo! Non lo crederò mai!”
“La maledizione presto colpirà anche voi. Sì, la stessa maledizione che ha colpito il vostro Caspian!”
“E mi ucciderete dopo? Come avete fatto con lui?” chiese lei, quasi con speranza. “Perché se sarà così, se poi lo raggiungerò, allora potrete farmi tutto quello che vorrete”
Lui l’afferrò per le spalle, scuotendola con forza. “No, voi non morirete! Voi siete mia, mia!”
“Lasciatemi! Lasciatemi in pace!”
“Quando vi avrò avuta: solo allora vi lascerò in pace”
Susan fece un salto all’indietro, andando a sbattere contro il tavolino, sgomenta. Rabadash la raggiunse in pochi secondi. La ragazza scaraventò a terra le sedie e il tavolino assieme a ciò che vi poggiava sopra, per bloccargli la strada, per non farlo avvicinare. Lui rise. Lei gridò di furia e spavento. Infine, la Regina si ritrovò a terra sul tappeto con il peso dell’uomo che la schiacciava.
Provò un moto di disgusto incontenibile, si sentiva male.
“Susan, amore mio, non fate così”
Quale abisso c’era nel modo in cui quelle due parole venivano pronunciate dalla calda e tranquilla voce di Caspian, e dalla gelida e aspra voce di Rabadash.
Egli le afferrò i polsi. “Avrei voluto comportarmi da gentiluomo, e invece voi mi costringete a comportarmi come un mascalzone”
Lei si dimenò e lui rise ancora più forte.
“Non facevate la preziosa con lui, vero?” insinuò Rabadash con un tono assolutamente indecente.
Per tutta risposta, lei gli sputò in faccia. E l’uomo la colpì.
“Non vale la pena di trattarvi come una signora, perché non lo siete!”
Susan si ritrovò con gli abiti strappati prima che potesse rendersene conto. Gridò ancora e lui le posò una mano sulla bocca per zittirla. Le sentì il suo odore e le lacrime inondarono i suoi occhi celesti, spalancati dal terrore.
Rabadash si chinò su di lei, cercando di levarle la sottoveste, premendo il proprio corpo contro quello della Regina.
In quel mentre, il viso di Caspian apparve nella mente di Susan. Lui, che l’aveva sempre amata così teneramente, con ardore, rispetto, passione, gentilezza e devozione in eguale misura. Caspian, che le dava un bacio dolcissimo e le faceva un sorriso e una carezza ancor più dolce prima di farla sua ogni volta.
Ed ora sentiva quelle mani rudi toccarla ovunque, quel respiro lussurioso che le dava il voltastomaco, quella bocca sconosciuta che si posava dove solo Caspian poteva.
Perché solo a lui si era concessa.
Perché lei era sua.
“Oh, mio Dio, aiutami! Aslan!”
Si ritrovò a gridare quel nome nella mente, disperata come mai in tutta la vita.
Poteva scoraggiarsi mille e mille volte, ma alla fine avrebbe trovato il modo di risollevarsi e correggere i propri errori; per quante cose potessero succederle e le fossero successe, avrebbe trovato la maniera di superarle.
Ma non questo.
Se davvero le fosse successo quel che temeva sarebbe accaduto di lì a pochi attimi, allora sarebbe stato preferibile la morte. Non avrebbe mai più potuto guardare Caspian negli occhi – se mai avesse potuto farlo. Già non si sentiva più degna di lui solo per il fatto di essere stata toccata in quel modo da un uomo che non era suo marito.
“Caspian…Aslan!”
In quel preciso istante, la finestra del balcone si spalancò e un vento impetuoso invase la stanza, facendo danzare le lunghe tende bianche come fantasmi nella notte.
Susan, ormai pronta al peggio, quando udì l’urlo rabbioso di Rabadash aprì gli occhi che aveva serrato per non vedere. Il principe del Sud sembrava sentirsi improvvisamente male: inginocchiato a terra, per metà ancora sopra di lei, si teneva la testa tra le mani.
Che cosa era successo?, si chiese la ragazza. Perché si era fermato? Il vento…Il vento era un segno che Aslan avesse realmente risposto alla sua richiesta di aiuto? Aveva impedito a Rabadash di violarla?
“Maledetto…Leone” lo udì imprecare.
Incredibilmente, Rabadash rinunciò. Si alzò trascinandola con sé, mentre un grugnito di rabbia gli trapassò la gola. Aprì la porta e la trascinò di peso fin sulla Grande Torre.
Che cosa avevano fatto lassù? ,fu il primo pensiero della Regina quando vide la grande gabbia incassata sul torrione.
Senza premura alcuna, Rabadash la gettò all’interno. Afferrò dalla tasca deli pantaloni una grossa chiave d’ottone e diede tre mandate.
Quando si trovò dietro le sbarre, Susan si rivoltò vero di lui: che intenzioni aveva?
Il principe del sud, la camicia aperta sul petto e il respiro affannoso, fece un inchino beffardo. “La vostra nuova dimora, Maestà”.
La guardava in un modo che definirlo odio sarebbe stato davvero troppo poco.
Le si avvicinò, afferrando le sbarre e strattonandole con forza, provocando un sonoro clangore. Susan lo guardò impaurita, esterrefatta, facendo un passo indietro quando lui allungò una mano per toccarla. Egli riuscì ad afferrarle i capelli solo per un attimo, lei fece un altro passo indietro. E quando lui la lasciò andare, il fiore blu cadde dalla sua chioma bruna finendo a terra, appena al di fuori della gabbia.
Entrambi lo fissarono per un istante, il principe con sguardo cupo.
Rabadash non sapeva cosa significava per lei, ma di certo doveva essere molto importante. La Dolce lo aveva sempre portato da che ricordava.
La Regina si chinò svelta e allungò una mano per prenderlo, ma Rabadash lo afferrò per primo.
“Oh, no, per favore!” implorò lei, stendendo il braccio tra le sbarre. “No! No!” gridò accora, quando il principe serrò il pungo e poi gettò il fiore spezzato all’interno della gabbia.
Susan rimase immobile per qualche secondo, sconvolta. Si abbassò di nuovo, lentamente, prendendo con delicatezza tra le mani tremanti il gambo piegato, i petali spezzati.
Il simbolo del suo amore distrutto. Il suo amore se n’era andato.
“Il vostro Leone non m’impedirà di avervi! Non ci riuscirà!” gridò infine Rabadash, gli occhi iniettati di sangue, e poi la lasciò sola.
“Vi odio! Vi odio! Siete un maledetto schifoso!” gridò ancora Susan, ma lui si era ormai richiuso la porta della torre alle spalle.
Il vento che soffiava sulla Grande Torre portava con sé raffiche gelide e grosse gocce di pioggia che si infransero sul viso della giovane donna. Ella strinse il fiore al petto, mentre sedeva pesantemente a terra. I nervi le cedettero.
Avrebbe voluto che Caspian potesse essere lì a proteggerla dal freddo con le sue calde e forti braccia, e il suo amore.
Ma lui non c’era.
Lui era…
Scosse la testa, presa dal panico, portandosi le mani ai lati di essa e serrando gli occhi, prendendosi i capelli tra le dita e iniziando a singhiozzare irrefrenabilmente.
“No…” mormorò, “No. No. NO!” gridò di nuovo, affondando il volto tra le braccia.
Si sentiva distrutta. Avrebbe voluto strapparsi il cuore e non provare più alcun sentimento.
Poco prima aveva invocato il nome di Aslan e sembrava davvero che Egli fosse accorso in suo aiuto. Un barlume di speranza, poi di nuovo l’abisso.
Perché? Aslan, ti prego, dimmi perché?!
“Maestà! Mia Regina!”
Una voce amica.
Susan alzò la testa e scrutò tra le ombre della notte, fattesi più cupe per via del nuovo temporale estivo in arrivo.
“Shira!” esclamò la ragazza, mentre il falchetto s’insinuava con fatica tra le sbarre.
Quando si posò a terra, Susan s’inginocchio e la prese tra le braccia. Sentiva che doveva aggrapparsi a qualcosa, anche a un animaletto tanto piccolo, il cui calore le ridiede il contatto con la realtà.
Si sentiva frastornata, come se si trovasse da qualche parte e stesse solo facendo da spettatrice.
Quella non era più la sua vita.
Shira osservò la Regina con spavento: aveva la sottoveste sgualcita, i capelli arruffati, il fiore blu spezzato. “Che cosa vi ha fatto quel bruto di Rabadash?!”
Susan scosse il capo. “Nulla. Nulla, io…non so come si accaduto, ma non mi ha fatto nulla!”
Shira tirò un sospiro di sollievo.
Poi, gli occhi celesti della Regina Dolce incontrarono quelli più piccoli e neri dell’uccello. “Dimmi” disse soltanto.
“Maestà, mi dispiace tanto!”
Shira, sempre così stizzosa e sicura di sé, iniziò a singhiozzare. E tra le lacrime raccontò ogni cosa alla Sovrana riguardo i piani di Rabadash, Tisroc e Lord Erton.
“Perché è successo tutto questo?” chiese Susan con un filo di voce, alla fine del racconto. “Perché ancora non ci lasciano in pace?”
“Vi prometto che farò il possibile per scoprirlo!”
“Oh, no, Shira, non farlo!” esclamò la Dolce, stringendo ancora il falchetto al suo petto. “Non voglio che ti accada nulla. Dovrai cercare aiuto, invece”
Shira arruffò le penne, tornando quella di sempre. “Lo so. Appena potrò tornerò sulla mia isola e avvertirò Ramandu e Shanna dell’accaduto. E poi andrò a cercare Emeth al sud”
“Non puoi fare tutto da sola”
“Chi lo farà altrimenti? Ormai, nessuno dei vostri amici potrà uscire dalla foresta senza rischiare di venire preso”
Susan ebbe un tuffo al cuore. I volti di tutte le persone care apparvero davanti a lei.
“Dove sono tutti? Che cosa è accaduto a Caspian? E Miriel, e Cornelius…”
Sia gli occhi azzurri della Dolce che quelli del falchetto tornarono ad inumidirsi.
“Shira, ti scongiuro, dimmi che Caspian è vivo”
Il falchetto si accomodò sulle ginocchia della ragazza. “La notte è lunga, mia signora. Abbiamo tempo per parlare”
 
 
Il Re si svegliò di soprassalto, come fosse appena precipitato nel vuoto e poi atterrato sull’erba morbida e fresca. Sdraiato sul prato, solo un soffice strato di muschio gli faceva da materasso e da cuscino; come coperta, il suo stesso mantello.
Si alzò a sedere lentamente, sopraffatto da un senso di malessere. Si prese la testa fra le mani per un momento, per poi alzarla e guardarsi intorno per cercare di capire dove si trovava.
Non era alla Torre dei Gufi, questo era certo, ma non riusciva a mettere a fuoco i particolari.
Un senso di inquietudine iniziò a farsi largo nel suo petto.
Perché era tutto sfocato?
Non ricordava di essere rimato ferito in nessun modo, tantomeno agli occhi. Forse un colpo alla testa? Poteva essere. Chissà, magari quand’era caduto da cavallo, dopo quel forte dolore al petto. Non ricordava nulla dopo quel momento in cui gli era parso che qualcuno gli piantasse mille lame ghiacciate nel corpo.
Si portò una mano sul cuore, massaggiandosi piano il torace.
Non c’era più alcun dolore. Non si sentiva neanche stanco, stava bene nel complesso, eccetto la vista.
Sbatté più volte le palpebre con forza, fissandosi poi i pami delle mani, studiandoli attentamente. Pian piano, la sensazione di inquietudine al pensiero di essere rimasto leso, si attenuò nel momento in cui ogni cosa tornò nitida.
Se avesse potuto vedere i suoi occhi, Caspian avrebbe subito capito perché la sua vista era rimasta appannata per un pò, anche se probabilmente ne sarebbe rimasto spaventato.
Tornò a vedere quando il colore dei suoi occhi mutò dal giallo al consueto nero.
Quando gli occhi del lupo tornarono quelli dell’uomo.
Tutto era tranquillo attorno a lui.
Avvolto da una nebbiolina bassa e sottile che ormai andava diradandosi, Caspian osservò il sole filtrare attraverso le fronde degli alberi, le gocce di rugiada ornare gli steli d’erba: albeggiava.
Ricordava il crepuscolo, non l’aurora. Quanto tempo era passato da quando aveva perso i sensi? Dov’erano gli altri?
Accanto a sé erano posate Rhasador, il pugnale di suo padre e il mantello di Susan, nel quale erano avvolti l'arco, la faretra e il corno d’avorio.
Caspian si mise in ginocchio sull’erba e fece per scostare i lembi della stoffa che coprivano i Doni della Regina.
Quando una voce alle sue spalle disse: “Quel che vedrete, non vi piacerà”
Per istinto, il Liberatore afferrò la sua spada, estraendola dal fodero con uno scatto fulmineo.
“C.P.A” mormorò, facendo un sospiro e abbassando l’arma. “Mi hai spaventato”
“Perdono, Maestà”
Il nano avanzò verso il Sovrano, porgendogli una ciotola di latte e qualche frutto. Si scambiarono uno sguardo. Caspian notò gli occhi di Briscola scattare verso le armi di Susan. Un altro sguardo tra loro, stavolta accompagnato da un vago cipiglio.
Senza dire una parola, Briscola guardò il Re scoprire l’arco spezzato.
Il ragazzo lo afferrò tra le mani e si voltò rapidamente verso il nano. “Che diavolo significa?”
“Significa che l’hanno presa, mio signore”
Briscola cercò di spiegargli i fatti, omettendo volontariamente la parte che riguardava la sua trasformazione in lupo.
Il Liberatore iniziò a girare a vuoto attorno al proprio giaciglio, Rhasador in una mano, l’arco di Susan nell’altra.
Venne a sapere che dopo il suo malore i calormeniani avevano attaccato di nuovo, che c’era stato un nuovo breve scontro nel quale Tara e Clipse erano stati catturate dopo essere riuscite ad affidare il dottor Cornelius a un gruppo di amadriadi. Miriel aveva chiamato a sé il potere delle fiamme tramite i Fiori di Fuoco, creando un incendio che non aveva danneggiato la foresta né nessuno dei presenti, ma che aveva indotto i calormeniani a fuggire credendo il contrario. Successivamente, anche Susan era stata portata via, non senza prima aver cercato di proteggerlo. Dopodiché, Lord Rhoop e il suo amico cervo lo avevano portato in salvo, e gli amici del bosco avevano dato asilo al gruppo di fuggiaschi.
“No. Non può essere. Assurdo. E’ assurdo” ripeteva Caspian ad intervalli regolari, quando Briscola prendeva fiato tra una frase e l’altra.
“Non potremo restare qui a lungo. Prima o poi ci troveranno, per cui…”
 “Non-può-essere!” esclamò il Re, sollevando la spada a mezz’aria, non sapendo bene se dovesse usarla o no. E se sì, contro chi? Contro il povero C.P.A.?
“Dove l’ha portata?” chiese, cercando di controllare la rabbia che sentiva crescere.
Briscola capì che si riferiva ovviamente a Susan e a Rabadash. “Immagino al castello”
Il nano stava per aggiungere altro, ma il Re aveva già rinfoderato la spada, recuperato il mantello e raggiunto l’uscita della macchia di alberi.
Briscola lo raggiunse, correndo per star dietro alle lunghe falcate del giovane, continuando a lanciargli occhiate torve. L’espressione sul viso di Caspian tradiva una qualche folle idea che stava già prendendo forma nella sua mente.
“Maestà, se mi permettete un consiglio, dovreste mangiare qualcosa”
“Non ne ho tempo” rispose il Re, secco. “Dove sono gli altri?”
“Nascosti qui intorno, Maestà. Pero ora abbiamo trovato un riparo provvisorio nelle case e nelle tane di alcune creature. Lady Miriel si sta occupando degli animali feriti”
“Quante perdite?”
Briscola sbuffò tra i peli della folta barba. “Parecchie, mi rincresce”
Caspian rifletté un momento: in quanti erano rimasti? Di Drinian e Lora non sapeva niente, così come del dottor Leo e di molti altri cavalieri e amici, (ad esempio Tavros e Rynelf). Con Tara e Clipse probabilmente in cella assieme a Mavramorn, Agoz e Revilian, Aurora non più disponibile e Susan nelle mani di Rabadash, rimanevano solo lui, Briscola, Rhoop, Miriel, Pennalucida, Tartufello; e in conclusione, contando Destriero, forse Shira e Cornelius, erano in nove. Si potevano includere diversi animali, gli alberi, ma erano in effettivo un misero schieramento messo a confronto delle centinaia di soldati che Tisroc aveva portato dal Deserto.
“C’è altro che devo sapere?” chiese poi il Liberatore.
“Uhm…no” mentì il nano.
“Allora, per prima cosa, dobbiamo trovare un luogo sicuro dove nasconderci”
“Sire, mentre voi riposavate abbiamo discusso tra noi e, se per voi va bene, pensavamo di spostarci a sud, verso Prato Ballerino. Tartufello dice che ospiterà con onore e gioia Vostra Maestà”
Caspian annuì una volta. “Suoneremo anche il corno d’avorio. Ormai è chiaro che Narnia ha bisogno di aiuto”
“L’abbiamo già fatto, Sire” rispose C.P.A, “ma nessuno ha risposto”
“Ci vorrà del tempo, immagino. Intanto ti lascio il comando, Briscola: giuda gli altri verso sud, io vi raggiungerò con la Regina quanto prima”
Il nano girò la testa di scatto. “Sire, per l’amor del cielo! Non potete andare solo!”
Caspian continuava a tenere lo sguardo fisso avanti a sé, come se potesse già vedersi a Cair Paravel in aiuto della sua sposa. “Ho già perso abbastanza tempo”
“No!” il nano gli si parò davanti.
Caspian si arrestò, ma non per ascoltarlo. “Togliti di mezzo, Briscola” scandì con voce bassa e minacciosa.
“Non vogliamo perdere anche il nostro Re!” C.P.A. lo implorò con lo sguardo, ma il Liberatore avrebbe fatto di testa sua.
Gli occhi neri del Sovrano mandarono lampi d’ira. “Perdere anche il nostro Re?” chiese con una risata sprezzante. “Date la vostra Regina già per morta? Devo dedurre che pensate la stessa cosa dei principi reali!”
“No, no, non è così! Tutti noi stiamo cercando di trovare un modo per salvare la Regina e i Principini, ma come avete giustamente asserito anche voi poco fa, abbiamo bisogno di altro aiuto! E anche voi dovete aspettare!”
Un nitrito e un rumore di zoccoli interruppe l’alterco, attirando la loro attenzione.
Caspian e Briscola si volsero e videro Destriero risalire il sentiero. Il cavallo trottava verso il suo padrone in un incedere elegante e soddisfatto, come volesse mostrare con orgoglio la sua completa guarigione e la sua di nuovo totale disponibilità al Re. Gli erano stati rimessi sella e finimenti
Caspian liberò un sorriso, reperimento la rabbia e la frustrazione per lasciare spazio alla gioia di rivedere il suo fedele amico in piena salute, pronto ad aiutarlo. Tutti sembravano volergli impedire di salvare la sua famiglia, ma Destriero sarebbe stato con lui.
Non appena fu vicino al ragazzo, il cavallo lo colpì amichevolmente con il muso.
“Siamo come sempre noi due, vero?” mormorò il Re, la fronte posata contro quella di Destriero, occhi negli occhi.
Lo stallone rispose con un basso nitrito d’assenso e uno scalpitare di zoccoli.
Senza indugio, ignorando altre proteste da parte di Briscola, Caspian mise il piede nella staffa e si issò sulla sella con un agile movimento. Calciò con decisione sul fianco del cavallo e lo sollecitò a partire a galoppo.
“Maestà, aspettate!” gridò Briscola, in un ultimo e quasi disperato tentativo di non fargli commettere una sciocchezza. “Anche se tornerete di nuovo al castello, non vi troverete la Regina! Non la riconoscerete! Non è se stessa in questo momento!”
Che l’avesse udito o no, non ci fu nulla da fare. Il Re era già lontano.

 
 
~·~
 
 
Il nuovo anno era iniziato, le vacanze natalizie erano terminate. Lucy, Eustace e Jill erano tornati alle loro scuole, Edmund al suo lavoretto alla redazione del giornale di Finchley, e Peter alla sua università.
Da degno figlio di suo padre, il maggiore dei Pevensie aveva i voti più alti dell’istituto, suscitando l’ammirazione e l’invidia dei compagni. Quel che stupiva di più, era che Peter non dovesse nemmeno stare troppo sui libri e superava ogni esame con estrema facilità.
Spesso, i suoi amici si divertivano a prenderlo un po’ in giro, insinuando che venisse da un altro pianeta, o semplicemente che conoscesse già le risposte di tutti i test.
Nessuna delle due cose, rispondeva Peter sorridendo.
No, non credeva che il fatto di essere il Re Supremo di Narnia centrasse qualcosa con l’avere vinto due borse di studio e il torneo di scherma.
E va bene, doveva ammetterlo: in quest’ultimo aveva eseguito un paio di mosse imparate quand’era Re, e gli erano state utilissime per ottenere la coppa.
Non era barare, era semplicemente mettere in pratica ciò che aveva imparato.
Ma era qualche tempo che la sua concentrazione veniva disturbata da un pensiero costante derivante da un sogno, lo stesso da tante notti. Ogni volta che lo faceva, passava la nottata praticamente insonne, continuando a rigirarsi nel letto in uno stato di dormiveglia continuo.
Talvolta, nemmeno lui capiva con esattezza se stesse dormendo o no, tanto era reale quello che vedeva: Narnia avvolta nelle fiamme, il sole coperto da un’ombra di sventura, un esercito in marcia verso Cair Paravel.
L’ordine di questi eventi cambiava di volta in volta, e Peter non era in grado di capire quale fosse avvenuto prima e quale dopo.
In passato, Lucy e Susan avevano fatto sogni che poi si erano avverati, e allora perché non anche lui? Dopotutto, era il Re Supremo, e gli era stata affidata un’importantissima missione, la quale credeva di aver ormai portato a termine: aveva trovato la settima Amica di Narnia, e l’aveva trovata nella persona di Jill Pole.
Ormai non c’erano dubbi.
Dopo il giorno di Natale non l’avevano più incontrata, ma la ragazza e Lucy avevano mantenuto la promessa di scriversi, e lo facevano anche piuttosto spesso.
A ben vedere, quei sogni riguardanti Narnia erano cominciati proprio dopo le vacanze natalizie. Dopo aver conosciuto Jill.
Una coincidenza? Qualcosa gli diceva di no.
Che Aslan li stesse avvertendo di un pericolo imminente?
Non aveva mai incontrato Aslan nei suoi sogni, pensava che quel privilegio fosse concesso a Lucy e a lei soltanto, per il semplice fatto che – checché Lu ne dicesse – lei era la preferita del Grande Leone.
In realtà, Peter non era l’unico ad aver sognato Narnia. Anche a Edmund e Lucy era successo spesso; magari anche a Eustace, chissà.
Era più che normale: tutti volevano tornarci, perché a tutti mancava casa propria. Anche Helen e Robert ne avevano nostalgia.
Era passato tanto di quel tempo…
Durante il sogno, la preoccupazione e i pensieri di Peter erano ovviamente rivolti a Susan, Caspian, i suoi nipoti, gli amici più cari... e a Miriel, il suo bellissimo fiore.
Le aveva promesso di sposarla presto, ma non si vedevano da…quanto tempo era trascorso a Narnia?
Se laggiù stava accadendo qualcosa e Miriel e gli altri fossero stati in pericolo, lui doveva esserci, per starle vicino e proteggerla, per aiutarli tutti.
C’era una sola cosa che riusciva a calmarlo: una specie di litania che gli aveva insegnato il professor Kirke.
“Narnia, Narnia, Narnia. Ama. Pensa. Parla”
Peter si ripeteva spesso quelle parole, ad alta voce o nella mente. Era il comando che Alan aveva dato alla terra prima di crearla. E la terra aveva obbedito. Glielo aveva raccontato il professore: lui aveva assistito alla nascita di Narnia.
Poi, una sera, il sogno cambiò.
Di solito, Peter si trovava a fare da spettatore. Quella volta, invece, lo visse in prima persona.
C’erano sempre le fiamme, il sole nero e il suono degli stivali dei soldati che marciavano, ma queste immagini e questi rumori svanirono presto, cedendo il posto alla tranquillità di un prato immerso nell’oscurità.
La luce della luna piena bagnava le acque di un piccolo laghetto. Ogni tanto, una nuvola passeggera copriva il satellite facendo piombare il paesaggio nell’oscurità.
Poteva essere Prato Ballerino. Riconosceva la caratteristica delle foglie degli alberi- e di giorno anche dei fiori- che parevano davvero ballare al più leggero alito di vento.
Peter avanzò ancora nella piccola radura e d’un tratto si bloccò. Al di là del laghetto, un’ombra usciva dagli alberi.
“Chi è là?” chiese il Re Supremo, non riuscendo a scorgere il nuovo ospite (o l’ospite era lui?).
Poi, la nuvola si scansò dalla luna, e l’ombra prese colore e forma. Guardò Peter con un sorriso, per nulla stupito di vederlo, aspettando che lo riconoscesse.
Il ragazzo invece era a dir poco sbalordito.
“Aslan!”
Erano uno di fronte all’altro adesso, potevano raggiungersi facendo solo pochi semplici passi, e invece rimasero fermi dove si trovavano.
“Ben trovato, figlio mio”
Peter e il Leone si sorrisero e infine si decisero ad avvicinarsi l’uno all’altro.
Quando si fermò davanti a Felino, il giovane corrugò la fronte. “Sono a Narnia?”
“Sì e no” rispose Aslan, ripiegando le zampe posteriori per sedersi sull’erba. Anche così era più alto di Peter.
“Sto sognando, vero?”
Gli occhi azzurri dell’umano si immersero in quelli dorati della creatura.
“C’è un sottile confine tra sogni e realtà, Figlio di Adamo, un limite che alcuni percepiscono e superano, altri no”
Come sempre, Aslan parlava per enigmi, ma Peter in qualche modo capì cosa cercava di dirgli. Lo intese nel momento in cui si rese conto che attorno a loro non v’erano traccia dei tipici suoni del bosco. Niente insetti, uccelli o animali, solo il lievissimo scrosciare del laghetto e il respiro di Aslan. Quel luogo non era Prato Ballerino, lo sembrava soltanto.
“Vieni, Peter, devo mostrarti una cosa” disse poi Aslan, alzandosi di nuovo e invitandolo a seguirlo lungo il sentiero tra gli alberi.
Benché il ragazzo avesse fretta di scoprire cosa succedeva e perché era lì, comprese non c’era nessuna urgenza. Molto probabilmente il tempo non scorreva laggiù dove si trovava. Lo capì quando uscirono da Prato Ballerino, dove il resto del bosco veniva attraversato da una strada lastricata di piastrelle colorate, che saliva verso un montagnola la cui cima era coperta dalle nuvole.
Peter lo riconobbe subito: era il monte sacro del Grande Leone, dove si trovava la Tavola di Aslan.
“Saliamo” disse quest’ultimo, camminando fianco a fianco con il Re Supremo.
“Allora è vero?” disse Peter. “Sta accadendo davvero quello che ho visto nel mio songo, è così? Per questo sei venuto da me”
“E’ già accaduto” rispose il Leone in tono grave.
“Già accaduto?” fece il ragazzo, nella sua voce una preoccupazione immensa. “Aslan, ti prego, parla!”
Aslan tirò un lungo sospiro che sfociò in un brontolio. “Le immagini parleranno da sole”
Quando furono sulla cima del monte, Peter credette di venire condotto alla Tavola, ma non fu così. Il Leone lo portò sulla vetta più estrema e insieme volsero lo sguardo verso il basso.
Un sogno? No, quello era un incubo!
“Era vero” mormorò il Re Supremo, osservando sgomento il paesaggio sotto di sé.
Non si chiese perché vedesse Cair Paravel mentre si trovava sul monte di un isola dall’altra parte di Narnia. Tutto quello che voleva sapere era perché soldati in divise bianche e rosse gremivano la reggia di Narnia, il ponte distrutto, la città sotto assedio, la bandiera di Calormen sulla torre più alta.
Cercò l’incendio, ma ricordò che quel che aveva visto era già accaduto, come aveva detto Aslan.
Ma allora…
“Da quanto Calormen è a Narnia?” chiese Peter, voltandosi verso il Leone.
Egli guardava il ragazzo con aria molto seria. “Da un po’, caro figlio. Da un po’. Per questo dovete partire subito: il Re e la Regina hanno bisogno del vostro immediato aiuto. Non c’è tempo da perdere, e tu sai come funziona il tempo a Narnia”
“Scorre veloce” rispose prontamente il giovane.
Aslan annuì.
“Cosa devo fare?”
“Avverti immediatamente Edmund e Lucy. Prendete Eustace con voi e la sua amica Jill Pole”. Aslan alzò una zampa e la posò sulla spalla destra di Peter. “Sono molto fiero di te. Hai portato a termine la tua missione, Peter il Magnifico, Flagello dei lupi, Re Supremo di Narnia. Grazie a te, abbiamo una speranza in più”
Fu come se qualcosa di caldo gli scendesse nella gola, liberando il nodo che l’aveva costretta per tanto tempo senza che se ne rendesse conto. Un benessere che si propagò per tutto il copro, inondando i polmoni e aiutandoli a immagazzinare più aria, riempiendo il cuore.
Peter provò una commozione improvvisa, e sentì il peso di quella responsabilità scivolare via, lontano. L’aveva accettata senza lamentarsi in alcun modo ma, in fondo in fondo, non aspettava altro che svincolarvisi, per poter tornare a Narnia, da Susan, da Miriel.
“Ben fatto, Peter” concluse Aslan.
Quindi, il vento si alzò. Non piano piano, ma all’improvviso. Da quasi immobile, l’aria si scatenò in tutta la sua potenza e la voce di Aslan risuonò più forte nella notte.
“Ora và, è tempo di partire”
“Come arriveremo a Narnia, questa volta?”
“Tu e i tuoi fratelli vi dovrete incontrare con Eustace e Jill, solo allora il portale si aprirà”
Peter annuì, la bionda frangia scomposta dalle raffiche di vento. Voltò le spalle ad Aslan e corse indietro verso Prato Ballerino
E mentre correva si svegliò.
Ci mise un po’ per capire dove si trovava. Le braccia appoggiate su un libro di letteratura, alzò gli occhi e riconobbe la biblioteca dell’università.
“Ehi, Pevensie” lo chiamò un compagno, mentre una mano si posava sulla sua spalla. “Sonno arretrato?”
L’amico gli sorrise quando lo vide stropicciarsi gli occhi.
“Sì, credo” mentì Peter, chiudendo il libro con un tonfo. Poi si alzò afferrando il cappotto dallo schienale della sedia.
“Che fai?” chiese l’altro ragazzo. “Tra mezz’ora abbiamo l’esame”
“Credo di non poterlo sostenere”
“Scherzi?!”
Il Re Supremo guardò il compagno senza sapere come spiegare. “E’ una questione di vita e di morte, e no, non sto scherzando. Inventati tu qualcosa da dire ai professori, io devo andare. Scusami e grazie”
In tutta fretta attraversò la biblioteca, suscitando occhiate perplesse dagli altri studenti e una di disapprovazione dal bibliotecario.
Aveva ben altro per la testa che un esame universitario.
Alla prima cabina telefonica non perse tempo. Vi si fiondò all’interno e compose il numero della redazione nella quale lavorava Edmund. Tamburellò un paio di volte sopra l’apparecchio telefonico e poi la voce della segretaria rispose.
“Edmund Pevensie, per favore. Sono suo fratello, è urgente”
“Ah, salve Peter. Te lo passo subito”
Attese un paio di minuti che parvero eterni. Poi, ecco di nuovo la voce della segretaria.
“Peter? Mi spiace, tuo fratello è uscito un momento. Tornerà a minuti credo. Visto che è così urgente, vuoi lasciarmi detto qualcosa?”
Peter imprecò a mezza voce.
Dove diavolo sei, Ed?!
“Sì, grazie: gli dica di tornare immediatamente a casa”
La voce della segretaria si fece preoccupata. “Va bene, lo avverto subito appena torna”
“Grazie”
Pete riattaccò ed uscì dalla cabina.
Cosa fare? Tornare a casa e aspettare Edmund? Quanto ci avrebbe messo? Aslan aveva detto che dovevano partire subito, non poteva aspettare a lungo.
Non c’era altro modo: doveva pazientare e aspettare che Ed rientrasse, sperando che ricevesse il suo messaggio quanto prima. Poi, insieme sarebbero passati a prendere Lucy a scuola.
Proseguì dritto verso Main Street e attraversò il centro della città, di nuovo correndo. Non si era nemmeno premurato di abbottonare il cappotto e allacciarsi la sciarpa, aveva persino lasciato la borsa e i libri in biblioteca.
Pazienza, li avrebbe recuperati.
Svoltando l’ennesima strada, ormai vicino a casa, vide un ragazzo e una ragazza correre verso di lui.
Erano Edmund e Lucy.
Ma Ed non poteva essere già stato avvertito dalla segretaria ed essere arrivato lì così presto. E poi Lu…lei avrebbe dovuto essere nel bel mezzo delle lezioni del mattino.
I tre fratelli si fermarono uno di fronte agli altri, ansimanti.
Edmund si piegò sulle ginocchia. “Appena…torniamo a Narnia…devo riprendere...gli allenamenti” boccheggiò.
“Come avete saputo?” chiese Peter con un sorriso stupito.
Il primo a rispondere fu Edmund. “Stavo andando a bere un caffè con degli amici, quando ho visto come un lampo di luce attraversare la strada e ho capito che era Lui. Sono tornato indietro di corsa”
“Non sei più passato in redazione?”
“No, perché?” chiese il Giusto, mentre si raddrizzava.
“Ti ho telefonato là per avvertirti. Oh bè, non importa”
“E io” disse Lucy, le guance accese per l’emozione e per la corsa, “ho visto Aslan riflesso nel vetro della finestra della mia classe. Ho finto di star male per essere mandata in infermeria. Da lì non è stato poi tanto difficile sgattaiolare fuori dalla scuola”
Peter fece un sorrisetto a metà tra il divertito e il rimprovero. “Se ti espellono a cinque mesi dal diploma, mamma e papà si prenderanno un colpo, ma stavolta sul serio”
“Oh, Peter! Non farmi sentire in colpa, ti prego”
Peter l’abbracciò.
Ora, Il Giusto e la Valorosa fissavano attentamente il fratello maggiore: aspettavano che dicesse qualcosa.
Ambedue, vedendo Aslan, avevano subito capito che doveva essere accaduto qualcosa a Narnia, e che il Leone fosse lì per dir loro che era tempo di una nuova missione. Aslan li aveva fissati negli occhi, in un muto comando di lasciare qualsiasi cosa stessero facendo e seguirlo.
Era stato Aslan a guidarli da Peter.
Fermi in mezzo al marciapiede, ascoltarono il Re Supremo mentre narrava di nuovo loro il suo sogno, e in aggiunta riferiva il suo discorso con Aslan e ciò che gli aveva detto di fare.
“Allora andiamo alla stazione” disse Edmund, muovendosi in quella direzione “Dobbiamo andare subito da Eustace”
“Aspetta” lo fermò Lucy. “Prima dovremmo avvertire mamma e papà, non ti pare?”
“Non penso sia una buona idea” disse Peter. “Papà di sicuro insisterà per venire, senza contare l’angoscia in cui faremmo piombare mamma quando saprà che Susan è in pericolo”
Lucy si portò le mani alla bocca pensando a Susan, Caspian, Rilian, Myra, Miriel…Emeth.
“E allora?” chiese titubante.
“Non glielo diremo” Peter guardò Edmund, il quale fu d’accordo con lui.
Il Giusto mise una mano sulla spalla della sorella. Ai suoi occhi era sempre la piccola Lucy, la sorellina da proteggere e rassicurare. Anche Peter la pensava così.
“Gli racconteremo tutto quando torneremo”
“Va bene” disse infine la ragazza. “Allora andiamo. Andiamo a Cambridge”
 
 
 
~·~
 
 
 
Il serpente era balzato loro addosso e li aveva stretti tra le spire tanto da fargli mancare il respiro. Avano visto i loro genitori sconfitti dai colpi tremendi inferti dal mosto con la sua orrenda coda, e in un attimo si erano trovati dalla luce del sole al buio più nero.
Per un momento, con il terriccio che andava loro negli occhi e nelle narici, Rilian e Myra non erano più riusciti a verde né respirare. Quando però la terra si era richiusa sopra le loro teste e davvero era stata solo oscurità, si erano messi a gridare aiuto ancora più forte di prima.
Myra piangeva più che gridare, stretta stretta al fratellino, il quale cercava di essere coraggioso ma il cui viso era coperto di lacrime, come quello di lei. 
Il mostro li trascinò giù, sempre più giù, nei meandri del mondo, forse nel entro esatto di esso.
Per un secondo che fu uno, Rilian s’immaginò di poter scorgere il grande nucleo incandescente del quale aveva sentito parlare dal dottor Cornelius. Ma non vide proprio nulla: c’era sempre e solo il buio.
Fu angosciante sapere di stare avanzando eppure non rendersene conto.
Il serpente li teneva sempre tra le spire, lasciando che il suo corpo scivolasse sulla terra, sulle rocce. Quando infine si fermò, allentò la presa su di loro, ma non li lasciò andare come avevano sperato. Sentivano il suo corpo strisciare in tondo, il sibilo sinistro, il bagliore dei suoi occhi che era l’unica fonte di luminosità.
Ora cosa sarebbe successo? Li avrebbe divorati?
Cosa avrebbe pagato, Rilian, per essere coraggioso e abile nel combattimento come lo era stato suo padre poco prima, accorrendo a salvarli senza nemmeno una spada. Se fosse stato più grande solo di un paio d’anni, avrebbe smesso subito di piangere e avrebbe protetto sua sorella, combattendo contro il serpente.
“Aiuto…Aiuto” singhiozzava Myra, il viso nascosto dai capelli.
Il serpente fece uno scatto verso di loro e i due gemelli indietreggiarono automaticamente. Ma non vedevano dove andavano e incespicarono nei propri piedi, rischiando di cadere e farsi male.
Un altro scatto e gli occhi del rettile brillarono più sinistramente che mai, la bocca enorme si aprì, minacciosa, come era accaduto nella radura. Ma qualcosa gliela chiuse di colpo e il serpente si dimenò dal dolore.
I due bambini osservarono con occhi sbarrati la scena che venne dopo.
Ci fu un bagliore verde e la caverna (o in qualsiasi luogo si trovassero) s’illuminò. Una lunga asta appuntita di colore oro trapassava il muso della bestia dall’alto verso il basso. Il serpente dimenava a più non posso la grande testa piatta, cercando di levarsela.
Entrò nel loro campo visivo una nuova figura: una persona (non seppero subito dire se uomo o donna), che estrasse una lunga spada e si mise a combattere contro di lui. In pochi minuti, l’aveva annientato.
Una volta che il mostro si fu accasciato a terra, e dopo essersi assicurato che non si muovesse più, il nuovo venuto recuperò l’asta dorata dal suo muso.
Il serpente ebbe un ultimo spasimo e il principe e la principessa strillarono ancora.
Fu allora che lo sconosciuto si voltò.
Era una donna, avvolta in un elegante mantello verde scuro, l’ampio cappuccio alzato e due guanti di velluto nero ornati da gemme preziose sui polsi. I suoi occhi azzurro ghiaccio osservarono con curiosità i due bambini.
“Che ci fanno due scriccioli come voi in un posto come questo?” chiese con voce soave.
Immediatamente, Rilian e Myra provarono un brivido, subito dopo sostituito da un senso di sollievo. La voce della donna aveva un tono pungente, ma sembrava gentile.
Fratello e sorella non si mossero, rimanendo là a fissarla sbalorditi. Non tanto perché si stavano chiedendo che ci facesse una donna così ben vestita chilometri e chilometri sottoterra, ma soprattutto come avesse fatto a sconfiggere quel serpente enorme in così poco tempo e con tanta facilità.
“Piccina, non piangere” disse la donna rivolta a Myra, chinandosi accanto ai bambini, posando da parte l’asta d’oro e la spada.
“Voglio mamma. E papà” singhiozzò la principessa. “Voglio andare a casa!”
“Oh, poveri cari”
La donna abbassò il cappuccio, sorridendo, liberando una cascata di capelli biondi che le scendevano sulle spalle e sulla schiena, toccando quasi terra. Rilian rimase a fissarla a bocca aperta. Donna più bella (eccetto sua madre, ovviamente) non aveva mai veduto.
“Chi sei?” non poté fare a meno di chiedere.
La signora, che stava cercando di alzare il viso di Myra posandole una mano sotto il mento, si voltò verso di lui e fece un altro sorriso, scoprendo denti bianchissimi e perfetti.
“Sono la Regina del Mondodisotto”
“Una regina?” esclamarono ammirati i gemelli.
Myra smise immediatamente di piangere e rialzò la testa, tirando su col naso.
La signora rise. “Non è educato far così, per una damigella”
La bimba arrossì di vergogna.
“Come hai fatto?” chiese Rilian. “Cioè, come avete fatto, a sconfiggere il serpente?” si corresse subito, rivolgendosi a lei come gli era stato insegnato quando si aveva a che fare a persone di alto rango.
La donna sorrideva sempre, ma stavolta non rispose. “Da dove venite, piccini?” chiese invece.
“Da lassù” rispose Myra, indicando il soffitto. “Da Narnia”
“Ah, Narnia. Non ci sono mai stata”
“Mai?!” chiesero in coro i gemelli.
“Purtroppo no. Raggiungere il Mondodisopra è assai difficoltoso”
“Oh no, allora noi come faremo a tornarci!” esclamò Rilian. “Dobbiamo assolutamente risalire! Il nostro papà e la nostra mamma saranno preoccupatissimi per noi!”
“Già!” fece Myra, gli occhi già di nuovo lucidi. “Quell’orrido serpente ha aggredito prima me e mio fratello, e poi i nostri genitori, e anche Destriero! Maestà, per favore, aiutaci a tornare da loro! Vogliamo andare a casa!”
La Regina fece un’espressione mortificata, e anche i suoi occhi s’inumidirono all’improvviso. “Oh, piccina, non sapete come mi dispiace”
Rilian e Myra la guardarono fisso, e così fece lei.
“Il vostro papà e la vostra mamma non ci sono più. Il serpente li ha uccisi”

 
 
 
 
 
 
 
Eccomi  a voi con il nuovo capitolo!!! Piuttosto introspettivo per quanto riguarda Susan e un pò meno per Caspian, ma il prossimo sarà il contrario: ci sarà più spazio per lui e meno per lei. Da adesso in poi dovrò dividerli così, piango!!!!!!!!!!!!!!!!!! *.* Cosa ne dite: mi escono bene le parti introspettive?
Non ce l’ho fatta, ho dovuto far vedere tutti i protagonisti. Ci sono stati tutti, sono contenta!!! :D Bè, mancano Eustace e Jill, a dire il vero. Perdonatemi fans della Justill!
Questa storia diventa sempre più incasinata, non trovate anche voi??? Bene, bene, bene, non vedo l’ora di sentire i vostri commenti, e stavolta avete un bel po’ su cui argomentare.
Ah, non ho riletto, non ho avuto tempo: vi chiedo scusa se trovate molti errori... -.-
 
Passiamo ai ringraziamenti:
Per le preferite:
Aesther, aleboh, Araba Stark, battle wound, english_dancer, Expecto_Patronus, Fly_My world, Francy 98, Fra_STSF, G4693, GregAvril2000, HikariMoon, Jordan Jordan, Joy_10, lucymstuartbarnes, lullabi2000,Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax, SweetSmile, TheWomanInRed e Zouzoufan7
 
Per le ricordate: Araba Stark, Cecimolli, Halfblood_Slytherin, mishy e Zouzoufan7
 
Per le seguite: Araba Stark, bulmettina, catherineheatcliff, Cecimolli, ChibiRoby,cleme_b , ecate_92, FioreDiMeruna, Fly_My world, Fra_STSF, GossipGirl88, Halfblood_Slytherin, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, katydragons, Lucinda Grey, lucymstuartbarnes, Mia Morgenstern, niky25, Omega _ex Bolla_ , piumetta, Queen Susan 21, Revan93, Shadowfax e Zouzoufan7
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, GossipGirl88,  Halfblood_Slytherin, Joy_10, piumetta, Queen_Leslie, Queen Susan 21 e Shadowfax


Angolino delle Anticipazioni:
Penso di riuscire ad inserire tutti i personaggi anche nel prossimo capitolo, quindi:
Sulla Terra, i Pevensie sono prossimi al ritorno a Narnia: riusciranno ad avvertire Eustace e Jill e a partire con loro, o ci sarà un imprevisto?
A Narnia, Caspian sta correndo in groppa a Destriero a salvare Susan: arriverà prima che lei si trasformi? E ce la farà a liberarla dalle grinfie di Rabadash???
IMPORTANTISSIMO: l’avrete certamente capito, ma vi tranquillizzo ancora: tra Sue e il principe non c’è stato nulla!!!!!!!!!!!!
Infine, nel Mondodisotto, vedremo come la Strega Bianca sta circuendo i gemelli, e cosa faranno loro dopo la terribile notizia che hanno ricevuto.

 
2 Annunci: Il primo, per chi non lo sapesse ancora, è che ho iniziato a scrivere una short fic su Narnia dal titolo “A Fragment Of You”, con protagonisti ancora una volta i nostri Suspian (ma che strano….XD) Vi aspetto anche là!!! Anzi, ne approfitto per ringraziare battle_ wound, Joy_10, e Shadowfax che l’hanno già letta e anche recensita!!!
E in più, ho il piacere di annunciarvi che anche Night&Day, come Queen, è entrata nella sezione "Storie più poploari" del fandom di Narnia!!!! Grazie a tutti voi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 
Come sempre, vi ricordo che potete trovare gli aggiornamenti di Night&Day e della nuova storia sul mio gruppo facebook Chronicles of Queen
E anche per questa settimana ci salutiamo! Statemi bene cari lettori, e grazie ancora per l’affetto e il sostegno che mi dimostrate!!! Se non fosse per voi non sarei qui.
Vi adoro tutti!!!!!!!!!!!!!!!
Un bacio enorme,
Susan♥
   
 
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