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Autore: Lady Guineviere di Camelot    20/06/2008    2 recensioni
Anno 1064, Inghilterra. I normanni hanno conquistato l'intera isola, capitanati dal re Guglielmo primo il conquistatore. I sassoni però rivogliono la loro terra ed insorgono battaglie e scontri. Le famiglie nobili sono costrette a ritirasi nella capitale, luogo più protetto. Il re invierà il suo primo cavaliere presso una famiglia molto importante per scortare la duchessa Isabeau D'Arcy sino a Londra sana e salva. Il rapporto tra i due non sembra dei migliori, ma durante il viaggio l'amore trionferà senza però tralasciare colpi di scena, avventura e azione!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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In nome del Re

 

E

Capitolo

1

Inghilterra, 1068

 

<<P Partirai con Lord Devereux, tra due settimane, assieme ad una scorta armata che ti condurrà sana e salva a Londra. Là ci sarà anche tua madre, e se le nostre truppe riusciranno ad intimorire i sassoni, vi raggiungerò entro breve >>.

Le parole di mio padre, mi fischiavano nella mente, come il ritornello di una canzone, senza capirne il significato. Davanti a me, vedevo il nulla, ma molto probabilmente, ci doveva essere mio padre, con la faccia di chi aspetta una risposta.

Sfortunatamente, dentro di me, non ne avevo alcuna. Il mio cervello, si era bloccato sul quel nome pronunciato dalla bocca di mio padre: Devereux.

Un brivido di terrore e ripugnanza mi attraversò da capo a piedi;

Come poter dimenticare, il primo cavaliere del re, che dopo avermi salvato da due aggressori, mi ha letteralmente sbattuto a terra, e senza guardarmi in faccia, se n’è andato via, lasciandomi sola in mezzo ad una piazza?

Se sarà lui ad accompagnarmi sino a Londra, al primo dirupo, mi ci farà cadere dentro. Non è quello che si può definire "cavaliere" dall’animo buono e dall’armatura splendente.

Io lo vedovo più come un barbaro ombroso e scorbutico, dai modi rudi e assolutamente intrattabile.

E pensare, che tutte le dame di corte stravedevano per lui: lo definivano "virile".

Bhè… questo non potevo negarlo. Era molto alto, con ampie spalle e un petto muscoloso. La pelle leggermente abbronzata, ed il viso incorniciato da capelli neri e completato da due profondi occhi verdi.

Questo però non bastava, per definirlo "accettabile". Forse, se si limitasse a stare fermo e con la bocca chiusa…

<< Isabeau… mi hai ascoltato? >>.

Sentivo in lontananza, la voce burbera di mio padre, e lentamente i pensieri che affollavano la mia mente, si dissiparono, riportandomi alla realtà: l’enorme sala da pranzo, col camino accesso che scoppietta allegramente, e mio padre di fronte a me, che mi scruta preoccupato.

<< Perdonami padre… stavo riflettendo su un dettaglio riguardo alla mia scorta >>. Cercai di buttare sul vago, sperando di riuscire ad aggirare le barriere di mio padre.

<< Dettaglio? E potrei sapere quale sarebbe? >>.

<< Bhè… mi stavo domandando come mai, sua maestà il Re, abbia voluto assegnarmi il suo… >>, m’interrupi a metà frase, non riuscendo a trovare un aggettivo abbastanza adatto, a quella specie d’orco. So bene, quanto mio padre adori quell’uomo, perciò devo stare bene attenta alle parole che uso, per riuscire ad ottenere ciò che voglio.

<< … il suo… valoroso cavaliere. Non dovrebbe essere in mezzo alla battaglia con lo spadone sguainato, a tagliare gole? >>.

<<Ma cheriè, sai bene quanto il Re, tenga alla nostra famiglia. E quando ho espresso il desiderio di portarti al sicuro a Londra, mi ha subito offerto il meglio per la tua protezione. Inoltre, sembra che ti abbia trovato un importante pretendente… >>.

Pretendente? Speravo di aver udito male. Erano quasi sei mesi, che finalmente, ero riuscita a togliermi dai piedi quei boriosi ometti, ed in particolar modo, quel damerino albino che non faceva altro che darmi il tormento. E ora, mi ritrovavo da capo, se non peggio, dato che dubitavo, che mio padre, mi facesse negare un volere del re.

Con un po’ di coraggio, osai chiedere: << Chi sarebbe questo…pretendente? >>.

<< Tranquilla… niente a che fare con quel désagréable di Victor. Questa volta si tratta di una persona d’alto rango, in altre parole del cugino del Re >>.

Questa volta si, che sono nel letame… e ora che faccio? Ovviamente, avevo le solite due possibilità: uno, mi sposo con questo neuf sigisbée. Due, mi cerco un altro sigisbée e me lo sposo.

Ok… c’è una terza alternativa?

 

Ancora mezza giornata a cavallo, e finalmente raggiungeremo il castello di Ingelwald. Io e i mie uomini siamo in viaggio da più di una settimana, e non vediamo l’ora di poter mangiare qualche boccino di selvaggina, della buona birra, e riposare su un comodo giaciglio, che non sia un tronco o un prato umidiccio.

Mentre, faccio rallentare il cavallo, mettendolo al trotto, osservo dall’altura su cui ci troviamo il panorama sottostante: un immensa distesa verde, che si estende sconfinata oltre le colline a nord.

Tutto sommato, l’Inghilterra non è poi così male. È molto vasta, si trova in un punto strategico e ha possedimenti un po’ ovunque. L’unica cosa è il clima, che non sembra essere molto solare, ma anzi, lo definirei "umidiccio".

Basta una sola goccia di umidità inglese, per farti sentire appiccicoso e bagnaticcio per un’intera giornata.

<< Thomas! >>. Mi giro sentendo qualcuno che mi chiama, e vedo Percival, che in fondo alla fila, si dirige al galoppo verso di me.

<< Percival… che succede? >>.

<< Niente, avevo solo voglia di venire qua, e darti un po’ il tormento. Questo posto mi annoia… >>.

<< Allora ti consiglio, di cominciare a fartelo piacere, perché sarà l’unico che vedrai nuovamente tra due settimane >>.

<< Non vorrai veramente scortare quella mademoiselle, sino a Londra? Abbiamo altro da fare… come per esempio difendere quest’enorme possedimento dalle mani dei sassoni >>.

<< Il Re, ci ha ordinato di scortare una certa… non so chi, a Londra. Noi lo faremo, e tu, verrai con me >>.

<< Sapevo che lo avresti detto… >>.

Il malcontento di Percival, non faceva altro che aumentare il mio. Credeva che facessi i salti di gioia per questa "missione"? Se così si poteva definire…

L’idea di fare da balia, ad una donnetta capricciosa, non era quello che esattamente avevo in mente. Fortunatamente, avevo preso con me Lionel, almeno lui ci sapeva fare con le donne, io invece, credo proprio che perderò la pazienza al primo lamento.

Sono comunque certo, che dopo una o due delle mie sgridate, le petite fleur non darà più problemi, durante il lungo viaggio che ci aspetta.

Senza rendermene conto, era già arrivato il crepuscolo, ed in lontananza si stagliava la sagoma della fortezza, che si erge su un’altura verde. Finalmente, siamo arrivati.

Euforico, sprono il cavallo, partendo ad un galoppo sfrenato, mentre dietro di me, i miei uomini m’imitano, seguendomi.

Sapevo di non poter tenere quell’andatura per molto, ma quei cinque minuti di libertà, mi sarebbero serviti per sopportare al meglio quel compito ingrato che mi aspettava, non appena avessi varcato le soglie del castello.

In ogni modo, sapevo anche di poter rivedere un mio caro amico: il duca di Lodegrance, lord Beauregard D’Arcy.

<< Mio caro Thomas, felice che tu sia giunto sino a qui integro. Avete incontrato qualche banda di ribelli? Ho saputo che ce ne sono in giro parecchie, da quando quel tizio è riuscito a far evadere di prigione tutti quei traîtres>>.

<< No, è stato un viaggio abbastanza tranquillo. Solo due o tre incursioni, avvenute nei pressi di Nottingham. Posizione molto strategica essendo ricca di boschi. Però sono convinto che lungo il percorso ci siano state altre bande, ma davanti ad un numero così esiguo di cavaliere ben armati, non hanno avuto il coraggio di attaccare >>.

<< Si, penso anch’io mon ami. Dunque… devi essere piuttosto stanco e anche i tuoi uomini. Ho assegnato ad ognuno di voi una stanza, quando vorrai ritirarti t’indicherò la tua >>.

L’offerta era piuttosto allettante, dopo un giorno pesante di cavallo, ma prima di ritirami avevo bisogno di più informazioni riguardo alla pulzella, che avrei dovuto scortare.

<< Perdonatemi Beauregard, ma vorrei sapere delle jeune dame di cui dovrei occuparmi a breve >>.

<< Ah, sì. Si tratta di mia figlia Thomas, Isabeau. Non dovrebbe darvi problemi, ma ha un caratterino piuttosto vivace. Con un po’ di polso e mano ferma, gli farete capire chi comanda >>.

<<Une pouliche vivante… besoin savoir mettre la selle>>. (una puledra vivace... bisogna saperle mettere la sella)

<<Magnifique Thomas, vous ètè l’apprivoisé que ce voux>>. (magnifico thomas, vosi siete l'addestatore che ci vuole)

 

Mi ero appena svegliata quando, scendendo la lunga scalinata, trovai nella sala grande, il lungo tavolo occupato da aitanti cavalieri, che ridevano, tracannavano birra dai boccali e si davano pacche sulle spalle.

Lentamente scesi gli ultimi due scalini, e quando fui bene in vista al centro della sala, improvvisamente, tutto quel vociare violento cessò, ritrovandomi diverse paia d’occhi, puntati addosso.

Non sapevo esattamente cosa fare, ma anche se ne avessi avuto una minima idea, dubito che sarei riuscita a fare qualcosa: ero come pietrificata.

<< Isabeau… ma fille, vieni avanti e fai compagnia ai nostri nuovi ospiti >>.

La voce di mio padre, mi permise di riprendermi, e lentamente, riuscii a raggiungere il mio posto a tavola, alla sua destra.

Alla sua sinistra invece, c’era quel borioso di lord Devereux, che mio padre non tardò a presentarmi.

<<Ma cheriè, ti presento il Barone Thomas Devereux. Colui che ti scorterà sino a Londra, e questi altri ragazzi lo accompagneranno. Sono certo che lo troverai piuttosto piacevole >>.

Certo… come un’ortica sulla lingua! Non si era nemmeno voltato quando sono entrata, e nemmeno ora che mio padre lo sta presentando.

Dopo aver ingoiato un altro sorso d’idromele, vedo che lentamente volge il volto verso mio padre, ignorandomi ancora una volta.

<< Non esagerare Beauregard! Non sono esattamente quello che si può definire un buon intrattenitore >>.

Come potergli dare torto. A quella battuta, un uomo in fondo al tavolo si alza in piedi, e urla: << Ma come Tom? E le madames rencontre dans la vie... mi pare tu le abbia intrattenute bene! >>.

Ecco, ci mancava pure questo. Oltre che ad essere un’insopportabile villano, è anche un puttaniere. Userà le mie vesti, da donare alle "sue signore", che gli hanno donato notti di fuoco.

Risate su risate si espandono per tutta stanza, seguite poi da altre battutine volgari, rivolte al qui presente "stallone da monta".

<< Ah, ah, ah! Thomas… da te, mi aspettavo di peggio! >>, riesce a dire mio padre tra le risa, mentre gli da una pacca sulla spalla.

<< Se alludete che io abbia intrattenuto solo dames de la nuit, vi sbagliate di grosso >>.

Dicendo questo, per la prima volta, mi guardò con quei suoi incantatori occhi verdi, facendomi l’occhiolino.

Credeva davvero di potermi raggiare così?

<<Monsieur, je me demandais comme votre ego, il pu passer de la porte>>. (signore, mi domandavo come il vostro ego potesse passare dalla porta)

<<Mademoiselle, vous faites attention à ce que vous dites. De ce qui m'ont dit, vous avez la langue longue... il pourrait vous mettre dans les ennuis!>>. (signorina, fate attenzione a quello che dite. da quello che mi dicono, voi avete la lingua lunga... potrebbe mettervi nei guai!)

<<  Oh... pauvre cavalier! Il mettrait dans les ennuis peut-être, vous. Ops, mais que je dis: est-ce que vous êtes Thomas l'Invicibile, de qu'ennuis vous auriez peur vous? >>. (oh... povero cavaliere. metterà nei guai voi probabilmente. ops, ma che cosa dico: voi siete Thomas l'Invincibile, di quali guai avete paura?)

<<Attente à ce que vous dites femme! J'ai peu de patience, et... votre beau visine ne m'empêchera pas de vous tirer sur les jupes et vous donner une belle tape, sur votre derrière sculettante!>>. (attenta a quello che dite donna! ho poca pazienza e... il vostro bel faccino non m'impedirà di tirarvi su le gonne e darvi una bella pacca sul vostro sedere sculettante!)

<< Alors... je vous attendrai avec anxiété, mon monsieur!>>. (allora... vi attenderò con ansia mio signore)

E detto questo mi alzai di colpo dalla sedia, sbattendo rumorosamente sul tavolo il mio calice. Chi si credeva di essere, per poter parlarmi a quel modo?

 

Ma chi si crede di essere, quella femmina, per poter parlami in quel modo? Due giorni con me, e imparerà a stare al suo posto. Non tollero che mi si manchi di rispetto, e lei ha superato ogni limite.

Non ho mai visto una donna così focosa… è davvero la puliche vivante di cui si parlava.

<< Ha un bel caratterino, non vi pare Thomas? >>, mi domandò Lionel, che era seduto a poca distanza da me. Ci mancavano solo le sue sfrecciatine.

<< Non sono dell’umore adatto per comprendere la vostra fredda logica sir Lionel… >>.

<< Oh, non è fredda logica… ma rammentate almeno questo: ils prennent plus mouches avec le miel qui avec le vinaigre! >>.

<< State insinuando che sarei stato io a comportarmi male? >>.

<< Tirare su le jupes ad una mademoiselle, non mi sembra un bell’inizio! >>.

<< Ne ho abbastanza. Vado a farmi un giro… >>.

Ci mancava solo la predica da Lionel. Lui non sa cosa voglia dire per me, essere nei miei panni;

Sono il primo cavaliere del re, ho dei doveri verso la corona e Dio. Ho prestato un giuramento, e nulla, nemmeno due occhioni viola, mi allontaneranno dalla mia missione.

Quegli splendidi occhi viola, gli ho già visti da qualche parte… ma dove?

Ora rammento: due anni fa, a Londra. Dopo un torneo da cui uscii vincitore, mi ero incamminato verso una locanda per festeggiare, e da un viottolo provenivano delle urla. Mi avvicinai sguainando la spada, e vidi due uomini cercare di violentare la vivace Isabeau… gli teneva pure testa. Io intervenni e loro scapparono a gambe levate come due conigli. Issai la ragazza sul cavallo e galoppai verso la piazza. Durante quel breve tragitto un’intensa fragranza di rosa, mi avvolse intorpidendomi i sensi. Sconvolto dall’effetto che poteva farmi, quest’innocua mademoiselle, la feci scendere un po’ bruscamente, e senza dirle una parole me ne andai.

Chissà se anche lei, rammenta ancora quel nostro fugace incontro? Io non pensavo di ricordarmelo così nitidamente;

Posso dire con certezza, che quel giorno portava un vestito in broccato lilla, che la fasciava come una seconda pelle. Sui capelli mogano, annodati in una treccia lunga sino ai fianchi, portava una coroncina di filigrana molto semplice…

Accidenti, mi sto rammollendo come un enunco! Guarda, mi sembro uno stupido innamorato, colpito dalla freccia di Cupido, che rincretinito per bene, passa le sue giornate a pensare alla donna amata e a sospirare.

Non posso diventare così, perché io non ho tempo per l’amore. Io devo pensare a come eseguire gli ordini del mio Re, a come difendere gli innocenti, e far rispettare la legge, tutto in nome del Re.

Quando verrà il mio momento, di metter su famiglia, sarà il mio Re, a trovarmi la giusta ragazza che si confà al mio stile di vita.

Volsi un’ultima volta lo sguardo al panorama, perdendomi nell’immensità di quel verde, e cercando di spaziare oltre l’orizzonte.

Improvvisamente un raggio di sole, mi inondò il viso di calore, suggerendomi che oggi era una bella giornata per allenarsi con la spada, o magari tirare un po’ con l’arco.

<<Mon petite choux… non siate così imbronciata. Dopotutto quell’uomo non ha fatto altro che tenervi testa. E sia lodato il Signore, se esiste qualcuno che riesca farlo! >>. (mia picollina)

<<Nourrice-moi! Non posso credere che prenda le parti di quel galletto impettito! >>. (nutrice mia)

Non potevo credere che la mia fedele balia e nutrice, sia stata colpita dal fascino di quel borioso. Non lei…

<< Ascoltatemi, ma cherè, se lo farete arrabbiare come è successo stamani, il vostro viaggio verso Londra sarà molto disagevole. Cercate di farvelo amico, è addirittura molto bello >>.

<< Credete sul serio che mi faccia accompagnare da lui? Ho ricevuto poco fa una lettera da mio fratello, che m’informa che giungerà qua tra breve. Intendo chiedere a lui di scortarmi sino a Londra >>.

<< Vostro padre, non approverà… >>.

<< Staremo a vedere… E ora, desidero andare a scaricare un po’ la tensione: prendo Majestic per fare una passeggiata. Ci vediamo questa sera >>.

Sollevandomi le gonne rosse, uscii di fretta dalla stanza, per raggiungere al più presto le stalle.

Non intendevo stare in casa un minuto di più, perché se avessi incontrato quel Devereux, non mi sarei trattenuta da schiaffeggiarlo davanti a tutti, qualsiasi siano state le conseguenze da pagare.

Entrai di gran carriera nella stalla, e imboccando la seconda corsia, sulla strada incrociai Leroy, lo stalliere.

<< Madamina, desiderate che vi selli il vostro cavallo? >>.

<< No, grazie Leroy. Farò da sola… >>.

Dovevo tenere la mente occupata, e cercare di non pensare a come sarebbe bello poter spezzare il collo a quel bell’imbusto.

<< Majestic! >>, grido dalla selleria, sentendo con gioia, un nitrito per risposta.

Avendo tutto quello che mi occorre, mi avvicino al box del mio stallone bianco, dandogli un bacio sul naso rosa, che lui accoglie con piacere.

Neanche dopo dieci minuti, eravamo sistemati e pronti per una sana ed estenuante galoppata. Non vedevo l’ora… avevo i nervi a fior di pelle, e questo era proprio quello che mi ci voleva.

Infilato il piede destro nella staffa, diedi un leggero colpo ai fianchi del mio cavallo, ma lui intuì subito, nonostante il mio comando fosse stato debole, e dopo un’impennata si lanciò ad un galoppo sfrenato verso il campo.

Come diceva sempre mio padre, la fatica aiuta a non far pensare. E come sempre, mi stava davvero aiutando.

Davanti a me, c’era Lionel, sudato, esausto e sporco di terra, lo spadone a due mani pronto a sferrare un altro colpo.

Anche io dovevo essere nelle sue stesse condizioni, se non peggio. Erano già più di quattro ore, che combattevo: prima Gareth, Gawain poi Percival.

Tutti avevano dato forfait, dopo un’ora di battaglia con me, ma io dovevo ancora scaricarmi del tutto.

Prima del tramonto dovevo essere esausto, tanto da non reggermi più sulle gambe, ma purtroppo ce ne sarebbe voluta… nessuno dei miei amici era abile quanto me nella spada, tanto che durante alcuni incontri, gli lasciavo avanzare, nonostante avessi potuto abbatterli in qualsiasi momento.

Assorto com’ero nei miei pensieri, per poco non mi accorsi del attacco al mio fianco destro, di Lionel, che io parai per un soffio.

Scuotei la testa, cercando di capire che diamine mi stava succedendo.

<< Che succede Tom? La stanchezza non è… posso osare dire, che la flèche du Cupid ti ha stregato? >>.

Notando il suo lato destro scoperto, decisi di sferrargli un attacco frontale, poi con un giravolta, avrei potuto facilmente toccare la parte priva di difesa.

Ovviamente la mia tattica funzionò, ma diedi la possibilità a Lionel di contrattaccare.

<< Che c’è? Toccato un tasto dolente? >>.

<< Perché, ti ostini così tanto a darmi il tormento con quella mademoiselle? Ho già espresso molto chiaramente, il mio disappunto nei suoi riguardi >>.

<< Già, ma il tuo disappunto potrebbe mutare, non trovi? >>, mi disse, attaccandomi per cercare di farmi arretrare.

Due giravolte, e qualche fendente in alto ben assestato, lo fecero cadere per terra, ed io dall’alto gli puntai la spada alla gola.

<< D’accordo, devo ammettere che è molto gradevole, ma questo non cambia le cose. Se ti piace così tanto, perché non la corteggi. Sono più che sicuro, che gradirà molto la tua verve>>.

<< Oh no amico mio! Sono sicuro che gradirebbe più te che me >>.

<< Anche se così fosse, non ho nessunissima intenzione di avere qualcosa a che fare con Mademoiselle D’Arcy. Né con nessun altra… >>.

Levandogli la spada dal collo, gli offrii la mano per alzarsi. Lo guardai per un attimo in volto, leggendo il suo disappunto alla mia decisione.

<< Per quanto ancora, hai intenzione di andare avanti così? Per quanto continuerai a mettere il tuo dovere prima della tua vita? >>.

<< Fino a quando, Lionel, mi resterà fiato in corpo >>.

Da lontano mi giunse alle orecchie, un rumore di zoccoli. Comincia a guardarmi attorno, ma non vidi nessun cavallo.

La cosa in ogni modo, cominciò a preoccuparmi: come mi avevano detto tempo fa, alcune truppe sassoni, avevano intenzione di riconquistare tutte le fortezze occupate dai normanni.

Se in questo caso, si fosse trattato di loro, la situazione era a loro vantaggio, in quanto nessuno era pronto per un assalto.

<< Thomas guarda… >>.

Mi voltai nella direzione suggerita da Lionel, e quello che vidi, era paragonabile ad una visione: un bellissimo destriero bianco, galoppava con slancio in mezzo al verde, e sopra Isabeau, sorrideva spensierata. I lunghi capelli, del colore dei pini, fluttuavano liberi, colorandosi di riflessi ramati. La pelle del viso, era rosa come la più delicata delle porcellane…

Ma che andavo a pensare? Devono essere tutte quelle ore di allenamento, ma ora, ci penso io.

<< Vediamo se la nostra pucelle, sa schivare le frecce, tanto quanto sa ferire con la lingua >>.

Avevo intenzione di farle prendere un bello spavento: lei e il suo cavallo si stavano dirigendo esattamente verso di noi.

Sarà molto facile scoccare una freccia nella sua direzione.

Mentre mi accingevo, a raccogliere da terra l’arco ed una freccia, vidi con la coda dell’occhio il volto angustiato di Lionel;

Credeva la volessi colpire veramente, ma in realtà avevo solo intenzione di far passare la freccia, vicino a lei.

Mi dispiaceva, per quell’innocente mademoiselle, ma non sapeva ancora con chi aveva a che fare.

Cominciai a tendere l’arco, mentre la ragazza si avvicinava sempre più, verso di noi. Presi la mira, e… scoccai la freccia.

 

Galoppavo spensierata, mentre il tiepido e timido sole di febbraio mi accarezzava il capo. Il venticello, giocava con i miei capelli e la criniera del cavallo.

Finalmente ero spensierata, felice… chiusi gli occhi per un momento, lasciandomi trasportare dal dolce cullare del galoppo.

Riaprii gli occhi, ed improvvisamente, vidi una freccia puntare dritta nella mia direzione. Istintivamente, mi piegai di lato, mentre indicavo al cavallo di andare verso destra, mentre la freccia, che non mi aveva colpito, andava a conficcarsi in un albero alle mie spalle.

Frenai il cavallo, e col cuore in gola, guardai in giro, e quello che vidi, fu il preludio di un’enorme tempesta.

Lord Devereux, con in mano un arco, lo stesso che sicuramente aveva scagliato la freccia, mi guardava con quell’aria di chi la sapeva lunga.

Comincia ad avvicinarmi a lui molto tranquillamente, e mentre procedevo al passo, con spavalderia, pensavo che poverino, non sapeva ancora con chi aveva a che fare.

<<Mademoiselle, dovreste prestare più attenzione, quando lasciate le mura del castello. Se fosse stata la freccia del nemico, avrebbe deturpato il vostro beau visage>>.

<< Mon monsieur, si votre protection est égal à votre objectif, je préfère mourir d'une flèche ennemie, plutôt qu'être protégée par un comme vous!>>. (signore, se la vostra protezione è uguale alla vostra mira, allora preferisco morire di una freccia nemica, piuttosto che essere protetta da uno come voi!)

<<Mademoiselle, così mi offendete. E poi, vi prego, non vorrete continuare a parlarmi in francese? Penso che dovremmo diventare più… intimi >>.

<< Come desiderate monsieur: andate al diavolo, voi e le vostre maledette frecce! >>.

<< Madame, vi prego non parlate a quel modo. Non vi si confà… >>.

Questa è la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. Quel suo sorriso così innocente, eppure così provocatorio, aveva la capacità di farmi ribollire il sangue nelle vene.

Fermai il cavallo, e con ostentata lentezza, mi diressi versi di lui, fino a, quando non gli arrivai esattamente davanti. Solo cinque centimetri d’aria ci dividevano.

Era piuttosto alto, tanto che io gli arrivavo a malapena alle spalle, ma questo non m’intimorì e, con studiata calma dissi:

<<Maintenant je vous dis j'une chose qu'il y va: s'il arrête non entièrement je jure que je y fais châtrer comme un cochon à l'abattoir!>>. (ora vi dico una cosa che vi confa: se non la smettete immeditamente, giuro che vi castro come un maiale al macello)

Un’immensa felicità provai, quando vidi sul suo volto, disegnarsi un’espressione indecifrabile. Evidentemente non era abituato, che una donna gli tenesse testa… aveva ancora molto da imparare.

   
 
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