[28. Figli]
C’è la sfumatura di Ali nei loro occhi.
E la piega sardonica di Neilos sulla loro
bocca; e la linea irriverente del naso di sua madre e la lingua caustica di suo
nonno.
Ma c’è anche la stanca disillusione dei
gesti e il sorriso di chi non si aspetta nulla.
Siseos sente nello stomaco la paura di una
vecchia delusione. Perché anche i suoi figli hanno occhi di mare e risate
impertinenti; e non sono i figli di Ali.
“Ci credi?” gli domanda Grigoria, in mano
due bicchieri di vino per uomini che vorrebbero reinsegnargli due bambini.
“Non lo so.”
Euripide
imperat in questa drabble.
Quando
Saga e Kanon mi hanno raccontato questa loro piccola sofferta semiagnizione, io
non ho potuto esimermi dal ricordare l’Elettra
di teatrale memoria e scontrarmi e trovarmi d’accordo con la perplessità, che
comunque non è rifiuto, che Siseos presenta loro.
Perché
Siseos i suoi “nipotini” non li vede da più di vent’anni e in Grecia di uomini
con lo stesso naso e occhi chiari ce ne sono finchè si vuole. Vorrebbe
crederci, certo.
Ma li
ha cercati troppo, quei nipoti perduti, e ha sofferto troppo la loro scomparsa
per credere ai primi due che gli si presentino in quella veste.
Ma
almeno non li ha messi alla porta. È già qualcosa no?
Mi
scuso per la rapidità connaturata a questo aggiornamento, ma sono un po’
(tanto) ingarbugliata con il lavoro e problemucci vari.
Appena
avrà un po’ di calma, risponderò ai commenti ancora lasciati insoluti e alle
e-mail momentaneamente congelate. Chiedo venia!