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Autore: LordDevis    21/02/2014    0 recensioni
In un mondo dove bisogna uccidere per non essere uccisi, Vargo è un uomo che più di ogni altra cosa vuole sopravvivere. Maestro delle arti illusorie, di inganni e di menzogne, si ritroverà nel mezzo di una guerra che sembrava essere terminata da secoli, ma che invece sta per abbattersi con tutta la sua violenza nel mondo conosciuto. Vargo Rayne, il Lord dei Fantasmi, dovrà mettere da parte il suo egoismo e la sua meschinità per diventare il campione di tutti i reami.
"Questa è la storia di come un semplice avventuriero divenne lord.
Questa è la storia di come un uomo senza cuore si innamorò.
Questa è la storia di come un mortale divenne immortale.
Questa è la storia di Vargo Rayne."
Tratto dal Canto dei Fantasmi.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Erano passati alcuni giorni da quando Vargo aveva lasciato Eruthiel e più si allontanava, più riusciva a fare chiarezza nel suo cuore. Indubbiamente i sentimenti che provava per lei erano sinceri, profondi e forti, molto forti, ma quell'affetto era diverso da quello che si aveva per una moglie, per una sorella o per una madre. Era qualcosa di più complesso, ma al contempo più forte. Inizialmente credette di amarla, ma si rese conto ben presto che la vicinanza con la ninfa, la vista del suo corpo, il suono della sua voce, gli facevano provare una tempesta di emozioni che lo sconvolgevano. Ma non gli fu difficile capire di cosa si trattasse.
Vargo la venerava. Se mai gli avessero chiesto verso chi andassero i suoi pensieri nelle ore buie, verso chi andassero le sue preghiere, lui avrebbe risposto con il nome di Eruthiel. Lei stessa gli aveva detto di non essere una dea, ma per Vargo non poteva essere nient'altro. Tutto ciò lo lasciava senza parole. La aveva appena conosciuta, non sapeva assolutamente nulla di lei, eppure era convinto dei suoi sentimenti. C'era qualcosa, un incantesimo, una maledizione, o forse una benedizione, che gli sussurrava che tutto quello era reale.
In questi giorni di cammino aveva riflettuto molto sulle parole della sua ninfa. Gli aveva detto che doveva proseguire il viaggio verso la meta che gli indicava il pendente. Ma perché? Che cosa avrebbe trovato lì? Eruthiel era stata molto, troppo vaga su questo. All'inizio Vargo non voleva allontanarsi da lei per paura che le Divoratrici potessero tornare, ma la ninfa gli aveva spiegato che, grazie al loro sacro Patto, in qualsiasi momento lei fosse stata minacciata, lui sarebbe stato teletrasportato da lei, nel suo lago, per mantenere fede al giuramento.
Così, con molte domande e nessuna risposta, Vargo il Guardiano, stregone esperto nelle arti illusorie, abile menzognero, traditore senza scrupoli e assassino di compagni, continuò il suo viaggio verso una meta che non conosceva.
Aveva ancora, dopo diversi giorni, il sapore del sangue di Eruthiel in bocca. Capiva perché esistessero creature che cercavano disperatamente il sangue fatato. Era una bevanda più sublime di qualsiasi altra Vargo avesse mai assaggiato. Cercò di scacciare quel pensiero che lo faceva sentire come le maledette Divoratrici.
Continuando a seguire il suo istinto, entrò sempre di più nel profondo della foresta. Ora gli era più difficile capire quando moriva il sole e quando invece nasceva. Tutto era scuro intorno a sé, non c'era traccia dei piccoli insetti luminosi, dei soavi canti degli uccellini, del meraviglioso volo delle farfalle o della presenza degli imponenti ma gentili alberi, che sembravano aver piantato le radici in modo tale da agevolare il suo cammino. Aveva abbandonato giorni prima il cibo rovinato, ma, inspiegabilmente, da quando aveva lasciato Eruthiel non aveva mai sentito i morsi della fame o della sete. Si era sentito per tutto questo tempo sazio e dissetato, seppur non avesse mai mangiato o bevuto. Era assurdo, ma Vargo credeva che il sangue della ninfa lo stesse mantenendo vivo. Chissà quanto sarebbe durato questo effetto, forse per sempre, o forse solo pochi giorni.
Sfruttando tutto il suo arsenale di incantesimi, riuscì a tenere il più nascosta possibile la sua presenza. Ora la foresta stava mutando, per cui non si sarebbe dovuto fidare neanche di lei stessa. Dopo una decina di giorni che andava avanti così, tornò a sentire la fame e la sete. Trovò diversi tipi di frutti durante il cammino, ma Eruthiel lo aveva avvertito che per i mortali come lui erano velenosi. Frutti corrotti dalla tenebrosa essenza della foresta, ma per fortuna la sua signora gli aveva fatto un ulteriore dono. Vargo era solito utilizzare anche dei veleni, in circostanze particolari, e ne possedeva ancora qualche ampolla. Non era il modo più onorevole per combattere, ma non se ne era mai vergognato. In fondo faceva tutto parte delle regole della sopravvivenza. La sua signora si era accorta di quelle boccette e gliene aveva chiesta una. Per la prima volta Vargo si era vergognato di possederle. La ninfa l'aveva accettata e ne aveva svuotato il contenuto velenoso nel lago, sotto lo sguardo imbarazzato del suo Guardiano, che temeva sempre di deluderla, e l'aveva riempita poi con l'acqua pura e purificatrice dove lei si bagnava. Infatti il liquido verde del veleno era stato immediatamente neutralizzato dall'acqua. Gli aveva detto che avrebbe purificato qualsiasi cibo o bevanda.
Così immerse dentro l'ampolla tutte le bacche e i piccoli frutti che trovava, riuscendo a nutrirsi, seppur non completamente. Riguardo la sete, la placò con l'acqua sporca e maledetta dei ruscelli in cui si imbatteva, purificandola versando una goccia del liquido donatogli da Eruthiel nella borraccia che la conteneva. Di tanto in tanto, nascosto magicamente, riuscì ad avvicinarsi a degli strani animali, simili ai cervi che lui conosceva, e ad ucciderli. Anche la loro carne era corrotta, così Vargo la purificò utilizzando la sacra acqua della sua signora.
Nel cuore sentiva che giorno dopo giorno si stava avvicinando a casa sua, il che era impossibile, dato che lui proveniva dal lontano nord, dal regno chiamato Annwynn, la patria dei valorosi paladini al servizio del dio Kiarador. Ma sapeva perfettamente che si trattava del pendente, così assecondò quelle sensazioni e continuò a dirigersi verso l'ignota meta. Aveva deciso di dormire sugli alberi, proteggendo la sua posizione con degli incantesimi illusori, e, siccome non era mai stato aggredito e non si era ancora imbattuto in mostri o clan barbari, pensava che facessero effetto. Piano piano notò che la foresta stava diventando sempre più lugubre e, cosa che lo preoccupò non poco, avvertì ogni tanto la presenza di qualcuno. Come se non bastasse, una perenne nebbia verde sovrastava lui e tutto ciò che c'era intorno. Alcuni alberi, però, erano abbastanza alti da perdere la loro cima in quella strana nube. Vargo aveva pensato di arrampicarvisi, ma temeva il contatto con la nebbia.
Passò qualche altro giorno, o almeno così gli sembrò, quando, appena sveglio e mentre si accingeva a fare colazione, udì dei chiari rumori di rami spezzati, proprio di fronte a lui. Alzò lo sguardo, estraendo lentamente la spada, e si preparò all'imminente agguato di qualche creatura. Ma non sentì più nulla. Il cuore gli martellava nel petto come un fabbro faceva con del metallo grezzo. Chiunque fosse, stava scrutando Vargo, forse attendendo il momento giusto per colpirlo. Ma il Guardiano non avrebbe mai permesso di essere colto alla sprovvista.
Un sibilo e poi qualcosa si incagliò per terra, tra le gambe dello stregone. Vargo abbassò istantaneamente la testa e vide una freccia. La cosa che lo stupì maggiormente era che il dardo doveva essere stato tirato da dietro le sue spalle.
Una voce maschile interruppe la linea dei suoi pensieri. Una parola in una lingua sconosciuta, con l'intonazione che si dava ad una domanda, proveniva da dietro di lui. Vargo lentamente si voltò, consapevole di essere sotto il tiro di quel misterioso uomo.
La prima cosa che notò della figura che lo minacciava tendendo un arco e puntando verso di lui, fu la sua altezza: Vargo lo sovrastava di tutta la testa. In seguito notò che la sua arma era magnifica, costruita con un legno che lo stregone non riusciva ad identificare e adornata da splendide pitture argentate che ricordavano molto una ragnatela. Purtroppo solo l'arco era visibile, mentre chi lo brandiva si confondeva tra le ombre degli alberi che lo fiancheggiavano.
Vargo si abbassò molto lentamente, mostrando la mano sinistra vuota e, con la destra, appoggiando la spada lunga sul terreno.
“Non conosco il tuo parlato.” disse il Guardiano, con voce decisa e chiara.
“Tu non abiti questi luoghi. Da dove vieni?” chiese quell'uomo, con un accento strano, come se non conoscesse perfettamente la lingua comune.
“Il regno di Annwynn mi ha dato i natali, ma non le sue ideologie.”
Ci fu silenzio da parte dello sconosciuto, come se stesse ragionando su cosa fare. Se ucciderlo o no. Vargo sperava che non fosse così.
L'Annwynn era rinomato per i suoi Paladini, i campioni del bene e della giustizia. Si, quella di Kiarador, il grande e unico dio, la sola verità, e tutte le solite chiacchiere che facevano i suoi servitori. Vargo li considerava solo un popolo di invasati e fanatici, non aveva nulla a che spartire con loro, tranne il luogo di nascita. Aveva preferito sottolineare la sua avversione per il credo del suo popolo per non allarmare l'uomo.
Lo sconosciuto fece un passo avanti, uscendo dall'ombra e mostrando il suo volto. Il Guardiano era veramente stupito, non si sarebbe mai aspettato di trovarsi di fronte un elfo oscuro. Sapeva che c'erano, più a sud, diversi regni abitati dalla loro razza, e in fondo nessuno sapeva molto della foresta di Brasval, quindi non c'era nulla di strano nel fatto che un elfo oscuro abitasse lì.
Ora che era possibile vedergli il viso, Vargo constatò che si trattava di un giovane di bell'aspetto, con la caratteristica pelle verde, i capelli neri e le orecchie a punta. All'apparenza doveva avere sui diciotto anni, ma lo stregone sapeva che gli elfi, e anche i loro cugini oscuri, potevano arrivare a vivere pure diversi secoli, per cui quel ragazzo avrà vissuto si e no ottanta o novanta inverni. Aveva l'espressione sbalordita, come se quello che diceva Vargo fosse incredibile. Qualcosa che poteva tornargli utile.
“Non conosco il regno di cui parli. Dove si trova?” chiese l'elfo oscuro.
Lo stregone, conscio di avere un certo vantaggio su di lui, sorrise.
“Io sono Vargo e l'Annwynn si trova nell'estremo nord del Continente Centrale. Ora dimmi qualcosa su di te.”
Il giovane elfo abbassò di poco l'arco.
“Il nome che gli dei mi hanno dato è Zakrior e provengo dal clan Eslo. Non riesco a capire cosa dici. Affermi che esiste un Continente Occidentale, ma dove?” rispose l'elfo, ma subito dopo rialzò l'arco e il suo sguardo si fece più combattivo. “Ti avverto, Vargo, se ti stai prendendo gioco di me, lo considererò come un affronto.”
Lo stregone non capiva. Quell'elfo era forse idiota? Sembrava che veramente non conoscesse nulla del mondo all'infuori della foresta. Esisteva dunque un popolo che viveva rinchiuso dentro Brasval e che non sapeva assolutamente nulla dell'esterno. Questo significava anche che non si erano mai avventurati molto oltre i confini del loro villaggio. O forse avevano una città? Vargo era eccitato all'idea di essere l'unico uomo, o comunque uno dei pochi, a conoscenza di quella gente.
“Dimmi, Zakrior, non sei mai uscito fuori della foresta?”
“Ma di cosa stai parlando? Se fossi uscito sarei morto, chiunque morirebbe respirando i veleni dell'esterno.” rispose l'elfo oscuro senza capire, come se Vargo fosse un pazzo.
Il Guardiano lo fissò a bocca aperta. Doveva sembrare un ebete, per cui si riprese dallo stupore, ma non riuscì lo stesso a trovare qualcosa da dirgli. Ammesso che Zakrior non fosse folle, doveva esistere un popolo che, chissà per quale ragione, credeva che il mondo esterno fosse contaminato da qualcosa. Aveva parlato degli dei, prima, per cui poteva trattarsi di una religione quasi tirannica, che impediva ai suoi credenti molte cose.
“Tu, piuttosto, sei diverso dagli abitanti della foresta.”
“Dì un po', Zakrior,” disse Vargo divertito, facendo qualche passo in sua direzione, “che cosa mi risponderesti, se io ti dicessi che fuori Brasval c'è un mondo enorme, abitato da infinite creature, mostri e altri dei?”
L'espressione dell'elfo oscuro diveniva sempre più sbalordita man mano che Vargo parlava. Quando ebbe finito, lo fissò con furore.
“Ti ucciderei per la tua blasfemia.”
Alzò nuovamente l'arco e scoccò la freccia.

  
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