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Autore: parolecomemarchi    21/02/2014    3 recensioni
I ricordi mi appannano dolorosamente la mente e l’unica cosa che vedo è lui.
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era volato via, come un angelo richiamato a se da Dio.
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È sbagliato, è immorale, è peccato perché io non sono nessuno per decidere di porre fine alla mia vita, ma non vivo più da quando il suo cuore ha cessato di battere, allora scusa Dio perché sto ponendo fine alla mia esistenza.
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cosa possono causare i ricordi?
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eri così reale, il nostro abbraccio era così reale, il tuo cuore che batteva insieme al mio era così reale, il tuo calore era così reale, il tuo respiro leggermente affannato dalla corsa era così reale, nulla più esisteva.

Io ero così reale e tu ancor più, noi eravamo così fottutamente reali e invece era un sogno.

Se sognarlo significava poterlo rivedere allora lo avrei sognato fino a morire, se solo il mio subconscio poteva raggiungerlo allora avrei costretto la mia mente ad elaborare sogni uno dopo l’altro per poter arrivare nello stesso punto in cui anche lui si trovava.

La distanza non mi preoccupava affatto, cos’era un altro ostacolo quando per lui ne avevo scavalcati mille?

In quel momento quella che ci separava, la distanza, non aveva potere su di me, ero immune perché mi bastava chiudere gli occhi e lui era con me, dove sarebbe sempre dovuto essere.

Se soffrire in questa vita significava poterlo riabbracciare in qualunque altro mondo ci sarebbe stato dall’altra parte, allora sarei morta di dolore e ne sarei stata felice.

Avevo bisogno di dolore più di qualunque cosa in quel momento per poter distinguere la vita reale dai sogni, perché il desiderio di lui era così forte che sogni e vita si erano mescolati insieme irrimediabilmente e non trovavo una via d’uscita per riprendere in mano la situazione.

-invece di lasciarti abbattere dalla gravità, a volte, devi prendere in mano la situazione e volare- con questo Justin andava avanti ogni giorno, ripetendo questa frase spingeva anche me al limite fino a quando come diceva lui, non riprendevo il controllo sulla mia vita, era grazie a lui se in tanti anni non ero andata letteralmente alla deriva.

Aveva usato quella stessa frase per andare avanti fino alla fine, fino a quando era riuscito a realizzare a pieno il suo motto ed era volato via, come un angelo richiamato a se da Dio.

Ora rimanevo io sola e senza senso, mi ripetevo quello stesso motto come se potesse cambiare di nuovo la mia vita, ma sembrava che senza Justin qui non avesse più significato, credo che anche le parole avessero nostalgia di essere pronunciate da lui.

Credo sia chiaro cosa sia successo, è morto e credo di non averlo ancora accettato, ma certo che non l’ho fatto in realtà lo sento ancora qui con me.

Non penso la mia vita abbia più senso, la mia esistenza è diventata un ammasso inutile di ‘credo’ e ‘forse’, non sono sicura in niente, non più.

Tutto ciò che per me aveva un senso era andato via e mi aspettava per raggiungerlo, ma se lo avessi fatto uccidendomi lo avrei deluso e l’ultima cosa che volevo era questo, essere un motivo di tristezza per il mio amore.

Prendendo il cellulare dal comodino al mio fianco e scorrendo sulla casella dei messaggi mi faccio coraggio e clicco sulla conversazione lasciata in sospeso con Justin, non avevo cancellato il suo numero dalla rubrica e mai l’avrei fatto.
 
Da: It’sMyJusteeen
 -buongiorno amore-
A: It’sMyJusteeen
-buongiorno a te J, eccitato per oggi?-
Da: It’sMyJusteeen
-Dio piccola, non sai quanto..-
A: It’sMyJusteeen
-solo, sta attento e non fare cazzate-
Da: It’sMyJusteeen
-è una corsa, come potrei evitare di far cazzate?-
A: It’sMyJusteeen
-non esagerando con la velocità ad esempio-
Da: It’sMyJusteeen
-è una corsa perché bisogna esagerare con la velocità altrimenti che gusto c’è? Non preoccuparti così tanto e non essere paranoica-
A: It’sMyJusteeen
-non sono paranoica-
Da: It’sMyJusteeen
-si invece-
A: It’sMyJusteeen
-… voglio solo che alla fine di tutto questo tu stia bene-
Da: It’sMyJusteeen
-andrà tutto bene piccola-
A: It’sMyJusteeen
-ti amo-
Da: It’sMyJusteeen
-ti amo anche io. Dimmi buona fortuna-
A: It’sMyJusteeen
-buona fortuna amore-
 
Giunta all’ultimo messaggio della nostra conversazione ero ormai in lacrime, quel messaggio era stato l’ultimo mio saluto rivolto a lui, non avevo avuto un’altra occasione per fargli sapere quanto lo amavo e quanto ancora lo amo.

Solo ora, a distanza di due mesi, riesco davvero a pensare a ciò che era accaduto e solo ora posso davvero provare dolore e rimorso pensando di non aver fatto niente per impedire tutto questo.

Avrei potuto impedirgli di correre, tenendolo con me e abbracciandolo così stretto da impedirgli di rovinarsi la vita.

Avrei potuto fare tante cose, ma la dura verità era che non avevo fatto niente se non scoppiare in un pianto disperato quando quella sera arrivò la telefonata di Pattie, la mamma di Justin.
Da quel momento, da quando le parole ‘Justin è morto’ uscirono dall’alto parlante del telefono, avevo trascorso più giorni a casa di sua madre che con i miei genitori.

Non che odiassi i miei anzi, dalla tragedia avevano provato ad aiutarmi a riprendere il pieno controllo ma sentivo che solo lei che stava passando ciò che sentivo io poteva capirmi a pieno, solo lei può capire ogni mia sofferenza ed ogni mio pensiero.

Non vivo più la mia vita da quando se ne è andato, cerco di sopravvivere entro la fine della giornata e pensandoci sarei felice se non fosse così.

Mi alzo dal letto senza più forze non mangio quasi più niente, il mio stomaco sembra esseri chiuso del tutto e anche se mi sforzo di ingerire qualcosa i miei tentativi sono vani perché ancor prima di ingoiare sono già in bagno a rimettere l’anima.

 le mie giornate sono trascorse chiusa in stanza a fissare il vuoto, non ascolto più musica ne guardo nessun tipo di programma tv, tutto mi ricorda lui, le serate passate insieme a vedere film e cartoni animati coperti da cuscini e piumoni invernali, i pomeriggi passati a parlare e scherzare sul letto, lo stesso letto dove mi aveva resa sua solo pochi mesi prima dalla morte.

Stavamo insieme dai miei 14 anni, lui ne aveva 16 e ora che io ne ho 18 e lui 20 potevamo iniziare a progettare un futuro, stroncato sul nascere da una macchina che ad alta velocità e contro le regole lo aveva tamponato frontalmente in una curva che per lui si era rivelata letale.

Lui e la sua passione per le auto e tutto ciò che significasse adrenalina e velocità, avevo provato infine volte a farlo desistere da questo, ma avevo presto capito che quella passione pericolosa faceva parte di lui e non potevo cambiarla.

Insistevo per accompagnarlo alle corse, volevo vedere con i miei occhi ciò che il mio ragazzo amava di più dopo di me, non mi aveva mai permesso di avvicinarmi neanche lontanamente ad una delle vie che utilizzavano per le corse, ma ero riuscita a strappargli la promessa di farmi fare un giro lungo quelle strade.

I ricordi mi appannano dolorosamente la mente e l’unica cosa che vedo è lui.

Mi siedo sulle fredde piastrelle del bagno, afferro con una mano il rasoio sulla mensola alla mia destra e lo poggio al mio fianco, statico ed inutile sul pavimento duro e freddo dove le mie lacrime scorrono indisturbate in rivoli d’acqua salata.

Voglio poter rivedere il suo viso d’angelo, gli occhi di quel colore marrone/nocciola intenso che mi aveva rapita fin dal primo istante, gli avevo sempre detto che non mi importava poter affogare in un mare di occhi azzurri, a me bastava bruciare irrimediabilmente nei suoi, e sarei volentieri voluta bruciare per sempre.

Ancora ricordavo alla perfezione la morbidezza delle sue labbra, la lentezza e la delicatezza dei suoi baci, la passione di ogni movimento e la foga delle nostre lingue che si scontravano armoniosamente.

Le nostre mani che si intrecciavano completandosi ed incastrandosi alla perfezione, mi aveva ripetuto più volte che quello era il segno che ci rendeva anime gemelle, forse scherzava ma per me cosa più vera non esisteva.

I ricordi erano troppi e dolorosi, lui ora era in piedi di fronte a me e salendo con lo sguardo al suo viso notai qualcosa che non avrei voluto vedere, ricordare non mi aveva mai fatto così male.

Il ciuffo che teneva alzato in una cresta era tornato ad accarezzargli la fronte così come quando lo avevo conosciuto e la mia attrazione per lui era stata condizionata anche da quel ciuffo che scuoteva sistematicamente e faceva impazzire le ragazze, e anche se in quel periodo era stata l’ultima cosa che mi sarei aspettata lui aveva scelto me tra tante.

Alzai lo sguardo al mio piccolo Justin sedicenne e l’allucinazione mi sorrise, con quel sorriso vero da alzargli gli zigomi e formare le pieghe sotto gli occhi.

Presi in mano il rasoio e poggiandolo sul polso sinistro chiusi gli occhi e strinsi i denti affondando la lama nella pelle fredda e pallida.

Forse non dovrei neanche sfiorare il pensiero del suicidio, ma come posso evitarlo se l’unica cosa in grado di tenermi legata a questa vita era lui?

E Justin ora non può più trattenermi qui, nessuno può più e ogni giorno lo sento chiamarmi sussurrando il mio nome, in modo che solo io possa sentirlo.

Sono pazza forse, non capisco più cosa farne della mia vita, forse posso riprendere il controllo, forse un giorno saprò come fare, ma quel giorno sembra non esistere per me e l’unica soluzione è chiara e lampante davanti ai miei occhi.

È sbagliato, è immorale, è peccato perché io non sono nessuno per decidere di porre fine alla mia vita, ma non vivo più da quando il suo cuore ha cessato di battere, allora scusa Dio perché sto ponendo fine alla mia esistenza.


 
la mia terza One shot!
mi stanno piacendo troppo queste piccole storie a se, e quando non ho ispirazione per un capitolo delle long che sto scrivendo, ma ho comunque bisogno di scrivere con queste posso sfogarmi.
credo che questa sia abbastanza carina anche se il tema su cui ho scritto non è dei più allegri.
spero vi sia piaciuta e recensite?
grazie mille
-sara

 
   
 
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