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Autore: _Elahlea_    21/02/2014    4 recensioni
Loro: si sa ormai, One Direction. Internazionali, amati, desiderati, odiati, ricercati, giovani e infaticabili.
"Che la gente mi dica per quale motivo dovrei sbavare loro dietro! No davvero, nemmeno per Brad Pitt si fa tutto questo chiasso! Ma si può sapere che hanno di speciale? Insomma sì, musica che mette allegria e tutto il resto, però c'è bisogno di andare in visibilio come fosse resuscitato John Lennon? Dammi una buona ragione, Bob, una sola, e ti giuro che esco a cena con uno di loro!!!"
Lei: Emily, cantante, giovane, bella, piena di talento e...scettica. Perché a tutti piacciono gli One Direction? Emily è convinta di poter resistere al fascino che miete milioni di giovani ragazze in tutto il mondo: sarà vero o crollerà miseramente? E se dovesse cedere, quanto potrebbe farsi travolgere da questa febbre che impazza? L'occasione per mettersi alla prova sembra essere un incontro in uno studio televisivo. Ce la farà o no? Si accettano scommesse.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se c'era una festa che odiava, detestava, aborriva, esecrava, abominava e che le dava il più profondo e sincero voltastomaco, quella era San Valentino.
E non perché fosse single! L'aveva sempre trovata una pura e semplice pagliacciata, anche quando stava con Josh. Tutto questo scambiarsi i fiori, regalarsi pupazzi dalle forme più improbabili che abbracciavano cuori più grandi di loro con scritte simil-romantiche cucite sopra, andare in giro mano nella mano fino a confondersi in mezzo ad una folla di innumerevoli altre coppiette, anche loro mano nella mano e poi entrare in un ristorante stracolmo dove c'erano ovunque tavoli apparecchiati per due con altre coppie che cenavano, ridevano, si sussurravano paroline dolci per poi magari mollarsi poco dopo, tutta questa ipocrisia dettata dalla convenzione di festeggiare San Valentino solo perché "è la festa degli innamorati" le dava sinceramente sui nervi! Come se uno dovesse volersi bene solo a San Valentino, come se portare un regalo (comprato o fatto in casa) in un altro dei 364 giorni dell'anno fosse uno sforzo troppo grande oltre che inutile. Era veramente esilarante vedere come la città si tingesse di rosa, le vetrine si riempissero di cuori di tutte le forme, i ragazzi si barcamenassero tra ristoranti da prenotare e doni da acquistare e le ragazze (che si sa, in questo sono più civettuole) si armassero di santa pazienza e si dirigessero con le amiche nei negozi per comprare qualcosa da mettere (come se l'armadio fosse vuoto!). 
Insomma, era romantica anche lei, ma a tutto c'era un limite e tutta quella melensaggine le era davvero insopportabile.
Fece una smorfia al pensiero che con ogni probabilità in quel momento Harry stava festeggiando con Kendall. Ottimo: un motivo in più per odiare San Valentino. Quella ragazza era proprio insopportabile per quanto la riguardava, la quintessenza dell'antipatia. Scosse la testa per non pensarci.
"Che c'è?"
Emily si voltò di scatto verso la voce.
"Niente, perché?"
"Non lo so...insomma, Hannibal gli ha appena mangiato il cervello e tu tene stai lì a scuotere la testa e basta?" chiese Niall stranito.
I due ragazzi avevano deciso di unire le loro solitudini e di fare un anti-San Valentino, per cui: niente lecca lecca a forma di cuore, niente dolcetti e zuccherini vari e niente film romantici; si erano attrezzati con popcorn, patatine, birra, coca-cola e film horror, in perfetto stile anti-San Valentino
"Sì" replicò ostentando convinzione dopo non aver trovato nulla di meglio da dire.
Il ragazzo scosse la testa e le pizzicò un fianco.
"Emily, andiamo"
"Ehi!" esclamò saltando sul posto.
"Allora?" chiese il ragazzo ancora in attesa.
"Allora cosa?"
"Cosa c'è?"
"Niente, cosa vuoi che ci sia? Stavo pensando e basta...nulla di importante"
"Per ora tu ed Harry siete impossibili" borbottò prendendo un'altra manciata di pop-corn.
"Harry? Che c'entra Harry?" incalzò punta sul vivo.
"Sì, oggi è tornato in camera che era una pila elettrica: si è chiuso in bagno dicendo che era in ritardo per l'appuntamento con Kendall e poi è uscito da lì dopo un'ora...è stato strano, tanto più che aveva detto che sarebbe uscito con lei anche il pomeriggio...bah"
Emily non replicò.
"Come stanno le cose tra voi?" chiese mentre un'altra vittima finiva nelle mani del carnefice.
"Co-cosa? In che senso?" balbettò rischiando di affogarsi con la coca-cola.
Niall la guardò interrogativo.
"Mi era parso di aver capito che avete litigato...o meglio, che non vi parlate più come prima"
"Ah...Oh...sì, certo, parlavi di quello...bé io non  saprei....non gli ho neppure detto del servizio per la Peta che usciva oggi. Probabilmente lo vedrà lui sui giornali però...era importante per me, mi sarebbe piaciuto dirglielo di persona"
 
Niall aveva ragione: Harry aveva passato un'ora in bagno. Un'ora per schiarirsi le idee, un'ora per convincersi che Kendall era fantastica, magnifica, tutto quello che si potesse desiderare, un'ora per allontanare da sé i pensieri che aveva fatto sulla foto di Emily, un'ora per allontanare qualunque pensiero su Emily, un'ora per convogliare tutte le sue energie verso Kendall anche se sembravano sfuggire continuamente verso Emily, un'ora per realizzare che comunque non sarebbe mai successo niente con Emily, mentre con Kendall stava già accadendo, un'ora per ripetersi che sarebbe stato imperdonabile rompere con Kendall a San Valentino, un'ora per decidere di non lasciarla.
Un'ora che gli era sembrata lunga una settimana e dopo la quale si era sentito stanco come dopo una corsa di 10 chilometri.
Era rimasto in piedi, appoggiato alla parete della doccia, lasciando che l'acqua gli scorresse sul corpo, desiderando che potesse lavare via anche quel fiume di pensieri che quella foto (quella stupidissima, insignificante foto) gli aveva creato. Si era trascinato da Kendall, si era stampato in faccia il sorriso più seducente e galante che fosse in grado di fare e l'aveva portata fuori a cena. Ascoltava e non ascoltava i discorsi che faceva, sempre sul punto di distrarsi per precipitare di nuovo in quell'oblio di pensieri, perciò si sforzava di restare concentrato su quello che aveva da dire, qualunque cosa fosse.
Non avrebbe potuto farci niente, e poi, razionalmente, tra lui ed Emily non poteva esserci niente. Lo prendeva come un dato di fatto, come un dogma di fede che andava accettato senza spiegazioni, perché "è così e basta". Perché lui non pensava ci fosse un solo buon motivo per cui non avrebbero dovuto stare insieme e proprio per questo evitata di rispondere al quesito, fermandosi alla sentenza, senza andare oltre. 
Niall sapeva che Emily aveva fatto quel servizio, l'aveva sentito quando era entrato dire agli altri che era uscito in prima pagina il servizio di cui aveva parlato Emily. Il fatto che l'avesse tenuto all'oscuro gli dava francamente sui nervi. Ma soprattutto che lui fosse stato l'unico a non saperlo dopo che aveva passato con lei molto più tempo degli altri! Questo lo faceva andare proprio fuori di testa.
"E' bella questa collana, dove l'hai presa?" 
La domanda di Kendall aveva interrotto l'ennesimo principio di distrazione. La ragazza si era rigirata il ciondolo tra le dita delicate.
"Questo?"
"Certo, questo. Quale altro?"
"E' un regalo..." "Di Emily"
"Devi tenerci parecchio, non lo togli mai"
Era vero, Harry ci aveva riflettuto solo in quel momento. Ma ormai per lui era diventato normale averla addosso, era parte di lui.
"Chi te l'ha regalata?" aveva insistito.
"Mia madre. A Natale" aveva mentito sistematicamente.
Kendall l'aveva guardato  sorridendo.
"Sei così dolce a tenere sempre al collo qualcosa che ti ha regalato tua madre"
E dopo quelle parole Harry provò disgusto di  sé.
Era passata una settimana da quel giorno, un'altra sfibrante settimana durante la quale Emily non si era fatta sentire. Fissava lo schermo della televisione senza capire più cosa stesse guardando da troppo tempo ormai. Si  alzò di scatto.
"Che c'è?" chiese Zayn  sorpreso dal gesto fulmineo dell'amico.
"Niente, mi  sono ricordato adesso di una cosa. Niall, dove hai detto che è l'albergo di Emily?"
"E' a tre isolati da qui, 12 piano, stanza 34"
Non sapeva bene cosa volesse fare, sentiva solo l'impulso di andare da Emily e chiarire la situazione, sebbene avrebbe dovuto fare chiarezza più con se stesso che con lei. 
Quando la ragazza aprì la porta ad un Harry trafelato e ancora ansimante per la corsa, sembrò che avesse davanti un fantasma.
"Che ci fai qui?" chiese senza neppure salutarlo.
"Ciao eh" esclamò ancora col fiato corto.
"Che ci faccio qui?" ripeté facendole eco.
"Sì, è quello che ti ho chiesto"
Sembrava contrariata per qualcosa che non riusciva a cogliere.
"Non lo so nemmeno io perché sono qui. Sono qui e basta"
Emily lo fissò con sguardo calcolatore per qualche secondo, dopodiché senza battere ciglio replicò:
"Bene, fai pure con comodo, ispeziona il corridoio in lungo e in largo, io ho da fare!" e fece per chiudere la porta.
Harry la fermò con una mano.
"Si può sapere che hai?"
In risposta ricevette uno sguardo risentito.
"Niente, va tutto a meraviglia!"
"Allora perché non mi inviti a entrare?"
"Perché non ne ho la minima intenzione"
"Ho fatto qualcosa che non va?"
"No Harry, tu non hai fatto niente...non hai fatto assolutamente NIENTE!" ribatté  con voce dura marcando l'ultima parola.
Certo aveva una bella faccia tosta a farsi vedere lì! Era furiosa con lui, certo che lo era, e perché non avrebbe dovuto? Quell'individuo che si vantava di essergli amico non aveva neppure avuto la decenza di invitarla al suo compleanno, o meglio, alla festa che aveva organizzato per lui quella bamboletta gonfiabile della sua ragazza. Niall se l'era fatto sfuggire il giorno di San Valentino ed Emily era subito montata su tutte le furie. Quello stupido non l'aveva neanche voluta al suo compleanno? Benissimo, e allora perché annoiarlo con la sua presenza? Avrebbe fatto ciò che lui voleva: l'avrebbe lasciato in santa pace e non se ne parlasse più! Aveva fatto male a pensare di poter dare fiducia a qualcuno, avrebbe dovuto starsene per i fatti suoi, così non avrebbe avuto l'ennesima delusione. Era tutto così prevedibile, così ovvio che non capì come avesse potuto anche solo sperare di potersi fidare di qualcuno, di manifestargli il suo affetto in maniera così esplicita, per poi finire nel dimenticatoio. Era offesa, umiliata e risentita e aveva fatto del suo meglio per non versare neanche una lacrima durante quei giorni, e fino a quel momento era riuscita a mantenere saldo il proprio autocontrollo, che però stava cominciando a vacillare pericolosamente di fronte alla presenza di Harry.
Il ragazzo la fissò con un sopracciglio alzato.
"Ora tu mi spieghi qual'è il problema, giuro che non me ne vado di qui finché non me lo dirai!" sbottò spingendola nella stanza e chiudendo la porta.
"Esci subito!"
"No"
"Sì Harry, dico davvero, esci subito"
"Dico davvero anche io Emily, no!" ribatté ostinatamente.
Emily serrò le mascelle a tal punto che sentì che se avesse stretto ancora un po' le si sarebbero schiantati i denti. Prese un respiro profondo per calmarsi e quando parlò la sua voce fu di ghiaccio.
"Molto bene. Se non te ne vai tu vorrà dire che sarò io a togliere il disturbo"
Si diresse verso la porta ma venne afferrata saldamente per un braccio da Harry.
"Perché fai così?" chiese alzando la voce e serrando la presa sul suo braccio.
"Smettila Harry, mi fai male!" ordinò divincolando il braccio nel tentativo di liberarsi.
"Sei tu che fai del male a me! Perché non mi parli?" stava perdendo la pazienza.
"Perché non ti voglio vedere!" replicò Emily giunta quasi al limite tentando in tutti i modi di svincolarsi da quella presa, ma più si dibatteva più lui la stringeva, finché non si trovò bloccata dalle sue braccia con la schiena contro il suo petto e le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro.
"Dimmi perché. Io non ho fatto niente!"
"E' proprio questo il problema: non hai fatto niente, niente di niente!"
"Che cazzo vuoi dire Emily?" gridò esasperato da quella risposta.
"Quello che ho detto!"
"Ma lo fai apposta? Ti diverti a trattarmi così?"
"Potrei farti la stessa domanda! Ti sembra che io mi stia divertendo?" 
"E allora parlami!"
"Ti ho detto che non ti voglio vedere! Si può sapere cosa diavolo vuoi da me?" disse con la voce incrinata da un principio di pianto.
"Voglio sentirti urlare, voglio che mi insulti e che ti metti a piangere. Voglio vederti perdere il controllo per una volta nella tua vita! Voglio che esci dalla gabbia che ti sei imposta maledizione!"
"Non capisci niente! Sei solo un bambino viziato! Non capisci proprio niente!" non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a trattenersi e ad impedire che le lacrime uscissero fuori come un fiume in piena. C'era qualcosa dentro di lei, qualcosa di troppo grande che non poteva più stare lì dentro, costretto nel suo corpo, qualcosa che doveva uscire, che voleva uscire. Un ammasso di emozioni represse che se ne stavano lì da mesi, senza possibilità di sfogo.
"Quand'è stata l'ultima volta che hai pianto? Neppure dopo quella faccenda con Josh hai pianto! Sai piangere Emily? Lo sai come si fa?"
La sua voce era tagliente e provocatoria e si odiava per quello che le stava dicendo, ma aveva bisogno di quello, aveva bisogno che qualcuno la mettesse alle strette, che non le lasciasse via di scampo, che la costringesse a rompere da sola quella barriera che aveva creato per tenere fuori tutto e tutti, persino il suo stesso lato emotivo.
"Sei crudele Harry! Crudele e spregevole!" 
Perché si dilettava a torturarla in quel modo?
"Continua, fai uscire tutto!"
"Sei un sadico che si accanisce su un corpo ferito"
"Io posso curarti"
"NO! Tu sei uguale a tutti gli altri! Tu mi usi e poi mi getti via! Fanno tutti così con me! Perché mi odi, eh? Io non me lo merito, non me lo merito il tuo odio!"
Basta.
Emily si arrese. Era stanca di essere forte, stanca di combattere sempre contro qualcosa. Le lacrime caddero piano all'inizio: prima una, poi due, tre, quattro senza che lei potesse farci niente. Percepiva il suo corpo scosso dai singulti, sentiva che stava singhiozzando, che aveva il viso bagnato e che si era accasciata sul pavimento, cadendo sulle ginocchia, ed Harry non l'aveva ancora lasciata, le sue braccia erano ancora intorno a lei mentre si copriva il volto con le mani.
Pianse per molto, molto tempo. Continuò a tenersi le mani sul volto finché Harry non la prese in braccio per metterla a letto. Quando si stese accanto a lei, Emily affondò la faccia nell'incavo del suo collo e continuò quel pianto catartico sino a quando non le parve di aver esaurito tutte le lacrime che aveva, tutte quelle che aveva tenuto dentro fino a quel momento. Lacrime di umiliazione, di dolore, di ira, di risentimento, di stanchezza, tutte queste lacrime erano state versate sulla sua faccia, sulle sue mani, sulla coperta del letto e sul collo di Harry, che non aveva fiatato ma l'aveva tenuta stretta per tutto il tempo, accarezzandole e baciandole la testa di tanto in tanto. A poco a poco i singhiozzi si erano fermati, le lacrime avevano smesso di scorrere e il respiro si era fatto regolare.
Emily era crollata, si era addormentata esausta, senza allontanarsi da lui.
Harry dopo un po' aveva sciolto l'abbraccio che la stringeva e la guardò senza distogliere lo sguardo. Non sapeva da quanto tempo fosse lì, a scrutare i minimi movimenti del suo volto durante il sonno, si era accorto solo che fuori era buio, mentre quando era arrivato lui c'era ancora la luce fuori.
Non importava, non importava affatto.
Sdraiato accanto a lei per l'ennesima volta da quando si conoscevano gli parve tutto più chiaro; così puro e cristallino nella sua semplicità che non capì come aveva fatto a metterci tanto per arrivarci: lui voleva Emily. Voleva tutto di lei e voleva che lei avesse tutto da lui. Forse l'amava, persino. Sì, amore. Quella parola che non aveva mai riferito a nessuno, quel sentimento utopico che credeva quasi impossibile, forse poteva dedicarlo a lei. Magari l'aveva amata fin da subito, la sua parte più profonda aveva istintivamente creato un legame indissolubile con lei senza che lui se ne accorgesse, così che la sua coscienza era giunta a quell'epifania solo in quel momento. Voleva abbracciarla, baciarla, toccarla, accarezzarla, sentire la sua pelle contro la sua, assaporarne il profumo e il sapore, finché lei avrebbe voluto, finché ce ne fosse stato tempo. Voleva difenderla dagli altri, essere il suo punto di riferimento, voleva chiamarla nel suore della notte per dirle banalmente che sentiva la sua mancanza mentre si trovava dall'altra parte del mondo. Voleva litigare con lei, fare pace con lei per poi litigare e fare pace ancora. Voleva che i suoi vestiti avessero il suo profumo perché lei non smetteva di indossare le sue felpe, voleva dire cose che non aveva mai detto a nessuno con la complicità dell'oscurità notturna per trovare il coraggio di dirle. Voleva stare con lei, semplicemente. E non gli bastava più essere un suo amico. Lui voleva essere l'unico, voleva essere suo. E voleva che lei fosse sua.
 
  
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