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Autore: Layla    21/02/2014    1 recensioni
Lui sta per sedersi a un tavolo quando la porta si apre violentemente e due rapinatori entrano nel locale puntando la pistola su di noi.
“Consegnaci l’incasso!”
Mi urlano, io corro al ricevitore di cassa, prelevo i soldi e schiaccio l’allarme, poi consegno tutto ai banditi che iniziano a far passare i clienti.
Arrivati a Tom lui si rifiuta di collaborare e tenta di disarmare uno di loro.
È questioni di attimi, il rapinatore – troppo teso ed eccitato, forse un eroinomane – perde il controllo e gli spara. L’altro impreca e lo trascina via, lasciando Tom steso a terra.
Dovrei aspettare l’ambulanza, ma i miei piedi si muovono da soli e con un unico movimento mi inginocchio accanto a lui e gli premo la mano dove è stato colpito.
Mi concentro e una leggera luce scaturisce dalla mia mano, fortunatamente nessuno lo nota e io continuo fino a quando non sento tutti i tessuti e gli organi tornare normali e la pallottola svanire completamente.
Genere: Generale, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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8)Ti amo, ti odio, ti...

 

La mattina dopo sveglio Tom alle sei, i miei non devono trovarlo qui o cadrebbe la casa a suon di urla.
Con delicatezza lo sveglio, lui mugugna qualcosa. Lo scuoto un’altra volta e dice con voce impastatata: “ Ehi, amico. Mi piacciono gli alieni, tranne quando ficcano qualcosa su per il mio culo.”
Alla terza volta ce la faccio e lui si sveglia, peccato abbia un piccolo problema tra le gambe noto come erezione mattutina.
“Oh, merda!”
“Tom, ti accompagno in bagno, risolvi e poi te ne vai!”
Lui annuisce, si mette maglia e pantaloni e segue me lungo il corridoio, gli indico una porta e lui ci si infila dentro.
Gli ci vuole un po’ a risolvere il suo problema, io sono nervosa, e se passassero i miei?
Quando finalmente esce lo faccio uscire dalla finestra spaventata come non mai e poi mi rimetto a letto, ringraziando il signore che sia andato tutto bene.
Mi addormento subito e la sveglia suona di nuovo alle sette e mezza, Izzie per essere certa che io sia sveglia fa irruzione in camera mia.
“Ma sbaglio o stanotte qualcuno è venuto qui?”
“Tom, abbiamo dormito insieme.”
Lei sta per urlare, ma io le tappo la bocca.
“Vuoi che ci sentano i nostri?”
Lei scuote la testa e scendiamo insieme per la colazione. Siamo abbastanza allegre, anche perché lei è in piena febbre di pettegolezzi.
Mangiamo, ci vestiamo e poi saliamo in macchina.
“Allora, Chia?”
“Allora niente, abbiamo parlato di Jo e di quanto mi abbia deluso, lui ha detto che l’ha fatto per il mio bene. Poi gli ho chiesto di rimanere perché mi sentivo sola.”
“Ma questo significa che vi state avvicinando!”
“Apparentemente sì.”
Non mi sbilancio molto perché devo ancora capire il suo comportamento fino in fondo.
Arriviamo a scuola e io vedo Tom baciare con passione una cheerleader, lo indico a Isabel.
“Ecco quanto gli interesso!”
Esclamo acida.
Entro a scuola avendo cura di dare una gomitata a quei due bastardi, lui impreca, ma io non mi fermo. Mi sento ferita e messa da parte e non ho voglia di vederlo, figuriamoci di parlargli.
Arrivo nell’aula di letteratura in anticipo e tiro fuori il mio mangiacassette, contiene un album dei Nirvana che alzo al massimo del volume.
Tom tenta di parlarmi, io lo ignoro palesemente e quando tenta di togliermi gli auricolari lo blocco e lo fulmino, lui se ne va.
Stupida Chia, che credevi di interessare a Tom quando mezza scuola gli sbava dietro!
Cosa cavolo credevi di avere di speciale?
Nulla, Chia, nulla.
Sei solo un’aliena, per altre cose ci sono le ragazze terrestri. A peggiorare la situazione la professoressa decide che oggi è il giorno adatto per un test a sorpresa.
Stronza, bastarda.
Scrivo le risposte con furia e nella parte delle risposte a crocetta quasi buco il foglio da quanto sono fuori di me.
A pranzo mi siedo da sola, dico a Izzie di rimanere dalle sue amiche e quando Tom fa per sedersi prendo il vassoio con il pranzo e me ne vado in cortile.
Tom non capisce questo comportamento e, se non fossi così arrabbiata con lui, mi dispiacerebbe averlo offeso. Forse non ha nemmeno senso che io mi comporti così, lui non mi ha promesso nulla, è stato solo gentile e ha dormito con me.
È un cosa da amici, tutto il resto è stato solo un film della mia mente.
Resta il fatto che non ho voglia di parlargli.
Dopo scuola consegno a mia sorella le chiavi della macchina e le dico che voglio stare un po’ per conto mio nella casa nel deserto. Lei annuisce e mi picchia solidale una mano sulla spalla, io sospiro e mi incammino verso la scorciatoia del parco.
Che giornata di merda!
Rischio anche di litigare con Jo, dato che trascorre lì la maggior parte delle sue  giornate e non so se sono in grado di affrontarlo.
Percorro la mia scorciatoia e arrivo al grande sperone roccioso che si erge in mezzo al nulla e salgo la scaletta laterale che nessuno nota mai. Appoggio la mia mano e una porta si apre, entro e la richiudo.
Il divano è già occupato da Johnny e questo mi mette in imbarazzo, lui appena mi vede scatta in piedi.
“Se vuoi me ne vado.”
“No, resta pure.”
Mi siedo accanto a lui e sospiro pesantemente.
“Cosa ti è successo?”
“Mi sono fatta troppi filmini su me e Tom e oggi ho avuto una doccia gelata. Stanotte ha dormito da me, oggi si stava slinguando con una cheerleader.”
Rispondo piatta.
“Stronzo.”
“Un po’. Ma cosa posso pretendere?
Lui non mi ha mai promesso nulla e non stiamo nemmeno insieme, so solo che non ho molta voglia di vederlo e oggi l’evitato tutto il giorno.”
Lui non dice nulla.
“Per ieri…”
“Va tutto bene, credo che tu l’abbia fatto per proteggermi e non per ferirmi.”
“Grazie, mi hai perdonato quindi?”
“Sì.”
Ci abbracciamo e sento che tutto è tornato come prima: è ancora il mio migliore amico.
Deve essere per questo motivo che scoppio a piangere tra le sue braccia come una bambina, ora che ci penso da piccola piangevo e mi sfogavo solo con lui.
Certe cose non cambiano mai per fortuna.
“Se vuoi pesto Tom.”
“No, grazie. Sarebbe inutile, è evidente che io non gli interesso.”
“Io non la penso così, secondo me sta scappando dai suoi sentimenti. Lui è uno che ama le situazione tranquille e leggere e questa storia è complicata.”
“Non gli interesso. Se prova ad avvicinarsi ancora lo prendo a calci. Una volta mi ha fregata, due no.”
“Io..” dice piano lui “credo che dovresti dargli una seconda possibilità, tutti possiamo fare dei casini e far soffrire qualcuno che non vorremmo e penso sia giusto dare una seconda possibilità.”
“Non lo so. Potremmo modificargli la memoria?”
“No, ormai sa troppe cose, rischiamo di fargli saltare il cervello e di attirare l’attenzione.”
Io sbuffo e mi prendo la testa tra le mani.
“Come ho fatto a essere così stupida e a fidarmi di lui?”
“Sei innamorata.”
“Bella merda.”
Dico schifata.
“Beh, è la verità, devi imparare a farci i conti.”
Johnny ha ragione, ma non smette comunque di fare male.
Sono stata una stupida ad affezionarmi a lui, dovevo tenerlo a distanza, purtroppo però il mio cuore è di un altro parere.
Stupido cuore!
 

Arrivo a casa e trovo Isabel in camera mia.
“Ehi, mi dispiace per quello che è successo oggi.”
“A me no, almeno so che non mi posso fidare di quel ragazzo.”
“Vuoi dire che non vuoi più vederlo?”
“L’idea sarebbe quella.”
Un’idea che si scontra subito con la realtà, dopocena mio padre sale in camera mia piuttosto seccato.
“Chia, c’è un ragazzo che continua a chiedere di te alla porta e non riusciamo a cacciarlo.”
“Fammi indovinare, uno skater alto con i capelli neri?”
Lui annuisce.
“Ci penso io.”
Scendo all’ingresso e trovo Tom.
“Dobbiamo parlare.”
Mi apostrofa appena mi vede.
“Sì, ma non qui.”
Usciamo e gironzoliamo per l’isolato.
“Ascoltami bene, Tom DeLonge, non mi piace ripetere le cose.
Io e te non siamo amici, io e te non siamo nulla e io non voglio più vederti, ok?
Se ti ostinerai a girarmi attorno ti modificherò la memoria, a costo di farti saltare il cervello.”
“Sei gelosa di me per caso?”
“Non ho intenzione di rispondere a questa domanda.”
Un rossore traditore è però salito sulle mie guance, tingendole di un leggero rosato.
“Stammi lontano o ti giuro che sarà peggio per te.”
“Dai, andiamo Chia, è stata una cazzata.”
Io lo guardo malissimo.
“Non è stata una cazzata, non per me e ora…”
Sulle mie mani si vede dell’energia blu.
“Vattene, se ci tieni al cervello e scordati di me, di Johnny e della casa nel deserto.”
Lui deglutisce e se ne va.
Credo di avercela fatta a cacciarlo definitivamente, anche se dentro di me sanguino, ogni fibra del mio essere urla di farlo tornare da me.
Farlo tornare da me?
Per soffrire ed essere interessante ai suoi occhi solo perché sono un’aliena?
Non ci penso nemmeno, io voglio piacere a lui perché sono io, non perché sono quello che cerca da una vita come ufologo.
Me ne torno a casa mia con la coda tra le gambe, pensando che il mondo intero fa schifo e l’amore è solo un modo come un altro che è stato architettato per farci soffrire.
Tornata a casa trovo mio padre sulla porta, leggermente preoccupato.
“Tutto bene?”
Io sorrido per rassicurarlo, mentre dentro di me sono all’incirca a lutto.
“Sì, tutto a posto. Non disturberà più.”
Salgo in camera, finisco i compiti e poi mi butto a letto e piango senza singhiozzi, esattamente come faccio quando voglio che nessuno mi senta.
Mi addormento sfinita e la mattina dopo ho uno sguardo spento, preferirei rimanere a poltrire nelle coperte che andare a scuola.
Mi vesto con poca cura, mangio poco a colazione e saluto svogliata mia madre, mentre esco con Izzie.
“Sei sicura di stare bene?”
Mi chiede lei.
“No, non sto bene. Purtroppo però non posso permettermi il lusso di saltare scuola e quindi cerco di farmi forza pensando che devo uscire da questa situazione.”
“Non vuoi nemmeno provare a sentire il punto di vista di Tom.”
Io sospiro.
“No, perché poi dovrei dirgli che … lo amo e non voglio ritrovarmi a raccogliere le briciole del mio cuore.”
Lei non dice nulla, parcheggiamo ed entriamo a scuola. Non mi parla molta gente né durante le lezioni né a pranzo e questo è un bene.
Non ho voglia di parlare con nessuno.
Questa situazione di protrae per almeno tre settimane, sono ufficialmente diventata un fantasma.
Durante uno di questi giorni qualunque mi ritrovo ad ascoltare una conversazione quanto meno sorprendente. Sono chiusa in uno dei cubicoli del bagno quando sento la porta aprirsi e l’inconfondibile risata di Jessica Rice, una cheerleader.
Mi blocco, ho finito di fare quello che dovevo, ma non voglio uscire per non sentire i loro commenti.
“Ehi, ci credi che sono tre settimane che DeLonge non tocca una ragazza?”
“Ma è impossibile, lo chiamano Hot Pant!”
“Te lo giuro, Lynn. Nessuna ragazza, da quando ha fatto amicizia con quella stramba irlandese e hanno rotto non ha più toccato nessuna.
Chissà che incantesimo gli ha tirato.”
Ridacchiano di qualche altra stronzata e poi escono dal bagno, io esco subito dopo.
E così Tom non si fa nessuna da quando ho minacciato di fargli saltare il cervello, curioso, molto curioso.
Sembra quasi che sia rimasto colpito dal discorso, né dovrò parlare a Izzie, magari – lei che conosce anche Mark – saprà trovare una spiegazione a questi comportamenti assurdi.
La becco a mensa  e le spiego la situazione, lei si ficca in bocca una forchettata di insalata e guarda sopra di me.
“Sembrerebbe quasi che sia cotto di te, se non fosse che è di Tom che stiamo parlando.”
“Lui non si innamora mai.”
“Generalmente no, ma ha avuto un paio di storie lunghe. Tutte e due sono durate sei mesi, una con Holly Kennedy e l’altra con Peggy Sue Anderson.”
“Uhm, capito.
Resta il fatto che il suo comportamento non ha senso.”
“Chiederò a Mark, lui ne saprà sicuramente più di me, è il suo migliore amico.”
“A proposito di Mark, come va tra di voi?”
Mia sorella sorride.
“Benissimo. È un imbranato di prima categoria, che dice un sacco di battute imbarazzanti, ma è anche la persone più dolce che io abbia mai incontrato.”
“Capisco. Beh, sei stata fortunata.”
Chiacchieriamo e finiamo di mangiare, poi ognuna torna alle proprie lezioni.
Finite quelle, arriviamo a casa e troviamo mia madre disperata.
“Volevo fare una torta, ma mancano zucchero e farina!”
“Non ti preoccupare, vado al seven eleven dietro l’angolo e te le compro mamma, così faccio quattro passi.”
Le dico conciliante, guadagnandomi un’occhiata di gratitudine.
Esco e cammino per il nostro isolato, è fatto di tante villette con il giardino davanti, molto curato e dei bei portici. Mi piace vivere qui, è calmo, anche se non nego che a volte vorrei sapere cosa si prova a vivere in una grande città piena di movimento.
Svolto l’angolo ed entro nel seven eleven, compro due pacchetti di farina e due di zucchero e una scatola di uova per precauzione, poi esco.
C’è un tramonto infuocato che inonda di luce dorata questo piccolo pezzo di California, amo questo tipo di luce, mi rende calma.
Scendo i due gradini che separano la strada dal marciapiede e poi attraverso la strada, probabilmente sono stata troppo distratta perché sento la macchina in arrivo quando è troppo tardi.
Ok, addio mondo, sto per morire.
O forse no, due braccia muscolose mi trascinano con sé ed evitano che mio mi riduca a una frittella stampata sull’asfalto.
Chissà chi mi ha salvato?
Le due braccia trascinano me e la borsa sul marciapiede e mi fanno sedere, solo allora metto a fuoco il volto del mio salvatore: Tom.
Ci guardiamo un attimo negli occhi e poi lui se ne va.
“Tom!”
Lo richiamo, lui volta solo la testa.
“Cosa c’è?”
Già, cosa c’è?
“Grazie per avermi salvato la vita!"
"Così siamo pari.”
Mi risponde asciutto lui, per poi andarsene del tutto, lasciandomi seduta per terra con una gamba che sanguina.
Ora sì che ho capito quanto ha preso sul serio i miei avvertimenti, non si è fermato nemmeno per vedere come stavo.
Merda.
Mi alzo a fatica, per fortuna la gamba mi regge e con qualche difficoltà arrivo a casa mia.
Mia madre si spaventa quando vede come sono conciata.
“Chia, cosa ti ha successo?”
“Sono stata quasi investita da una macchina fuori dal negozio, se non fosse stato per un ragazzo sarei morta, questi comunque sono i tuoi acquisti: io vado a medicarmi questa gamba.”
Izzie sale con me e mi aiuta.
“Il ragazzo era Tom, vero?”
“Sì, era lui. Dopo che mi ha salvato se ne è andato subito. Sono riuscita solo a dirgli un minimo grazie, credo abbia preso sul serio la mia minaccia.”
Mi porto le mani sul volto.
“Dio, sono così stupida!
Come faccio a rimediare a questo casino?
Lui non mi vuole più vedere e io non so cosa dirgli per averlo di nuovo tra i piedi.”
“Forse basterebbe che tu ti scusassi.”
“Forse.”
Non è facile scusarmi per una tizia dal carattere orgoglioso come me, eppure se lo rivoglio nella mia vita è l’unico modo per averlo.
Ci devo pensare.
“Senti, parlo con Mark e magari riusciamo a organizzare qualcosa.”
Io annuisco e lei esce dalla stanza, al piano di sotto mia madre che le urla di venire a darle una mano con la torta.
Arrivata la cena scopro che è una torta  al cioccolato gigantesca con tanto di marmellate a strisce dentro e la glassa sopra.
Ottima.
Vado a letto un po’ rincuorata, adesso devo solo risolvere con Tom: una cosa da niente.
Dormo un sogno senza sogni e in  un attimo è già mattina, la sveglia suona e mia sorella mia scuote per farmi andare a scuola.
Viva la vita!
Mi vesto, faccio colazione e sono di nuovo a scuola, solo che questa volta Izzie sembra di buon umore, come se durante la notte avesse capito qualcosa di molto importante.
“Ah, ha detto Mark che durante l’ora buca che hai vuole parlarti.”
Io annuico.
“Bene, dove ci vediamo.”
“Alle tribune.”
“Ok, sarò lì.”
 Mi dirigo verso la mia classe di spagnolo, chiedendomi cosa diavolo voglia Mark Hoppus da me, forse dirmi un modo per tornare a parlare con Tom?
Seguo la lezione in modo piuttosto svogliato, penso a cosa deve dirmi Mark e sono curiosa come una scimmia.
Quando finalmente suona il cambio dell’ora schizzo via verso le tribune, dove la scuola si sorbisce rassegnata le performance dei gorilla, ops, la squadra di football.
Mi avvicino e noto che c’è solo una figura mollemente appoggiata alla struttura: Tom.
Mi sa che mi a sorella ne ha combinate una delle sue, ma stranamente non sono arrabbiata, anzi mi fa quasi piacere vederlo.
“Tom.”
Dico piano, lui si stacca non appena sente la mia voce, nemmeno avesse preso la scossa, poi si allontana.
Adesso o mai più.
Lo rincorro e gli afferrò un polso, lui mi guarda inespressivo.
“Cosa c’è?
Non sto facendo quello che volevi tu?
Ti giro al largo.”
“Mi dispiace.”
Lui sgrana gli occhi come se all’improvviso mi fosse spuntato un corno sulla fronte,
“Cosa?”
“Ho detto che mi dispiace, ho detto delle cose brutte, ma ero arrabbiata.”
“O gelosa.”
Suggerisce lui, ma la sua voce è priva della sua solita ironia.
“O gelosa. Ammetto che non mi ha fatto piacere vederti pomiciare con quella ragazza.”
“Questo vuol dire che un po’ ti interesso, suppongo.”
Io non dico nulla.
“Possiamo tornare a essere amici?”
“Va bene.”
Mi sembra comunque dispiaciuto, così lo abbraccio e lui da rigido diventa normale e mi stringe forte a sé.
Mi era mancato il suo abbraccio e – nonostante le cose in sospeso tra di noi – sono contenta che siamo riusciti a tornare almeno amici.
Non lo ammetterei nemmeno sotto tortura, ma lui mi è mancato.
Questo sarà uno dei miei tanti segreti.

Angolo di Layla

Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione, grazie per esserci sempre.

 

   
 
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